Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    09/03/2022    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Capitolo 8



“Uff! Non vuole proprio smettere questa pioggia”
La pausa pranzo era appena finita, ma era dall’alba che la pioggia scendeva copiosa e cattiva su Roma, assieme a quello che comportava sempre, di conseguenza: più buche sulle strade già martoriate, tombini che saltano, strade allagate, alberi a terra e Tevere da tenere sott’occhio.
Chiusi nello studio, Maya aspettava che Alex firmasse alcuni documenti. L’uomo, tra un foglio e l’altro, buttò un occhio fuori dalla finestra. Effettivamente era una giornata cupa. Più che fine aprile, sembrava essere tornati a novembre. Delle giornate trascorse al mare, non rimaneva che un lontano ricordo.
“Se la riunione si protrae non mi aspettare” le disse, alzandosi dalla scrivania e indossando la giacca che aveva poggiato sullo schienale della poltrona. All’ordine del giorno del consiglio di amministrazione c’era una revisione del bilancio: lui, sempre pieno di idee – sempre dispendiosissime – si scontrava contro il muro alzato puntualmente da Nardi, l’amministratore delegato, l’unico che nessuno in redazione riusciva a chiamare per nome, nemmeno Alex, e dal suo esercito di contabili, in un tiro alla fune lungo, tedioso e sanguinolento, che a volte si protraeva ben oltre i tradizionali orari d’ufficio.
“Non voglio che ti metti in auto con il buio e questa pioggia … perché ridi?” domandò, squadrando Maya che non riusciva a restare seria e alzava gli occhi al cielo.
“Perché sono cinque anni che lavoro per te ma non hai mai fatto tutte queste smancerie”
“Ero uno stronzo, lo so”
“No, eri un capo esigente” rimbeccò lei, caustica, sistemandogli il colletto della camicia che era rimasto sotto il bavero della giacca “ora invece sei un capo che fa favoritismi”
Mentre apriva la porta di vetro opaco, le labbra di Alex si incurvarono in un sorriso ed uno sguardo maliziosi, il massimo che potessero permettersi in pubblico tra quelle mura e farlo passare per mera complicità lavorativa. Alice, di tanto in tanto, riservava loro qualche occhiata sospettosa o qualche commento allusivo, ma niente a cui Maya non fosse abituata o non sapesse gestire. Il resto della redazione taceva, ma non era necessariamente un buon segno: i pettegolezzi peggiori sono sempre quelli che riescono a sfuggire alle orecchie del diretto interessato.
Le due ore successive passarono lente e noiose, tra telefonate e email. Mentre scriveva l’ennesima richiesta di preventivo per una sala conferenze per un meeting, il telefono squillò.
“Ma che è oggi?! Oooh!” esclamò, seccata: era la decima chiamata in sole due ore e non riusciva a completare il lavoro.
“Pronto, ufficio di Alessandro Bonelli”
“Maya?”
Non era sicura al 100% di chi fosse: la voce, sebbene metallica, le suonava familiare, ma il telefono da cui proveniva aveva problemi di ricezione.
“Chi è? Non sento bene … provi a spostarsi”
“Maya sono Cesare … mi senti?”
“Cesare … salve” anche se avevano promesso di darsi del tu, Maya si sentiva ancora a disagio all’idea di essere in confidenza con il padre di Alex ed optò per quel saluto un po’ distaccato.
“Sto chiamando Alex da un po’ … e anche Claudia” disse l’uomo, sconsolato, tirando un grosso respiro.
Ora che lo sentiva bene, il tono era chiaramente afflitto.
“È in sala riunioni” spiegò lei, turbata da quella voce che non era per nulla quella giovale ed energica del Cesare che aveva conosciuto lei, tentando però di rimanere tranquilla: magari era solo un film mentale in una giornata strana “avrà lasciato il telefono in ufficio come al suo solito. Ne avrà per un po’”
“Dovresti andarlo a chiamare, Maya … è successa una cosa”
 
“No Maya, non posso farti entrare”
Lo stagista, impegnato alla macchinetta del caffè che era sul mobile vicino alla porta, vide Maya in procinto di entrare, senza nemmeno bussare, e si precipitò a bloccarla.
