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Autore: hermy09    10/03/2022    0 recensioni
"Dovrei iniziare a chiamarti principe Jason" .
"No...".
"Sapevo non ti sarebbe piaciuto, ecco è ufficialmente il soprannome giusto" .
"Non ha alcun senso" .
"Si invece. La storia di base abbiamo detto che c'è. L'aspetto stereotipato anche. In più sei sempre tutto composto e diplomatico, anche se è tutta scena... Non guardarmi così!" .
"Ogni volta che parlo con te mi ricordo perché non lo facevo mai".
"E hai pure salvato dai guai una persona che non sopportavi, due volte! Me! Se non ti rende un cavaliere..." .
"Limitati a principe per favore".
Dopo essersi lasciato con Rachel, un improvviso avvicinamento al suo vicino di casa Jason Grace farà scoprire a Percy che ci sono molte cose su se stesso che in realtà non sa. E ovviamente, trattandosi di Percy gli porterà anche molti guai.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Jason/Percy, Percy Jackson, Rachel Elizabeth Dare, Reyna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Credo che venga qui perchè dopodomani è il mio compleanno" disse Jason

"Oh" rispose Percy. Jason assomigliava sempre di più a una corda di violino.
"Ed è un male?" gli chiese Percy.
Jason non rispose.
Dopo un po' di silenzio Percy chiese cauto. "Non vuoi parlarne?".
Jason trovò la forza di rispondere.
"È solo che... È da una settimana che cerco di evitare anche solo di pensarci. Forse peró dovrei solo parlarne".
"Puoi farlo se vuoi". Percy non voleva risultare invadente, ma l'espressione angosciata di Jason non gli piaceva per nulla. Voleva migliorarla.
"Pensavo che stare da tuo padre ti piacesse, ci vai così spesso, come se non ti piacesse vivere con tua madre e Thalia". Tentò Percy.
Jason fece un respiro profondo.
"È che in realtà stare da mio padre a volte mi piace ancora di meno".
Erano seduti a bordo piscina con le gambe a mollo in acqua.
Jason continuò a parlare. "Di solito quando torno da lui non stiamo mai insieme, è sempre fuori per lavoro, quindi non è un problema".
"Come è quando vi vedete?".
"Strano". Disse Jason. "Non ci vediamo dalle vacanze di primavera. Quindi so già che parleremo della scuola, del basket, del college, del lavoro... Fino ad arrivare alla mia morte per esaurimento nervoso probabilmente".

"Quando ero piccolo non ci trovavo nulla di strano nel suo modo di fare. Poi però ho fatto un confronto con i miei coetanei. I genitori dovrebbero avere un amore incondizionato. Mio padre mi vuole tanto bene quanto tanto mi comporto bene".

Percy pensò a cosa dire.
"Un po' ti capisco. Non è la stessa cosa, ma mi sento sempre in colpa verso mia madre" disse infine.
"Verso tua madre?". disse Jason.
"Sì. Lei mi ha avuto così giovane, e ha rinunciato a così tanto per crescermi, a volte penso che dovrei fare di più. Dovrei essere un figlio migliore, per ringraziarla. E invece...".
"Sai...da qual che mi risulta non sei diventato uno spacciatore e non sei finito in carcere, sei solo un po' stupido".
Percy lo guardò torvo "Era un momento così profondo, e sei riuscito a rovinarlo lo stesso!".

Ne valse un po' la pena perchè almeno Jason sorrideva. Percy si sentiva molto meglio. Jason si alzò e guardo l'orologio da polso che aveva lasciato su una sedia a sdraio. Guardò Percy "Andiamo, è ora".

"Ora di cosa?" chiese Percy.

"Dobbiamo alzarci presto domani, come sempre. Si va a dormire"

Percy si alzò per guardare l'orario. Mezzanotte. "Tutto ciò coincide con il tuo stato di principe, ma non pensavo io fossi Cenerentola".

Jason sbuffò mentre rimetteva la maglietta. "Mi pare tu sia maschio, quindi nessuna cenerentola".

"Posso essere Cenerentolo!".

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Il giorno dopo la scintillante macchina nera del signor Z arrivò al residence. Tutto lo staff sembrava particolarmente testo, come se il capo della giostra dovesse apparire alle spalle di ognuno all'improvviso. Questo pericolo non si poneva però, Reyna infatti gli aveva detto che il signor Z sarebbe stato occupato, lui e Jason avrebbero pranzato insieme al ristorante del residence. Percy voleva tanto vedere il padre di Jason . era molto curioso, ma ancor più avrebbe voluto sapere se Jason stesse bene. Così Percy fece ciò che ogni altra persona razionale avrebbe fatto per un amico.
Andò al ristorante a perlustrare la situazione.
Tanto era in pausa pranzo anche lui.

