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Autore: Little Firestar84    02/03/2022    2 recensioni
Il mentalista Patrick Jane irrompe ancora una volta nella vita di City Hunter: quando le tracce dei gemelli Jonathan e Cameron Black lo portano ancora una volta a Tokyo, è a Ryo e Kaori, coppia nel lavoro e nella vita, che il consulente dell'FBI chiede aiuto.
Senza sapere che City Hunter- e tutto il loro sgangherato gruppo di alleati- sta già seguendo il caso... solo da un'altra angolazione!
Da New York a Tokyo, la caccia ai ladri ha inizio, ed il tutto per proteggiere il misterioso e prezioso gioiello noto solo come Serpenti!
Genere: Commedia, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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- Questa storia fa parte della serie 'The Consultant'
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“Ho una notizia buona ed una cattiva…” Saeko proclamò, con tono civettuolo ed un sorriso smagliante, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, appena entrata dalla porta di casa Saeba-Makimura, dove Jonathan si trovava ai domiciliari in attesa dell’estradizione. "Il magistrato con cui la vostra amichetta ha parlato l’ha presa talmente tanto in antipatia che non ne vuole sapere di scendere a patti con lei… le ha detto che noi Giapponesi non abbiamo certo bisogno di soffiate da sciacquette americane per chiudere i casi!

“Certo, per quello poi venite a chiedere aiuto a quelli come me, perché siete la migliore forza di polizia del pianeta… ma se senza me ed Umibozu nemmeno lo scoprivate che la vostra bella dama senza cuore si chiama Dana Litauer!” Ryo, appoggiato contro il muro a braccia conserte, scoppiò a ridere – ma smise subito, quando scese un tale gelo nella stanza che l’uomo iniziò ad avere i brividi. C’era chi lo guardava stupito, e chi invece, come Saeko e Kaori, che lo stavano polverizzando con lo sguardo, offese e furibonde, nonostante non capisse il perché: aveva solo detto la verità.

Era stato solo grazie al network ufficioso degli sweeper (che bene o male finivano per conoscersi tutti o quasi) e alle dritte della famiglia di Kasumi (che era ben inserita nel giro del crimine a livello internazionale) che, con l’aiuto di quel poco che Jonathan ricordava del suo primo incontro con quella donna (avvenuto quando erano solo due bambini, nella città di Reykjavik) e le scarse informazioni che Dana stessa aveva dato all’FBI quando erano riusciti ad incastrarla la prima volta,  che i pezzi del puzzle erano finalmente andati a posto, e l’intera immagine aveva preso una parvenza di senso.

Dana era nata in quella che sarebbe poi divenuta la Bielorussia sul finire degli anni ottanta,  ed era figlia di Yelena Litauer, ultima erede di una famiglia che aveva fatto del crimine, e del furto in particolare, il lavoro che si tramandava di generazione in generazione. Yelena però era riuscita  dove tutta la sua famiglia aveva fallito prima di lei: aveva creato ed organizzato una banda che colpiva in tutto il Vecchio Continente. E, spesso e volentieri, si era fatta aiutare da Sebastian Black, il padre dei gemelli, per mettere a segno alcuni dei colpi più difficili e spettacolari. 

Sebbene la loro collaborazione fosse stata sempre e solo occasionale, Yelena si era invaghita di Sebastian, e quando avevano intrecciato un breve idillio amoroso, aveva creduto che l’uomo si sarebbe unito alla sua famiglia, che avrebbe fatto da padre a quella bambina, coetanea dei figli, a cui sembrava tenere molto, con cui era dolce e gentile. Yelena si era illusa- e con lei, se non di più, Dana.

Sebastian le aveva raggiunte a Reykjavik, e Dana aveva deciso di parlargli, chiedergli di rimanere con loro. Lo aveva seguito, e solo allora aveva scoperto la verità: Sebastian non aveva bisogno di farle da padre, perché padre lo era già. Lui era andato in città per rubare: ma la scusa, la copertura, era uno spettacolo di magia – in cui i protagonisti indiscussi erano lui ed il suo adorato figlio. 

