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Autore: Faust    26/02/2022    0 recensioni
Parigi, 1880, sul palco dell'Operà Populaire si intrecciano lotte per il potere, sfrenate passioni, intrighi e tradimenti, mentre un misterioso personaggio mascherato si aggira dietro le quinte, suscitando sconcerto e terrore.
"...Se tutte le donne rispettabili di Parigi sparivano all'ombra dei mariti, probabilmente era giusto. Non era possibile che tutte si sbagliassero e non era possibile neanche che si sbagliassero tutti gli uomini, a trattare a quel modo le donne...
Ma lei?
Lei era rispettabile, ma di sparire non se la sentiva. Ogni frammento di anima si ribellava all'idea, considerandola assolutamente inconcepibile.
Avrebbe dovuto raccogliere tutto il suo coraggio, per liberarsi dal giogo di suo padre..."
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Gabrielle, Xena
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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2 Angel of music

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


2.
Angel Of Music


Trovata la nuova soprano e la sua sostituta, nonché seconda voce femminile, le prove per il primo spettacolo di stagione iniziarono rapidamente.
Carlotta si impegnava in ogni modo per non contrariare il padre, che nei giorni precedenti le aveva fatto capire che il suo chaperon sarebbe rimasto misterioso, così che lei non potesse eluderne la sorveglianza.
Ufficialmente l'aveva affidata all'attenzione di Madame Giry, dopo aver fatto eseguire dei controlli sulla sua reputazione e aver scoperto che era una  persona assai temuta dietro le quinte. Una vera e propria "eminenza grigia" dell'Operà Populaire, ma era solo per facciata. César non si sarebbe mai fidato di una donna, per giunta artista, visto che nella sua mentalità queste due qualità equivalevano alla definizione stessa di inaffidabilità.

Stavano preparando "L'Annibale", di Chalumeau, e per Carlotta era uno strazio.
Nell'aria del V atto, dove l'imperatrice Elissa ricordava con dolcezza e romanticismo il rapporto con il marito, Annibale, lontano in guerra, lei si sentiva come un elefante in cristalleria. Il suo timbro era troppo ricco e anche se cercava di ridurre la potenza, i suoi acuti risultavano velati e non riusciva ad ottenere la delicatezza necessaria.
Quel brano doveva rappresentare una carezza affettuosa e nostalgica che volava, sospinta da una lieve brezza marina, fino a raggiungere l'amore della sua vita. Lei, invece, gli stava dando una pacca sulla spalla e pure poderosa.
Dopo l'ennesima prova chiese una pausa, mentre i musicisti e i tecnici la applaudivano forzatamente.
Aveva provato a suggerire al Maestro Reyer di utilizzare Christine, ma l'uomo si era rifiutato e, anzi, l'aveva esageratamente elogiata.
Non cantava male, affatto, ma non era adatta a quel ruolo.
César si era imposto sul povero direttore artistico, scegliendo le opere della stagione in base alla parte che avrebbe fatto apparire più facilmente Carlotta come un'ottima moglie, indipendentemente dal tipo di voce richiesta, e questo complicava tutto.
Il Maestro si sarebbe ritrovato a dover riscrivere e riadattare opere che aveva eseguito per decenni e non era sicuro di riuscire ad ottenere risultati convincenti. Tuttavia, il Visconte era il proprietario e se non lo avesse assecondato sarebbe stato certamente rimpiazzato, perdendo così la sua unica fonte di reddito.


Chiusa nel camerino, Carlotta si scervellava su come risolvere la situazione in cui si era ritrovata suo malgrado. Per la prima volta nella sua vita detestava cantare.
Si sentiva in imbarazzo, impacciata e a disagio e, in più, non poteva sfogarsi con nessuno. César si era raccomandato di non essere cortese con loro e non sapeva quanto potesse fidarsi di madame Giry. Di quanto, delle sue eventuali confidenze e ritrosie, sarebbe arrivato all'orecchio del padre.
In quella settimana di prove l'idea di fuggire con Mercier era diventata sempre più allettante.
Si spruzzò il tonico per le corde vocali in gola e riappoggiò la bottiglietta sulla toeletta, prima di sedersi scompostamente e lasciar andare la testa all'indietro, rilassandosi completamente in un sospiro carico di frustrazione.
Quasi si malediceva per aver spinto il padre verso il teatro, distogliendolo dall'acquisto della galleria d'arte che aveva preso in considerazione, ma non poteva di certo immaginare un simile comportamento.
Forse le sarebbe convenuto accettare la prima richiesta di matrimonio che sarebbe arrivata, senza obiezioni, e concludere così il più in fretta possibile la sua carriera da soprano.
Se fosse stato un uomo d'affari avrebbe comunque avuto qualche momento di libertà, come sua madre, mentre César era in viaggio, ma certamente non avrebbe mai più rivisto Mercier e avrebbe anche dovuto occuparsi dei figli che un simile accordo esigeva.