“Giovanni se ti dico è una cosa urgente, stai sicuro che è davvero urgente” affermò Maya, perentoria “lavoro qui da prima di te, so benissimo che le riunioni di contabilità sono off-limits”
“Maya, se adesso entri Alex e Nardi mi licenziano”
“Giovanni, se non mi fai entrare prima di subito, Alex prima ti ammazza e solo dopo ti licenzia. Fammi passare!” esclamò, spintonando il ragazzo che era più basso di lei e facilmente affrontabile fisicamente.
Nonostante protestasse ancora, Maya tirò dritta per trovarsi di fronte a quel lungo tavolo della sala riunioni e una decina di persone che la guardavano come se non avessero mai visto un’assistente entrare per una comunicazione urgente. Ma erano contabili, Alex diceva sempre che erano persone grigie e vedevano la vita solo come tanti freddi numeri.
“Alex per favore, dovresti venire un attimo con me”
Alle sue spalle, Giovanni ancora tentava di scusarsi come se Maya fosse lì con un’arma puntata sulle loro tempie.
“Stai zitto Giovanni!” esclamò Maya, risoluta e severa.
Alex la squadrò attentamente: la sua carnagione, già normalmente chiara, in quel momento era ancora più pallida, il respiro affannato e normalmente non si sarebbe mai presa la libertà di rimproverare uno stagista. Doveva essere veramente una cosa davvero seria. Il suo sguardo era indecifrabile, ma di certo non era vivido come poche ore prima. Lo guardava con pena e apprensione, come avesse paura di parlare con lui.
“Dimmi” “È una cosa delicata” chiarì, facendogli cenno di uscire.
In corridoio, Maya fu quasi costretta ad imporgli di sedersi su una delle sedie per visitatori che erano addossate alla parete.
“Che c’è Maya? Non farmi preoccupare”
Lei sedette di fianco a lui, completamente disinteressata a quello che avrebbero potuto pensare se qualcuno fosse passato in quel momento.
“Ha chiamato tuo padre” lentamente, la voce tremante “c’è … c’è stato un incidente”
“Oddio ... chi?”
“Edoardo”
Le sembrò di aver impiegato un’eternità per pronunciare quel nome, perché Alex sembrava non aver recepito immediatamente.
“Alex! Alex!”
“Che cazzo stai dicendo?” domandò l'uomo, alzandosi dalla sedia, come se avesse ricevuto la scossa, e prendendo le distanze da Maya, le mani tra i capelli. Inconsciamente, quell'indietreggiare era come se lo aiutasse a fuggire dalla notizia, nella speranza che non fosse successo davvero.
“Tuo figlio ha avuto un incidente col motorino”
“Co-co-come sta?” aveva una paura matta di sapere la risposta, ma Maya scosse la testa “Non lo so. Tuo padre ha detto che l’hanno portato al Gemelli con l’ambulanza. Lui era appena arrivato”
Quell’informazione bastò ad Alex per tornare letteralmente a respirare. Sentì il sangue tornare ad affluirgli in testa tutto in una volta, procurandogli una vertigine che combatté con tutte le sue forze per camminare dritto e sicuro. Non doveva perdere la testa. Interruppe senza troppi preamboli la riunione e corse verso il suo ufficio, dando ordini a destra e a manca. Per la prima volta, persino Maya riusciva a malapena a stargli dietro. Lui invece era concentrato a non perdere tempo: forse, realisticamente, erano passati sì e no un paio di minuti, forse anche meno, ma aveva la sensazione che il tempo stesse trascorrendo troppo velocemente.
“Prendi un taxi, per favore” gli disse la ragazza entrando in ufficio e chiudendo la porta alle loro spalle “sei troppo agitato” “Non se ne parla, non posso perdere tempo” “Alex per favore stai attento, e fammi sapere”
Ma Alex, comprensibilmente, non stette neanche a sentirla, lasciandola sola in ufficio.
