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Autore: Cantrainallthetime    10/03/2022    1 recensioni
La sua schiena è un complicato groviglio di tagli ricuciti alla meglio: alcuni sono sottili, altri hanno i bordi sollevati, altri ancora presentano cavità profonde.
Ad ogni modo, sono pochissimi i centimetri di pelle ad essere scampati a quel disastro.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cicatrici.
 



La sua schiena è un complicato groviglio di tagli ricuciti alla meglio: alcuni sono sottili, altri hanno i bordi sollevati, altri ancora presentano cavità profonde.
Ad ogni modo, sono pochissimi i centimetri di pelle ad essere scampati a quel disastro.
Gale è solita tracciarli con la punta delle dita, come il percorso di una mappa. Sa quanto Dewey sia insicuro riguardo a quella parte del proprio aspetto, e attraverso quel contatto spera di fargli capire che non ha alcun motivo di provare imbarazzo.
 
<< Faccio orrore, non è vero? >> le chiese Dewey, gettando la maglietta sul pavimento.
Prima di allora, si era sempre categoricamente rifiutato di farle vedere il risultato della seconda quasi mortale aggressione. Di farlo vedere a chiunque, in realtà.
Ma quello che a Gale faceva orrore non era ciò che le veniva mostrato, bensì la mortificazione e la vergogna che aveva percepito nella sua voce.
Non disse nulla; avrebbe finito con il dargli dello stupido e dell’idiota, e non era quello il momento più adatto per minare ulteriormente alla sua già compromessa autostima.
Quindi gli si avvicinò e, lentamente, prese a baciare una per una ogni cicatrice.
C’era anche lei quando erano state create, testimone impotente del più macabro spettacolo al quale avesse mai assistito. Il che era tutto dire, per una giornalista di cronaca nera.
Ricordava il sangue, il viso dell’uomo contorto in un’espressione di intenso dolore.
Ghostface aveva continuato ad infierire impietoso, fermandosi solo quando Dewey aveva smesso di muoversi, apparentemente privo di vita.
Quelle immagini, ne era certa, l’avrebbero perseguitata per sempre.
Probabilmente era quello il motivo per cui sentiva che, in un certo senso, quelle ferite appartenevano anche a lei.
I segni non erano neppure l’elemento peggiore di tutta quella vicenda: Dewey non si era ancora ripreso dalle lesioni ricevute due anni prima quando era stato attaccato di nuovo, e quell’ulteriore sfilza di pugnalate aveva aggravato notevolmente la sua condizione fisica. Il braccio destro era quasi inerte, innaturalmente piegato e, per camminare, era costretto ad aiutarsi con delle stampelle.
Per un poliziotto voleva dire riposo forzato, se non addirittura definitivo; i medici gli avevano spiegato che c’era un’alta probabilità che non sarebbe mai riuscito a recuperare del tutto.
Ma a Gale importava soltanto che fosse vivo.
Malconcio, claudicante e costretto ad una terapia di riabilitazione motoria bisettimanale, ma vivo.
Vivo era più che sufficiente.
Dopo un po’ lo sentì tremare, così si spostò, mettendoglisi di fronte.
<< Ehi… >> gli disse, allungando una mano sulla sua guancia.
Lui si allontanò, gli occhi d’un tratto lucidi. Si trascinò faticosamente in direzione del letto, dove si lasciò cadere.
Gale lo seguì.
<< Che hai? >>.
Dewey sospirò.
<< Sei davvero sicura di voler stare con uno storpio sfregiato? >>.
Imbecille, deficiente e coglione erano solo alcune delle parole che le sembrarono appropriate in risposta a quell’affermazione ma, di nuovo, Gale decise di trattenersi, perchè non ricordava di averlo mai visto più abbattuto. Ciò nonostante non aveva nessuna intenzione di permettergli di autocommiserarsi.
Prima che Dewey potesse dire o fare altro iniziò a spogliarsi.
<< Che stai… >> tentò lui, incerto e confuso.
<< Allora? >> lo interruppe Gale, lanciando la camicia dall’altra parte della stanza.