Si era asciugato in fretta ed era corso al ristorante. Jason e suo padre erano lì. Purtroppo si trovavano troppo in fondo per poter sentire cosa si stessero dicendo. Percy riusciva solo a intuire che Jason stesse tenendo lo sguardo basso, e che non fosse particolarmente al settimo cielo. Fu allora che a Percy venne un'altra razionalissima idea.

"Che stai facendo?" gli chiese la caposala mentre Percy si allacciava il grembiule da cameriere.

"Mi hanno chiamato perchè serviva una mano visto che sono in pausa".

La caposala sembrava confusa "Ne sei certo? Perchè io non ho...".

"Reyna stessa mi ha chiamato!" Si affrettò subito a dire Percy nella speranza che funzionasse. Funzionò. Ritornò nella sala e vide un Clovis dall'aria molto spaventata.

"Percy" lo fermò. "Sei di turno qui?". Percy confermò.

"Puoi farmi un favore?" chiese il ragazzo timoroso della risposta.

"Certo, dimmi".

Clovis indicò un punto della sala che Percy seguì con lo sguardo.

"Puoi andare a servire quel tavolo laggiù? Il numero 5".

"Certo non preoccuparti amico". Il tavolo era proprio quello di Jason. Percy prese il taccuino per segnare l'ordinazione e si diresse da loro senza sapere cosa avrebbe fatto esattamente.

Mentre si avvicinava Percy potè osservare meglio la situazione. Il signor Z indossava un completo con la giacca nonostante il caldo, Jason non era in divisa ma in abiti informali, seppur comunque curati secondo il suo stile. Aveva il mento puggiato sulla mano, ed era chiaro che avrebbe preferito essere dovunque tranne che lì. Suo padre doveva averlo ripreso perchè si rimise composto. Arrivato al tavolo non sembrò accorgersi della sua presenza. Il signor Z smise di parlare a Jason ma continuò a guardarlo con aria severa.

"Salve, cosa desiderate ordinare?" chiese Percy cercando di non dare a vedere che il signor Z lo rendesse nervoso.

A sentire la voce di Percy, Jason cercò di nascondere la sorpresa, sgranò leggermente gli occhi e si girò lentamente verso Percy. Poteva sembrare che il figlio del grande Z avesse una espressione neutrale ma Percy decodificò il messaggio implicito "Che ci fai quì?".

Il signor Z ordinò due bistecche con contorno senza chiedere pareri a Jason.

Percy cercò di fare il sorriso più convincente che aveva nel suo repertorio.

Appena finì di segnare tutto il signor Z si rivolse a lui in malo modo.

"Vedi che puoi andare non voglio altro, non rallentare il servizio".

"Ehm certo". Rispose impacciato Percy. Se ne andò, ma non prima di aver fatto un occhiolino a Jason, che era sempre più allibito.

Tornò in fretta alle cucine, dove le bistecche erano già sul fuoco.
"Ordina sempre la stessa cosa" gli disse Clovis.
Percy era agitato, perché non aveva idea di ciò che stesse facendo.
Continuò a prendere le ordinazioni e notò che Jason lo seguiva con lo sguardo. Le loro bistecche erano già arrivate, ma Jason non pareva particolarmente interessato a finirla.
Mentre portava l'acqua al tavolo a fianco, captò il signor Z dire "Jason mi stai ascoltando?".

Forse Percy aveva fatto male a venire lì.
Ma questo riflettere sui suoi errori lo fece distrarre, o forse era stato Clovis a non averlo visto. Fatto sta che andò a sbattere contro Clovis che portava una caraffa di limonata.
Caraffa di limonata che si rovesciò addosso al signor Z.