 
Dopo aver chiesto informazioni girando da un reparto all’altro dell’ospedale, rimbalzando come una pallina da ping pong, finalmente era riuscito a mettersi in contatto con i genitori. Cesare e Maria, assieme a Claudia, erano seduti nella sala di attesa di fronte alle sale operatorie. La sua ex moglie, vedendolo arrivare, gli corse incontro, gettandoglisi al collo. Alex per un attimo si irrigidì, ma ricambiò l’abbraccio: probabilmente si sentiva come se l’incidente fosse successo al loro, proprio come lui, inerme ed incapace di mettere a fuoco cosa stava succedendo.
“Allora, che dicono ...” domandò, facendola sedere, strofinandole le mani gelate dallo shock.
“Lo stanno operando ma non so … dicono che ci sono diversi traumi” spiegò Claudia, tra le lacrime “ma io non … non ho capito … troppi paroloni”
Alex la strinse a sé, posandole un bacio sulla fronte. Tra di loro c’era stata troppa acredine, troppo risentimento e accuse reciproche. Ma in quel momento niente di tutto quello doveva più contare. Il bene di Edoardo aveva la precedenza su tutto il resto.
“Com’è successo?”
“È colpa mia … perché … perché oggi aveva tennis e io ho visto che pioveva ma gli ho detto di andare comunque in moto perché mi agito a guidare con la pioggia e il traffico e c’era Giulia da andare a prendere all’asilo e non ce la facevo anche con lui”
“Giulia? Dov’è Giulia” domandò Alex, agitato, rendendosi conto che l’orario di uscita dall’asilo era passato da un pezzo. Sua madre lo tranquillizzò: era con Anna, al salone dove lavorava. Alex annuì, i rapporti con sua sorella erano incrinati, ma non era quello il momento per fare polemiche.
“E non lo so se è colpa di quelle cuffiette di merda che tiene sempre addosso …glielo dico sempre che deve levarle …” riprese Claudia, singhiozzante “se si è distratto con qualcosa, se è stato per la pioggia, non lo so … però è colpa mia, perché potevo obbligarlo ad andare a piedi, o a prendere l’autobus, o potevo fare la madre e accompagnarlo …”
Claudia era un mare di lacrime. Qualche volta l’aveva accusata di occuparsi dei figli come se per lei fosse più un lavoro che un gesto naturale, in maniera asettica, ma non c’erano dubbi che anche lei li amasse profondamente e sentisse quanto lui il senso di responsabilità nei loro confronti. Anche Cesare, che era in perenne stato di guerra fredda nei confronti della sua ex nuora, provò per lei un moto di tenerezza e compassione, poggiandole una mano sulla spalla.
“Andrà tutto bene” le disse, rassicurante. Doveva per forza, non c’era altra alternativa ammissibile.
“Non è colpa tua” la rinfrancò l’ex marito “non abbiamo la sfera di cristallo … la routine ci fa dare tutto per scontato, pensiamo che tutto andrà come al solito. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere colpa mia, magari…  le gomme erano lisce e non le ho fatte cambiare.”
Darsi colpe e battersi il petto in quel momento non serviva a niente, non avrebbe cambiato il corso degli eventi. Bisognava solo pregare che tutto andasse bene e si potesse imparare dagli errori fatti.
“I genitori di Edoardo Bonelli?” un uomo in casacca e pantalone verde uscì da una porta secondaria, di fianco all’entrata delle sale operatorie.  Alessandro e Claudia si avvicinarono, apprensivi. Maria rimase seduta, le mani giunte, Cesare, che dopo l'arrivo di suo figlio era rimasto in disparte tutto il tempo, restò in piedi vicino ad una finestra, ascoltandoli da lontano.
“Sono il dottor Porziella” l’uomo, con i capelli brizzolati ma il viso liscio, sembrava essere molto alla mano, non come quei professoroni tutti d’un pezzo che parlano per termini tecnici e danno per scontato che tu lì capisca e ti guardano con sufficienza se fai qualche domanda. “Il ragazzo ha subìto un trauma piuttosto 
violento che ha causato la frattura di diverse costole e ha coinvolto anche i polmoni. Voglio essere sincero: per adesso abbiamo risolto il pneumotorace al polmone sinistro” disse, spiegando di cosa si trattasse “ma bisogna tenere sotto controllo anche il polmone destro che è stato pizzicato tra due costole rotte, ed eventualmente valutare se sarà necessario operare di nuovo”
“Posso chiedere?” si azzardò Claudia.