Sentì lo stomaco contorcersi, il fatto che la sua razionalità le permettesse di prendere in considerazione l'idea non ne implicava l'accettazione.
Presa tra due fuochi, si sentiva letteralmente in trappola e preferiva rimanere da sola, anche per lunghi periodi, che non dover ostentare superiorità. Lei non era nata nobile e non si era mai permessa di trattare con sufficienza nemmeno la servitù domestica, cosa che invece riusciva benissimo a suo padre.
All'improvviso, una melodia leggera le raggiunse l'orecchio e risollevò la testa, incuriosita, cercando di seguirne il filo. La riconobbe in pochi istanti, era l'aria del V atto. Lieve e soave.
Il camerino accanto al suo doveva essere quello di Christine. 
Si fermò ad ascoltare quelle note che sembravano ricamate nell'aria. Lei non sarebbe mai riuscita a raggiungere tonalità così alte e non dipendeva dai suoi sforzi, dai suoi studi e dalle prove. Dipendeva dalla sua natura, dalla lunghezza e dallo spessore delle corde vocali, e contro quello non poteva fare niente.
Era questo che César si rifiutava di capire.
Doveva trovare il modo di tirarsi indietro, era giusto che fosse Christine ad avere il ruolo principale. Lo spettacolo sarebbe stato di gran lunga migliore.
Continuò ad ascoltare, invidiandole quel tono leggero, ma in uno dei punti più bassi dell'aria sentì la voce della giovane appiattirsi innaturalmente. Non aveva preso la nota.
Tese l'orecchio, sentendola riprendere e ripetere. Andò meglio, il suono le giunse più armonioso, ma tuttavia sarebbe dovuta scendere ancora più in basso.
-Non così, più giù!- Sentì la voce stizzita di una donna, le sembrò madame Giry. Non era granché come suggerimento, Christine sapeva senza dubbio che non era la tonalità giusta.
Rimase in ascolto per qualche minuto ancora, sentendo la tutrice arrabbiarsi sempre di più, ma senza dare suggerimenti concreti alla ragazza. Probabilmente le conoscenze dell'insegnante erano solamente parziali per quello che riguardava il canto.
Lei avrebbe saputo cosa dirle, invece. Sentì la sua frustrazione aumentare...Se solo suo padre non si fosse intromesso...
Nei pochi istanti in cui si erano viste sul palco, il modo in cui le sue guance si erano imporporate e il sorriso modesto che le aveva rivolto, l'avevano indotta a pensare che fosse una persona cortese e dall'animo gentile. Sarebbe stato un piacere insegnarle e trascorrere del tempo con lei, probabilmente.
-Smettila di fare la sciocca e impegnati! Sai benissimo come si fa!- Sentì del trambusto che non riuscì ad identificare, poi il rumore della porta che si chiudeva e il suono di tacchi nel corridoio, prima di sentire Christine piangere disperatamente in camerino.
Carlotta si sentì sprofondare, quella povera ragazza stava peggio di lei.
Nemmeno lei era una professionista e si era ritrovata in quel ruolo all'improvviso, senza le conoscenze necessarie e senza nemmeno la protezione del titolo nobiliare, o dei soldi del padre.
Si sentì sciocca per essersi lamentata per la propria situazione e, colta dalla rabbia per la propria impotenza, scattò, spazzando con il braccio il ripiano della toeletta e facendo cadere tutto a terra.
La veemenza di quel gesto fu tale che il pesante flacone di tonico, in vetro intarsiato, andò a schiantarsi contro il muro, colpendo il telaio dello specchio e infrangendosi a terra.
Non si degnò nemmeno di guardare il risultato del suo gesto, troppo presa dal furore e dalla ricerca di una soluzione. Loro non erano oggetti nati solamente per soddisfare le ambizioni dei genitori!
Fu qualche istante dopo, che una corrente gelida l'avvolse, accompagnata da un forte odore di umidità.
Si voltò, allarmata, e notò che lo specchio era scostato dal muro.
Lo raggiunse e vide che c'era un passaggio. Provò a spostare ancora di più il vetro, ma non riuscì, perché i cardini su cui era montato erano estremamente irrigiditi dalla ruggine.
Quella scoperta l'aveva distratta dai suoi problemi e aveva acceso la sua immaginazione. Avrebbe voluto ispezionare il cunicolo immediatamente, ma probabilmente il resto del cast la stava aspettando, per proseguire con le prove, e una lunga assenza avrebbe certamente insospettito madame Giry.
Sospirò, spingendo con tutte le sue forze lo specchio nuovamente al proprio posto.
Avrebbe anche dovuto cambiarsi d'abito, l'ampia gonna che indossava avrebbe strisciato lungo le pareti raccogliendo sporcizia e ragnatele e rendendo evidente a chiunque l'avesse incrociata che c'era qualcosa di strano.
