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Autore: Chiccagraph    23/02/2022    0 recensioni
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«Dovremmo passare San Valentino insieme» disse Macarena all’improvviso.
Zulema la guardò confusa. «Perché mai dovremmo farlo?»
«Perché nessuna di noi ha dei piani per questa sera. E apparentemente sembra che tu odi questa festività quasi quanto me. E, lo sai, la miseria ama la compagnia e tutto il resto… penso che potrebbe funzionare» le sorrise, «Sarà un anti San Valentino»
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Cosa ci fai qui, rubia?» chiese Zulema, seduta sul divano, con i piedi poggiati sul tavolino di fronte. Con una mano reggeva un libro e nell’altra una sigaretta accesa si consumava bruciandosi tra le dita. 
 
«Devo ricordati che questa è anche casa mia?»
 
«Come potrei mai dimenticarlo» bofonchiò sottovoce. «Non hai nessun grande progetto per San Valentino?»
 
«Cosa ti fa pensare che io abbia progetti per San Valentino?» Macarena sorrise.
 
Zulema la guardò con attenzione. «Ti aggiri per casa con uno stupido sorrisi sulle labbra da giorni. Sei così… luminosa» disse, sillabando l’ultima parola. «E tutti sanno che San Valentino è il giorno più facile dell’anno per portarsi a letto una bionda»
 
«Te ne rendi conto che mi stai dando della puttana?» 
 
«No, ho detto che è facile portarsi a letto una bionda» le sorrise divertita, «E guarda caso, tu sei bionda. Non ho detto che sei una puttana»
 
«Sai che sostanzialmente è la stessa cosa?» 
 
«Questione di semantica» disse, voltando una pagina del libro. «Non dovresti prendertela, gli uomini sono attratti delle bionde, e come dargli torto» fissò il suo sguardo negli occhi color miele dell’altra donna. Macarena si sentì congelare sotto al suo sguardo penetrante. Le aveva appena detto che era normale essere attratti da una bionda… le aveva appena detto di essere attratta da lei? 
 
Zulema continuò, non rendendosi conto del significato delle sue parole e dell’effetto che inconsapevolmente avevano avuto sulla donna. «Tendenzialmente si dividono in due categorie: o sgualdrine o svampite. In alcuni casi riescono addirittura ad essere entrambe le cose» abbassò lo sguardo, annoiata, e alzando il libro all’altezza del volto, girò un’altra pagina. «Potresti essere una bionda stupida, ma non sei quel tipo di bionda»
 
Come non detto, Macarena sbuffò ad alta voce. Zulema aveva un modo con le parole che riusciva sempre a incartare un complimento con un’offesa.
 
«Grazie. Sono fortunata ad essere solo stupida» si lasciò cadere sulla poltrona di fronte al divano e piegandosi in avanti recuperò una sigaretta dal pacchetto aperto sul tavolo. «E tu? Nessun grande progetto?» 
 
Zulema alzò lo sguardo, guardandola dal bordo della copertina. «Ti sembro una interessata a ricevere rose e cioccolatini?»
 
«E io lo sono?» 
 
Zulema alzò un sopracciglio, accigliata. Un lato delle labbra si incurvò verso l’alto in un ghigno, prendendola in giro.
 
«Hai davvero una così bassa considerazione di me?»
 
«Non vuoi che risponda, vero?»
 
«Non mi piace San Valentino. È una festa stupida» rigirò tra le mani la sigaretta facendola scorrere sul dito. «Ho scoperto che Simón mi tradiva con la moglie proprio quel giorno» 
 
Ecco qual era la verità, stupida festa, un corno!
 
Zulema abbassò il libro sulle ginocchia alzando gli occhi al cielo. «Aspetta un attimo, fammi capire… tu hai scoperto che il tuo amante ti tradiva, con la persona che è la vera vittima di tutta questa storia... e tu sei quella che si è sentita tradita?» inspirò il fumo e lo buttò fuori sbuffando. «Poi sarei io la narcisista»
 
«L’ho aspettato per tutta la sera seduta sul divano con un stupido completino di pizzo rosso» abbassò lo sguardo imbarazzata.
 
«Uh, inizia a farsi interessante» si spinse in avanti poggiando entrambi i gomiti sulle ginocchia. «Ora arriva la parte piccante?»
 
«Sei una stronza» la guardò arrabbiata. Questa donna aveva un pugno di sassi al posto del cuore. «Hai la minima idea di cosa significhi essere innamorata?» 
 
