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Autore: giuliacaesar    15/03/2022    0 recensioni
LA STORIA E' UNO SPOILER ENORME DI ASSASSIN'S CREED: ROGUE. LEGGETE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO.
Le vie di Parigi sono strette per Claudette Dubois. Quasi soffocanti.
La città è troppo indaffarata per prestarle la giusta attenzione e la sua Confraternita ancora bigotta per poter sfruttare appieno il suo potenziale.
La voglia di dimostrare il suo valore e il suo coraggio superano le iniziali paure e l'amore per la sua terra, in cambio di un viaggio nelle fredde terre di un'America in crescita e in via di sviluppo.
Nelle sue peripezie incontra Shay Patric Cormac, più marinaio che Assassino, che ama attirare l'attenzione su di sé con i suoi modi di fare particolari. Entrambi sono mandati alla ricerca di un manufatto e di una scatola, senza l'una o l'altra entrambi gli oggetti risultano incomprensibili, che ora sono nelle mani dei Templari.
Riusciranno nella loro impresa? O si incaglieranno in un iceberg ancor prima di vedere la terra ferma?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Shay Patrick Cormac
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Luglio 1752, Due curve 

Cher Charles Dorian, 

Dalla ultima lettera di Mireille sono venuta a conoscenza del fatto che finalmente sei un Assassino fatto e finito, félicitations, mon ami! Anche se rimarrai sempre il mio primissimo novice. 

Io mi trovo a River Valley, che, come dice il nome, è una valle che viene attraversata dal fiume Saint Lawrence. È molto diverso dall’immenso mare ghiacciato del Nord per il quale mi è capitato di solcare negli ultimi mesi. L'aria è sì frizzantina e fredda, ma è rigenerante, non ti riduce a un mucchietto di ossa tremante. Invece che dai terrificanti ghiacciai, siamo circondati da pacifiche montagne e colline, ognuna di una sfumatura diversa di verde. C'è anche molta più gente qui, sorgono piccoli villaggi e minuscole città su ogni sponda del fiume. E dovresti vedere come sono cordiali le persone! Siamo capitati in una delle cittadine della Nuova Francia, la nostra colonia qui nella Valle dell’Ohio. La gente era così accogliente, ci hanno riempito di formaggi e di salami. Shay non era particolarmente contento, dice che il Roquefort gli ha impestato tutta la stiva, che dilettante! Non era neanche così tanto puzzolente, si vede che non è mai stato in Francia. In confronto a quelli che arrivano direttamente da Roquefort-sur-Soulzon a Parigi sembravano un mazzo di rose profumate. 

Stiamo per partire alla ricerca di un nuovo bersaglio, sperando di riuscire a trovare un altro tassello di questo complicato puzzle. Mi sto trovando molto bene con questa Confraternita e Shay dice che, se continuò ad esercitarmi, saprò fare i nodi come un vero marinaio. Infine, non ti nego che il capitano è davvero... interessante! Ti dico solo questo, novice. Continua a mandarmi le tue lettere, appena tornerò a Rockport le leggerò tutte. 

Bises à tout le monde, 

Claudette Dubois. 

*** 

«Signori, ho buone notizie. Su questa stessa nave ho intravisto il manoscritto che cercate. Era redatto in una lingua incomprensibile e piena di disegni. Piante e animali degni di un vero oppiomane.». 

Claudette rivolse lo sguardo a Le Chausser, la loro spia. Era un afroamericano di alta statura, ma con le spalle non molto larghe e dalle gambe flessuose. Erano arrivati ad Anticosti dopo tre settimane di viaggio nel gelido mare del Nord Atlantico, incontrando qui e lì qualche iceberg solitario o navi inglesi. La maggior parte erano state lasciate in pace dalla foga di Shay, altre avevano avuto la sfortuna di incontrare la Morrigan quando il capitano era in vena di fare un po’ di casino. La scusa era sempre la stessa, ovvero “alleggerire le tasche di re Giorgio”. 

«Non c’erano delle carte? Nessuna mappa, Le Chausseur?» disse Chevalier un po’ preoccupato. Erano solo all’inizio della loro ricerca, ma già i fili sembravano difficili da sbrogliare. La matassa si faceva sempre più intricata e disordinata man mano che procedevano con le indagini. 

«No. Forse è necessario qualche codice, ma né io né gli inglesi lo conosciamo.». 

«Dov’è il manoscritto ora?» intervenne Shay sempre rivolgendosi a Le Chasseur. Era stato zitto fino a quel momento, osservando le carte che aveva portato loro la spia. Sebbene fosse fisicamente lì con loro sembrava distante con lo sguardo, si mangiucchiava l’interno della guancia mentre rifletteva su qualcosa, perso nei propri pensieri. 

Claudette si avvicinò meglio al tavolo al centro della stanza per osservare meglio i progetti rubati alla marina inglese, alleata dei Templari. Riportavano il numero esatto delle loro navi, le rotte commerciali, le terre a cui erano interessati e le armi di cui disponevano. Di certo, erano informazioni utili, ma non sapeva come potevano sfruttarle per quello che stavano cercando. 