Raccolse rapidamente gli oggetti che aveva scagliato a terra e, dopo essersi ricomposta, uscì dal camerino, chiudendo a chiave e portandola con sé. Non era rimasto alcun segno della sua scoperta, ma non voleva correre rischi.


Stesa sul prato dietro casa, si godeva gli ultimi raggi del tramonto, mentre Mercier toglieva le selle ai loro cavalli e li lasciava liberi di pascolare nelle vicinanze, prima di stendersi sull'erba, accanto a lei.
-Non pensavo che le cose andassero così male- disse Carlotta dispiaciuta, mentre giocherellava con una mela, divertendosi a lanciarla sopra la propria testa e a riprenderla al volo.
-Non abbiamo veri ingaggi da molto, ormai, poi Angelique si sposa e Celine e Aubert si uniranno al circo...- Il ragazzo sospirò, passandosi una mano tra i lunghi capelli castani prima di rivolgere gli occhi azzurri al cielo e incrociare le braccia dietro al capo -Sarà dura.-
-Forse, ma sono certa che riuscirai a trovare dei nuovi compagni e a rimetterti in sesto.-
-Questa volta non lo so, Carlotta. Forse dovrei far felice mia madre e tornare a vivere qui. Mio padre sta invecchiando e le vostre stalle diventano sempre più difficili da gestire.-
-Almeno hai un'alternativa e non sarai costretto a patire la fame.- Pensò di nuovo a Christine, lei non aveva nient'altro se non l'Operà. Se l'avessero cacciata si sarebbe trovata in grossi guai e probabilmente non aveva idea di come fosse il mondo fuori dal convitto.
-Certo, ma decisamente non è il mio sogno.-
La ragazza annuì, capendo. Mercier in quanto uomo aveva qualche possibilità in più, sapeva anche leggere e scrivere, ma non era molto diverso dal suo caso. Mugugnando, gli disse: -Il mio sogno si sta trasformando in un incubo, invece.-
-Troppa fatica?-
-No, è che non sono adatta. E poi io volevo scrivere, lo sai.- Addentò la mela e poi la passò al ragazzo accanto a lei, che la imitò. -Ma mio padre vuole mettermi in mostra, per farmi sposare in fretta- Aggiunse frustrata.
-Chi otterrà la tua mano sarà fortunato.- Biascicò l'amico con la bocca piena.
-Ma io no.- Tra gli affari del padre e il titolo nobiliare, per lei c'era solo il matrimonio combinato. Non avrebbe mai avuto la fortuna di sposarsi per amore.
-Una bella casa, ottimo cibo, denaro, bambini...Cosa vuoi di più?-
Quel commento la infastidì, si aspettava più comprensione -Ti ricordi com'era con la...Mamma?-
Il ragazzo smise di masticare, prima di sospirare pensieroso.
-Ricordi come cambiava quando lui rientrava? Io non voglio che succeda anche a me.-
-Lo stai già facendo...-
-Sì, e lo detesto.-
-Se il Visconte ti vedesse adesso, in camicia e pantaloni, da sola e in compagnia di un uomo, morirebbe.- Ridacchiò, immaginandolo paonazzo.
-Beh tu non sei un uomo, altrimenti avrei evitato-
Il ragazzo si sollevò sul gomito, sporgendosi verso di lei fin quasi a sovrastarla -Ah no?- Chiese, con voce profonda e calda, incatenando lo sguardo ceruleo al suo.
-No...Sei Mercier.- Rispose Carlotta, non capendo perché l'amico la guardasse a quel modo.
Dopo un istante di silenzio il giovane scoppiò a ridere -Non sapevo di essere eunuco!-
La mora lo spinse via, ridacchiando a sua volta e si mise a sedere, provando improvvisamente un vago imbarazzo.
Quando Mercier smise di ridere, tornando a stendersi sulla schiena per riprendere fiato, la giovane decise di raccontargli della sua scoperta -Ho trovato una specie di passaggio segreto, dietro allo specchio del mio camerino.-
-Ah sì? E dove porta?-
-Non lo so, non ho avuto modo di guardarci oggi, ma magari è solo un ripostiglio.- Nella fretta e nel buio non era riuscita a capire quanto fosse profondo.
-Oppure è uno dei tunnel segreti del Fantasma!- Scherzò l'attore.
Carlotta lo guardò confusa.
-Hai comprato l'Operà e non sai la storia del Fantasma dell'Opera?- Si mise a sedere anche lui, sorpreso.