«Sì, uhm, o per lo meno credo» si passò una mano sulla fronte spostandosi la frangia dagli occhi. «Non mi è mai successo di condividere il mio uomo con un’altra donna. Sono piuttosto possessiva per quanto riguarda le mie cose»
 
«Non sfido a crederlo» Macarena sbuffò giocherellando con la sigaretta tra le dita. «Mi ha fatto male, molto. E in qualche modo collego questo ricordo a questo giorno»
 
Zulema annuì in silenzio, poi alzò le spalle, scuotendo leggermente la testa. «Io non l’ho mai festeggiato» 
 
«Mai?» domandò «Scusa tu e Hanbal…voi non… perché?»
 
«Sei davvero bionda» rispose con un sorriso ironico, scuotendo la testa.
 
«Sono seria, Zulema. Sto cercando di parlarti. Potresti smettere per un solo istante di offendermi?»
 
«Consideri la verità un’offesa?»

Macarena scosse la testa irritata. Si spinse in avanti dandosi uno slancio per alzarsi dalla poltrona.

«Ok, ok, la smetto» Zulema alzò le mani in segno di resa. «Non ho mai festeggiato San Valentino perché è una festa pagana e per la mia religione è considerato un peccato. Quindi… no, non abbiamo mai festeggiato questo giorno» alzò lo sguardo, arricciando verso l’alto il labbro superiore. «E poi odio tutte quelle sciocchezze da femmine»
 
Sì, come no. Le odi così tanto da regalarmi una macchinetta fotografica per Natale per immortalare il nostro tempo insieme. Macarena la guardò scettica, bofonchiando sottovoce.
 
«Cosa?»
 
«No, niente» 
 
Zulema inspirò l’aria tra i denti scrutandola «E poi, perché mai festeggiare l’amore un solo giorno dell’anno, quando puoi farlo tutti i giorni?» continuò, gettando la sigaretta a terra e spegnendola con la punta dello stivale. «L’amore non si chiude in una scatola, in una data, in un regalo, perché l’amore stesso è il regalo. Non esiste una ricorrenza che ci ricordi l’amore che proviamo. Non serve una data per rammentarlo»
 
Macarena rimase a fissarla, sbattendo le palpebre. Quando meno se lo aspettava Zulema riusciva a sorprenderla e lasciarla al tempo stesso senza parole. «Potresti smettere di buttare i tuoi mozziconi a terra? Non sono la tua donna delle pulizie» 
 
«Ti vedo molto bene con uno di quei completini con il grembiule davanti»
 
«Hai delle fantasie su di me?»
 
«Ti piacerebbe» incontrò il suo sorriso sfacciato e arricciò le labbra in un ghigno. «D’accordo» si piegò in avanti e raccolse il mozzicone da terra, posandolo nel posacenere.
 
Macarena annuì pensierosa, affondando nella poltrona. Portò una mano alla sigaretta e con l’altra formò un semicerchio per coprire la fiamma dal vento. La sigaretta iniziò a bruciare sulla punta fino a che non si accese. Prese una profonda boccata e poi si spinse in avanti ricopiando la posizione dell’altra donna. 
 
Fissava Zulema e aveva quella tipica espressione di uno che ha appena avuto un’intuizione. L’aveva avuta anche Zulema. Aveva intuito che stava per subire la sua. 
 
«Dovremmo passare San Valentino insieme» disse Macarena all’improvviso.
 
Zulema la guardò confusa. «Perché mai dovremmo farlo?»
 
«Perché nessuna di noi ha dei piani per questa sera. E apparentemente sembra che tu odi questa festività quasi quanto me. E, lo sai, la miseria ama la compagnia e tutto il resto… penso che potrebbe funzionare» le sorrise, «Sarà un anti San Valentino»
 
«Mmh» Zulema la scrutò, succhiando il labbro tra i denti. «Sì, potrebbe funzionare» Macarena la guardò sorridendo, eccitata all’idea che la bruna avesse accettato così velocemente. 
 
«Dobbiamo prima stabilire alcune regole» 
 
Certo, con Zulema c’erano sempre delle regole. 
 
«Regole?» chiese, «Che tipo di regole?» 
 
«Celebreremo San Valentino a modo nostro» la guardò seriamente. «Beh, per cominciare, è vietato ascoltare qualsiasi canzone romantica… a meno che non sia dei Metallica» 
 
«Io non ascolto i Metallica» 
 
«Beh, questo è un tuo problema» prima che Macarena potesse ribattere, continuò «Niente più offese, è vero. Non che questa fosse-»
 
«Zulema-» 
 
«Sì, giusto» sbatté le palpebre, «Nessun palloncino a forma di cuore che svolazzi per il soffitto della roulotte» 
 
«E se fossero tondi?» chiese scherzosamente.
 
