Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente
casuale.
2.
Angel
Of Music
Trovata la nuova soprano e la sua sostituta, nonché
seconda voce femminile, le prove per il primo spettacolo di stagione
iniziarono rapidamente.
Carlotta si impegnava in ogni modo per non
contrariare il padre, che nei giorni precedenti le aveva fatto capire
che il suo chaperon sarebbe rimasto misterioso, così che lei
non potesse eluderne la sorveglianza.
Ufficialmente l'aveva
affidata all'attenzione di Madame Giry, dopo aver fatto eseguire dei
controlli sulla sua reputazione e aver scoperto che era una
persona assai temuta dietro le quinte. Una vera e propria "eminenza
grigia" dell'Operà Populaire, ma era solo per facciata.
César non si sarebbe mai fidato di una donna, per giunta
artista, visto che nella sua mentalità queste due qualità
equivalevano alla definizione stessa di inaffidabilità.
Stavano
preparando "L'Annibale", di Chalumeau, e per Carlotta era
uno strazio.
Nell'aria del V atto, dove l'imperatrice Elissa
ricordava con dolcezza e romanticismo il rapporto con il marito,
Annibale, lontano in guerra, lei si sentiva come un elefante in
cristalleria. Il suo timbro era troppo ricco e anche se cercava di
ridurre la potenza, i suoi acuti risultavano velati e non riusciva ad
ottenere la delicatezza necessaria.
Quel brano doveva
rappresentare una carezza affettuosa e nostalgica che volava,
sospinta da una lieve brezza marina, fino a raggiungere l'amore della
sua vita. Lei, invece, gli stava dando una pacca sulla spalla e pure
poderosa.
Dopo l'ennesima prova chiese una pausa, mentre i
musicisti e i tecnici la applaudivano forzatamente.
Aveva provato
a suggerire al Maestro Reyer di utilizzare Christine, ma l'uomo si
era rifiutato e, anzi, l'aveva esageratamente elogiata.
Non
cantava male, affatto, ma non era adatta a quel ruolo.
César
si era imposto sul povero direttore artistico, scegliendo le opere
della stagione in base alla parte che avrebbe fatto apparire più
facilmente Carlotta come un'ottima moglie, indipendentemente dal tipo
di voce richiesta, e questo complicava tutto.
Il Maestro si
sarebbe ritrovato a dover riscrivere e riadattare opere che aveva
eseguito per decenni e non era sicuro di riuscire ad ottenere
risultati convincenti. Tuttavia, il Visconte era il proprietario e se
non lo avesse assecondato sarebbe stato certamente rimpiazzato,
perdendo così la sua unica fonte di reddito.
Chiusa nel camerino, Carlotta si scervellava su come risolvere
la situazione in cui si era ritrovata suo malgrado. Per la prima
volta nella sua vita detestava cantare.
Si sentiva in imbarazzo,
impacciata e a disagio e, in più, non poteva sfogarsi con
nessuno. César si era raccomandato di non essere cortese con
loro e non sapeva quanto potesse fidarsi di madame Giry. Di quanto,
delle sue eventuali confidenze e ritrosie, sarebbe arrivato
all'orecchio del padre.
In quella settimana di prove l'idea di
fuggire con Mercier era diventata sempre più allettante.
Si
spruzzò il tonico per le corde vocali in gola e riappoggiò
la bottiglietta sulla toeletta, prima di sedersi scompostamente e
lasciar andare la testa all'indietro, rilassandosi completamente in
un sospiro carico di frustrazione.
Quasi si malediceva per aver
spinto il padre verso il teatro, distogliendolo dall'acquisto della
galleria d'arte che aveva preso in considerazione, ma non poteva di
certo immaginare un simile comportamento.
Forse le sarebbe
convenuto accettare la prima richiesta di matrimonio che sarebbe
arrivata, senza obiezioni, e concludere così il più in
fretta possibile la sua carriera da soprano.
Se fosse stato un
uomo d'affari avrebbe comunque avuto qualche momento di libertà,
come sua madre, mentre César era in viaggio, ma certamente non
avrebbe mai più rivisto Mercier e avrebbe anche dovuto
occuparsi dei figli che un simile accordo esigeva.
Sentì lo
stomaco contorcersi, il fatto che la sua razionalità le
permettesse di prendere in considerazione l'idea non ne implicava
l'accettazione.
Presa tra due fuochi, si sentiva letteralmente in
trappola e preferiva rimanere da sola, anche per lunghi periodi, che
non dover ostentare superiorità. Lei non era nata nobile e non
si era mai permessa di trattare con sufficienza nemmeno la servitù
domestica, cosa che invece riusciva benissimo a suo
padre.
All'improvviso, una melodia leggera le raggiunse l'orecchio
e risollevò la testa, incuriosita, cercando di seguirne il
filo. La riconobbe in pochi istanti, era l'aria del V atto. Lieve e
soave.
Il camerino accanto al suo doveva essere quello di
Christine.