Dana era uscita di casa per tutte e cinque le serate dello spettacolo, rimanendo dall’inizio alla fine; l’ultima sera, poi, aveva  raggiunto il giovane Black nel backstage, e avevano parlato. Giocato. Guardato il cielo illuminato dall’Aurora Boreale. Fino a che non era arrivato Sebastian, che invece di accoglierla a braccia aperte come Dana aveva creduto, l’aveva scacciata, buttata fuori dal teatro come fosse spazzatura. 

“Questo non è il tuo posto. Non sei mia figlia. Non sei un’illusionista, o una maga. Nel migliore dei casi, sei una futura criminale, e se non vuoi che ti faccia finire in galera come il resto della tua famigliola, uscirai dalla mia vita e da quella di mio figlio.”

Con poche parole, Sebastian le aveva fatto odiare tutto – la sua famiglia, se stessa, suo figlio – e lei si era ripromessa di non permettere mai più a nessuno di farla sentire così. Di fargliela pagare.

E così, si era messa d’impegno, era diventata una ladra brava come sua madre. Un’illusionista all’altezza del grande Sebastian Black. E intanto aveva architettato il suo piano: rovinare la vita di Cameron e Jonathan, fare capire loro che nonostante le belle parole del padre anche loro erano solo degli scarti, che alla prima occasione avrebbero tradito coloro che dicevano di amare, e l’un l’altro.

Ed il resto, come si soleva dire, era storia.

“E la cattiva notizia?” Kaori riportò tutti al presente e alla spinosa situazione in cui, bene o male, ancora si trovavano, ponendo la fatidica domanda a Saeko, sporgendosi verso di lei, che nel frattempo si era accomodata sul divano, accavallando le gambe avvolte in un tubino color lavanda. 

“Senza accordo non parla, ” Saeko si lamentò. “E non ha intenzione di dire dove tiene le prove per scagionare Jonathan.”

“Ci deve essere qualcosa che possiamo fare…” Kay si lamentò, alzandosi a sua volta dalla poltrona su cui si era seduta, mentre camminava a passo spedito e nervoso per la stanza. Si fermò, e fissò, disperata, i gemelli Black. “Perché non ce ne andiamo? Cerchiamo un qualche posto senza estradizione! Jane lo ha fatto…”

“Non è una bella vita, Kay….” Il mentalista intervenne. “Mi guardavo comunque le spalle, ogni momento, e non avevo nessuno – e non facevo che pensare a Teresa, perché quando sono scappato sapevo che non avrei mai potuto portarla via dalla sua famiglia o dal suo lavoro e di seguirmi.”

“La mia famiglia? Cameron è la cosa più simile ad una famiglia che ho, e sinceramente, dopo che il mio capo ha preferito aiutare una ladra e assassina piuttosto che la persona che le stava permettendo di fare carriera, beh, non sono nemmeno certa di volerlo ancora, quel lavoro!” La cadenza dei suoi passi si era fatta più frenetica, il passo pesante, il tono feroce – eppure certo. Cameron la guardò con dolcezza ammirazione, cogliendo quanto in quel momento Kay fosse onesta. Come avesse appena ammesso di amarlo, che lui era tutto ciò che lei aveva - di cui le importava-  seppure usando altre parole. “Se Cam e Jonathan vogliono scappare… io sono con loro!”

“No, senti, avevate ragione voi. Io sono abbastanza duro e furbo da sopravvivere in galera,” Johnny continuò, mettendosi in piedi davanti a Kay e guardandola negli occhi. “Troverai un modo. Stavolta voglio fidarmi di te. E di Cameron.” Camminando, si massaggiò la mascella, leggermente gonfia, ancora arrossata.

“Lo sapevo, Johnny.” Cameron scosse il capo, sorridendo complice al gemello, e lo raggiunse; gli mise una mano sulla spalla, la strinse, poi i due si abbracciarono, quasi avessero passato un’intera vita separati. “Sapevo che mi avevi lasciato indietro per difendermi, come sempre. Scommetto che sei stato tu a farmi portare dal vecchio!”

Mentre Cameron lo stringeva in un caloroso abbraccio, a cui il più freddo Jonathan rispose con delle timide ed impacciate pacche sulla schiena, il galeotto alzò gli occhi al cielo, sbuffando: che Cameron non avesse capito che la sua era stata tutta una finta lo feriva, ma solo un po’ - voleva dire che era degno figlio di suo padre, un grande attore ed illusionista, capace di ingannare chiunque, anche il sangue del suo stesso sangue, il suo stesso gemello.