Le fossette agli angoli delle sue labbra distrassero per un momento Zulema che si ritrovò a fissare quel particolare delle sue guance. Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a sé stessa, ma in fondo al cuore sperava che quel sorriso speciale con le fossette fosse solo per lei. «Ok, rettifico: nessun palloncino, di qualsiasi forma e colore»
 
«Vale»
 
«Niente cioccolatini, orsetti, fiori… o qualsiasi altra cosa romantica e da femminucce» si passò una mano sulle labbra, stringendo tra l’indice e il pollice il labbro inferiore. Un gesto incondizionato che faceva ogni volta che stava escogitando qualcosa. «Qualche altro punto da aggiungere?» 
 
Rimase a fissare l’altra donna in attesa di una sua risposta. 
 
Macarena prese l’ultimo tiro, tenendo la sigaretta tra due dita, la spense spingendola sul fondo del posacenere e poi tese una mano a mezz’aria, verso la bruna. Zulema la osservò attentamente, studiando ogni movimento. Con questa donna non si poteva mai essere tranquilli, dietro al gesto più innocente poteva nascondersi una trappola mortale. 
 
L’ultima volta che l’aveva abbracciata, le aveva sbattuto in testa un ferro da stiro. 
 
Anche se ancora titubante per quanto riguardava la serata, alzò anche lei la mano, allacciandola a quella dell’altra donna, lasciandosi andare alle emozioni del momento e non pensando alle conseguenze. 
 
È solo una stupida festa, no?
 
Il patto era sancito. Avrebbero trascorso il loro San Valentino insieme. 
 
***
 
«Zulema, puoi venire a controllare la bombola? C’è qualcosa che non va con il fornello»
 
La bruna gettò la testa all’indietro rotolando gli occhi. Possibile che Macarena non fosse in grado di cuocere un piatto di pasta? Eppure, la donna aveva vissuto per diversi anni da sola. Zulema stentava a credere che la donna fosse riuscita a sopravvivere per così tanto tempo senza nessun aiuto. Brontolando posò il libro, aperto a testa in giù, sul bracciolo del divano, e posando a terra un piede dopo l’altro si alzò in piedi. 
 
Arrivò alle spalle di Macarena e poggiandole una mano sul fianco la spinse di lato. Si accovacciò ai suoi piedi e controllò in ordine: la valvola, la pressione della bombola e il tubo che la collegava al piano cottura. Era tutto perfettamente in posizione. 
 
Con un grugnito alzò la testa verso l’alto guardando la donna che la osservava immobile dalla sua posizione, con un fianco poggiato al lato del pianale. Le lunghe gambe nude si trovavano a pochi centimetri dal suo viso. Zulema fissò inizialmente lo sguardo sulle gambe, lasciando scivolare gli occhi su ogni centimetro di pelle esposta, fino a vederle scomparire sotto l’orlo della camicia di flanella. Puta rubia. Si morse il labbro inferiore, reprimendo ogni desiderio di afferrare quella carne bianca e marchiarla con i suoi denti.
 
Scosse la testa con un lungo sospiro, cercando di cacciare dalla mente i pensieri che la vicinanza con il suo corpo avevano scatenato. Alzò le braccia in alto, posando entrambe le mani sul piano, e con uno slancio si tirò in piedi, ritrovandosi alla stessa altezza dell’altra donna, tra il tavolo e il bancone. 
 
«Spostati» disse scontrosa, dandole una spinta.
 
«Ehi» Macarena fece un passo indietro cercando di non perdere l’equilibrio. «Potevi anche chiederlo più gentilmente»
 
«Potevi anche spostarti da sola»
 
La bionda aprì e chiuse la bocca un paio di volte e poi incrociò le braccia al petto con un’espressione scocciata. «L’ho già controllato»
 
«Ah sì?» disse Zulema, ruotando il fornello tra le mani, mentre gli occhi non perdevano mai di vista quelli dell’altra donna. Lo sollevò dal piano, divise tutti i pezzi e poi li rimise a posto sistemandoli perfettamente sul piano cottura. Con l’altra mano fece pressione sulla manopola che scoppiettando due tre volte accese il gas e illuminò di azzurro il cerchio del fornello.
 
«Come hai fatto?» chiese con la bocca semiaperta. «Ti giuro che il fornello non funzionava»
 
«Non è il fornello che non funziona, rubia» piegò la testa di lato guardandola con gli occhi socchiusi e le labbra imbronciate, in un misto di disappunto e divertimento. «Sei tu che non funzioni ai fornelli»
 
«Ah, ah… molto divertente» mormorò sottovoce, mentre afferrava la pentola piena d’acqua dal lavandino e la posizionava sul fornello acceso. 
 