Si fermò ad ascoltare quelle note che
sembravano ricamate nell'aria. Lei non sarebbe mai riuscita a
raggiungere tonalità così alte e non dipendeva dai suoi
sforzi, dai suoi studi e dalle prove. Dipendeva dalla sua natura,
dalla lunghezza e dallo spessore delle corde vocali, e contro quello
non poteva fare niente.
Era questo che César si rifiutava
di capire.
Doveva trovare il modo di tirarsi indietro, era giusto
che fosse Christine ad avere il ruolo principale. Lo spettacolo
sarebbe stato di gran lunga migliore.
Continuò ad
ascoltare, invidiandole quel tono leggero, ma in uno dei punti più
bassi dell'aria sentì la voce della giovane appiattirsi
innaturalmente. Non aveva preso la nota.
Tese l'orecchio,
sentendola riprendere e ripetere. Andò meglio, il suono le
giunse più armonioso, ma tuttavia sarebbe dovuta scendere
ancora più in basso.
-Non così, più giù!-
Sentì la voce stizzita di una donna, le sembrò madame
Giry. Non era granché come suggerimento, Christine sapeva
senza dubbio che non era la tonalità giusta.
Rimase in
ascolto per qualche minuto ancora, sentendo la tutrice arrabbiarsi
sempre di più, ma senza dare suggerimenti concreti alla
ragazza. Probabilmente le conoscenze dell'insegnante erano solamente
parziali per quello che riguardava il canto.
Lei avrebbe saputo
cosa dirle, invece. Sentì la sua frustrazione aumentare...Se
solo suo padre non si fosse intromesso...
Nei pochi istanti in cui
si erano viste sul palco, il modo in cui le sue guance si erano
imporporate e il sorriso modesto che le aveva rivolto, l'avevano
indotta a pensare che fosse una persona cortese e dall'animo gentile.
Sarebbe stato un piacere insegnarle e trascorrere del tempo con lei,
probabilmente.
-Smettila di fare la sciocca e impegnati! Sai
benissimo come si fa!- Sentì del trambusto che non riuscì
ad identificare, poi il rumore della porta che si chiudeva e il suono
di tacchi nel corridoio, prima di sentire Christine piangere
disperatamente in camerino.
Carlotta si sentì sprofondare,
quella povera ragazza stava peggio di lei.
Nemmeno lei era una
professionista e si era ritrovata in quel ruolo all'improvviso, senza
le conoscenze necessarie e senza nemmeno la protezione del titolo
nobiliare, o dei soldi del padre.
Si sentì sciocca per
essersi lamentata per la propria situazione e, colta dalla rabbia per
la propria impotenza, scattò, spazzando con il braccio il
ripiano della toeletta e facendo cadere tutto a terra.
La veemenza
di quel gesto fu tale che il pesante flacone di tonico, in vetro
intarsiato, andò a schiantarsi contro il muro, colpendo il
telaio dello specchio e infrangendosi a terra.
Non si degnò
nemmeno di guardare il risultato del suo gesto, troppo presa dal
furore e dalla ricerca di una soluzione. Loro non erano oggetti nati
solamente per soddisfare le ambizioni dei genitori!
Fu qualche
istante dopo, che una corrente gelida l'avvolse, accompagnata da un
forte odore di umidità.
Si voltò, allarmata, e notò
che lo specchio era scostato dal muro.
Lo raggiunse e vide che
c'era un passaggio. Provò a spostare ancora di più il
vetro, ma non riuscì, perché i cardini su cui era
montato erano estremamente irrigiditi dalla ruggine.
Quella
scoperta l'aveva distratta dai suoi problemi e aveva acceso la sua
immaginazione. Avrebbe voluto ispezionare il cunicolo immediatamente,
ma probabilmente il resto del cast la stava aspettando, per
proseguire con le prove, e una lunga assenza avrebbe certamente
insospettito madame Giry.
Sospirò, spingendo con tutte le
sue forze lo specchio nuovamente al proprio posto.
Avrebbe anche
dovuto cambiarsi d'abito, l'ampia gonna che indossava avrebbe
strisciato lungo le pareti raccogliendo sporcizia e ragnatele e
rendendo evidente a chiunque l'avesse incrociata che c'era qualcosa
di strano.
Raccolse rapidamente gli oggetti che aveva scagliato a
terra e, dopo essersi ricomposta, uscì dal camerino, chiudendo
a chiave e portandola con sé. Non era rimasto alcun segno
della sua scoperta, ma non voleva correre rischi.
Stesa
sul prato dietro casa, si godeva gli ultimi raggi del tramonto,
mentre Mercier toglieva le selle ai loro cavalli e li lasciava liberi
di pascolare nelle vicinanze, prima di stendersi sull'erba, accanto a
lei.
-Non pensavo che le cose andassero così male- disse
Carlotta dispiaciuta, mentre giocherellava con una mela, divertendosi
a lanciarla sopra la propria testa e a riprenderla al volo.