-No...-
-Voi ricchi siete assurdi. Bisogna sempre controllare la merce prima di acquistarla!-
-Se ne è occupato mio padre e di sicuro non avrà dato ascolto alle leggende... Tu cosa sai?-
-Il Fantasma dell'Opera è il protettore del teatro. Si dice che appaia ogni volta che l'Operà è in pericolo...Si dice anche che sia orrendamente sfigurato e che porti una maschera, per non far impazzire chi dovesse incrociarlo. Pare che il predecessore di Lefèvre abbia avuto non pochi problemi con lui e che all'improvviso diversi manovali siano spariti nel nulla. C'erano stati anche molti incidenti misteriosi...-
-Sei pessimo a raccontare le storie.-
-Per questo le faccio scrivere a te!-
Carlotta lo spintonò nuovamente, giocando, e si alzò, recuperando i resti della mela e allontanandosi di qualche passo, richiamando la sua cavalla -Argo!- Gridò. Anche se era femmina, aveva scelto quel nome per via del suo manto palomino, che le ricordava la leggenda di Giasone e del viaggio per trovare il "Vello d'Oro".
La giumenta la raggiunse, placida, e mangiò il frutto dalla sua mano, mentre la mora le accarezzava il muso -Tu sì che mi capisci...- Sospirò, appoggiando la fronte contro quella dell'animale -Come faccio a non esibirmi, Argo?- Le chiese a mezza voce, mentre il cavallo cercava un'altra mela, tastandole il palmo con le labbra.
-Dì che hai mal di gola.- Li raggiunse Mercier.
-Funzionerebbe solo per un paio di giorni e, se insistessi, mio padre chiamerebbe il medico.-
-Potremmo guadagnare tempo e cercare un'idea migliore. Dì che hai la voce affaticata e che ti serve riposo...-
Carlotta annuì. Era solo un espediente, ma nel frattempo avrebbe potuto pensare ad una soluzione -I tuoi consigli sono sempre preziosi, Argo. Grazie.-
-Ora sono pure un quadrupede?- Ribatté Mercier.
-Io parlavo con lei, sei tu che ti sei intromesso.- Era la sua piccola vendetta per non averla ascoltata prima.
-Allora la prossima volta starò zitto.- Sorrise divertito, mentre sospirava di sollievo.
In quel periodo tutto il mondo del ragazzo stava cambiando.
Lo sciogliersi della compagnia e l’addio agli amici e ai suoi sogni da attore era estremamente difficile, anche se cercava di non mostrarlo.
Temeva che, con l'acquisto del titolo, anche Carlotta si allontanasse da lui, che le differenze tra loro si facessero ancora più incolmabili. Era felice di vedere che, invece, almeno con la ragazza, nulla era cambiato. Anche se si frequentavano meno, visti gli impegni a teatro, lui era ancora il suo confidente e lei la sua migliore amica.


Decisa ad utilizzare la scusa della voce affaticata il più tardi possibile, per dare al padre l'impressione di voler realmente esibirsi e non sollevare sospetti, Carlotta frequentò assiduamente il teatro nei giorni seguenti, mostrandosi allegra e impaziente con madame Giry, che la perdeva di vista solo quando doveva far esercitare il corpo di ballo.
Era di quei momenti che approfittava la Viscontessa.
Chiusa a chiave in camerino, con la scusa di riposare, Carlotta ispezionava quello che aveva scoperto essere un dedalo di corridoi.
Dopo aver rubato una lanterna, dei pantaloni e una camicia dal magazzino dei costumi, si era dedicata all'esplorazione. Erano giorni che passeggiava in solitudine per quei passaggi bui, talvolta strettissimi, altre volte estremamente bassi, e ancora non aveva visto tutto. C'era letteralmente un altro mondo dentro a quel teatro.
Alcuni corridoi erano evidentemente delle intercapedini create dalle numerose ristrutturazioni avvenute in quei decenni, ma altri erano fin troppo rifiniti per essere un risultato casuale.
Scalini di pietra, anelli per appendere torce, scale a pioli che salivano fino ai palchi in platea e pannelli che nascondevano uscite nei luoghi più impensati. Una volta era perfino sbucata nel cornicione interno alla base della cupola e aveva rischiato di cadere, perché non c'era nessuna barriera tra lei e il vuoto sottostante.
Prese anche l'abitudine di fare dei piccoli segni sui muri con il gesso, per non perdere l'orientamento. Era un vero e proprio labirinto.
Quel giorno aveva deciso di dirigersi verso il basso, per ispezionare i sotterranei. Dopo numerose svolte, scese una scala a pioli e restò esterrefatta, quando si ritrovò sulla sponda di quello che sembrava un canale.
Il corso d'acqua, chiaramente artificiale, cominciava da molto prima e si perdeva nell'oscurità. Sapeva che c'era un bacino artificiale là sotto, costruito per preservare le fondamenta dalle acque degli affluenti sotterranei della Senna, ma non si aspettava che fosse così grande.
Legò il laccio che teneva chiuso il colletto della sua camicia all'ultimo piolo, lasciandolo pendere all'altezza della testa così da essere sicura di notarlo, tornando indietro, e imboccare subito la scala giusta. Controllò anche il livello dell'olio nella lanterna e ridusse l'intensità della fiamma. Non poteva assolutamente permettersi di restare al buio, là sotto. L'argine era stretto e se fosse caduta in acqua non avrebbe avuto scampo.
Camminò per molto tempo seguendo la corrente, placida e silenziosa, in superficie.