Zulema si lasciò cadere sulla sedia e spingendo con i piedi a terra attaccò lo schienale alla parete. Appoggiò un gomito sul tavolo, appoggiando il mento nel palmo, e con l’altra mano, giocherellando con una sigaretta spenta, tamburellava il filtro sul piano del tavolo. 
Era talmente concentrata in quel movimento che non si rese conto del timer della sveglia che suonava e dei movimenti della bionda, fino a che non si ritrovò con un piatto di spaghetti sotto al naso. 
 
«Wow!» la bruna guardò stupita il piatto fumante, mentre Macarena finiva di sistemare la tavola. Posizionò accanto al piatto un bicchiere ciascuno – gli ultimi due superstiti dalle loro continue litigate – e li riempì per metà con del vino rosso. «Ti sei davvero impegnata»
 
«Zulema è un piatto di pasta al sugo» 
 
«Appunto! Ti nutri al novanta percento di cibo confezionato e alimenti precotti» inclinò la forchetta verso il bordo del piatto e arrotolò una matassa perfetta di spaghetti intorno ai denti della posata. «Dovrei preoccuparmi?» la guardò sorridendo scherzosa, mentre alzava la forchetta in aria. 
 
Macarena scoppiò a ridere guardando il broncio carino della donna e scosse la testa mentre arrotolava a sua volta la pasta intorno alla forchetta. 
 
Sebbene vivessero insieme da più di un anno erano rari i momenti in cui condividevano davvero qualcosa. Era bello. Era confortante avere qualcuno con cui condividere qualcosa, anche che fosse solo un semplice piatto di pasta - soprattutto questa sera che la donna sembrava così calma e rilassata. 
 
Fuori dalla prigione aveva conosciuto un’altra Zulema. Sempre scaltra, manipolatrice, a volte solitaria, ma anche dolce e apprensiva. La polaroid attaccata sul muro, alle spalle del letto, era un vivido ricordo di come anche la donna fosse dotata di sentimenti, sebbene tendesse a nasconderli sotto una fitta coltre di fumo. 
 
Avevano iniziato stilando una lista di regole e divieti da rispettare per convivere insieme e poi con il tempo le linee che avevano tracciato avevano perso l’inchiostro dai bordi, mischiandosi tra loro.
 
Avevano iniziato condividendo un letto e avevano finito per condividere molto di più. 
 
***
 
Dopo cena si ritrovarono entrambe sedute sul divano. Zulema con i piedi poggiati sulla base del divano e le gambe piegate, abbracciava un cuscino al petto, mentre Macarena, alla sua destra, con la testa appoggiata alla sua spalla, scorreva con il dito sullo schermo dell’iPad alla ricerca di un film da vedere.
 
«Dovremmo vedere un horror o tutt’al più un poliziesco»
 
«Un poliziesco? Non ti basta avere la polizia alle costole tutti i giorni della tua vita?»
 
Macarena rise sommessamente e annuì, continuando a sfogliare la lista dei film inseriti nella sezione “Thriller” e poi quella degli “Horror” senza trovare nulla che catturasse la sua attenzione. «Ok, allora cosa?»
 
«Ci penso io» rispose Zulema, prendendo l’iPad dalle sue mani e iniziando a digitare un titolo nella barra di ricerca. «Ecco qua» 
 
Passò nuovamente il tablet a Macarena mentre sullo schermo scorrevano i titoli di testa del film. «L’amore è eterno finché dura» la donna lesse ad alta voce. «Ma sei seria?»
 
«Cállate rubia» Zulema spostò i cuscini, cercando una posizione più comoda. Afferrò un cuscino da terrà e lo mise tra il bracciolo e la schiena, affondandoci dentro, mentre la bionda si allungava in avanti per posare l’iPad sul tavolo.
 
«Avevamo detto nessun film romantico» la guardò scettica.
 
«Infatti, questo non lo è»
 
«Ma com-»
 
«È la storia di un uomo e una donna che non si amano più. Sono praticamente al capolinea del loro matrimonio. Non è una commedia romantica. Stanno insieme perché non hanno di meglio da fare» disse, alzando le spalle. «Un po’ come noi, è un matrimonio di convenienza»
 
«Sì, ma… parla d’amore»
 
«No, in realtà dice una cosa molto semplice. Ovvero che l’amore è un’utopia perché anche quello più solido e all’apparenza più indissolubile può finire» si passò la lingua sulle labbra, affondando i denti nel cuscinetto di carne. «Le persone sono ossessionate dall’amore. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime?» sbuffò, «Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. Ed è l’amore che ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due» scosse la testa, come se stesse cercando di scacciare via un ricordo doloroso. «L’amore è pericoloso. L’amore fa male» 
 
Macarena notò l’umidità sotto gli occhi di Zulema, nonostante la donna continuasse ad evitare il suo sguardo. Non deve essere facile convivere con la consapevolezza di aver venduto l’amore della tua vita per un paio di giorni di libertà, pensò la bionda. Si sentiva responsabile della miseria che velava gli occhi della donna. Era stata colpa sua dopo tutto. Aveva un accordo con Fabio e per la sua di libertà, aveva reso inutile il sacrificio di Zulema. 
 
Ma Zulema l’aveva costretta ad andare in Marocco con loro. L’aveva rapita, obbligandola a fuggire con lei. In un certo senso era stata anche colpa sua per quello che era successo. 
 
Peccato che il sacrificio non era servito a nulla, e da quel momento una catena di eventi le aveva private entrambe delle persone a loro più care. 
 
Erano rimaste sole, insieme.
 
Macarena mise in pausa il film e abbassò il tablet sulle ginocchia. «Sei così cinica… l’amore per me è come l’aria, non potrei vivere senza»
 
«Prega per te di non rimanere senz’aria perché a quel punto non sarà più amore, ma solo una lenta e triste agonia»
 
«Non è sempre così, questo lo sai, vero?» si voltò verso la donna osservandola. «Hai abbassato le difese, ti sei resa vulnerabile e sei rimasta ferita. Ma l’amore non è solo dolore, è tante altre cose meravigliose» sorrise, «Rinunceresti mai al tempo che hai trascorso con lui per la paura del dolore?»
 
Zulema rimase in silenzio, lasciando la domanda dissolversi nell’aria intorno a loro. Poggiò le gambe a terra e si alzò, recuperando un bicchiere dal tavolo. Versò nel bicchiere il liquido scuro e poi tornò seduta accanto a Macarena, sorseggiando il vino lentamente.
 
Era tipico di Zulema ammutolirsi quando qualcosa non le piaceva, quando la conversazione si faceva troppo personale, quando perdeva le redini del gioco. Bastava un nonnulla e le pareti che la circondavano si richiudevano come un pugno intorno lei non permettendo a nessuno di avvicinarsi.
 
Quando pensava che non le avrebbe risposto la sentì mormorare.
 
«Quando nasce una relazione le sensazioni che si provano sono meravigliose, inebrianti. L’innamoramento è un processo chimico vero e proprio che ti rende dipendente, mentalmente e fisicamente, dal tuo partner» sorrise lievemente, come se stesse rivivendo quella sensazione in quel momento. «Il tempo e lo spazio iniziano ad essere irrilevanti. Tutto inizia a ruotare intorno a questa persona, che magari fino a poco tempo prima neanche conoscevi, con la quale vorresti condividere ogni singolo momento della giornata e con cui inizi a fantasticare sul futuro, immaginando di poter proiettare questa meravigliosa sensazione all’infinito» si spostò in avanti, accorciando la distanza fisica tra i due corpi. «Splendido, non è vero?»
 
Macarena deglutì rumorosamente. 
 
Spostandosi in avanti, ora la coscia di Zulema sfiorava la sua a ogni parola che pronunciava, creando una scia di calore nel punto di contatto. L’odore corposo e fruttato del vino avvolgeva i suoi sensi, facendole desiderare di poterlo assaggiare. Bevendo direttamente dalle labbra della donna.
 
La presenza di Zulema occupava tutti i suoi sensi.
 
Senza rendersene conto si inclinò in avanti ammaliata dal movimento sinuoso delle sue labbra. 
 
Che diavolo mi prende? Sbatté gli occhi più volte, focalizzandosi sull’ambiante circostante e non sulla donna al suo fianco. Finse di spostare un granello invisibile di polvere dal cuscino e riappoggiò la schiena al divano. 
 
Doveva stare attenta. 
 
Doveva starle lontana o l’avrebbe attratta nel suo vortice. 
 
Zulema era come un uragano, ti tirava e risucchiava dentro di lei e spesso finivi nell’occhio del ciclone senza rendertene conto.
 
«Spesso si dice “ti amo”, o peggio, ci si sposa con persone che di fatto non si conoscono e questo ci condanna ad essere infelici» abbassò lo sguardò, con la voce che traballava tra le parole «Io lo ero. Molto» 
 
Senza rendersene conto Macarena le prese la mano tra le sue. Era stato un gesto improvviso. Puro istinto. Zulema trasalì, sbarrando gli occhi al contatto della loro pelle e poi si rilassò, incrociando le dita insieme, stringendole in un pugno. 
 
«Hanbal non è stata una boccata d’aria, ma ossigeno puro» sbatté le palpebre alzando il mento. «Stavo annegando e mi ha salvata» 
 
Lui l’aveva salvata per poi morire in una buca crivellato di colpi. 
 