-Non
abbiamo veri ingaggi da molto, ormai, poi Angelique si sposa e Celine
e Aubert si uniranno al circo...- Il ragazzo sospirò,
passandosi una mano tra i lunghi capelli castani prima di rivolgere
gli occhi azzurri al cielo e incrociare le braccia dietro al capo
-Sarà dura.-
-Forse, ma sono certa che riuscirai a trovare
dei nuovi compagni e a rimetterti in sesto.-
-Questa volta non lo
so, Carlotta. Forse dovrei far felice mia madre e tornare a vivere
qui. Mio padre sta invecchiando e le vostre stalle diventano sempre
più difficili da gestire.-
-Almeno hai un'alternativa e non
sarai costretto a patire la fame.- Pensò di nuovo a Christine,
lei non aveva nient'altro se non l'Operà. Se l'avessero
cacciata si sarebbe trovata in grossi guai e probabilmente non aveva
idea di come fosse il mondo fuori dal convitto.
-Certo, ma
decisamente non è il mio sogno.-
La ragazza annuì,
capendo. Mercier in quanto uomo aveva qualche possibilità in
più, sapeva anche leggere e scrivere, ma non era molto diverso
dal suo caso. Mugugnando, gli disse: -Il mio sogno si sta
trasformando in un incubo, invece.-
-Troppa fatica?-
-No, è
che non sono adatta. E poi io volevo scrivere, lo sai.- Addentò
la mela e poi la passò al ragazzo accanto a lei, che la imitò.
-Ma mio padre vuole mettermi in mostra, per farmi sposare in fretta-
Aggiunse frustrata.
-Chi otterrà la tua mano sarà
fortunato.- Biascicò l'amico con la bocca piena.
-Ma io
no.- Tra gli affari del padre e il titolo nobiliare, per lei c'era
solo il matrimonio combinato. Non avrebbe mai avuto la fortuna di
sposarsi per amore.
-Una bella casa, ottimo cibo, denaro,
bambini...Cosa vuoi di più?-
Quel commento la infastidì,
si aspettava più comprensione -Ti ricordi com'era con
la...Mamma?-
Il ragazzo smise di masticare, prima di sospirare
pensieroso.
-Ricordi come cambiava quando lui rientrava? Io non
voglio che succeda anche a me.-
-Lo stai già
facendo...-
-Sì, e lo detesto.-
-Se il Visconte ti
vedesse adesso, in camicia e pantaloni, da sola e in compagnia di un
uomo, morirebbe.- Ridacchiò, immaginandolo paonazzo.
-Beh
tu non sei un uomo, altrimenti avrei evitato-
Il ragazzo si
sollevò sul gomito, sporgendosi verso di lei fin quasi a
sovrastarla -Ah no?- Chiese, con voce profonda e calda, incatenando
lo sguardo ceruleo al suo.
-No...Sei Mercier.- Rispose Carlotta,
non capendo perché l'amico la guardasse a quel modo.
Dopo
un istante di silenzio il giovane scoppiò a ridere -Non sapevo
di essere eunuco!-
La mora lo spinse via, ridacchiando a sua volta
e si mise a sedere, provando improvvisamente un vago
imbarazzo.
Quando Mercier smise di ridere, tornando a stendersi
sulla schiena per riprendere fiato, la giovane decise di raccontargli
della sua scoperta -Ho trovato una specie di passaggio segreto,
dietro allo specchio del mio camerino.-
-Ah sì? E dove
porta?-
-Non lo so, non ho avuto modo di guardarci oggi, ma magari
è solo un ripostiglio.- Nella fretta e nel buio non era
riuscita a capire quanto fosse profondo.
-Oppure è uno dei
tunnel segreti del Fantasma!- Scherzò l'attore.
Carlotta lo
guardò confusa.
-Hai comprato l'Operà e non sai la
storia del Fantasma dell'Opera?- Si mise a sedere anche lui,
sorpreso.
-No...-
-Voi ricchi siete assurdi. Bisogna sempre
controllare la merce prima di acquistarla!-
-Se ne è
occupato mio padre e di sicuro non avrà dato ascolto alle
leggende... Tu cosa sai?-
-Il Fantasma dell'Opera è il
protettore del teatro. Si dice che appaia ogni volta che l'Operà
è in pericolo...Si dice anche che sia orrendamente sfigurato e
che porti una maschera, per non far impazzire chi dovesse
incrociarlo. Pare che il predecessore di Lefèvre abbia avuto
non pochi problemi con lui e che all'improvviso diversi manovali
siano spariti nel nulla. C'erano stati anche molti incidenti
misteriosi...-
-Sei pessimo a raccontare le storie.-
-Per
questo le faccio scrivere a te!-
Carlotta lo spintonò
nuovamente, giocando, e si alzò, recuperando i resti della
mela e allontanandosi di qualche passo, richiamando la sua cavalla
-Argo!- Gridò. Anche se era femmina, aveva scelto quel nome
per via del suo manto palomino, che le ricordava la leggenda di
Giasone e del viaggio per trovare il "Vello d'Oro".