In lontananza poteva sentire ancora l'orchestra suonare, chissà quali rimbalzi faceva l'acustica per arrivare fin là sotto, ma più avanzava e meno diventava percepibile.
Ad un tratto, la sponda di pietra su cui camminava si interruppe, sparendo, mentre il canale si allargava diventando un vero e proprio lago. Si fermò, non poteva avanzare senza un'imbarcazione e non c'era più alcun passaggio visibile.
Sentiva solo lo sciabordare morbido dell'acqua contro le pareti e le colonne in muratura, amplificato dal soffitto a botte che sosteneva il peso dell'intero edificio.
Ebbe un brivido di paura, quando realizzò che tutto il teatro era praticamente sospeso sull'acqua e che un piccolo cedimento di quelle volte avrebbe causato una catastrofe.
Tornò indietro rapidamente, recuperando il laccetto. Anche se aveva un buon alibi non voleva correre troppi rischi, assentandosi a lungo.
Fu nella fretta e nell'eccessiva sicurezza di essere quasi arrivata al proprio camerino che sbagliò a svoltare, oltrepassando l'arrivo. Si bloccò, interdetta, quando vide delle assi di legno sconnesse al posto del telaio del suo specchio. Quei corridoi erano troppo bui e simili.
Raggiunse i legni, notando della luce trapelare dalle fessure. Se avesse capito dov'era probabilmente sarebbe riuscita a ritrovare la strada giusta.
Sbirciando, vide che le assi coprivano uno specchio simile al suo che si affacciava su una stanza, non molto grande, ma rifinita in maniera più che dignitosa. Nell'angolo, sopra una chaise longue, giaceva scomposta Christine. Sembrava dormire.
La guardò con tenerezza e poi arretrò, contenta di essersi sbagliata di poco e ritornando rapidamente nel proprio camerino.
Si tolse gli abiti rubati e li agganciò al primo dei sostegni per le torce, poi richiuse lo specchio e si rivestì. Da sola non riusciva a stringere il corpetto come avrebbe dovuto, ma aveva la scusa del canto per lasciare le stringhe più lente, poi girò la chiave nel chiavistello, sbloccando la porta, e si mise a fare dei vocalizzi di riscaldamento, per essere sicura di farsi sentire da chiunque passasse nel corridoio e dare l'impressione di essere sempre stata lì.
Appena possibile avrebbe risalito il canale, voleva capire da dove partiva.
Mentre riscaldava la voce pensava ai cunicoli trovati, cercando di mandarli a memoria e ottenere una sorta di mappa. Come poteva tornarle utile? Si divertiva ad esplorarli in pace, lontana dagli occhi di madame Giry e dagli uomini assunti da suo padre, ma come altro poteva utilizzarli? Se avesse trovato l'uscita del bacino visto poco prima, avrebbe potuto entrare e uscire indisturbata dal teatro, eludendo ogni sorveglianza, ma quale vantaggio ne avrebbe avuto? Se si fossero accorti della sua assenza che scusa avrebbe potuto riferire?
Doveva riflettere meglio, tutta quella storia doveva assolutamente avere un senso. Non voleva che restasse solo uno svago fine a sé stesso.


Fu un paio di giorni dopo che suo padre si assentò per un viaggio d'affari in Germania e Carlotta decise di approfittarne. Ordinò alla servitù di non disturbarla assolutamente fino al mattino e, con la complicità di Mercier, uscì di casa a notte fonda.
Avvolta nel soprabito del ragazzo e con il tricorno calcato in testa, galoppò fino al teatro e, costeggiandolo, trovò il punto dove i canali di scolo dell'edificio si gettavano in un profondo fosso. Non fu difficile, dato l'olezzo che ne proveniva, ma lei cercava un accesso diverso. Nel bacino sotterraneo non c'era nessun odore, era acqua pulita.
Notò che da una delle grate di scarico l'acqua usciva con una corrente più rapida, creando delle piccole increspature incrociandosi con quella del fosso. La raggiunse, camminando sullo stretto bordo del fossato erboso, appoggiandosi al muro del palazzo, e si chinò, provando a guardare dentro.
Era buio e la lanterna che aveva con sé non riusciva a fare abbastanza luce all’interno, ma l'odore dei liquami era decisamente meno forte e la fiamma della lucerna sembrava riflettersi su un'ampia superficie. Provò a vedere se aveva fortuna, tirando le sbarre di ferro per capire se qualcuna poteva cedere, ma nulla si mosse. Avrebbe dovuto lavorare dall'interno per crearsi un'uscita, lì avrebbe rischiato di attirare l'attenzione e poi non aveva niente di utile con sé.
Rimontò in sella alla cavalla e raggiunse le scuderie del teatro, entrandovi a piedi per non far troppo rumore. Le stalle erano praticamente deserte, a parte un paio di stallieri ubriachi addormentati l'uno sull'altro.