"Oh mio Dio" disse Clovis. E probabilmente chiunque avesse visto la scena.
Percy corse a prendere dei tovaglioli.
Una volta tornato trovò Clovis isterico che stava provando ad asciugare la giacca del padre di Jason con un tovagliolo. Jason era rimasto pietrificato sulla sua sedia. Tornò vivo quando Percy disse "Clovis tieni". Passò una pezza da cucina a Clovis, che continuava a scusarsi.
"Signor Grace lasci che l'aiuti". Disse poi. Ma Jason non capì che non si stava riferendo al padre, che era sull'orlo della collera. Percy prese la mano di Jason e lo fece alzare. Lo portò dietro una delle finte e pompose colonne di marmo della sala da pranzo e gli passò un tovagliolo di stoffa tra i capelli come se fosse un asciugamano.
Jason lo fermò. "Non mi sono bagnato io".
"Lo so" disse Percy sorridendo, "Ma ora sembri un pulcino giallo spennacchiato.
Jason sbuffò e gli tolse il tovagliolo dalle mani.
"Che stai facendo quì?". Disse Jason.
"Non è che avessi un piano così eleborato, ero solo venuto a dare un'occhiata. Sono abbastanza soddisfatto dei miei risultati".
Sentendo delle voci, i due guardarono da dietro la colonna che cosa stesse succedendo.
La povera caposala si era avvicinata.
"Vuole che le prepari un altro tavolo?". Clovis invece guardava a terra come se la sua vita dipendesse da quello.
"No, ho bisogno si cambiarmi". Stava gridando il signor Z.

Tornarono a nascondersi dietro la colonna. Jason sospirò.
"Andiamocene" disse tirando il braccio di Percy.
Quello cercò di fermarlo. "Dove?".
"Mi basta non vederlo". Rispose Jason.
"Ma non si arrabbierà?".
"Pensi davvero che se ne accorgerà o gli interessi?" disse Jason facendo un cenno col capo verso suo padre.
"Immagino di no" disse Percy.
"Forza andiamo".

Jason portò Percy in cucina.
"Cosa stai cercando?".
"Mi servono zuccheri". Jason prese un vassoio pieno di Brownies.
"Non li finiscono mai a colazione. Il dolce più sottovalutato del menu".
"Beh sai come è, con 35 gradi all'ombra non viene proprio l'acquolina". Rispose Percy
"Mangiali e basta" Jason gli diede un brownies in un tovagliolo.
Percy però mangiò senza.
"Ti sporcherai tutte la mani".
Percy si guardò attorno "Uh e chi è qui pronto a sgridarmi? A parte te".
Jason scosse la testa rassegnato.
Percy diede un morso ai migliori brownies della sua vita.
"Sono spettacolari!" disse.
"Lo so" Jason aveva già finito il suo ed era fiero come se li avesse cucinati lui stesso.
"Non che me li meriti". Disse Percy. "Scusa per il disastro che ho fatto".
"Vuoi scherzare?" disse Jason. "È stato fantastico, mai avrei pensato di trovare divertente mio padre che si arrabbia".
Percy tirò un sospiro di sollievo.
"Allora ho finalmente fatto qualcosa di buono?" disse.
"Mmh, tecnicamente è stato Clovis".
Percy alzò le sopracciglia.
Jason si mise a ridere.
"Okay hai fatto la tua parte nella concatenazione degli eventi. L'uragano che ti porti dietro ovunque tu vada è stato utile". Disse Jason.
Rimasero per un po' seduti a finire di mangiare.
"Che cosa ti ho risparmiato di ascoltare?" chiese Percy.
Jason si pulì le mani e la bocca.
"La tua pausa sta finendo. È meglio se vai".
Percy lì su due piedi ci rimase male, ma poi Jason gli diede una pacca sulla spalla prima di uscire.
"Ne parliamo stasera quando ci vediamo". gli disse Jason.

_______________________________________

Stasera.
Il pensiero che quella sera si sarebbe visto con Jason continuò a frullargli nella testa per tutto il pomeriggio.
Non che fosse qualcosa di così speciale, si vedevano tutti i giorni in fondo.
Però Percy non vedeva l'ora.
Era così concentrato su quello che si dimenticò il vero motivo per cui Jason gli aveva detto che gli avrebbe raccontato tutto quella sera.

Era la serata cabaret. E chi era stato scelto per fare uno sketch?
Percy però non era una attore, ma nessuno degli altri che di solito recitavano voleva fare la sua parte.

La scenetta a cui doveva partecipare era forse la più brutta della serata. O almeno a Percy non faceva ridere. In scena c'erano già gli altri personaggi. Era un gruppo di amici squattrinati che sostenevano tutti di indossare "i vestiti di Giorgio Armani". Solo che si accusavano a vicenda di mentire, perché troppo poveri per poter vestire Giorgio Armani. Alla fine entrava Percy, lì sul palco in mutande, dicendo al pubblico "Ciao! Sono Giorgio Armani, qualcuno ha visto i miei vestiti?". Già, terribile. Inoltre per aumentare l'effetto comico, indossava dei mutandoni da vecchio, bianchi a pois rossi.  

"Che figurino!" Percy era finalmente vestito e Reyna e Jason erano andati da lui. Lo spettacolo stava per concludersi e tutto lo staff stava riposando. 