La
giumenta la raggiunse, placida, e mangiò il frutto dalla sua
mano, mentre la mora le accarezzava il muso -Tu sì che mi
capisci...- Sospirò, appoggiando la fronte contro quella
dell'animale -Come faccio a non esibirmi, Argo?- Le chiese a mezza
voce, mentre il cavallo cercava un'altra mela, tastandole il palmo
con le labbra.
-Dì che hai mal di gola.- Li raggiunse
Mercier.
-Funzionerebbe solo per un paio di giorni e, se
insistessi, mio padre chiamerebbe il medico.-
-Potremmo guadagnare
tempo e cercare un'idea migliore. Dì che hai la voce
affaticata e che ti serve riposo...-
Carlotta annuì. Era
solo un espediente, ma nel frattempo avrebbe potuto pensare ad una
soluzione -I tuoi consigli sono sempre preziosi, Argo. Grazie.-
-Ora
sono pure un quadrupede?- Ribatté Mercier.
-Io parlavo con
lei, sei tu che ti sei intromesso.- Era la sua piccola vendetta per
non averla ascoltata prima.
-Allora la prossima volta starò
zitto.- Sorrise divertito, mentre sospirava di sollievo.
In quel
periodo tutto il mondo del ragazzo stava cambiando.
Lo
sciogliersi della compagnia e l’addio agli amici e ai suoi
sogni da attore era estremamente difficile, anche se cercava di non
mostrarlo.
Temeva che, con l'acquisto del titolo, anche Carlotta
si allontanasse da lui, che le differenze tra loro si facessero
ancora più incolmabili. Era felice di vedere che, invece,
almeno con la ragazza, nulla era cambiato. Anche se si frequentavano
meno, visti gli impegni a teatro, lui era ancora il suo confidente e
lei la sua migliore amica.
Decisa ad utilizzare la scusa
della voce affaticata il più tardi possibile, per dare al
padre l'impressione di voler realmente esibirsi e non sollevare
sospetti, Carlotta frequentò assiduamente il teatro nei giorni
seguenti, mostrandosi allegra e impaziente con madame Giry, che la
perdeva di vista solo quando doveva far esercitare il corpo di
ballo.
Era di quei momenti che approfittava la Viscontessa.
Chiusa a chiave in camerino, con la scusa di riposare, Carlotta
ispezionava quello che aveva scoperto essere un dedalo di
corridoi.
Dopo aver rubato una lanterna, dei pantaloni e una
camicia dal magazzino dei costumi, si era dedicata all'esplorazione.
Erano giorni che passeggiava in solitudine per quei passaggi bui,
talvolta strettissimi, altre volte estremamente bassi, e ancora non
aveva visto tutto. C'era letteralmente un altro mondo dentro a quel
teatro.
Alcuni corridoi erano evidentemente delle
intercapedini create dalle numerose ristrutturazioni avvenute in quei
decenni, ma altri erano fin troppo rifiniti per essere un risultato
casuale.
Scalini di pietra, anelli per appendere torce, scale a
pioli che salivano fino ai palchi in platea e pannelli che
nascondevano uscite nei luoghi più impensati. Una volta era
perfino sbucata nel cornicione interno alla base della cupola e aveva
rischiato di cadere, perché non c'era nessuna barriera tra lei
e il vuoto sottostante.
Prese anche l'abitudine di fare dei
piccoli segni sui muri con il gesso, per non perdere l'orientamento.
Era un vero e proprio labirinto.
Quel giorno aveva deciso di
dirigersi verso il basso, per ispezionare i sotterranei. Dopo
numerose svolte, scese una scala a pioli e restò esterrefatta,
quando si ritrovò sulla sponda di quello che sembrava un
canale.
Il corso d'acqua, chiaramente artificiale, cominciava da
molto prima e si perdeva nell'oscurità. Sapeva che c'era un
bacino artificiale là sotto, costruito per preservare le
fondamenta dalle acque degli affluenti sotterranei della Senna, ma
non si aspettava che fosse così grande.
Legò il
laccio che teneva chiuso il colletto della sua camicia all'ultimo
piolo, lasciandolo pendere all'altezza della testa così da
essere sicura di notarlo, tornando indietro, e imboccare subito la
scala giusta. Controllò anche il livello dell'olio nella
lanterna e ridusse l'intensità della fiamma. Non poteva
assolutamente permettersi di restare al buio, là sotto.
L'argine era stretto e se fosse caduta in acqua non avrebbe avuto
scampo.
Camminò per molto tempo seguendo la corrente,
placida e silenziosa, in superficie.
In lontananza poteva sentire
ancora l'orchestra suonare, chissà quali rimbalzi faceva
l'acustica per arrivare fin là sotto, ma più avanzava e
meno diventava percepibile.
Ad un tratto, la sponda di pietra su
cui camminava si interruppe, sparendo, mentre il canale si allargava
diventando un vero e proprio lago. Si fermò, non poteva
avanzare senza un'imbarcazione e non c'era più alcun passaggio
visibile.