Gli indicò il lato destro del costato, appena sotto il reggiseno, lì dove risaltava, rosso e lucido, l’altrettanto indelebile segno di entrata di un proiettile. Sapeva che non era neppure lontanamente paragonabile a ciò che gli avevano fatto, ma si augurava che fosse sufficiente a stabilire una connessione, a farlo sentire meno solo, meno alieno.
Anche se con effetti minori, anche lei era stata marchiata.
Proprio come lui.
Non senza una certa esitazione, Dewey toccò quel punto con il pollice, e Gale avvertì un’irrequietezza che non aveva nulla a che fare con ciò di cui stavano discutendo, improvvisamente conscia che ad unirli non fosse soltanto la condivisione dei medesimi traumi. La tensione sessuale accumulata nel corso degli anni in quel momento chiedeva a gran voce di essere risolta.
E Gale era stanca di combatterla, di fingere che non esistesse.
Quell’ultima esperienza le aveva insegnato che la vita era troppo breve per rimorsi e rimpianti.
Si chinò a baciargli la fronte, gli zigomi, il naso e qualsiasi altra parte della sua faccia che riuscisse a raggiungere. Quando Dewey alzò il capo per incrociare le sue labbra, Gale si spostò.
<< Cosa hai pensato di fare? >> lo sfidò.
<< Di che stiamo parlando, adesso? >> rise lui.
I suoi lineamenti non presentavano più alcun segno di disagio o frustrazione: in quel momento c’era soltanto adorazione. E desiderio.
<< Tu vuoi ancora stare con me? O una cicatrice del cazzo ti ha fatto cambiare idea? >> continuò lei.
Dewey l’afferrò per i fianchi e Gale gli finì addosso: la risposta era lì, tra i loro bacini perfettamente allineati, palese e percepibile anche attraverso i vestiti.
<< Secondo te? >> replicò Dewey, muovendosi contro di lei per enfatizzare la risposta.
Questa volta Gale lo baciò sulla bocca.
Fu come innescare un ordigno.
Si tolsero i vestiti in fretta, in gesti furiosi, quasi violenti.
Scoparono così, sul bordo del letto, labbra incollate e rochi bisbigli.
Ad un certo punto Gale sentì di stare per venire, così nascose la faccia contro il suo collo.
Ma Dewey l’afferrò per la nuca e la tenne ferma, constringendola a fissarlo.
<< Guardami >> le ordinò, con una sicurezza che poco si sposava con tutti gli altri tratti della sua personalità.
Allora, come raramente le era capitato di fare in vita sua, Gale obbedì.
Venne qualche momento dopo, e per tutto il tempo Dewey la contemplò come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
E Gale si rese conto di avere davanti a sé l’unico essere umano con il quale sarebbe stata sempre libera di concedersi debolezze e vulerabilità, perché Dewey non avrebbe usato le sue fragilità contro di lei; al contrario, le avrebbe custodite, lui che era stato il solo a vedere al di là della facciata fatta di ambizione e cinismo che Gale Weathers presentava al resto del mondo, lui che, pur avendo conosciuto il suo lato peggiore, era rimasto pur avendo tutte le ragioni per allontanarsi.
Dewey la seguì quasi immediatamente, le mani tra i suoi capelli e la bocca contro la sua spalla.
<< Credo di doverti delle scuse… >> osservò Gale, cercando di riprendere fiato.
<< Riguardo a cosa? >> le chiese Dewey.
<< Sembra che l’agente Riley non sia poi così insperto >>.
Dewey era ancora appoggiato contro il suo seno ma, anche così, Gale riuscì comunque a percepire il suo sorriso.
<< Potresti rettificarlo nel tuo nuovo libro… >> le aveva proposto.
<< Meglio di no, rischierei la censura >>.
Lui le accarezzò i fianchi e le sue labbra salirono fino al suo orecchio.
<< Dipende da che genere di romanzo hai intenzione di scrivere >> le disse, baciandole la mandibola.
A quel contatto, Gale percepì una nuova ondata di eccitazione.
<< Non sei stanco? >> lo prese in giro.
Dewey la strinse più forte.
<< Di te? Mai >>.
 
Gale si inarca sotto il corpo dell’uomo, soffocando i gemiti premendo le labbra contro le sue. E’ il terzo orgasmo nel giro di un’ora e, sebbene ci sia ben poco di cui lamentarsi, il fisico comincia a chiederle tregua.
Poi le viene in mente che è appena sopravvissuta ad un’esplosione, quindi forse i suoi muscoli si riferiscono a quello più che all’intensa dose di sesso che Dewey si sta impegnando a somministrarle. E’ sorprendente che non abbia dimenticato dove e come toccarla, anche dopo mesi di completo straniamento.
Gale gli percorre la schiena con le unghie. Le sue dita si muovono come dotate di vita propria, seguendo quelle incisioni che ha imparato ad amare per rivendicarne l’appartenenza.
Dewey le stringe le gambe con le mani e, dal modo in cui le sue spinte aumentano d’intensità, Gale capisce che non resisterà ancora per molto. Tempo qualche secondo l’uomo è preso da una serie di spasmi involontari, e nel frattempo mormora qualcosa che Gale non riesce a distinguere, anche se è piuttosto sicura di sapere di cosa si tratti, così come è sicura di non voler approfondire l’argomento. Non adesso, almeno.
Così si limita a passargli una mano tra i capelli.
<< Sono più lunghi… >> nota Gale.
<< Dovrei tagliarli, solo che non mi lasciano libero un attimo >> risponde Dewey.
<< No, tienili così. Mi piacciono >>.
Dewey si prende qualche momento. Gale sa per certo che sta pensando alla velata, evasiva allusione che si è appena lasciata sfuggire.
<< Okay >> le dice alla fine, senza aggiungere altro, e lei non può che essergliene grata.
Dewey comprende la sua mente meglio di chiunque altro, forse addirittura meglio di sé stessa.
Ed è una forma di chimica, di intimità, che non ha mai sperimentato con nessun altro.
<< Ti sto schiacciando?... Se vuoi mi sposto >> le dice Dewey, sollevandosi sui gomiti.
Gale lo ferma.
<< Resta qui >> mormora, più supplichevole di quanto avesse intenzione di fare.
Dewey sorride, poi avvicina il volto al suo.
<< Fidati, non vado da nessuna parte >>.
Gale lo bacia ancora, le braccia attorno alle sue spalle. Le è mancato terribilmente, ma se n’è resa conto solo quella mattina, dopo averlo rivisto; di recente, il lavoro l’ha impegnata abbastanza da impedirle di pensare troppo alla fine di quella relazione. Era quasi riuscita a convincersi che lasciarlo fosse stata la soluzione migliore per entrambi, persuasa che il legame tra Gale Weathers e Dewey Riley esistesse soltanto perché accomunati dalle stesse orribili vicissitudini.
Pensava di aver chiuso definitivamente con quel capitolo della propria vita.
Poi sono ricominciati gli omicidi, che in qualche modo hanno contribuito a ricondurla nuovamente a lui e, anche se questo significa che sono nuovamente in pericolo, Gale è felice di averlo ritrovato.
Dewey appoggia la testa sul cuscino, e lei si gira su un fianco per guardarlo meglio: ha dei graffi sulla fronte e sul naso, e un livido gli si è allargato sotto l’occhio destro, lì dove Jennifer lo ha colpito con un pugno per non essere andato a soccorrerla.
<< Ti fa male? >> gli chiede, accarezzandogli piano la faccia.
Lui le bacia il palmo della mano.
<< Adesso no >>.
Gale avverte le dita dell’uomo sfiorarle la vecchia cicatrice da arma da fuoco.
<< Ce l’hai ancora? >> le domanda, sorpreso.
<< Perché, di solito vanno via? >> replica lei.
<< Che ne so, voi gente famosa chiamate un chirurgo, lo pagate e vi fate togliere tutto quello che vi pare >>.
<< E invece io non ho voluto togliere niente >>.
Dewey la fissa, serio.
<< C’è qualche motivo in particolare? >>.
Gale riflette.
Potrebbe dirgli che l’ha fatto per ricordarsi di essere una comune mortale, di essere frangibile come chiunque altro a questo mondo, ma sarebbe solo una mezza verità. E, tanto tempo fa, ha giurato di non mentirgli mai più. D’altra parte, è un argomento che le piacerebbe affrontare senza avere addosso l’ansia di rischiare di essere uccisi da un momento all’altro.
<< Te lo dirò se riusciamo a salvarci il culo anche questa volta >> gli risponde.
<< Bene, farò in modo di salvare il culo ad entrambi >> dice Dewey.
Preme rapidamente le labbra sulle sue.
Quando cerca di allontanarsi, Gale lo trattiene. Gli circonda i fianchi con le gambe, e Dewey emette lo stesso brusio sommesso di poco fa.
Si sposta e, così come ha fatto lei in passato, scende a baciarle il marchio sul costato.
Gale chiude gli occhi, curvandosi in direzione della sua bocca.
Un giorno forse gli spiegherà che la ragione per cui non ha mai pensato di liberarsi di quell’imperfezione è quella di sentirsi più vicina a lui. Cancellarla avrebbe significato dimenticare tutto quello che avevano vissuto e, anche se avrebbe fatto volentieri a meno della maggior parte dei ricordi, c’è qualcosa di cui è sempre stata assolutamente certa di non voler rinnegare. Qualcuno, per la precisione.
E quel qualcuno era Dewey Riley.
<< Gale? >>.
Gale incrocia il suo sguardo.
<< Cosa? >>.
Dewey per un attimo indugia.
Poi la sua mano si allunga ancora sulla cicatrice.
<< L’ha… L’ha vista… L’ha vista qualcun altro? A parte me? >>.
Lei scuote il capo.
<< No. E a te invece? >>.
Dewey abbassa di nuovo la testa e comincia segnarle con le labbra ogni frammento di pelle.
<< Tu. Soltanto tu >> le confessa, tra un bacio e l’altro.
E se quella non è una tacita ma autentica dichiarazione d’amore, Gale è convinta che ci vada molto vicino.





nda:

Per chiunque se lo stia chiedendo (qualora la shot avesse anche una sola visualizzazione, lo riterrei comunque un successo!) ho mantenuto il nome originale del personaggio di David Arquette, per il semplice motivo che non sono mai riuscita a capire il senso né la necessità di tradurre Dewey in Linus durante il doppiaggio!
Ho visto l’ultimo film della saga un paio di mesi fa, e da quel momento si è risvegliato tutto l’amore che provo nei confronti di questa ship! Dopodichè non ho potuto fare a meno dell’ennesimo rewatch dei quattro film precedenti, ed ecco qui il risultato.
A coloro che sono arrivati fin qui, grazie mille!

R.
  
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