"È stata la cosa più idiota che io abbia mai fatto. Anzi, la più brutta figura che io abbia mai fatto" disse Percy". Reyna gli passò un piatto con un po' di pizza. Tutti e tre insieme si andarono a sedere

"Per esperienza posso dire che non è stata questa la tua più brutta figura" gli disse Jason. Percy lo colpì leggermente col gomito. "Non eri presente quindi non conta". Percy pensò si riferisse alla festa degli Stoll.

Come spesso facevano, i tre restarono insieme a chiacchierare.
Sul tardi Reyna disse di essere stanca e andò a dormire. Anche Jason lo avrebbe fatto, ma si bloccò. Sentì tirare perché Percy gli teneva la manica.

"Mi è stata promessa una storia" disse Percy. Jason fece un piccolo sorriso che Percy non poté fare a meno di copiare. Si sedettero insieme su una panchina vicino ai dormitori.
All'inizio Jason cercò di parlare di altro.
"Dovresti diventare animatore".
"Mai più nella mia vita" disse Percy.
Jason rise.
"Come fanno a ridere le persone? Non c'era una singola scenetta accettabile".
"Beh era un pubblico di adulti e bambini" disse Jason. "È facile con loro".
"Mia mamma è adulta, e lei non avrebbe riso" disse Percy.
Jason lo guardò come a dirgli 'ne sei sicuro?'.
"Beh forse quello stoccafisso del suo ragazzo".
Jason alzò gli occhi al cielo ma tenne il sorriso.
"Comunque... Sto aspettando" disse Percy.
Jason distolse lo sguardo e fece un respiro profondo.
"Abbiamo parlato del solito, me, Talia, mia madre". Jason, che faceva dondolare la gamba sinistra, mise la testa tra le mani e i gomiti sulle ginocchia.
"Lui pensa che dovrei tornare a vivere con lui...che per me sarebbe meglio".
Percy lo ascoltava con attenzione.
"Avevo capito ti piacesse la tua vecchia città". Disse.
"Sì, è questo il problema". Rispose Jason.
Fece un respiro profondo. "Una parte di me vorrebbe tornare alla vita di prima. Ma questo mi fa sentire in colpa".
Jason lasciò perdere la posizione controllata e lasciò che la sua gamba dondolasse.
"Non voglio lasciare Talia da sola con la mamma, e non voglio nemmeno lasciare sola la mamma nel caso in cui Talia vada al college. Allo stesso tempo però non penso di essere d'aiuto stando da loro... E sentirlo dire anche da mio padre è.. è solo. È peggio se anche lui la pensa così". 

Percy tentò di nuovo. 

"Sì ma perché il fatto che padre la pensi così dovrebbe significare qualcosa di così..."
Jason sembra essere entrato nel pallone solo a parlarne.
"Perché, se anche lui è arrivato alla mia stessa conclusione, allora è vero che sono egoista. Che in realtà non voglio bene a mia madre e a Talia, se sono.... sollevato ogni volta che... vado via".
Jason aveva il fiato corto. Non c'era così freddo da tremare, era una nottata estiva.
Percy non riuscì bene a capire il discorso. Non sapeva perché Jason non volesse lasciare la madre. Ma invece di fare molte dolorose domande tentò di fare qualcosa di effettivamente utile.
Toccò un attimo il ginocchio di Jason per fermare il tremolio della gamba.
"Jason posso abbracciarti? Solo se vuoi però". La domanda suonò subito strana alle sue orecchie, ancora più di quanto fosse nella sua testa, ma non voleva peggiorare la situazione, quindi chiese per prevenire.
Jason però sembrava averne veramente bisogno, perché strizzò gli occhi e fece sì con la testa.
Restarono seduti, girati l'uno verso l'altro. Jason nascose gli occhi lucidi contro la spalla di Percy, che cercava di confortarlo accarezzando la parte alta della schiena, come faceva sua madre per consolarlo.
Quando Jason sembrò non essere più sull'orlo del pianto sciolsero l'abbraccio, Percy lasciò un braccio attorno alle spalle di Jason.
"Un figlio egoista non si farebbe tutti questi problemi".
Jason si premeva le guance con le mani.
"Anche tu hai diritto a volere la migliore vita possibile per te. Se però sei disposto a fare sacrifici per la tua famiglia, questo ti fa solo onore!".
Gli diede delle pacche sulla spalla.
"Sei sempre così severo con te stesso".
Jason gli chiese qualcosa che lo stupì molto.
"Ti va di restare nella mia stanza stasera? Da solo passerei tutta la notte a pensarci e basta".
"Certo" rispose Percy.
Si sistemarono comodi. Il letto di Jason diventava a due piazze se tiravi l'altro materasso da sotto il lettino. Cercarono per un po' qualcosa da guardare in tv, e Percy fece l'ennesima scoperta.
"Com'è che hai anche i servizi streaming?".
Jason alzò le spalle "Privilegi da principe".
Percy scorreva tra i titoli in cerca di qualcosa di non troppo impegnativo. Optarono per Hercules. Dopo una ventina di minuti Jason ricominciò a parlare.