Sentiva solo lo sciabordare morbido dell'acqua contro le
pareti e le colonne in muratura, amplificato dal soffitto a botte che
sosteneva il peso dell'intero edificio.
Ebbe un brivido di paura,
quando realizzò che tutto il teatro era praticamente sospeso
sull'acqua e che un piccolo cedimento di quelle volte avrebbe causato
una catastrofe.
Tornò indietro rapidamente, recuperando il
laccetto. Anche se aveva un buon alibi non voleva correre troppi
rischi, assentandosi a lungo.
Fu nella fretta e nell'eccessiva
sicurezza di essere quasi arrivata al proprio camerino che sbagliò
a svoltare, oltrepassando l'arrivo. Si bloccò, interdetta,
quando vide delle assi di legno sconnesse al posto del telaio del suo
specchio. Quei corridoi erano troppo bui e simili.
Raggiunse i
legni, notando della luce trapelare dalle fessure. Se avesse capito
dov'era probabilmente sarebbe riuscita a ritrovare la strada
giusta.
Sbirciando, vide che le assi coprivano uno specchio simile
al suo che si affacciava su una stanza, non molto grande, ma rifinita
in maniera più che dignitosa. Nell'angolo, sopra una chaise
longue, giaceva scomposta Christine. Sembrava dormire.
La guardò
con tenerezza e poi arretrò, contenta di essersi sbagliata di
poco e ritornando rapidamente nel proprio camerino.
Si tolse gli
abiti rubati e li agganciò al primo dei sostegni per le torce,
poi richiuse lo specchio e si rivestì. Da sola non riusciva a
stringere il corpetto come avrebbe dovuto, ma aveva la scusa del
canto per lasciare le stringhe più lente, poi girò la
chiave nel chiavistello, sbloccando la porta, e si mise a fare dei
vocalizzi di riscaldamento, per essere sicura di farsi sentire da
chiunque passasse nel corridoio e dare l'impressione di essere sempre
stata lì.
Appena possibile avrebbe risalito il canale,
voleva capire da dove partiva.
Mentre riscaldava la voce pensava
ai cunicoli trovati, cercando di mandarli a memoria e ottenere una
sorta di mappa. Come poteva tornarle utile? Si divertiva ad
esplorarli in pace, lontana dagli occhi di madame Giry e dagli uomini
assunti da suo padre, ma come altro poteva utilizzarli? Se avesse
trovato l'uscita del bacino visto poco prima, avrebbe potuto entrare
e uscire indisturbata dal teatro, eludendo ogni sorveglianza, ma
quale vantaggio ne avrebbe avuto? Se si fossero accorti della sua
assenza che scusa avrebbe potuto riferire?
Doveva riflettere
meglio, tutta quella storia doveva assolutamente avere un senso. Non
voleva che restasse solo uno svago fine a sé stesso.
Fu
un paio di giorni dopo che suo padre si assentò per un viaggio
d'affari in Germania e Carlotta decise di approfittarne. Ordinò
alla servitù di non disturbarla assolutamente fino al mattino
e, con la complicità di Mercier, uscì di casa a notte
fonda.
Avvolta nel soprabito del ragazzo e con il tricorno calcato
in testa, galoppò fino al teatro e, costeggiandolo, trovò
il punto dove i canali di scolo dell'edificio si gettavano in un
profondo fosso. Non fu difficile, dato l'olezzo che ne proveniva, ma
lei cercava un accesso diverso. Nel bacino sotterraneo non c'era
nessun odore, era acqua pulita.
Notò che da una delle grate
di scarico l'acqua usciva con una corrente più rapida, creando
delle piccole increspature incrociandosi con quella del fosso. La
raggiunse, camminando sullo stretto bordo del fossato erboso,
appoggiandosi al muro del palazzo, e si chinò, provando a
guardare dentro.
Era buio e la lanterna che aveva con sé
non riusciva a fare abbastanza luce all’interno, ma l'odore dei
liquami era decisamente meno forte e la fiamma della lucerna sembrava
riflettersi su un'ampia superficie. Provò a vedere se aveva
fortuna, tirando le sbarre di ferro per capire se qualcuna poteva
cedere, ma nulla si mosse. Avrebbe dovuto lavorare dall'interno per
crearsi un'uscita, lì avrebbe rischiato di attirare
l'attenzione e poi non aveva niente di utile con sé.
Rimontò
in sella alla cavalla e raggiunse le scuderie del teatro, entrandovi
a piedi per non far troppo rumore. Le stalle erano praticamente
deserte, a parte un paio di stallieri ubriachi addormentati l'uno
sull'altro.
Legò mollemente la giumenta allo steccato,
vicino ad altri cavalli. Sembrava non essere l'unica ad aver deciso
di fare una visita notturna, d'altronde gli artisti erano famosi per
la loro "sete di vita", pensò ingenuamente. Forse
sarebbe stato ancora più improbabile che qualcuno facesse caso
a lei.