Cameron si scostò, e prese un profondo sospiro prima di lanciare un gancio al fratello, che neppure provò a difendersi o a farsi da parte. 

“Ma che…” si limitò a dire, massaggiandosi la mascella dolorante.

“Ehy, vuoi trattare male me? Nessun problema, me lo merito. Ma Kay avresti dovuta lasciarla fuori da questa storia.” Con aria truce, ma letalmente seria, offrì la mano a Jonathan, che la accettò, stringendola nella sua.

Ridendo e sorridendo, i due fratelli si abbracciarono, quasi fino a diventare un tutt’uno.

Di nuovo il silenzio cadde tra quelle mura, mentre i presenti riflettevano su come aiutare il ragazzo, cosa fare – e se il suo gesto fosse dettato da senso di colpa o effettiva fiducia, non tanto verso le istituzioni quanto verso il fratello e la donna che questi amava.

“Siamo certi che il video esista davvero?” Jane urlò dalla cucina, dove, come era suo solito, si era accomodato per prepararsi una tazza di the, incurante di essere un ospite. “Lo avete mai visto o le credete sulla parola?”

“Visto,” I gemelli Black risposero all’unisono, prima che solo Jonathan prendesse la parola. “Lo teneva su un computer portatile, ma lo ha cancellato appena me lo ha fatto vedere. Ma diceva di avere altre copie.”

Si voltarono verso Saeko, che scrollò le spalle: non avevano trovato nulla sui dispositivi della donna. 

“Troppo semplice e banale per una come lei tenere tutto sul computer….. no, alla nostra Dana piace avere il controllo della situazione. Secondo me….” Jane iniziò, mentre faceva decantare la bustina nell’acqua calda, quasi bollente, che aveva versato nella tazza di ceramica azzurra su cui svettava, a grandi lettere, il nome del padrone di casa. “Secondo me, lei se le teneva vicine, le informazioni a cui teneva di più, le più preziose.”

“Pensateci bene…” Si sedette sul divano, davanti ai gemelli Black, e prese a tuffare a ritmo cadenzato la bustina nell’acqua, una, due, tre volte. “C’era un posto in cui avrebbe potuto nascondere quelle informazioni? Qualcosa a cui Dana teneva, da cui non si separava mai…”

Cameron e Jonathan si scambiarono uno sguardo carico di significati, in silenzio, poi Jonathan guardò nuovamente Saeko. 

“Gli oggetti personali di Dana, li conosce, li ricorda?” La incalzò.

“Meglio, ho questo.” Saeko tirò fuori il telefono, e richiamò alcune foto fatte sulle scene del crimine; in una, appoggiati su un tavolo di metallo ed etichettati uno ad uno, gli effetti personali di Dana, ciò che le avevano trovato addosso.  “Qualche idea?”

“Ma come, Saeko, davvero non lo sai?” Ryo ridacchiò, mentre si avvicinò ai due gemelli e scrutava, da dietro le loro spalle, lo schermo del cellulare dell’amica. “I ragazzi hanno capito esattamente dove stanno le prove!”

“Le prove dell’innocenza di Johnny, insieme a chissà quanta altra roba appetitosa… chissà a quanti altri ha tirato lo stesso giochetto…” Cameron sorrise, compiaciuto; sollevò il telefono ed ingrandì la fotografia, zoomando su uno degli oggetti trovati addosso alla ladra. 

Apparentemente, una cosa semplice, comune, che si trovava ovunque: un rossetto di Chanel, l’astuccio nero, lucido, su cui brillavano in vernice bianca le due C intrecciate. 

“È qui,” Cameron le disse, soddisfatto, volgendo gli occhi verso il fratello che sentiva finalmente, dopo tanti mesi, dopo quasi due anni, la speranza rinascergli nel cuore, e faceva cenno di sì col capo. “Non si separava mai da questo rossetto, ci giocherellava di continuo. Scommetto quel che volete che c’è una penna USB nascosta lì dentro!”