 "Questo film è la trasposizione meno accurata della mitologia greca che ci sia".

Percy aggrottò un sopracciglio. "Che ha che non va? Mi sembra di ricordare che i nomi degli dei siano quelli".

"Se vogliamo parlare di nomi: Hercules non è il nome giusto. Il suo vero nome è Heracles, e non era il figlio di Hera". Spiegò Jason.

"Oh, è vero". Il professore di Percy aveva fatto ricreare alla sua classe l'albero genealogico delle divinità greche...non fu divertente, ma sicuramente fece imprimere nella sua memoria un po' di nomi e fatti. E tra i figli del re e della regina del cielo non c'era Heracles. 

Mentre le muse afroamericane cantavano "Zero to Hero" Jason continuò a raccontare il vero mito, i serpenti nella culla, le dodici fatiche...

"Inoltre, Ade non era cattivo". Aggiunse infine.

"No questo no" disse Percy. "Non rovinerai il miglior cattivo dei cartoni che ci sia". 

"Non lo sto rovinando, è accuratezza storica!". 

"Il Dio dei morti non può non essere cattivo. E nemmeno tu hai l'accuratezza storica, l'hai incontrato?". disse Percy.

"Ovviamente no, lo hai incontrato tu piuttosto?". 

"No" rispose. "Ma se esistesse e potessi incontrarlo non penso sarebbe molto amorevole".

Jason continuò "Di sicuro riusciresti a infastidirlo, ma il punto è un altro. Ade è sempre il cattivo negli adattamenti moderni, perché sceneggiatori e registi applicano la tradizione cristiana al paganesimo. Pensano che siccome Ade sia il dio dei morti e viva negli inferi, questi siano uguali all'inferno e lui a Lucifero, quando in realtà..."

Jason ormai si era lanciato nello spiegone. Percy fu sollevato nel vedere che sembrava essersi distratto.

"Ti piaceva proprio quel club di lettere classiche" disse Percy sorridendo.

Jason intrepretò male perché strinse le labbra in una linea sottile e tornò a guardare il film.

"No! Che hai capito. Ti stavo ascoltando, non era una presa in giro".

Jason alzò un sopracciglio. Percy si avvicinò a lui con il busto, tenendo le mani giunte verso il petto di Jason

"Ti prego dimmi la trentanovesima cosa sbagliata nell'adattamento del mito, sono tutto orecchi".

Jason gli diede un leggero pizzicotto sulla spalla. "Si dice trasposizione".

"Giusto. Trasponi per me, per favore". Era un gran miglioramento considerando che Percy si aspettava di essere buttato giù dal letto.

"E non provare a nasconderti, so che stai ridendo".

"Non sto..." Jason si interruppe perché Percy gli sfilò il cuscino che stava stringendo dalle mani.

"Ehi!" Jason provò a riprenderselo facendo finire Percy sulla schiena.

Stavano ancora bisticciando quando sentirono bussare... al muro?

Si voltarono verso il muro a cui era poggiato il letto. Sentirono tre tonfi.

Jason guardò Percy sotto di se, che disse "Mi sa che dalla stanza accanto ci dicono che vogliono dormire".

"Anche noi dovremmo dormire" Jason osservò. Gattonò via. "Domani si lavora comunque".

Jason si addormentò in pochissimo. Mentre Percy mandava la buonanotte a sua madre e impostava la sveglia, riusciva a vedere il viso di Jason con la luce soffusa del cellulare. Percy si chiese se fosse la sua apprensiva immaginazione o se fosse davvero possibile poter scorgere sul volto dell'amico la preoccupazione che si portava dentro per tutto il giorno. Sperò che almeno riuscisse a dormire bene. 

Quando si sistemò sotto il lenzuolo non capì perché ma gli tornò in mente la sera in cui Jason aveva dormito da lui dopo aver...bevuto. Dopo che avevano bevuto. Scacciò il ricordo che lo metteva stranamente a disagio. 

Era inevitabile però notare quante cose fossero cambiate da quella sera.

   
 
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