Sollevò il bavero del cappotto ed entrò,
cercando di non far rumore e strisciando nell'ombra. Sentiva un gran
chiasso di gente, che gridava e rideva, provenire dalle cucine e
decise di non attraversarle, passando invece per i corridoi deserti
del convitto. Si infilò nel primo sgabuzzino, richiudendosi la
porta alle spalle, e si diresse alla parete di fondo, scostando scope
e stracci per raggiungere l'accesso a uno dei passaggi segreti,
coperto da un pannello di legno rivestito di mattoni, per confondersi
con il muro.
Vi scivolò dentro e una volta richiuso
l'ingresso tirò un sospiro di sollievo. Non doveva più
preoccuparsi di essere vista e, se qualcun altro fosse stato in quei
corridoi, magari dopo averli scoperti casualmente, come lei, c'era
abbastanza silenzio da sentirne i passi in lontananza.
Riteneva
però improbabile che qualcuno fosse a conoscenza dei passaggi,
tutti i corridoi che aveva visitato erano ingombri di polvere e
ragnatele e più di una volta aveva dovuto usare l'olio della
lanterna per ungere i cardini irrigiditi dalla ruggine. Era da molto
che nessuno passava da lì.
Abbassò il bavero del
cappotto e sollevò leggermente il cappello, in modo da vedere
meglio, poi si diresse rapidamente al suo camerino. Non vi entrò,
non le serviva niente da lì e avrebbe solamente rischiato di
far rumore e farsi scoprire, ma era stato sempre il suo punto di
partenza per le esplorazioni e da lì riusciva ad orientarsi
con più facilità.
Percorse i corridoi e scese le
scale, ritrovandosi nuovamente sulla sponda del canale sotterraneo,
ma questa volta, al contrario della precedente, risalì la
corrente. Voleva vedere da dove iniziava il corso d’acqua.
Camminò
a lungo, nella semioscurità, finché la banchina di
pietra non si interruppe e un riva ghiaiosa accolse i suoi piedi. Si
stava avvicinando alla sorgente.
Difatti, da lì a poco,
trovò una parete a sbarrarle il passaggio, ma, alla base della
stessa, sgorgava acqua dal sottosuolo. Ben più interessante
era però la piccola imbarcazione dal fondo piatto, tirata in
secca e legata ad un ormeggio, e la scalinata di pietra che risaliva,
sparendo nel buio.
La tentazione di vedere se l'imbarcazione
reggesse ed andare subito ad ispezionare il bacino era forte, ma si
costrinse a resistere, pensando che sarebbe stato più sicuro
farlo di giorno. Le poche volte che era salita su una barca era in
compagnia di Mercier o sua madre, nel laghetto del parco. Non poteva
assolutamente dirsi esperta.
Accorciò la corda di ormeggio
e mise la barca in acqua. Il mattino dopo, alla prima occasione,
sarebbe scesa a controllare e avrebbe risparmiato tempo, potendo
vedere subito in che condizioni sarebbe stata l'imbarcazione dopo una
notte nella corrente.
Salì le scale rapidamente, strappando
man mano le ragnatele e, dopo poco, si ritrovò in uno dei
corridoi principali, collegato nuovamente al passaggio per i
camerini, ma decisamente più rapido e agevole rispetto al
percorso che aveva fatto precedentemente per raggiungere il
canale.
All’improvviso, sentì una melodia provenire
dal camerino di Christine.
Era quasi mezzanotte, possibile che
stesse festeggiando con qualcuno? Sentì una piccola morsa allo
stomaco e si avvicinò curiosa, riconoscendo l'aria del quinto
atto. Sospirò frustrata, ormai quel pezzo la nauseava da
quante volte l'aveva ripetuto.
Si mise ad osservarla, attraverso
le assi.
Christine era da sola, in camicia da notte, con uno
spesso scialle sulle spalle. Doveva essere sgattaiolata di nascosto
dal dormitorio, e, in piedi, al centro della stanza, provava e
riprovava sempre la stessa strofa.
Se avesse continuato a quel
modo, si sarebbe rovinata le corde vocali. Chi non aveva mai seguito
un serio corso di canto finiva sempre con il sottovalutare il
problema. Come i muscoli, anche quelle necessitavano di riposo e
recupero per funzionare al meglio.
Poteva lasciarle un biglietto?
L'avrebbe visto tardi e certamente si sarebbe chiesta chi l'avesse
scritto, e non erano molte le persone che sapevano scrivere, lì
dentro.
Rifletté ancora, frustrata da una situazione
facilmente risolvibile se non per gli ordini di suo padre.
Non
poteva essere sicura che Christine non dicesse ad altri, magari
innocentemente, che lei l'aveva aiutata.
Segreti del genere non
restavano tali a lungo e lei aveva assoluta necessità di
restare al di sopra di ogni sospetto, per rendere credibile la
casualità di un affaticamento vocale il giorno dello
spettacolo. Anche una singola voce, una lieve illazione, avrebbe reso
impossibile il suo piano, quindi non doveva assolutamente farsi
vedere, anche perché la notizia di una Viscontessa a teatro,
di notte, senza nessuno a garantire per lei, avrebbe certamente
creato scandalo.
Per assurdo, se fosse stata un uomo, sarebbe
stata acclamata per il suo ardore giovanile.
Fu in quel momento
che le venne l'ispirazione. L'assurda leggenda che le aveva
raccontato Mercier poteva finalmente tornarle utile, e anche quei
corridoi segreti
Avrebbe potuto presentarsi a Christine come il
Fantasma. Nessuno l'aveva vista entrare, nessuno l'avrebbe vista
uscire e nessuno avrebbe creduto alla ragazza, se lo avesse
raccontato.
Doveva però trovare il modo di camuffare la
voce... Mercier le venne di nuovo in aiuto. Aveva usato una sorta di
imbuto, durante una rappresentazione, per fare la voce di "Giove
Tonante". Sicuramente dovevano avere qualcosa di simile anche
lì...ma avrebbe rischiato di incrociare qualcuno se si fosse
messa a frugare nei magazzini. Senza contare che non sapeva neanche
dove cercare. Tra le scenografie, tra gli oggetti di scena oppure nel
deposito tecnico?
Avrebbe corso meno rischi a chiedere a Mercier
di prestarglielo, ma non poteva tornare a casa e rientrare di nuovo,
e suo padre sarebbe tornato dopo l'indomani. Avrebbe avuto troppo
poco tempo per insegnarle qualcosa.
Si tolse il fazzoletto da
attorno al collo e se lo premette sulla bocca. Avrebbe cercato di
mantenere una tonalità più bassa possibile e sperato
che, tra il muro e l'eco del corridoio, la sua voce giungesse alla
giovane irriconoscibile.
Prese un grosso respiro, tesa come una
corda del suo violino, e provò a parlare.
-Christine.-
La
ragazza si interruppe bruscamente e si guardò attorno un
attimo, prima di aprire la porta pensando che qualcuno l'avesse
chiamata dal corridoio -Sì?- Chiese, notando che non c'era
nessuno.
Carlotta si trattenne dal ridere, premendosi la mano
sulla bocca.
La bionda tornò indietro, perplessa, poi fece
spallucce, doveva essere stata solo un'impressione.
Prima che
ricominciasse a cantare, Carlotta parlò di nuovo -Christine,
fermati.-
-Chi c'è?!- Spaventata, la giovane arretrò
fino a trovarsi con le spalle al muro, guardando ogni angolo del
camerino con terrore e preparandosi a scattare verso la porta.
La
Viscontessa parlò rapidamente, se fosse scappata tutto sarebbe
stato inutile -Non voglio farti del male. Voglio aiutarti.-
-Chi
sei?!- Chiese ancora, agitata.
-Sono il...-Se avesse usato il
termine fantasma, probabilmente la ragazza avrebbe urlato e tutti
sarebbero accorsi a vedere -Sono un angelo.-
-Un angelo?- Chiese,
leggermente meno spaventata.
-Sono l'Angelo della Musica.- Chiese
mentalmente perdono a sua madre, non voleva disonorarla usando la
stessa metafora che aveva coniato per lei, nei suoi pensieri -Voglio
insegnarti a cantare.-
Christine non sapeva cosa dire, quella
situazione le sembrava impossibile, eppure nella stanza c'erano solo
lei e quella voce che riecheggiava dappertutto nel camerino.
Che
fosse un sogno? Era l'unica spiegazione logica. Doveva essersi
addormentata e star sognando di provare -Perché,
Angelo?-
-Perché sei buona.- Era quella l'impressione che
le aveva dato -E meriti aiuto. Ti sei impegnata tanto.-
-Come fate
a saperlo?- Chiese trasalendo.
-Sono un angelo, vedo e sento
tutto. E ho visto che Madame Giry non è una buona insegnante.-
I discorsi origliati nei giorni precedenti la aiutarono a rendersi
più credibile.
-Mère fa tutto quello che
può...-
-Senza dubbio, ma non può insegnarti ciò
che non sa.- Era poi anche convinta che Madame avesse colto
l'occasione di proporla come sostituta per pura ambizione personale.
Avrebbe potuto migliorare le sue condizioni sociali attraverso il
successo di Christine, presentandosi come sua tutrice. Non molto
diverso da quello che voleva fare suo padre.
La bionda annuì,
ancora un po' titubante.
-Sei bravissima, hai una voce stupenda.-
Cercò di tranquillizzarla -E anche una dedizione ammirevole,
ho visto quanto ti sei esercitata.-
-Grazie, siete troppo
gentile.- La ragazza sorrise timidamente, arrossendo, e Carlotta
trovò in quella splendida innocenza la conferma delle sue
impressioni.
-Hai voglia di provare ancora un po'?-
-Certamente,
Monsieur-
-Ho sentito che hai problemi sulle note basse, proverei
a fare qualche vocalizzo mirato, mettendo da parte l'aria dello
spettacolo- Non la sopportava più, l’aveva ripetuta
troppe volte.