«L’uomo che l’aveva agiva per conto di un certo Washington.» rispose Le Chausser. 

A Claudette parve molto familiare quel nome. Anche a Parigi ne aveva sentito parlare qualche volta, forse pronunciato da Mirelle o da un Maestro Assassino del Consiglio. Si rivolse a Liam, che se ne stava a braccia conserte ad ascoltare attentamente la conversazione. 

«Conosco quel nome. È un importante Templare, non è vero?». 

«Già, Lawrence Washington aveva grandi ambizioni e i Templari l’hanno aiutato. Shay, Claudette andiamo a cercarlo. Ti siamo debitori, Le Chasseur.». 

L'uomo rivolse loro un cenno del capo, man mano che se ne andavano. 

«Quindi? Ora che ce ne facciamo di questa informazione? Sappiamo che il manoscritto è mano a qualcuno che lavora per Washington, un Templare, ma non possiamo fiondarci su di lui senza prima confrontarci con Achille.» disse Claudette chiudendo per bene la giaccia che indossava. Erano ancora più a nord di prima, costanti brividini di freddo continuavano a scuoterle il corpo senza mai fermarsi. Rispetto a quando avevano lasciato Percé quasi tre settimane prima, il ghiaccio sembrava aver invaso ancora di più quelle terre. Erano a primavera inoltrata, ma erano pochi i piccoli sprazzi di terra verdeggiante. Vi erano alcuni luoghi dove il ghiaccio era così spesso e radicato, che non si riusciva nemmeno a vedere il terreno. 

«Allora ci dirigeremo a Due Curve, Achille ha detto che ci avrebbe aspettato lì per eventuali aggiornamenti.» rispose Shay sgranchendosi le ossa, che scricchiolarono come piccoli pezzettini di ghiaccio che si rompevano. 

Claudette annuì distrattamente guardandosi attorno, Anticosti aveva di certo visto periodi migliori. Era a tutti gli effetti un fortino, affacciato sul mare in un punto strategico per poter controllare tutte le navi che sarebbero passate in quella zona. La prima cosa che si notava da lontano erano le torri, tre su quattro completamente distrutte, forse durante una guerra che nessuno ormai ricorda più. Una volta varcato il portone, anch’esso in rovina, l’interno sembrava un campo di fortuna e non una base fissa degli Assassini. Sorgeva qualche tenda, sparsa per i cortili, mentre un solo edificio era agibile, ovvero quello dal quale erano appena usciti. 

Si diressero alla banchina, dove li attendeva la Morrigan paziente, mentre l’equipaggio era indaffarato tra piccole riparazioni e rifornimento di viveri. Claudette si strinse ancora di più nella sua pelliccia di volpe, quando un vento graffiante e gelido soffiò dal mare facendola tremare ancora di più. Quei paesaggi erano mozzafiato, con le loro mille sfumature di blu, dal celeste del cielo limpido al cobalto più scuro delle onde e tutto il freddo contribuiva a fascino selvaggio di quelle terre, ma allo stesso tempo le faceva mancare i salottini caldi della nobiltà francese a cui suo padre si premurava di portarla. Non sopportava metà della gente oziosa che incontrava, però almeno non si congelava l’anima. 

«Voi partite per Due Curve, io rimango qui per un po’, ho altre cose da fare in zona. - disse Chevalier guardandoli a braccia incrociate. - Cosa intendete fare da ora in poi?». 

«Quello che ha detto Shay: ci dirigeremo a Due Curve per incontrare Achille, sarà lui a decidere qual è il prossimo bersaglio.» rispose prontamente Liam. 

Claudette annuì col naso immerso nella pelliccia, impossibilitata a parlare. Se avesse tirato fuori la bocca dal colletto della giacca, sarebbe morta assiderata. Notò Shay con la coda dell’occhio osservarla ridacchiando del modo in cui si era conciata: si era infilata in un soprabito foderato all’interno di pelliccia candida, anche nel cappuccio che le calava sugli occhi, facendole sbattere di continuo le lunghe ciglia chiare per il fastidio. I capelli biondi erano lasciati sciolti e insieme al pelo creavano un intreccio disordinato di fronte al suo viso, nascondendole i tratti. Bocca e naso erano immersi nel colletto, dal quale si potevano scorgere solo due guance rosse. 

Shay la trovava teneramente buffa, imbacuccata in quel modo, e, nonostante i tre chili di pelliccia, tremava come un gattino bagnato. Dovette resistere dal circondarle le spalle con un braccio per tirarsela contro. Lo aveva fatto una volta mentre erano in viaggio, stavano parlando vicino al timone della nave. Lei continuava a tremare, ma nonostante ciò lo aveva scaraventato di sotto, sul ponte, quando si era permesso di toccarla. Si reputava un ragazzo abbastanza sveglio, quindi aveva imparato la lezione: mai coglierla di sorpresa. 