“Già, e magari ci sarà non solo quello…..” Ryo ridacchiò soddisfatto, e si voltò verso Saeko, che giocherellava fintamente annoiata con una ciocca di capelli. “Scommetto che aveva materiale ricattatorio contro parecchie persone, e magari ci trovi pure qualcosa che la possa inchiodare a qualche altra cosuccia interessante…”

Saeko si alzò in piedi, col sorriso sulle labbra, raggiante ed energetica, e si riprese il suo telefono. Con voce squillante e un gesto da diva, salutò tutti, prima di dirigersi verso la porta d’ingresso. Ryo però la fermò, bloccandola davanti la porta, prima che potesse uscire. “Neanche per idea! Tu da qui non esci fino a che…”

“Fino a  che, cosa?” Gli rispose lei mettendogli un broncio seduttivo, sfiorandogli i pettorali enfatizzati dalla maglietta color salvia, riprendendo quel gioco che avevano fatto per tanti anni, e che ancora ogni tanto lei faceva, nonostante Ryo fosse di un'altra. “Vuoi forse farmi pagare tutti i miei debiti passati?”

“Voglio che quando troverai tutte quelle informazioni, ti ricordi che il vero merito della riuscita della tua operazione è stato nostro, quindi….” Ryo sollevò un sopracciglio, sorridendole sornione. “Quando deciderò di chiederti qualcosa, lo dovrai tenere bene a mente, hai capito?”

Saeko scoppiò a ridere. “Va bene, stallone, come vuoi tu… stavolta vedrò di pagarti tutti i debiti passati, e magari pure con gli interessi!”

Si ricompose, e lo salutò facendogli l’occhiolino, e Ryo scoppiò a ridere: aveva la netta sensazione che sarebbero stati tutti soddisfatti di come le cose sarebbero andate a finire - sempre che tutto fosse andato secondo il piano di Ryo.

Adesso, però, aveva ancora una cosa da fare, un'ultima tappa: una cosa da riconsegnare al legittimo proprietario.

Bulgari Tower

“Dì un po’, com’è che ti sei voluto aggregare, ragazzino?” Ryo prese a schernire, leggermente, Cameron, che,  terribilmente a suo agio all’interno della boutique, si sistemava i gemelli mentre guardava, con un misto di finta noia ed onesta curiosità, le vetrinette. 

“Ti svelerò un segreto, Saeba.” Il ragazzo soffocò una risata, parlottando a bassa voce, in tono cospiratorio. “Dubito fortemente di essere tanto più giovane di te.”

“Davvero? Eppure dimostri parecchio di più di vent’anni!” Ryo scoppiò a ridere, una risata forte, resa ancora più forte dall’espressione corrucciata e scettica di Cameron. "Lascia stare, è una cosa tra Kaori e me, non potresti capire. Comunque, non hai risposto alla mia domanda…”

Cameron scrollò le spalle, quasi lui stesso non avesse esattamente la risposta. Si grattò il collo, a disagio, e prese a guardarsi intorno.

“Allora, cosa vuoi fare, comprarle un regalo di Natale o fare il grande passo?” 

“Io nemmeno lo sapevo che venissi qui!” Cameron arrossì, indisponente, quasi battendo i piedi, mentre Ryo sollevava un sopracciglio, ad indicare che, secondo lui, Cameron lo aveva capito eccome che era da Bulgari che lui stava andando- dopotutto, la collana era ancora in loro possesso, ed era giunto il momento che il gioiello tornasse al suo posto.

“Senti, ragazzino, le cose sono due.” Ryo iniziò, parlando con tono sfacciato e saccente. “O mi sei venuto dietro perché a startene a casa con tuo fratello e la tua ragazza ti senti in colpa, perché pensi di aver deluso tutti, oppure vuoi comprare alla fanciulla qualcosa, ma non sai se farlo perché hai paura che lei pensi che ti devi far perdonare qualcosa…. Ho indovinato?”

Cameron borbottò qualcosa, che Ryo non comprese. Lo sweeper scosse il capo, sospirando rassegnato all’idea che Cameron fosse troppo simile a lui, e che come lui fosse destinato a sprecare gli anni migliori della sua vita lontano dalle conturbanti forme della donna amata, quando intravide, nell’ufficio nel retro, una figura china su stessa, mogia, che non si capiva se si stesse mangiando le unghie o stesse piagnucolando come un poppante – ciò che era lampante per lo sweeper era che il povero cristo se la stava facendo addosso dalla paura, tarchiato com’era da due omaccioni che sembravano usciti da un film di spionaggio di serie C.