Legò mollemente la giumenta allo steccato, vicino ad altri cavalli. Sembrava non essere l'unica ad aver deciso di fare una visita notturna, d'altronde gli artisti erano famosi per la loro "sete di vita", pensò ingenuamente. Forse sarebbe stato ancora più improbabile che qualcuno facesse caso a lei.
Sollevò il bavero del cappotto ed entrò, cercando di non far rumore e strisciando nell'ombra. Sentiva un gran chiasso di gente, che gridava e rideva, provenire dalle cucine e decise di non attraversarle, passando invece per i corridoi deserti del convitto. Si infilò nel primo sgabuzzino, richiudendosi la porta alle spalle, e si diresse alla parete di fondo, scostando scope e stracci per raggiungere l'accesso a uno dei passaggi segreti, coperto da un pannello di legno rivestito di mattoni, per confondersi con il muro.
Vi scivolò dentro e una volta richiuso l'ingresso tirò un sospiro di sollievo. Non doveva più preoccuparsi di essere vista e, se qualcun altro fosse stato in quei corridoi, magari dopo averli scoperti casualmente, come lei, c'era abbastanza silenzio da sentirne i passi in lontananza. 
Riteneva però improbabile che qualcuno fosse a conoscenza dei passaggi, tutti i corridoi che aveva visitato erano ingombri di polvere e ragnatele e più di una volta aveva dovuto usare l'olio della lanterna per ungere i cardini irrigiditi dalla ruggine. Era da molto che nessuno passava da lì.
Abbassò il bavero del cappotto e sollevò leggermente il cappello, in modo da vedere meglio, poi si diresse rapidamente al suo camerino. Non vi entrò, non le serviva niente da lì e avrebbe solamente rischiato di far rumore e farsi scoprire, ma era stato sempre il suo punto di partenza per le esplorazioni e da lì riusciva ad orientarsi con più facilità.
Percorse i corridoi e scese le scale, ritrovandosi nuovamente sulla sponda del canale sotterraneo, ma questa volta, al contrario della precedente, risalì la corrente. Voleva vedere da dove iniziava il corso d’acqua.
Camminò a lungo, nella semioscurità, finché la banchina di pietra non si interruppe e un riva ghiaiosa accolse i suoi piedi. Si stava avvicinando alla sorgente.
Difatti, da lì a poco, trovò una parete a sbarrarle il passaggio, ma, alla base della stessa, sgorgava acqua dal sottosuolo. Ben più interessante era però la piccola imbarcazione dal fondo piatto, tirata in secca e legata ad un ormeggio, e la scalinata di pietra che risaliva, sparendo nel buio.
La tentazione di vedere se l'imbarcazione reggesse ed andare subito ad ispezionare il bacino era forte, ma si costrinse a resistere, pensando che sarebbe stato più sicuro farlo di giorno. Le poche volte che era salita su una barca era in compagnia di Mercier o sua madre, nel laghetto del parco. Non poteva assolutamente dirsi esperta.
Accorciò la corda di ormeggio e mise la barca in acqua. Il mattino dopo, alla prima occasione, sarebbe scesa a controllare e avrebbe risparmiato tempo, potendo vedere subito in che condizioni sarebbe stata l'imbarcazione dopo una notte nella corrente.
Salì le scale rapidamente, strappando man mano le ragnatele e, dopo poco, si ritrovò in uno dei corridoi principali, collegato nuovamente al passaggio per i camerini, ma decisamente più rapido e agevole rispetto al percorso che aveva fatto precedentemente per raggiungere il canale.
All’improvviso, sentì una melodia provenire dal camerino di Christine.
Era quasi mezzanotte, possibile che stesse festeggiando con qualcuno? Sentì una piccola morsa allo stomaco e si avvicinò curiosa, riconoscendo l'aria del quinto atto. Sospirò frustrata, ormai quel pezzo la nauseava da quante volte l'aveva ripetuto.
Si mise ad osservarla, attraverso le assi.
Christine era da sola, in camicia da notte, con uno spesso scialle sulle spalle. Doveva essere sgattaiolata di nascosto dal dormitorio, e, in piedi, al centro della stanza, provava e riprovava sempre la stessa strofa.
Se avesse continuato a quel modo, si sarebbe rovinata le corde vocali. Chi non aveva mai seguito un serio corso di canto finiva sempre con il sottovalutare il problema. Come i muscoli, anche quelle necessitavano di riposo e recupero per funzionare al meglio.
Poteva lasciarle un biglietto? L'avrebbe visto tardi e certamente si sarebbe chiesta chi l'avesse scritto, e non erano molte le persone che sapevano scrivere, lì dentro.
Rifletté ancora, frustrata da una situazione facilmente risolvibile se non per gli ordini di suo padre.
Non poteva essere sicura che Christine non dicesse ad altri, magari innocentemente, che lei l'aveva aiutata.