Lei l’aveva uccisa iniettandole aria nelle vene e ora era seduta accanto a lei sul divano tenendole la mano.
 
Com’è buffo il destino. Quando pensi che ti abbia fottuto la vita, in realtà ti ha appena regalato una ragione per averne una. 
 
Erano rari i momenti in cui la donna si lasciava andare e condivideva con lei momenti del suo passato, soprattutto della sua vita con Hanbal. La donna con cui aveva vissuto in questo ultimo anno era così diversa da quella che aveva conosciuto in carcere. La prigione tira fuori il peggio di ogni persona. Anche lei era diventata un’autentica hija de puta e Zulema non era stata eccezione. Avrebbe tanto voluto conoscerla prima di Cruz del Sur. 
 
Era da sempre una ragazza giovane e irrequieta? 
 
Erano stati gli anni in carcere a renderla un animale selvaggio?
 
Non esistono persone solo buone e solo cattive, siamo luce e ombre, insieme. E anche Zulema deve esserlo stato in passato prima che le fottessero la vita. Prima che iniziasse a rincorrere la libertà. Prima di indossare la corazza che le aveva fatto da scudo in tutti quegli anni di violenze e soprusi. Doveva essere stata una bambina felice anche lei. 
 
Una scia di emozioni contrastanti le inondò la testa confluendo direttamente nel cuore. 
 
Era compassione quel chiodo che sentiva perforarle il petto o si era solo immedesimata nel suo dolore e ora il suo cuore vibrava al ritmo e alle percussioni delle sue parole?
 
Poteva provare empatia per una persona come Zulema dopo tutto quello che avevano passato insieme? 
 
Avevano deciso di vivere insieme per necessità. Si erano unite perché non avevano nessun altro al di fuori di loro due… ma il guazzabuglio di sentimenti che le inondava la testa era di tutta altra natura. Doveva mettere un freno ai suoi pensieri prima che fosse troppo tardi, o l’avrebbero portata alla deriva.
 
Da tempo si era resa conto che non viveva insieme a Zulema perché doveva farlo, ma perché voleva farlo. E c’era una grande differenza tra le due cose.
 
Si voltò ad osservare la donna, guardandola in silenzio. Zulema si rese conto dello sguardo invadente, ma continuò a fissare concentrata un punto indeterminato della parete, mentre le luci blu le illuminavano il lato del viso.
 
Non era mai stata così bella.  
 
O forse lo era da sempre, ma si rendeva conto solo ora di non essere più in grado di combattere il suo magnetismo. 
 
«Mi hai salvata anche tu, letteralmente dico» sorrise, «Non ti ho mai ringraziata»
 
«Non farmene pentire»
 
Macarena la fissò da vicino, inclinando la testa. «E te ne penti?»
 
«Qué?»
 
«Di avermi salvata» Macarena si spostò sul divano. Le loro gambe erano nuovamente premute insieme. «Te ne penti?»
 
Zulema sapeva nascondere dietro un sorriso sghembo il calore che le incendiava ogni singola terminazione nervosa, ma un sorriso non sarebbe stato sufficiente a nascondere le emozioni che riflettevano i suoi occhi; il tremore impercettibile delle sue mani. E questo Macarena lo sapeva.
 
La bruna aveva una bella corazza, ma Macarena aveva visto cosa si nascondeva dietro quel mantello di spine ed era disposta a tutto, anche di ferirsi, pur di tagliare via ogni singolo ramo e vedere cosa nascondeva al suo interno. 
 
«Perché tutte queste domande?» sbuffò, «Mi stai facendo venire il mal di testa»
 
«È una domanda semplice. Sì o no?» 
 
Zulema pensava di poter gestire la situazione, pensava di poter gestire la bionda, e forse in un’altra occasione ci sarebbe anche riuscita. In questo momento non aveva la minima idea di come gestire le sue di emozioni. 
 
Era del tutto ignara di aver dato a Macarena una posizione privilegiata per godersi lo spettacolo della logica che si schiantava contro l’imprevedibilità dell’emozione.
 
«Ti hanno mangiato la lingua?» chiese ridacchiando. Poi si alzò su un ginocchio e portò l’altra gamba tra quelle della donna, inchiodandola al divano, mentre con la mano si appoggiava al bracciolo del divano, sfiorandole il braccio.
 
I loro volti erano incredibilmente vicini e Zulema sapeva che le mancava tanto così per perdere il controllo della situazione. Non riusciva a pensare a niente, con il cuore che le rimbombava così forte nelle orecchie, occupando ogni suo pensiero.
 
