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Autore: eddiefrancesco    08/03/2022    0 recensioni
L'umore di Christopher Marchnet è cupo come le nuvole nere che sovrastano la sua residenza.
Eppure quando un lampo illumina una damigella in difficoltà, lui si comporta da gentiluomo.
Per Kit comincia così un eccitante avventura insieme alla misteriosa Hero Ingram, alla ricerca di un libro scomparso da oltre un secolo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mentre lui richiudeva la porta, Miss Ingram... Hero si incammino' decisa verso la casa e Kit dovette correre per raggiungerla. Oltrepassarono le scuderie, illuminate e brulicanti di attività. Per tutto il tempo lui tenne gli occhi ben aperti per controllare che nessuno li stesse osservando. Raggiunsero indisturbati le alte portefinestre dalle quali, nelle giornate più calde, il conte e i suoi ospiti uscivano a cercare la frescura del giardino. Ora invece faceva freddo e loro avrebbero potuto dire che erano andati a rubare qualche momento di intimità in giardino, complice l'oscurità appena rischiarata dalla luna, lontano dalle figure variopinte che si muovevano nelle sale illuminate a giorno. Per sicurezza, entrarono dalla portafinestra più lontana dalla folla degli invitanti, cercando di non farsi notare. All'interno, l'immensa sala che avevano visitato con la governante poche ore prima era scintillante di candele e di attività, e Kit sbatte' gli occhi per abituarsi a quel cambiamento improvviso. Tutt'intorno c'erano invitati che sfoggiavano costumi più o meno scandalosi, intenti a bere e a spettegolare, mentre il centro della sala era occupato dai ballerini che danzavano accompagnati dall'orchestra. Hero sentì una voce bassa vicino all'orecchio. «Fa un po' freddo fuori, non è vero?» L'uomo, con un ingombrante costume a forma di casa, si chino' verso di lei, gli occhi scuri che la fissavano attraverso la finestra aperta sul suo viso. «Ma qui dentro ho un bel fuoco che vi scaldera'». Ignorandolo, lei continuò a immergersi nella folla, e insieme a Kit, passò di fianco a una strega, a un monaco e a un antico romano. «È meglio che ci separiamo. Ci ritroveremo in biblioteca» sussurro' Hero, ma Kit scosse la testa. Non aveva partecipato a molti balli in maschera, ma gli era rimasto impresso il comportamento insolito delle persone, rese più audaci dal travestimento. E questa non era di sicuro una simpatica riunione campestre allietata da piaceri innocenti. Kit aveva saputo da Barto che l'alta società spesso scendeva ai più bassi livelli di moralità. «No» disse Kit mentre lei sfrecciava via, dietro a un alto personaggio con un turbante torreggiante. Fece per gettarsi all'inseguimento, ma una mano gli si posò sul braccio, fermandolo. «Vi conosco?» cinguetto' una Colombina. Il costume da servetta aveva una scollatura al limite dell'indecenza. Stava cercando il suo Arlecchino, ma Kit non era quello giusto. «No» rispose, cercando di passare oltre. «Ma forse mi piacerebbe.» La donna faceva le fusa, le dita serrate sul suo braccio. Aveva il viso coperto dalla maschera, il che significava che probabilmente i seni abbondanti che debordavano dal corpetto aderentissimo erano quelli di una femmina che aveva superato da un pezzo la giovinezza. Kit era un gentiluomo, non avrebbe mai insultato una donna. Si tolse la mano di lei dal braccio e le bacio' le dita. «Forse un'altra volta, bella Colombina» la salutò. Passò rapidamente di fianco a una pastorella accompagnata dalla sua pecora - una pecora vera - per evitare che la donna lo agguantasse di nuovo. Finalmente libero, pensò con un sospiro di sollievo, prima di accorgersi che Hero era scomparsa. Cominciò a cercarla, ma ben presto si sentì prendere dalla frustrazione. I domino neri erano molto