Claudette notò il suo sguardo divertito e gli lanciò un’occhiataccia contrariata tra i capelli e il pelo che le erano finiti sul viso. Shay non si spaventò nemmeno, anzi aveva la voglia irrefrenabile di spostare dagli occhi tutto quel disastro che aveva in faccia. 

«Shay, Claudette ci avete sentito?». 

La ragazza si voltò verso Liam, che guardava entrambi accigliato. Quei due sarebbero stati la sua morte, ne era certo. Claudette iniziò a balbettare qualche parola. 

«N-no, Liam-m, no-non ti ho se-sentito, scusami-mi.». 

L'Assassino non volle infierire, anche perché l’altra sembrava abbastanza provata da tutto quel freddo. Si trovavano molto a nord, non tutti erano abituati o riuscivano a resistere a quelle temperature basse, quindi per non allungare ulteriormente quella tortura si affrettò a ripetere quello che aveva concordato con Chevalier. 

«Ho detto che partiremo tra dieci minuti, la nave è pronta per salpare.». 

Claudette annuì vigorosamente senza commentare, mentre Shay si girava verso la nave per vedere che cosa stesse facendo l’equipaggio insieme a Liam, che gridava ordini e direttive. Chevalier le si avvicinò per un ultimo saluto. 

«Qui ci dividiamo, madomoiselle. Vi auguro un buon viaggio, anche se la nave e il capitano lasciano a desiderare. Ho fiducia però nel quartiermastro, almeno lui ha un po’ di sale in zucca.». 

La ragazza cercò di sorridere, ma finì per fare una smorfia strana, aveva le labbra congelate e secche e sentiva la pelle spaccarsi ogni volta che muoveva un muscolo facciale. Non vedeva l’ora di rintanarsi nella cabina del capitano per accendersi un bel fuoco, magari chiedendo anche al cuoco di prepararle un tè veloce. 

Quando Joseph aveva scoperto che Claudette dormiva con il resto dell’equipaggio sottocoperta, aveva dato di matto, arrivando quasi al punto di buttare Shay giù dal ponte per poi affogarlo per bene investendolo con la nave. Parole pronunciate proprio da Louis-Joseph Gaultier, Chevalier de La Vérendrye in persona, mica mie, caro lettore. 

La situazione era degenerata quando Shay aveva proposto di condividere la cabina con la sua ospite: Claudette era arrossita al solo pensiero e aveva iniziato a balbettare, Liam lo aveva guardato sconvolto come se gli fossero spuntati un paio di baffi in fronte, infine Chevalier aveva per davvero tentato di buttarlo in mare. Con l’aiuto di metà dell’equipaggio erano riusciti a staccare l’avventuriero dal collo di Shay e a trovare un compromesso, ovvero che la ragazza avrebbe alloggiato nella stanza del capitano, mentre l'altro se ne sarebbe stato sottocoperta. Carte nautiche e altri oggetti per la navigazione sarebbero rimaste nel suo ufficio, quindi non gli era totalmente precluso entrarci, ma Chevalier stava piantato di fronte alle porte come un cane da guardia, quando la sera Claudette andava a dormire. 

L'uomo le posò le mani sulle spalle, muovendole un po’ come per riscaldarla. Non le dava fastidio, anzi le attenzioni che le riservava, completamente diverse dalle urla e dai commenti piccati che invece rivolgeva a Shay, un po’ la commuovevano. Si erano conosciuti solo un paio di anni prima, quando era venuto a Parigi per degli affari di famiglia. Mireille lo aveva portato in giro per fargli vedere la città, i suoi edifici eterni, le sue chiese imponenti, quando a un tratto nel bel mezzo del mercato un ladruncolo aveva cercato di derubarlo. Per Claudette era stato un gesto meccanico acciuffarlo per la collottola della camicia appena prima che scappasse e inchiodarlo per terra senza problemi. Chevalier ne era rimasto così sorpreso che non aveva smesso per le successive due settimane di lodare le sue qualità, insistendo di portarsela dietro in America per rifocillare le linee della Confraternita coloniale, da poco nata. 

Nei suoi gesti non vi era alcuna malizia o secondi fini, la trattava con affetto esattamente come trattava i suoi figli e lei non poteva che esserne più onorata. 

«Mi raccomando, tenete d’occhio quell’imbecille lì.» disse infine Chevalier indicando con un cenno della testa Shay che stava aiutando qualcuno a caricare l’ultima cassa in stiva. Quando si tirò su, li vide che lo stavano guardando e li salutò con un cenno della mano e un sorriso smagliante sulle labbra. Claudette credette di prendere fuoco in quel momento, mentre Chevalier gli rivolse un gesto volgare. 

«Non preoccupatevi, è innocuo.» lo rassicurò. 

Joseph la guardò scettico. 

«Sì, innocuo, certo. Innocuo come un lupo travestito da pecora, te lo dico io. Attenta, che appena me ne vado, quello riparte alla carica.». 