Cercò di indietreggiare ma le spalle erano già attaccate al divano e non poteva neanche allontanare la testa da quella di Macarena, che aleggiava sopra le sue labbra, a pochi centimetri di distanza. Non aveva spazio per fare nulla. Era completamente avvolta dai suoi arti. Imprigionata dal suo corpo. 
 
«Mi stai addosso, rubia»
 
«Non mi sembra che abbiamo stabilito regole sulla vicinanza»
 
«Non pensavo di doverlo fare» mormorò spostando lo sguardo dagli occhi alle labbra. 
 
Macarena si nutriva del suo nervosismo. «Infatti»
 
Accarezzò con la mano destra la pelle del suo volto, seguendo un percorso immaginario. Sfiorando il naso, gli zigomi, le labbra… poi afferrò il mento tirandolo verso l’alto.
 
«Maca-»
 
«Shhh…» e annullò la distanza tra le loro labbra. 
 
Sfiorò le sue labbra dapprima delicatamente e poi le accarezzò con la lingua, succhiandole il labbro inferiore. Stuzzicandolo con i denti. Zulema era immobile sotto di lei, non rispondeva al suo bacio, ma non la stava nemmeno allontanando. Anzi, le permetteva di giocare con le sue labbra, di morderle e succhiarle. E mentre la mente rispondeva al cuore in tumulto, il corpo si dimenava per non lasciare uscire troppe emozioni.
 
Macarena separò le sue labbra, solo di pochi centimetri. Quel poco che le serviva per incontrare nuovamente lo sguardo della donna. Le sorrise e alla vista delle due fossette, ai lati delle sue labbra, Zulema perse ogni contatto con la realtà. C’era solo una cosa nella sua mente in quel momento e aveva smesso di combatterla.
 
Aveva alzato la bandiera bianca, godendosi il piacere di quella rovinosa sconfitta. 
 
Staccò la testa dal bracciolo e spingendosi in avanti atterrò nuovamente sulle labbra della bionda. Con una mano le accarezzò la nuca, afferrandole i capelli in un pugno, e poi si riabbassò sul divano portandosi dietro il corpo della donna che ora aderiva perfettamente al suo.
 
I cuori battevano allo stesso ritmo frenetico, scontrandosi contro il petto. 
 
Zulema aprì le labbra permettendo alla bionda di accarezzarle il palato con la lingua. Più la donna la baciava, più la presa stretta intorno ai suoi capelli si allentava, e la mano si apriva a raggio tra i suoi fili dorati.
 
«Per essere una a cui non piacciono i cliché di San Valentino, mi sembra che ti sia calata un po’ troppo nella parte» disse Macarena, cercando di regolare il tono della voce. 
 
Vuoi fingere che non sia quello a cui pensavi da tutta la sera? Bene, posso giocare anch’io a questo gioco. La guardò con un sorriso malizioso.
 
«Per essere una che era così decisa a farmi credere che non fosse una ragazza facile» sussurrò, portando le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio. «Mi sembra che tu abbia allargato le gambe troppo velocemente» 
 
Zulema infilò le mani sotto la sua camicia accarezzandole il seno nudo. «Dov’è il completino di pizzo?»
 
«Stronza» mormorò sulle sue labbra prima si morderle. 
 
Vediamo chi delle due allargherà le gambe per prima. 
 
Macarena lasciò scivolare una mano tra i due corpi, fermandosi sul bottone dei pantaloni della mora. Riuscì a slacciarlo al terzo tentativo e dopo aver tirato giù la zip infilò una mano all’interno. I pantaloni larghi le permettevano di muoversi anche senza sfilarli del tutto. 
 
Quando le accarezzò il sesso attraverso il tessuto delle mutande, Zulema sussultò cercando di alzarsi, ma Macarena, seduta a cavalcioni sulle sue gambe, non le permetteva nessun movimento. 
 
«Il sesso a San Valentino non è un cliché?» borbottò contro le sue labbra, con il respiro mozzato. 
 
La bionda smise a malincuore di baciarla e le sorrise maliziosamente. «Potremmo chiamarlo sesso dell’anti San Valentino» suggerì, infilando due dita sotto il tessuto di cotone.
 
Zulema sussultò al contatto delle due dita che l’accarezzavano.
 
«Il sesso dell’anti San Valentino… mi piace» approvò la bruna, prima che Macarena si schiantasse nuovamente sulle sue labbra schiacciandola sul divano. 
 
***
 
Diverse ore dopo si ritrovarono sedute sul letto, con le gambe intrecciate, avvolte nel piumone. La colonna sonora del film risuonava nella stanza, mentre i titoli di coda scorrevano in verticale sullo schermo. 
 