numerosi, ma quello che cercava lui sotto calzava stivali pesanti. Nessuno però portava la maschera rosso scuro con cui Hero si era coperta il viso. «Ehi! Salute a voi.» Una suora di almeno sei piedi d'altezza e la voce baritonale gli si avvicinò. «Scusate.» Kit si allontanò prima che il tipo diventasse troppo importuno. Passò accanto a una coppia di quaccheri dall'aria disorientata e si rese conto che più tempo passava più rischiava di ricevere delle attenzioni sgradite. Di Hero, però, neppure l'ombra. Non gli restava altro da fare che andare a cercarla in biblioteca... sperando che fosse là. Hero attraverso' senza difficoltà le sale e arrivò alla biblioteca. Anche se non veniva utilizzata abitualmente, come aveva raccontato Mrs. Spratling, il fuoco era acceso nel camino e spandeva caldi riflessi sulle altre scaffalatura. Hero si richiude la porta alle spalle, accese una candela e la mise su un tavolo per poter leggere meglio i titoli dei libri. Quando la porta si aprì e si richiuse quasi senza far rumore, pensò che non ci fosse motivo di voltarsi a salutare Mr. Marchant. Kit. Si erano appena separati dopo essere stati rinchiusi troppo a lungo nel capanno angusto e le sembrava di sentire ancora la sua pelle nuda sotto le dita. Liscia e calda, molto calda... Udì i passi silenziosi che si avvicinavano e il cuore cominciò a martellarle nel petto. Che cosa voleva da lei Kit Marchant? Avrebbe dovuto dedicarsi alla ricerca del Mallory, invece di sbirciare da sopra la sua spalla. Eppure era proprio quello che stava facendo. Anzi, le si era appoggiato, il respiro caldo sulla sua guancia... Strano, sapeva di vino. Con un sussulto, Hero si voltò a guardare... Invece di Kit Marchant c'era uno sconosciuto vestito di verde, con una piuma enorme che gli pendeva dal cappello. Stava allungando le braccia per afferrarla, ma Hero riuscì a evitarlo pestandogli con forza un piede. L'uomo emise un'esclamazione di dolore. Sembrava un ospite piuttosto ubriaco e non particolarmente pericoloso, tuttavia lei si allontanò in fretta. Aveva capito che sotto il domino si nascondeva una donna, oppure non aveva preferenze di sesso? Lei non lo sapeva e neppure le interessava scoprirlo. «Chiedo scusa. Credevo che non ci fosse nessuno qui» disse Hero con voce profonda. Guardò la porta chiusa e si domando' dove fosse finito Kit, al tempo stesso maledicendosi per aver fatto affidamento su di lui. L'esperienza le aveva insegnato diversamente. E, siccome era stata sciocca e distratta, ora ne subiva le conseguenze. Questo significava che doveva sbarazzarsi dello sconosciuto per poter riprendere le ricerche. Lanciò un'occhiata alla porta. Avrebbe preferito non uscire dalla biblioteca per paura di non riuscire a ritornarci. Guardò di nuovo l'uomo per cercare di determinare quanto fosse pericoloso. Non era molto alto, però massiccio. E come fare a capire quanto era ubriaco? «Eccovi qui, Messer Scarlet» dichiarò lo sconosciuto con voce strascicata. «Che razza di benvenuto è mai questo?» Probabilmente si riferiva alla sua maschera scarlatta, o forse l'aveva scambiata per qualcun altro, visto che lui era vestito come uno degli allegri compagni di Robin Hood. «Deve esserci un errore» obietto' Hero. «Io non vi conosco, signore.» L'uomo si slancio' in avanti. «Vorrà dire che rimedieremo subito.» Li separava un elegante divano in legno di palissandro, che come barriera era decisamente scarso. Hero non aveva intenzione di prendere parte a una farsa, tuttavia non voleva neppure ricorrere alla pistola che portava sempre con sé. Il successo della sua impresa dipendeva tutto dalla segretezza e non voleva richiamare l'attenzione degli altri invitati. Girò intorno al divano per mettere ancora più distanza tra di loro, ma lo sconosciuto vestito di verde