Claudette gli tirò un colpetto al costato indispettita, mentre l’uomo se la rideva. L'attenzione di entrambi fu catturata da Liam che annunciava la partenza della nave. La ragazza rivolse un ultimo tirato sorriso a Chevalier prima di girarsi e correre a bordo della Morrigan, per poi rintanarsi nella cabina del capitano ad accendersi un fuoco. All'inizio lo aveva guardato un po’ scettica, insomma mettere un camino in una nave fatta di legno non le sembrava una grande idea, ma Shay le aveva detto che non c’era alcun pericolo se fatto nella maniera corretta. Lei si era limitata a non fare ulteriori domande, affidandosi per una volta al capitano. 

Accese il fuoco con mani tremanti senza neanche togliersi la giaccia, piazzandocisi davanti come una statua, sospirando al sollievo del calore sulle dita. Si tolse i guanti a fatica, ritrovandosi davanti le mani di una vecchia con la pelle arrossata e secca. Passò oltre al triste spettacolo per posizionare i palmi vicino al fuoco e far tornare un po’ di sangue in circolazione, quando all’improvviso sentì qualcuno bussare alla sua porta. Si girò appena rispondendo con un “oui?” tremolante. Udì la voce di Shay, giocosa e impertinente alle sue spalle. 

«Madame, ti ho portato la merenda.» disse arrotondando ogni erre e strascicando le vocali finali, per imitare un forzatissimo accento francese. Le spalle di Claudette furono scosse da una risatina leggera, girandosi verso di lui. Si era anche abbassata il cappuccio, quindi i capelli erano un tale disastro, tutti elettrostatici e sparati in direzioni diverse. La ragazza cercò di sistemarseli con le dita, ma finì per peggiorare ancora di più il suo stato, facendoli alzare ancora più in alto. Con le guance rosa e le labbra di un rosso intenso sembrava riscaldare tutto l’ambiente. O forse erano le guance di Shay che stavano andando a fuoco. Anche infreddolita, tremante e con un nido di aquile in testa le sembrava bellissima. 

«Io non parlo in quel modo, Shay! E poi da quando siamo passati al tu? Dovreste darmi del voi. Vengo da una nobile famiglia io!». 

Claudette si finse altezzosa, ma non resse la lungo quella scomoda posizione, tornando accucciata davanti al fuoco. Mai le erano importati i titoli della sua famiglia e di certo non avrebbe iniziato quel giorno. 

«Perdonatemi, Your Majesty! Permettetemi di farmi scusare con dell’ottimo tè!». 

Shay versò il tè portando la teiera in alto mentre versava l’infuso e cimentandosi in un profondo inchino. Finì per fare un disastro, ovviamente. Non si era accorto di aver messo nella tazzina troppo tè, che strabordò e finì sul piattino e sul vassoio inzuppando anche il dolcetto che aveva portato. Al forte e coraggioso capitano della Morrigan scappò un urletto virile mentre tentava di riparare al danno fatto, bruciandosi le dita congelate con l’acqua bollente cercando di asciugare tutto quanto. Claudette si morse le labbra per trattenersi da una risata sguaiata e decisamente troppo poco elegante e si affrettò a dare una mano al ragazzo in difficoltà. 

Dopo che ebbero riparato al danno si sedettero finalmente con il camino alle spalle, le carte nautiche aperte di fronte a loro. Claudette bevve un lungo e rigenerante sorso di tè che sembrò pian piano riscaldarla dall’interno, anche Shay la imitò venendo investito da quel piacevole calore. 

Claudette osservò le carte sparse di fronte a lei con curiosità. Shay già sapeva che era arrivato uno dei suoi momenti preferiti, quello dove la ragazza lo avrebbe sommerso di domande sul mondo della navigazione, della topografia e delle mappe, anzi proprio per quello era venuto lì. Voleva vederle le stelle nei suoi occhi che si illuminavano quando scopriva qualcosa di nuovo, voleva il rossore sulle sue guance quando lo ascoltava attentamente, e, santo cielo, voleva dannatamente tanto quell’adorabile cipiglio buffo che aveva in viso quando non capiva qualcosa. Le si formava una leggera ruga in mezzo alle sopracciglia sottili e portava in avanti quelle labbra così apparentemente morbide come il broncio di una bambina. 

«Non mi hai parlato di River Valley in queste settimane, Shay.» gli disse Claudette rivolgendogli uno sguardo. 

Shay posò il tè sul tavolo, poi si mise a frugare tra le mille mappe e carte che sovrastavano il suo tavolo, finché non trovò una cartina decente. La mise di fronte a loro aperta, mostrando alla ragazza la prossima tappa. River Valley era un posto singolare, con i sui monti immensi e le sue valli vaste, tutte percorse dallo stesso medesimo fiume, che serpeggiava tra le campagne e si attorcigliava su sé stesso formando isole mastodontiche. Ci era già stato diverse volte, la sensazione è totalmente diversa da quella che si ha navigando in mezzo all’oceano, così imprevedibile e tumultuoso da sembrare una bestia indomata. Navigare in un fiume invece era più tranquillo e sereno, non c’erano improvvise tempeste talmente forti da strappare le vele, ma il vento a volte poteva essere un altro tenace avversario. 