Segreti del genere non restavano tali a lungo e lei aveva assoluta necessità di restare al di sopra di ogni sospetto, per rendere credibile la casualità di un affaticamento vocale il giorno dello spettacolo. Anche una singola voce, una lieve illazione, avrebbe reso impossibile il suo piano, quindi non doveva assolutamente farsi vedere, anche perché la notizia di una Viscontessa a teatro, di notte, senza nessuno a garantire per lei, avrebbe certamente creato scandalo.
Per assurdo, se fosse stata un uomo, sarebbe stata acclamata per il suo ardore giovanile.
Fu in quel momento che le venne l'ispirazione. L'assurda leggenda che le aveva raccontato Mercier poteva finalmente tornarle utile, e anche quei corridoi segreti
Avrebbe potuto presentarsi a Christine come il Fantasma. Nessuno l'aveva vista entrare, nessuno l'avrebbe vista uscire e nessuno avrebbe creduto alla ragazza, se lo avesse raccontato.
Doveva però trovare il modo di camuffare la voce... Mercier le venne di nuovo in aiuto. Aveva usato una sorta di imbuto, durante una rappresentazione, per fare la voce di "Giove Tonante". Sicuramente dovevano avere qualcosa di simile anche lì...ma avrebbe rischiato di incrociare qualcuno se si fosse messa a frugare nei magazzini. Senza contare che non sapeva neanche dove cercare. Tra le scenografie, tra gli oggetti di scena oppure nel deposito tecnico?
Avrebbe corso meno rischi a chiedere a Mercier di prestarglielo, ma non poteva tornare a casa e rientrare di nuovo, e suo padre sarebbe tornato dopo l'indomani. Avrebbe avuto troppo poco tempo per insegnarle qualcosa.
Si tolse il fazzoletto da attorno al collo e se lo premette sulla bocca. Avrebbe cercato di mantenere una tonalità più bassa possibile e sperato che, tra il muro e l'eco del corridoio, la sua voce giungesse alla giovane irriconoscibile.
Prese un grosso respiro, tesa come una corda del suo violino, e provò a parlare.
-Christine.-
La ragazza si interruppe bruscamente e si guardò attorno un attimo, prima di aprire la porta pensando che qualcuno l'avesse chiamata dal corridoio -Sì?- Chiese, notando che non c'era nessuno.
Carlotta si trattenne dal ridere, premendosi la mano sulla bocca.
La bionda tornò indietro, perplessa, poi fece spallucce, doveva essere stata solo un'impressione.
Prima che ricominciasse a cantare, Carlotta parlò di nuovo -Christine, fermati.-
-Chi c'è?!- Spaventata, la giovane arretrò fino a trovarsi con le spalle al muro, guardando ogni angolo del camerino con terrore e preparandosi a scattare verso la porta.
La Viscontessa parlò rapidamente, se fosse scappata tutto sarebbe stato inutile -Non voglio farti del male. Voglio aiutarti.-
-Chi sei?!- Chiese ancora, agitata.
-Sono il...-Se avesse usato il termine fantasma, probabilmente la ragazza avrebbe urlato e tutti sarebbero accorsi a vedere -Sono un angelo.-
-Un angelo?- Chiese, leggermente meno spaventata.
-Sono l'Angelo della Musica.- Chiese mentalmente perdono a sua madre, non voleva disonorarla usando la stessa metafora che aveva coniato per lei, nei suoi pensieri -Voglio insegnarti a cantare.-
Christine non sapeva cosa dire, quella situazione le sembrava impossibile, eppure nella stanza c'erano solo lei e quella voce che riecheggiava dappertutto nel camerino.
Che fosse un sogno? Era l'unica spiegazione logica. Doveva essersi addormentata e star sognando di provare -Perché, Angelo?-
-Perché sei buona.- Era quella l'impressione che le aveva dato -E meriti aiuto. Ti sei impegnata tanto.-
-Come fate a saperlo?- Chiese trasalendo.
-Sono un angelo, vedo e sento tutto. E ho visto che Madame Giry non è una buona insegnante.- I discorsi origliati nei giorni precedenti la aiutarono a rendersi più credibile.
-Mère fa tutto quello che può...-
-Senza dubbio, ma non può insegnarti ciò che non sa.- Era poi anche convinta che Madame avesse colto l'occasione di proporla come sostituta per pura ambizione personale. Avrebbe potuto migliorare le sue condizioni sociali attraverso il successo di Christine, presentandosi come sua tutrice. Non molto diverso da quello che voleva fare suo padre.
La bionda annuì, ancora un po' titubante.
-Sei bravissima, hai una voce stupenda.- Cercò di tranquillizzarla -E anche una dedizione ammirevole, ho visto quanto ti sei esercitata.-
-Grazie, siete troppo gentile.- La ragazza sorrise timidamente, arrossendo, e Carlotta trovò in quella splendida innocenza la conferma delle sue impressioni.