non si lasciò confondere dalla sua manovra. Anzi, sembrava che si stesse divertendo, a giudicare da come sorrideva dietro la maschera. I calzoni che portava sotto la corta tunica lasciavano ben poco all'immaginazione ed Hero fu allarmata da ciò che vide. «Mi avete scambiato per qualcun'altro, signore» disse, indietreggiando verso la porta. «Io non sono Will Scarlet. Adesso andatevene, prima che vi spacchi qualcosa sulla testa.» Alle sue spalle, la porta si aprì e il cuore le balzo' nel petto. Se qualcuno era arrivato a bloccarle l'unica via di fuga, era davvero in trappola. L'uomo vestito di verde gridò al nuovo venuto: «Siamo occupati, qui!» «Non è vero!» lo contraddisse Hero. Voltò un poco la testa e, con un misto di sollievo e di gioia, riconobbe Kit Marchant. Al solito, lui non si scompose. «Scusate, Sir Robin, ma questo è il "mio" appuntamento galante. Ho preso accordi in precedenza» annunciò. Per un istante Hero pensò che l'intruso si sarebbe messo a discutere. Anche Kit doveva essere della stessa opinione, perché fece un passo avanti, sollevando su un braccio la cappa perché non gli fosse di intralcio, come se si preparasse a sguainare una spada, nonostante Hero sapesse che non l'aveva. Ciò che aveva, invece, era un aderentissimo costume che la fece trasalire per la sorpresa. Il tessuto lucido a vivaci rombi rossi, gialli e blu sembrava incollato al corpo ben modellato di Kit e ne evidenziava ogni particolare, soprattutto nella zona dell'inguine, dove una stella rossa era posizionata strategicamente per richiamare l'attenzione su quel punto. Un'ondata di rossore altrettanto vivace le salì alle guance. Per quanto non avesse esperienza in materia, le sembrava che l'uomo vestito di verde non fosse altrettanto... dotato. Come se le avesse letto nel pensiero, l'uomo sbuffo' spazientito prima di avviarsi barcollando alla porta. «Ora capisco perché avete scelto quel costume, amico mio» disse con un cenno del capo. «E mi ritiro in buon ordine davanti a chi mi supera.» Quando Robin Hood fu uscito dalla stanza, Kit si voltò di nuovo a guardarla. «Almeno questo costume maledettamente stretto ha prodotto qualcosa di buono» osservò. Dopodiché abbassò gli occhi esaminandosi per la prima volta e, involontariamente, anche Hero rivolse lo sguardo nella stessa direzione. Per un istante le sembrò che il suo cuore smettesse di battere, si sentì la testa vuota e fu consapevole soltanto del rigonfiamento che, tirando a indovinare, doveva essere la manifestazione del suo desiderio. «È la mia immaginazione o c'è una stella sul... sul...?» Prese a dire Kit. Il gemito soffocato di Hero lo fece tacere di botto. Alzò la testa e nei suoi occhi scuri lei lesse lo scintillio di una promessa seducente che le tolse il fiato. Quel semplice sguardo era molto più pericoloso di qualsiasi arma dell'arsenale di Robin Hood ed Hero dovette compiere uno sforzo immane per ripristinare un minimo di controllo sui propri sensi in tumulto. Mentre si aggrappava con mani tremanti allo schienale del divano, cercò di pensare a dove si trovava, al compito che doveva portare a termine e, soprattutto, a chi era. Un forte colpo alla porta e una risata sguaiata proveniente dal corridoio la salvò da se stessa, distraendo da lei l'attenzione di Kit. Lui attraverso' la stanza, i passi attutiti dal tappeto, prese una sedia di legno massiccio e la colloco' davanti alla porta; in quel modo avrebbero avuto più intimità e, in caso di interruzione, almeno sarebbero stati avvisati. Hero arrossi', ma ignoro' il fremito di aspettativa che il gesto di Kit le aveva provocato e voltò le spalle con decisione al suo seducente compagno. Non era altrettanto facile, però, scacciarlo dai propri pensieri.
   
 
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