«Perché io sono una fonte continua di sorprese, cara mia!» le disse con un occhiolino. Claudette sbuffò leggermente divertita nella sua tazza, in quelle settimane si era abituata a quelle frasette da quattro soldi, che Shay spacciava per corteggiamento. Doveva impegnarsi di più il ragazzo. Posò anche lei la tazza e prese un biscotto, mezzo imbevuto del tè che aveva appena assaggiato, aspettando che il capitano iniziasse la sua prossima lezione. 

«Allora, come vedi River Valley è attraversata da un gigantesco fiume, il quale letto, per fortuna, è abbastanza grande e profondo da permettere alle navi di attraversarlo-» fu interrotto da una domanda di Claudette che si sporse in avanti tracciando con dito il percorso azzurro sulla vecchia cartina. 

«Sul serio? Come fai a far muovere questo bestione in un fiume?». 

Shay ridacchiò prima di rispondere. Adorava il suo entusiasmo. 

«Non è molto difficile in realtà, la cosa che principalmente cambia sono le manovre, che con gli spazi più piccoli possono essere più difficoltose, ma niente di così impossibile se sei bravo a timonare. E poi non tutte le navi riescono a entrare, ad esempio un vascello avrebbe molti ostacoli a navigare per quelle acque, è almeno tre o quattro volte la Morrigan.». 

Si girò a guardarla, mentre lei era ancora concentrata sulla cartina cercando di captare ogni singolo dettaglio. Aveva appoggiato i gomiti al tavolo e si era presa le guance tra le mani, con il labbro inferiore leggermente più proteso in avanti rispetto a quello superiore. Le si avvicinò posando gli avambracci sul legno, le loro spalle che si sfioravano appena. Avrebbe passato così giornate intere. 

«Quindi? Qual è il percorso?» chiese alzando lo sguardo dalle mappe per rivolgerlo a lui. 

«Ci dirigeremo verso est – con le dita guantate tracciò il percorso che avrebbero fatto. - per raggiungere la foce del Saint Lawrence, il fiume che attraversa tutta River Valley. Ci vorranno un paio di settimane per raggiungere Albany, è una città che si affaccia sullo sbocco sul mare, che ci sarà utile per i rifornimenti.». 

Fece una pausa per cercare nella cartina la destinazione dopo la loro prima tappa, ma Claudette si perse a osservarlo per quei pochi secondi. Aveva anche lui le guance rosa e le labbra screpolate, mentre qualche fiocco di neve, ormai sciolto, gli si era impigliato nei capelli e nei baffi, che a volte trovava ridicoli e a volte si chiedeva se le avessero fatto il solletico se lo avesse baciato. Sgranò gli occhi a quel pensiero indecente, nascondendo il suo imbarazzo nel tè ancora bollente, mentre Shay sembrava incurante di quello che ronzava nella testa della ragazza. 

La situazione andava avanti da quando erano partiti da Rockport, ogni volta che Shay era distratto a fare qualcosa lei coglieva l’occasione per perdersi nelle sue fantasticherie. Si immaginava di tuffare le mani in quei capelli castani sempre disordinati e costellati di neve, voleva tracciargli con le dita il profilo del volto, col naso dritto e le labbra provocanti, sia a parole sia alla sola vista. In più, si era resa conto di essere stata completamente fregata, perché se Shay si fosse rivelato il vero stronzo che credeva all’inizio, allora si sarebbe messa l’anima in pace e avrebbe classificato quelle sensazioni come mera attrazione, ma no! Ovviamente, Shay, non solo era bello e aveva il fascino del marinaio avventuriero, doveva anche essere simpatico, aperto, divertente e gentile con lei. Mai le aveva riservato uno sguardo sprezzante o anche solo volgare, come il resto degli uomini che aveva incontrato, mai si era permesso di farle battute sconce e allusive e, soprattutto, mai l’aveva trattata come una bambina incapace. 

Con lui si sentiva una donna adulta, non la faceva sentire scema o inferiore perché non aveva la più pallida idea di come si facesse un nodo gassa d’amante o non sapeva come ci si orientasse di giorno in mezzo al mare. Era sempre stato paziente con lei, insegnandole tutto ciò che voleva imparare senza mai partire prevenuto. 

«Ah, ecco Due Curve! Dopo Albany, torneremo leggermente indietro, giusto un paio di leghe, per seguire l’altro tratto del fiume, che come vedi qui poi si dirama in tre direzioni, a nord, a nord-est e a est. Noi prenderemo la seconda, seguendo il corso del fiume fino a qui.». 

Fu riscossa dai suoi pensieri e puntò gli occhi su dove stava indicando Shay col dito. Era la punta di un piccolo angolo di un’isola molto più grande, sul quale però non c’era assegnato alcun nome, quindi corrugò le sopracciglia confusa. 

«Ma qui non c’è scritto nulla.». 