-Come desiderate.-
-Trattami come un amico, non
occorrono convenevoli.- Lei le aveva dato direttamente del tu, vista
la simile età e il suo ceto sociale inferiore, ma si era
accorta di starle fornendo un indizio sulla propria identità e
in quel modo sperò di aver rimediato. Poi, era più
facile spiegarsi con pochi giri di parole.
-Come desid- Sbuffò
bonariamente -Sì. Va bene.-
Carlotta sorrise -Restiamo in
un registro grave, così che le corde vocali non si affatichino
troppo.-
-Registro grave...?-
Carlotta rimase sorpresa da
quella domanda. Aveva sentito la ragazza utilizzare i registri
appropriatamente e aveva dato per scontato che sapesse di cosa
stessero parlando.
-Quando canti note più basse e senti
vibrare in maschera.-
La ragazza non disse nulla, abbassando lo
sguardo.
La mora si mise le mani nei capelli, possibile che madame
Giry dicesse solo "Più in alto!" e "Più
in basso!"? Se stavano così le cose, Christine era
praticamente autodidatta. Puro talento.
-Si dice "maschera"
quando senti vibrare la zona del volto attorno al naso.-
-Ah, ho
capito. Perdonami, io questi termini non li conosco...-
-Non
preoccuparti. Cercherò di essere il più chiar…-
Si interruppe, accorgendosi che stava per usare il femminile -Il più
chiaro possibile.- L'importante era che imparasse, che poi conoscesse
i tecnicismi era secondario.
-Seguimi, dicendo la sillaba MO-
Carlotta iniziò un vocalizzo di più suoni congiunti,
ripetendo la sillaba detta, salendo gradatamente di nota e poi
ridiscendendo, ma sempre cercando di mantenere l'intonazione più
cupa possibile. Cosa non da poco, perché era abituata a fare
quegli esercizi a voce piena e sentiva crearsi una forte tensione
all'altezza della gola. Tuttavia, Christine la seguiva perfettamente
e le disse di proseguire come sapeva, mentre lei ascoltava.
Dopo
diverse ripetizioni, ecco che le tonalità più basse,
quelle che faticava a raggiungere nell'esecuzione dell'aria,
cominciavano ad affacciarsi e a diventare più naturali. Non
erano ancora perfette, ci sarebbe voluto tempo ed esercizio, ma era
la riprova che la ragazza aveva l'estensione giusta, solo non
conosceva la strada per arrivarci.
-Bravissima. Hai sentito che ci
sei quasi?-
-Sì...- Christine era meravigliata, erano
giorni interi che provava.
-Possiamo ridurre i tempi con questi
esercizi mirati. Il resto ti viene bene.- Sorrise tra sé e sé.
-E' ora di riposare. Facciamo un po’ di raffreddamento e poi
smettiamo, per oggi.-
Le spiegò alcune semplici tecniche e
guardò che la ragazza le eseguisse correttamente. Domani,
prima delle prove, prenditi qualche minuto per fare dei vocalizzi, a
labbra chiuse, in cui pronunci "Brrr", come un brivido, ma
prolungato e cambiando intonazione nel frattempo. Arriverai sia più
in alto che più in basso rispetto al cantato e questo ti
permetterà di attivare i muscoli giusti. E mi raccomando, devi
sentire pizzicare dietro al naso mentre lo fai.- Quell'ultima frase
gliela diceva sempre il suo insegnante, quando era piccola.
-Va
bene, non mancherò!-
-E ricorda che riposare la voce è
estremamente importante. Fai come la Viscontessa e prendi delle pause
durante le prove, o ti rovinerai la gola.-
-Va bene.- Rispose
dubbiosa.
-Domani continueremo. Cerca di restare sola qui in
camerino, io arriverò appena possibile.- Non sapeva quando
avrebbe avuto occasione di raggiungerla.
-Mi raccomando Christine,
non parlare con nessuno di me o non potrò più aiutarti.
Ricorda che io vedo e sento tutto...- Arretrò lentamente,
smorzando la voce nel silenzio. Quell'ultima parte l'aveva detta per
essere sicura che non parlasse, ma sperava di non averla intimorita
troppo.
-Certo che no! Hai la mia parola!-
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Note:Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
-L'opera citata in questo capitolo, "L'Annibale" di Chalumeau, è in realtà un'opera immaginaria, scritta da Andrew Lloyd Webber appositamente per la drammatizzazione de "Il Fantasma dell'Opera".
-Altra piccola curiosità: all'ultimo piano dei sotterranei del palazzo dell'Opera c'è realmente un bacino idrico artificiale, di circa 2500 mq, costruito per isolare le fondamente dalle acque di una faglia scoperta durante gli scavi per la costruzione dell'edificio. Ancora oggi viene mantenuto pieno ed è effettivamente navigabile con piccole imbaracazioni. Da quello che mi risulta non è visitabile dai turisti.
Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!