Macarena sorrideva felice, canticchiando con la testa appoggiata sulla spalla di Zulema, mentre la bruna teneva l’iPad bloccato sulle ginocchia piegate in alto. 
 
«Avevi ragione»
 
«Mi piace quando mi dai ragione, rubia» le disse, inclinando la testa di lato. «Su cosa?»
 
«Non è un film d’amore… ti spiega l’amore» sorrise, inclinando la testa verso l’alto senza staccarla dalla spalla della bruna. «Noi siamo un po’ come Gilberto e Tiziana, costrette a vivere insieme per necessità. Un matrimonio di convenienza» 
 
Zulema annuì mordendosi il labbro inferiore. «Uh-uh»
 
 «Ma siamo anche come Gilberto e Carlotta» continuò, «Viviamo le cose come vengono, senza aggrapparci a tutti i costi a stupide etichette e convenzioni. Abbiamo trovato il nostro equilibrio, la nostra distanza perfetta» tirò su con il naso, riabbassando lo sguardo e ritrovando la posizione precedente. «Siamo come due istrici»
 
«Due istrici?»
 
«Sì», annuì «Due istrici hanno freddo e allora si avvicinano per scaldarsi, però si fanno male con gli aculei e allora si riallontanano. È un po’ come l’amore: né troppo vicini e né troppo lontani…» allungò una mano e raggiunse quella di Zulema, lasciando scorrere sul dorso la punta delle dita. «Ma tu lo sapevi già, giusto?»
 
«Pensi che ogni cosa che faccia sia premeditata?» disse, voltando il palmo della mano verso l’alto.
 
«Non tutte, solo quelle in cui vuoi dimostrare un punto»
 
«Mmh, e cosa avrei voluto dimostrare?»
 
«Che ci siamo punte per anni, incuranti del dolore che ci procuravamo, ma adesso abbiamo capito come avvicinarci senza ferirci»
 
Zulema annuì. «Questo lo stai dicendo tu. Io volevo solo vedere un film» mormorò, poggiando a sua volta la testa su quella di Macarena e chiudendo le loro mani insieme.
 
Si erano ferite a vicenda per tanto tempo, fino a che non avevano capito la distanza esatta per far combaciare le loro spine senza farsi male. 
 
Erano due istrici ed avevano imparato ad abbracciarsi senza ferirsi. 
 
Rimasero in un comodo silenzio ad ascoltare il ticchettio della pioggia sul tetto della carovana, fino a che Zulema non iniziò a lamentarsi di aver freddo con solo un paio di mutandine addosso. Macarena si alzò per recuperare una scatola di cioccolatini dal mobile della cucina, la sua camicia e la felpa della bruna dal pavimento. 
 
Tornò sul letto, poggiando la felpa e una busta a terra e la scatola di latta sul piumino. 
 
«Avevamo detto di non comprare cioccolatini» disse Zulema afferrandone uno dalla scatola. Lo tirò alle due estremità e aprì la carta.
 
«Da quando rispettiamo le regole?» Maca fece un gran sorriso mentre si riempiva la bocca di cioccolata. «E poi… chi ti ha detto che li ho comprati?» 
 
Zulema rimase a guardarla con il cioccolatino a mezz’aria e la bocca semi aperta. «Sei una continua sorpresa, rubia»
 
La bionda sorrise e afferrò un altro cioccolatino e poi con il piede spostò la scatola alla fine del letto. Si girò verso Zulema e spingendola verso il basso la fece sdraiare su un fianco. Poi prese il piumone e sdraiandosi a sua volta lo tirò sopra le loro teste, coprendole.
 
«Rubia, cosa stai-»
 
«Shhh…» mormorò mettendole una mano sulle labbra.
 
Zulema spostò la testa all’indietro per allontanarsi dalle mani della bionda. «Non mi piace questa tua nuova abitudine-» 
 
Macarena si spinse in avanti e premendole nuovamente la mano sulle labbra le spinse in bocca un cioccolatino fondente per azzittirla. Gettò una gamba sulla sua vita e si mise seduta a cavalcioni sulla donna. 
 
Prima che Zulema iniziasse a protestare iniziò a sbottonare i primi bottoni della camicia. «Pensavo a un modo più creativo per riscaldarci»
 
Zulema fissò gli occhi sul seno di Macarena avvolto in un body di pizzo rosso. Arricciò le labbra in un sorriso malizioso e poi afferrò i due lati della camicia e con un unico gesto strappò via gli ultimi bottoni. 
 
Passarono le successive ore a festeggiare il loro anti San Valentino.
 
 
 
 
 
 
 
 
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Doveva essere una storia breve, un paio di pagine al massimo, da pubblicare il giorno di San Valentino... poi mi sono lasciata prendere la mano. 😅
   
 
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