«Già, perché agli occhi degli inglese Due Curve non esiste, è solo uno spiazzo di terra inutilizzabile.». 

Claudette lo guardò perplessa con la testa leggermente inclinata. Shay seguì la scia dei capelli biondi, un po’ umidi, che cadevano in onde morbide fino al tavolo, poi si sforzò di guardarla in viso per continuare quella piacevole chiacchierata. 

«È un avamposto degli Assassini, lo usiamo come punto d’appoggio.». 

 La donna annuì osservando la cartina usurata di fronte a sé. Il fiume Saint Lawrence sembrava un serpente che cercava di arrotolarsi su sé stesso per mordersi la coda, creando isole, promontori e piccole rientranze. Dai colori che aveva imparato a leggere capì che vi erano per lo più alti monti e dolci colline, con pochi sprazzi di pianura intorno ai letti del fiume. 

«Spero almeno che faccia un po’ più caldo rispetto a qui.» disse pensierosa. 

«Non saranno le Bahamas, ma le temperature sono molto più sopportabili, tranquilla.» la rassicurò Shay poggiandole una mano sulla spalla muovendola appena. 

Claudette non si scostò, anche se si era leggermente irrigidita più per la sorpresa di quel gesto, che per fastidio. Inconsciamente quasi si appoggiò a quella mano forte e calda che le accarezzava la spalla coperta con il pollice in piccoli e gentili cerchi. Si voltò verso il capitano sorridendogli per non sapeva quale motivo, ma si sentiva al sicuro lì, coccolata. Anche Shay rispose al suo sguardo sollevando gli angoli delle labbra, gli occhi riflettevano la luce rossa e calda del fuoco, attirandola verso di lui. 

«SHAY! TI VOGLIONO AL TIMONE!». 

Tutti e due saltarono sulle loro sedie alla voce potente di Liam, che spalancò la porta della cabina trascinando con sé tutto il freddo del Nord. Li colse in flagrante a pochi centimetri di distanza mentre si guardavano languidamente negli occhi, come due lontre innamorate. Non era la prima volta che vedeva quella scena smielosa e, purtroppo, era sicuro che non sarebbe stata l’ultima, ma lui che cosa ci poteva fare? Liam aveva notato che Shay si era dileguato da quando erano salpati, anzi era quasi corso giù in stiva a ordinare al cuoco di fare del tè. Poi si era chiesto confuso da quando Shay bevesse tè, la risposta era arrivata quando lo aveva visto spuntare di nuovo sul ponte con un vassoio in mano che si dirigeva verso la cabina. La stessa cabina dove poco prima Claudette si era rifugiata come un animale spaventato. 

Fucking simp aveva pensato, ma lo aveva lasciato fare. Se avesse osato allungare troppo le mani, c’era Claudette a metterlo al suo posto. O almeno lo sperava. Quando aveva visto la francese completamente assorta nell’osservare quel cavernicolo del suo migliore amico, si era ricreduto. 

Shay si girò verso di lui inviperito. 

«Che cosa c’è?» sibilò a detti stretti, visibilmente irritato nell’essere stato interrotto nel suo momento di contemplazione di Claudette. A Liam non poteva fregare di meno che li avesse interrotti, c’erano dei compiti da svolgere e di certo non avrebbero aspettato che quei due smettessero di fare i piccioncini. La ragazza di contro si era allontanata di un passo e aveva fatto finta di nascondere il suo rossore bevendo una tazza di tè. 

«L’equipaggio ha bisogno di te, vai al timone.». 

«Non puoi farlo tu? Sei il quartiermastro!». 

«Claudette, tappati le orecchie. - Gli faceva comunque un po’ senso dire cose scurrili di fronte a una donna. - Mi si stanno congelando le palle a stare lì fuori a dare direttive al cazzo di vento. Tu conosci la rotta per River Valley meglio di me, oltre ad essere il capitano di questa fottutissima nave, quindi alza quel culo pesante e vai al cazzo di timone, stronzo.». 

La ragazza lo fissava sconvolta per il suo linguaggio e anche un po’ spaventata. Liam, nonostante fosse ricoperto di neve e ghiaccio e tremasse come una foglia, sembrava una grossa orca arrabbiata. Quando vide Shay aprire bocca per replicare, fu tempestiva nell’avvicinarsi a lui per calmarlo posandogli accidentalmente la mano sul dorso della sua. 

«Shay, tranquillo, continueremo questa sera. Vai dall’equipaggio e fai riposare un po’ Liam.». 

Il capitano non sembrava comunque molto contento, ma accontentò lo stesso la ragazza alzandosi dal tavolo e dirigendosi verso la porta. Tirò una spallata a Liam minacciandolo sotto voce di abbandonarlo su un’isola deserta, mentre si chiudeva l’uscio dietro la schiena. Rimasero solo Liam e Claudette da soli a guardarsi imbarazzati, il quartiermastro ancora bloccato all’ingresso, mentre l’altra era ancora ancorata di fronte al camino. Gli fece un sorriso di circostanza. 