-Hai voglia di provare ancora un po'?-
-Certamente, Monsieur-
-Ho sentito che hai problemi sulle note basse, proverei a fare qualche vocalizzo mirato, mettendo da parte l'aria dello spettacolo- Non la sopportava più, l’aveva ripetuta troppe volte.
-Come desiderate.-
-Trattami come un amico, non occorrono convenevoli.- Lei le aveva dato direttamente del tu, vista la simile età e il suo ceto sociale inferiore, ma si era accorta di starle fornendo un indizio sulla propria identità e in quel modo sperò di aver rimediato. Poi, era più facile spiegarsi con pochi giri di parole.
-Come desid- Sbuffò bonariamente -Sì. Va bene.-
Carlotta sorrise -Restiamo in un registro grave, così che le corde vocali non si affatichino troppo.-
-Registro grave...?-
Carlotta rimase sorpresa da quella domanda. Aveva sentito la ragazza utilizzare i registri appropriatamente e aveva dato per scontato che sapesse di cosa stessero parlando.
-Quando canti note più basse e senti vibrare in maschera.-
La ragazza non disse nulla, abbassando lo sguardo.
La mora si mise le mani nei capelli, possibile che madame Giry dicesse solo "Più in alto!" e "Più in basso!"? Se stavano così le cose, Christine era praticamente autodidatta. Puro talento.
-Si dice "maschera" quando senti vibrare la zona del volto attorno al naso.-
-Ah, ho capito. Perdonami, io questi termini non li conosco...-
-Non preoccuparti. Cercherò di essere il più chiar…- Si interruppe, accorgendosi che stava per usare il femminile -Il più chiaro possibile.- L'importante era che imparasse, che poi conoscesse i tecnicismi era secondario.
-Seguimi, dicendo la sillaba MO- Carlotta iniziò un vocalizzo di più suoni congiunti, ripetendo la sillaba detta, salendo gradatamente di nota e poi ridiscendendo, ma sempre cercando di mantenere l'intonazione più cupa possibile. Cosa non da poco, perché era abituata a fare quegli esercizi a voce piena e sentiva crearsi una forte tensione all'altezza della gola. Tuttavia, Christine la seguiva perfettamente e le disse di proseguire come sapeva, mentre lei ascoltava.
Dopo diverse ripetizioni, ecco che le tonalità più basse, quelle che faticava a raggiungere nell'esecuzione dell'aria, cominciavano ad affacciarsi e a diventare più naturali. Non erano ancora perfette, ci sarebbe voluto tempo ed esercizio, ma era la riprova che la ragazza aveva l'estensione giusta, solo non conosceva la strada per arrivarci.
-Bravissima. Hai sentito che ci sei quasi?-
-Sì...- Christine era meravigliata, erano giorni interi che provava.
-Possiamo ridurre i tempi con questi esercizi mirati. Il resto ti viene bene.- Sorrise tra sé e sé. -E' ora di riposare. Facciamo un po’ di raffreddamento e poi smettiamo, per oggi.-
Le spiegò alcune semplici tecniche e guardò che la ragazza le eseguisse correttamente. Domani, prima delle prove, prenditi qualche minuto per fare dei vocalizzi, a labbra chiuse, in cui pronunci "Brrr", come un brivido, ma prolungato e cambiando intonazione nel frattempo. Arriverai sia più in alto che più in basso rispetto al cantato e questo ti permetterà di attivare i muscoli giusti. E mi raccomando, devi sentire pizzicare dietro al naso mentre lo fai.- Quell'ultima frase gliela diceva sempre il suo insegnante, quando era piccola.
-Va bene, non mancherò!-
-E ricorda che riposare la voce è estremamente importante. Fai come la Viscontessa e prendi delle pause durante le prove, o ti rovinerai la gola.-
-Va bene.- Rispose dubbiosa.
-Domani continueremo. Cerca di restare sola qui in camerino, io arriverò appena possibile.- Non sapeva quando avrebbe avuto occasione di raggiungerla.
-Mi raccomando Christine, non parlare con nessuno di me o non potrò più aiutarti. Ricorda che io vedo e sento tutto...- Arretrò lentamente, smorzando la voce nel silenzio. Quell'ultima parte l'aveva detta per essere sicura che non parlasse, ma sperava di non averla intimorita troppo.
-Certo che no! Hai la mia parola!-

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

-L'opera citata in questo capitolo, "L'Annibale" di Chalumeau, è in realtà un'opera immaginaria, scritta da Andrew Lloyd Webber appositamente per la drammatizzazione de "Il Fantasma dell'Opera".

-Altra piccola curiosità: all'ultimo piano dei sotterranei del palazzo dell'Opera c'è realmente un bacino idrico artificiale, di circa 2500 mq, costruito per isolare le fondamente dalle acque di una faglia scoperta durante gli scavi per la costruzione dell'edificio. Ancora oggi viene mantenuto pieno ed è effettivamente navigabile con piccole imbaracazioni. Da quello che mi risulta non è visitabile dai turisti.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!

   
 
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