Sogghignando, Ryo bussò alla porta, lasciata aperta, e subito Silvestri sobbalzò, tentando di riprendere il suo contegno, grato dell’intrusione.

“Oh, Signor Saeba, ehm….” L’ometto lo raggiunse alla porta, e gli strinse le mani, mentre le pseudo-spie (probabilmente security interna della maison) si allontanavano, anche se di poco, rimanendo a portata d’orecchio. “Eh, ecco, la mostra è stata un successo, la desideravo ringraziare. Grazie ai suoi suggerimenti non abbiamo avuto problemi durante l’esposizione …”

Silvestri abbassò il capo, e sospirò in un modo così plateale che ben più di una testa all’interno del negozio si voltò nella sua direzione.

“Forse che è successo qualcosa, signor Silvestri?” Ryo domandò, più falso di una banconota da quattro dollari, una falsità talmente lampante che Silvestri prese a fissarlo strabuzzando gli occhi. “Cos’è, le hanno rubato qualcosa prima della mostra?”

Silvestri non rispose; si limitò a strabuzzare gli occhi. Non era che non capisse, era solo che gli sembrava quasi irreale ciò che stava accadendo. Nessuno al di fuori dello staff sapeva cosa fosse successo a Serpenti, eppure Saeba lo sapeva, eccome… Ci era arrivato da solo? Aveva sentito delle voci?

“Signor Saeba, io…” si schiarì la gola, e con un fazzoletto si asciugò il sudore dalla fronte. “Ecco, io non so come lei faccia, ma…”

“Una pericolosa ladra ricercata dall’FBI  e dall’Interpol era sulle tracce di Serpenti, ed aveva intenzione di rubarla il giorno dell’inaugurazione!” Ryo bisbigliò, chinandosi verso l’ometto. Gli fece l’occhiolino, poi si mise dritto e si schiarì la gola, e prese a parlare, con un tono di un paio di decibel più alti del necessario, affinché tutti i presenti sentissero cosa aveva da dire. “Eh, signor Silvestri, lei e l’ispettore Nogami siete stati davvero dei geni… far credere a tutti che serpenti fosse stata rubata in modo da far uscire allo scoperto l’organizzazione che l’aveva presa di mira… sì, sì, davvero eccezionale! I ladri la cercavano chissà dove ed invece la collana è sempre stata al commissariato, chiusa in una cassaforte, al sicuro da tutto e da tutti!”

Così dicendo, senza farsi vedere dalle guardie, Ryo tirò fuori dalla tasca dello spolverino il prezioso monile, e lo lasciò cadere nelle mani del gioielliere. Silvestri afferrò Ryo per la manica, lo trascinò dentro lo studio e chiuse la porta forte, facendola sbattere con forza contro il muro, così tanto che scricchiolò.

“Signor Saeba…. Non so come abbia fatto, ma lei mi ha salvato il lavoro! Cosa dico…la vita!” Silvestri piagnucolò, prendendo le mani di Ryo nelle sue e stringendole con forza. “Mi assicurerò che la maison le paghi il giusto, con l’aggiunta di un piccolo bonus, e… e sono in debito con lei! Di qualsiasi cosa avesse bisogno, conti pure su di me Anzi, sa cosa le dico? Scelga un oggetto dal negozio, non importa il valore, offriamo noi, anzi, offro io!!” 

Ryo sghignazzò, soddisfatto, dando delle  potenti pacche sulla schiena di Silvestri, che fecero perdere l’equilibrio all’uomo.  “Beh, di già che me lo dice,  una cosuccia che mi servirebbe ci sarebbe… anzi, ci avevo già messo gli occhi addosso. Avevo pensato di comprarla, ma dato che lei insiste nel volermela regalare…” 

Quasi due ore dopo, Ryo usciva finalmente dall’ufficio di Silvestri, con espressione soddisfatta, e notò che Cameron era ancora lì ad aspettarlo. Aveva messo gli occhiali da sole, e si era stravaccato su un divanetto di velluto verde, dormicchiando mentre le commesse gli passavano intorno, ed i clienti gli lanciavano occhiatacce colme di sdegno. 