«Vuoi del tè caldo?». 

Liam sospirò annuendo, aveva consumato le energie urlando contro il suo migliore amico. Si sedette alla sedia precedentemente occupata da Shay, con la tazzina di tè già pronta davanti a sé. Avrebbe preferito del whisky, ma aveva imparato ad accontentarsi. Con le dita troppo grandi per poter prendere la delicata tazza di ceramica in mano iniziò a sorseggiare piano il liquido caldo, beandosi del calore che sentiva crescere nella pancia. Anche Claudette aveva ripreso a bere, con lo sguardo puntato sulle cartine, ma non gli sfuggì il rossore sulle sue guance. 

Liam sarebbe stato stupido a non ammetterlo: Claudette era davvero una bella donna, oltre ad essere molto sveglia e capace. E proprio perché ne ammirava le qualità che si lasciò sfuggire un commento. 

«Tra tutti, proprio Shay Patrick Cormac. Perché?» chiese fingendosi esasperato. In realtà, si divertiva tantissimo a punzecchiarla. 

Claudette si strozzò con il tè, ma si impose di non sputarlo sulla scrivania, ricoperta di carte preziose, quindi si voltò di lato tossendo. 

«Mêle-toi de tes oignons, fouineur!*» gli rispose tra un respiro e un altro. Liam non riuscì a resistere e scoppiò a ridere. 

*** 

A Due Curve, tre settimane dopo, avevano incontrato Achille, Hope e Kesegowase, che confermarono loro il fatto che i Templari stavano facendo girare ovunque il manoscritto e la scatola in cerca di qualcuno che li decifrasse. Inoltre assecondarono i loro sospetti: Lawrence Washington era il loro prossima bersaglio. Avrebbero dovuto indagare su un pacco che di certo gli sarebbe stato recapitato dal suo maggiordomo, ormai certi di cosa si trattasse. 

«Lawrence Washington è un uomo d’affari, un negriero e un capo Templare. Abbiamo perso le sue tracce un anno fa. Di recente ho saputo che era alle Barbados, ma non ho mai avuto conferme. Ora...». 

«Ora pensi che abbia qualcosa a che fare con il furto dei manufatti, dico bene?». 

Claudette era in poppa, vicino al timone, con Liam e Shay ascoltando distrattamente la loro conversazione. Erano circondati da un banco di nebbia, una lama a doppio taglio per quello che stavano facendo. Stavano seguendo una nave inglese, che li avrebbe condotti a Washington e di certo sarebbero rimasti inosservati, ma cercare una fregata in mezzo a tutte quelle nubi era difficoltoso. Inforcò il cannocchiale guardando nella direzione di una bandiera che sventolava fieramente la Union Jack. Bene, erano ancora dietro alla nave. 

«Io non lo escluderei. Haiti non è lontana dalle Barbados e il suo ritorno alle colonie coincide. Non possiamo permettere che i Templari controllino le colonie. Comunque vada, Lawrence Washington deve morire.» riprese il discorso Liam risoluto. 

Non seppe perché quelle parole le rimbombarono nella testa come una campana. Non era la prima volta che riceveva un ordine simile, ma il tono secco e quasi indifferente di Liam le aveva dato fastidio. Era vero, dovevano fermare i Templari e spesso la morte era l’unico mezzo, però le faceva ribrezzo che alcuni Assassini considerassero le loro vite alla stregua di mosche fastidiose. Shay non commentò, eppure non le passò inosservato il modo in cui aveva stretto il timone tra le dita, come a volersi trattenere dal rispondere. Pensò fosse un caso e riprese a seguire la fregata con il cannocchiale. 

«Shay, c’è un blocco navale, che facciamo?» chiese preoccupata. La Morrigan non sarebbe mai riuscita a passare, anche se si fossero spacciati per un banale peschereccio. 

«Tranquilla, seguirò la nave a piedi. Voi due portate la Morrigan a Mont Vernon, è lì che sono diretti.» disse il capitano lasciando il timone al suo quartiermastro e dirigendosi verso il bompresso. 

Claudette rimase sconvolta da quell’affermazione. Mollò il cannocchiale al primo marinaio che le capitò sotto tiro e lo seguì preoccupata. 

«Da solo? Ma sei impazzito?!» gli urlò dietro. Lui si girò verso di lei, mentre si tirava sul bordo della nave, una cima in mano per saltare a terra. 

«Sì e tu rimarrai qui... se lo vorrai.». 

La donna lo guardò sbalordita, già pronta a uno scontro di male parole con Shay. Evidentemente aveva sottovalutato quel ragazzo. 

«No, io vengo con te! Devo ricordarti chi ti copre le spalle durante i tuoi attacchi improvvisati ai mercantili inglesi?» gli disse con le mani sui fianchi. 

Shay non poteva trovarla più bella di così, con quel broncio divertito sulle labbra rosa e il tramonto che le illuminava gli occhi castani. 

«Allora mi segua, madame!» le urlò mentre si lanciava a terra aggrappato alla cima. 