“Ci mancherebbe signora”
“La testa? In Pronto Soccorso mi avevano detto che c’era un trauma cranico”
“Guardi, adesso il ragazzo sarà spostato in terapia sub-intensiva e sarà monitorato anche quello. Per ora non sembra preoccupare, ma è meglio se ne parlate con il medico che lo prenderà in carico lì.”
“Grazie mille” risposero gli ex coniugi all’unisono.
Mentre Claudia si metteva in contatto con i suoi genitori telefonicamente, Alex andò dai suoi per comunicare il responso del chirurgo.
“Oh sia lodato il cielo!” esclamò Maria. 
“Siano lodati i medici, c’erano loro in sala operatoria” rimbeccò Cesare cinicamente.
“Ora andate a casa, non serve a molto stare qui” li invitò Alessandro, abbracciandoli.
“Non vedo l’ora di stringere la mia pupetta” disse Maria “sarà di sicuro contenta quando le dirò che stasera dorme nel lettone con i nonni”
“No ma’, Claudia vuole restare con Edo stanotte e la bambina la tengo io”
“Ma tu non sai a che ora esci da qui e devi fare il giro di Roma per venire a prenderla, dai che sta bene con noi! Tu vai a casa e riposati”
“Anche voi dovete riposarvi, ci siamo tutti presi un bello spavento”
I suoi genitori ormai avevano una certa età e suo padre i suoi acciacchi, non voleva caricarli di altri impegni. Ma poi c'era anche un'altra questione: da
 sempre, quando aveva qualche problema, Giulia era il suo calmante naturale, con quel buon profumo dolce e anche un po' fruttato di camomilla che lo avvolgeva con la dolcezza dei suoi abbracci innocenti. 
“Voglio tenerla con me” ammise “ne ho proprio bisogno”
“Va beh, allora accompagno mamma a casa e porto la bambina da te” si offrì Cesare.
“No, tranquillo papà, sto pensando ad un’altra soluzione…”
Sua madre, allarmata, aveva intuito immediatamente la sua iniziativa “Non vorrai mica …”
“Giulia conosce Maya, vanno d’amore e d’accordo e sa quello che c’è da sapere. E questo è quanto” decretò, perentorio “adesso, per piacere, andate a casa”
 Quando aveva parlato a sua figlia di una persona speciale che ora faceva parte della sua vita non si era dilungato in troppi dettagli e sembrava che la piccola avesse preso la notizia abbastanza tranquillamente; quella gli sembrava una buona opportunità per aggiungere qualche tassello in più alla storia. Alex, che 
non era affatto dell’umore per sentire obiezioni da parte di nessuno, si congedò, raggiungendo Claudia per andare da Edoardo e parlare con gli altri medici che si stavano occupando di lui.


 



Ciao a tutti! Dopo una piccola pausa, eccomi di ritorno. Ahimé, è solo una toccata e fuga e non so se riuscirò a tornare a pubblicare o interagire con boi con regolarità, ma non mi dimentico certo di nessuno né di questa storia. Ecco perché, con un po' di sacrificio, oggi sto postando questo capitolo. Forse ci rimarrete male, ma ho deciso di saltare la conversazione di Alessandro con la bambina a pié pari, perché in fondo nei piani di Alex c'è un approccio centellinato e non una grande rivelazione.
Invece, come possiamo vedere, la vita tranquilla e abitudinaria della coppietta felice viene scossa da un evento piuttosto traumatico. Questo, per la coppia sarà un vero e proproio test, perché come possiamo vedere, certi equilibri si sono spostati bruscamente e le priorità di ognuno sono cambiate di punto in bianco. Staremo a vedere se saranno in grado superare questa prova. Il primo ostacolo, nel frattempo, sta aspettando Maya...
Alla prossima,

Fred ^_^
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred