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Autore: MercuryGirl93    11/03/2022    3 recensioni
A quattordici anni, è facile avere sempre la testa piena di sogni e di amori impossibili.
Una piccola dedica agli amori platonici che ciascuno di noi ha vissuto, almeno una volta nella vita.
Quando la realtà che ci circonda è differente da ciò che veramente desideriamo, rifugiarsi in un sogno è il modo migliore per ritrovare sé stessi, purché poi ci si ricordi di tornare con i piedi per terra, alla realtà.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Immagino

Immagino una giornata di sole. Siamo stesi sull’erba, sotto l’ombra di uno dei grandi alberi. C’è una leggera brezza, che mi scompiglia leggermente i boccoli castani e che mi costringe costantemente a sistemarli.
Tu ridi costantemente, indicandomi le soffici nuvole bianche che passano su per il cielo azzurro. Le paragoni a qualsiasi cosa: un animale, un oggetto, persone che conosci… Insomma, lasci volare la tua immaginazione. Ed io rido. Rido per ciò che dici. Rido perché, vedendo la tua espressione buffa ed entusiasta, non posso fare altro.
Ti prendo in giro per le sciocchezze che inizi a dire e tu fai una smorfia offesa, cercando di convincermi che ciò che ho detto ti abbia dato fastidio. Ma non sei mai stato un bravo attore e vedo perfettamente il sorriso che minaccia di incurvare le tue labbra carnose.
Rido di te, per l’ennesima volta. Ma, questa volta, non rimani passivo. Mi salti addosso e inizi a farmi il solletico, per vendicarti. Scoppio in una risata isterica e tu sghignazzi, compiaciuto per quello che stai facendo.
I passanti ci osservano. Alcuni sono sbigottiti, infastiditi dalle nostre risate. Altri ridono, sinceramente divertiti da quella scena.
Ad ogni modo non importa. Non ci importa ciò che pensano gli altri. Siamo insieme e ci stiamo divertendo, è tutto ciò che conta.
 
Immagino un pomeriggio invernale. Siamo usciti da scuola e corriamo sotto la pioggia, diretti verso casa tua. Non abbiamo previsto quell’acquazzone e abbiamo solo un ombrello a disposizione. Ma ce lo facciamo bastare.
Ci stringiamo l’uno all’altra, cercando di bagnarci il meno possibile. Ma, quando arriviamo a destinazione, ci rendiamo conto di essere entrambi zuppi.
Ridiamo entrambi. Io per il tuo ciuffo bagnato e tu per i miei capelli arruffati.
Tiri fuori degli asciugamani e ci asciughiamo alla bell’e meglio. Tua madre, con grosse probabilità, ci ucciderà per tutta la confusione che stiamo lasciando in giro per casa. Ma tu ridi comunque, non ti preoccupi delle conseguenze.
Ci sediamo in camera tua e tiriamo fuori i libri di scienze. Io non ne capisco niente e tu ti sei offerto di aiutarmi a studiare, dato che hai i voti più alti in questa materia, perché vuoi che io prenda un buon voto.
 
Immagino una serata in pizzeria. Siamo in tanti, praticamente tutta la classe, ma noi due siamo comunque accanto.
Mi stringi segretamente la mano, sussurrandomi quanto sono bella con quel vestitino nero, ed io arrossisco, imbarazzata per i complimenti che mi fai.
Quando ci portano la pizza tu ti offri di tagliare la mia, perché sai che io non sono capace di farlo.
Tagli la mia pizza in piccole fette e ti avventi sulla tua, mangiando avidamente. E, dopo aver divorato quasi metà del tuo pasto, ti rendi conto che io non ho ancora toccato nulla.
Mi stringi nuovamente la mano. Mi sussurri ancora una volta che per te sono perfetta e che non ho bisogno di privarmi di nulla. Ti sorrido dolcemente, stampandoti un dolce bacio sulla guancia. E mangio la prima fetta con gusto, godendomi ogni boccone.
Tu mi guardi compiaciuto. Sai dei miei problemi alimentari e non vuoi vedermi star male di nuovo.
 
Immagino un giorno buio. Uno di quei giorni in cui tutto va storto non c’è niente che io possa fare per rendere le cose migliori.
Litigo con le mie amiche per un motivo futile e stupido. Litigo con i miei genitori per i soliti discorsi, perché non sono mai a casa e passo tutto il mio tempo con te. Prendo un brutto voto nell’ultima versione di greco. E, come ciliegina sulla torta, mi si rompe anche il motorino.
Cerco il mio cellulare. Chiamo te, che sei la mia unica consolazione, e ti chiedo di venire a casa mia. Tu mi raggiungi alla velocità della luce, preoccupato per me. Suoni insistentemente il mio campanello ed io corro ad aprirti.
Non piango, non ne ho voglia, ma tu capisci dalla mia espressione che cerco l’aiuto e il conforto che solo tu sai darmi.
Allarghi le braccia ed io mi butto tra di esse, lasciandomi stringere. È l’unica cosa di cui ho davvero bisogno. Ho bisogno di te.
 
Immagino una mattinata estiva. Cammino verso casa tua perché sei l’unica persona al mondo capace di prendere l’influenza durante l’estate. Rido a questo pensiero.
Suono il campanello e mi accoglie tua madre, contenta come non mai di vedermi.
Mi accompagna in camera tua ed io ti trovo steso sotto le coperte, mentre guardi uno di quegli stupidi programmi televisivi che ti piacciono tanto.
Ti sorrido dolcemente e ti raggiungo. Ti sfioro la fronte con le labbra, rendendomi conto che la febbre non è poi così alta. E tu ridacchi come uno sciocco, reclamando un bacio.
Passo il pomeriggio a casa tua, con te, a prendermi cura di te. E sono felice. Coccolarti in quel modo è una delle cose che mi piace di più fare.
 
Immagino uno di quei pomeriggi a casa di Matt. Io e il tuo amico litighiamo perché non riesco a prendere la nota come vorrebbe lui.
Mi esaspero come sempre, cominciando ad imprecare e a passeggiare avanti e indietro in giro per il corridoio della casa. Grido cose incomprensibili, come una pazza fuori controllo.
Poi arrivi tu. Mi metti le mani sulle spalle e mi ordini di calmarmi. Ed io ti ascolto, riprendendo il controllo della situazione.
Mi spieghi per l’ennesima volta che disperararsi non è mai servito a nulla, che devo semplicemente provare. Annuisco, d’accordo con te.
Riprendo a provare. E, con più calma, ci riesco.
Ti sorrido, felice, e tu mi stringi in uno dei tuoi fantastici abbracci, perché sei orgoglioso di me.
 
Immagino baci. Abbracci. Dita intrecciate in una stretta solida. Il tuo sorriso. La tua risata all’unisono con la mia. La tua voce che mi sussurra dolci parole.
 
Immagino un amore. Un amore più grande di te. Più grande di me. Un amore eterno. Un amore dolce, coinvolgente, romantico, spiritoso. Il nostro amore.
 
Immagino. E, purtroppo, non posso fare altro. Posso solo immaginare tutte queste cose. Poso solo lasciarle vivere nella mia immaginazione, nei miei sogni. Non rappresentano niente di reale, purtroppo.
 
La realtà che mi circonda è molto diversa da ciò che sogno. Da ciò che voglio. E, ora come ora, non posso fare nulla per cambiare le cose. Posso solo immaginare qualcosa di diverso tra noi.
Fa male rifugiarsi nei propri sogni, me ne rendo conto, ma io non riesco a farne a meno.


Cari lettor*, nell'intenzione di continuare a rispolverare i miei vecchi scritti, ho deciso di condividere con voi questa brevissima one-shoot: si tratta di una pagina del mio diario digitale, la cui stesura risale a quando avevo quattordici anni. Poiché volevo preservare lo spirito con cui ho concepito questo testo, ho deciso di non correggerlo in alcun modo nè di reinventarlo, per questo motivo mi scuso per i pensieri banali, infantili, e per lo stile semplice, quasi bambinesco. 
Questo breve testo lo dedico agli amori platonici che probabilmente tutti noi abbiamo vissuto, almeno una volta nella vita. I sogni sono una cosa bellissima, anche se non è mai sano rifugiarsi per troppo in una realtà fittizia. 
Ci sentiamo lunedì per il capitolo de "La ragazza dei gelsomini". 
A presto! 

 
   
 
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