Poco dopo di lui atterrò anche la ragazza, leggera come un batuffolo di lana che rotola sul pavimento. Corsero dietro la nave, che pigra navigava per le acque del Saint Lawrence, trasportando quello che stavano cercando ormai da mesi. Corsero in totale silenzio in mezzo ai cespugli e agli alberi, finché non arrivarono a destinazione e sotto di loro non si aprì una cittadina. Nella foga del pedinamento, Shay non aveva visto che il sentiero parallelo al corso dell’acqua, finiva in uno strapiombo su un piccolissimo villaggio. Claudette fu pronta ad acciuffarlo per il cappotto, mentre questo rischiava di cadere proprio di fronte al naso di una guardia sotto di loro. La fregata approdò alla banchina, distante da loro un centinaio di metri. 

Mont Vernon non era diverso dai posti che avevano visto lungo il loro viaggio nella River Valley. A destra vi era un molo con qualche pescatore che ritornava a casa dopo la sua giornata al largo, mentre sulla sinistra vi erano poche case. Un sentiero di ciottoli, cosparso di giubbe rosse e persone vestite a festa, si incamminava di fronte a loro fino ad arrivare ai cancelli di quella che doveva essere una grande villa dalla quale provenivano brusii di risate e musica in lontananza. Claudette si soffermò qualche secondo a osservare le guardie sotto di lei e il loro giro di ronda: ce n’era una fissa che dava loro le spalle, mentre un’altra qualche metro più in là faceva sotto e sopra tra il suo compagno e la battigia. Sporgendosi per vedere il molo, notò che in realtà non era molto protetto, magari potevano passare dietro la casa affacciata sulla banchina per nascondersi alle guardie e raggiungere la nave indisturbati. A volte si stupiva dell'idiozia degli inglesi. 

«Shay, caliamo di sotto e ci nascondiamo. Poi...». 

«Non c’è bisogno che mi spieghi. Tu vai, io ti seguo.». 

Non ebbe nemmeno il tempo di guardarlo confusa, che già si era calato il cappuccio bianco sul volto e si era buttato di sotto nascondendosi dietro al carretto a cui una guardia era appoggiata pigramente. Claudette si affacciò dal piccolo dirupo con gli occhi sgranati quasi lanciando fulmini e gesticolando infuriata per mostrargli tutta la sua irritazione. Di risposta Shay le mandò un bacio volante, invitandola a scendere. Lei respirò a fondo per controllare il rossore alle guance e l’istinto omicida che le faceva prudere le mani, poi si calò di sotto anche lei raggiungendo il ragazzo. 

La giubba rossa se ne stava quasi seduta sul carretto, sbadigliando di tanto in tanto guardandosi svogliato attorno, mentre l’altra, decisamente più sveglia e attiva, faceva sotto e sopra. Claudette aspettò che l’altra guardia fosse abbastanza lontana per non farsi vedere, poi si alzò di scatto come un felino e acciuffò da dietro l'uomo vicino a loro, che si stava anche per addormentare. Gli coprì la bocca con una mano e gli avvolse il collo con il braccio quel giusto per stordirlo, poi lo gettò nel carro e si lanciò verso il cespuglio a qualche metro da loro, nascondendovici. Shay la seguì senza fiatare e aspettò insieme a lei che l’altra guardia passasse di fronte a loro indisturbata, poi si fiondarono verso il molo passando dietro che le case che si affacciavano al fiume. 

Percorsero la banchina velocemente fino ad arrivare alla nave. Claudette sbirciò oltre il bordo per vedere se ci fosse qualcuno, ma la nave c’erano solo due guardie, una al timone e l’altra sul ponte. Fece cenno a Shay di aspettarla, poi salì a bordo direttamente dalla poppa e si avvicinò di soppiatto e con passo leggero al timone. La giubba rossa era quasi completamente addormentata, quindi fu facile per lei acciuffarlo da dietro e stordirlo, poi lo fece sdraiare per terra cercando di nasconderlo alla vista dell’altra guardia, che era ancora ignara di tutto. 

Shay la raggiunse, poi insieme si diressero verso il ponte della nave, vicino all’entrata della stiva, dove vi erano delle casse. Lì dovevano per forza trovarsi i manufatti o almeno uno di essi. L'adrenalina le urlava nelle vene così tanto che sentiva le mani sudare, ma ben presto si dovettero scontrare con la dura realtà. Quando sollevarono il coperchio non si ritrovarono di fronte né un manoscritto né una scatola, ma un fucile. 

Claudette si lasciò sfuggire un’imprecazione a labbra strette, mentre era già pronta a chiudere la cassa per andarsene, ma Shay fu veloce ad afferrare il fucile per guardarlo meglio. Dentro inoltre c’erano anche dei piccoli dardi, con la punta sottile e il buffo piumaggio che li caratterizzava. 

«Shay, metti giù quel coso, dobbiamo trovare lo stesso Washington!». 

«Aspetta, magari è qualco-». 

«Ehi! Cosa ci fate voi due qui?». 

  
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