“Ehy, ma sei ancora qui?!” Ryo sbottò, dando un calcio alla gamba del divano e facendo traballare l’uomo. “Spero almeno che tu abbia fatta un po’ di shopping o ti sia rifatto gli occhi con le commesse… sono davvero dei bei bocconcini le ragazze qui dentro!”

“Ehm…” Cameron arrossì, mentre si alzava e si sistemava la giacca, camminando a fianco di Ryo al suo stesso passo, nonostante lo sweeper fosse molto più alto di lui. “Ci ho pensato. Insomma, ho riflettuto. Su cosa mi hai detto.”

“In realtà, io ti ho solo fatto una domanda.” Ryo scrollò le spalle, con nonchalance, quasi gli costasse ammettere di essere più profondo di quello che voleva ammettere. Si fermarono ad un semaforo, la luce rossa fissa, e le macchine e le biciclette che gli sfrecciavano davanti a folle velocità. 

Cameron si morse le labbra, e fece cenno di sì col capo. 

Ryo era un tipo ermetico, da pochi sentimenti: non gli piaceva parlare, e non gli piaceva ascoltare, ma sapeva arrivare al nocciolo della faccenda con un solo sguardo, e sapeva indagare l’animo umano come e meglio di Jane, forse. 

“Ho fatto tutto il possibile per far uscire Johnny di galera, quindi con lui ho la coscienza a posto. Per quello. Certo, poi ci sarebbe tutta la faccenda degli anni di abusi psicologici di nostro padre, ma mi piace pensare che quando lui ha provato a farmi finire in galera al posto suo siamo stati pari. Ma Kay…” scosse il capo, quasi non credesse nemmeno lui a cosa aveva fatto. “Ero pronto a farle rischiare tutto per tirarlo fuori, quando ho capito che l’FBI preferiva quella donna a mio fratello, a me, e a lei sarebbe andato bene. Lei mi capiva. Mi appoggiava.” Fece una pausa, e si voltò verso Ryo. “… e lo farebbe ancora oggi.”

“Quindi, il nocciolo della faccenda è….”

“Il nocciolo della faccenda è che mio fratello ed io siamo pari.” Ryo lo guardò, scettico. “Davvero. Io non l’ho difeso da papà e lui mi ha… metaforicamente parlando, piantato il coltello nella schiena.”

Il sopracciglio di Ryo raggiunse nuove altitudini, mentre lo sweeper scrollava le spalle. “E con Kay come la mettiamo?” 

“Ho una mezza idea di passare il resto dei miei giorni a farmi perdonare da Kay.” Cameron scrollò le spalle e sorrise: il tono era così pacato, normale, sembrava quasi parlasse del tempo, e non del rivoluzionarsi la vita. “E avrò molto tempo per riflettere su come fare. Considerato che nemmeno l’FBI mi vorrà più dopo la bravata di Johnny, e che il pubblico ci ha messo tipo tre secondi a dimenticarsi della mia esistenza, il tempo non mi mancherà.”

“Io non ci conterei troppo,” Ryo lo stuzzicò. “Il giochetto del cane ha fatto parlare parecchio di te, e comunque, peggiore dei casi, puoi sempre chiedere a Jane di mettere una buona parola per te con i federali… quello potrebbe perfino vendere ghiaccio agli eschimesi!”

Cameron scrollò le spalle; con le mani in tasca, giocherellò con le scatole che vi custodiva, gli acquisti effettuati da Bulgari. La più lunga e sottile era per Johnny, una penna stilografica per rimpiazzare quella del bisnonno, andata persa, mentre l’altra, un cubo, era per Kay: non un anello, perché per quello era presto, ma due portachiavi – per la casa, o l’appartamento, che sperava avrebbero presto condiviso. Quello di Kay? Magari - di certo, per cominciare sarebbe andato bene, soprattutto visto che, prima di partire alla ricerca di Johnny, Cameron aveva avuto la brillante idea di dare fuoco alla dimora ancestrale della sua famiglia.

“Un consiglio da uomo a uomo su come procedere….” Ryo gli diede una gomitata nel costato. “Appena arrivati a casa, falle avere un vestito da urlo, i suoi fiori preferiti, la inviti a cena in un bel posticino e le apri il tuo cuore… e vedrai che andrà tutto bene!” Gli fece l’occhiolino, sperando che seguisse il perfetto consiglio di Jane, che con entrambi aveva funzionato – più che bene.

   
 
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