"I miss you, Daddy"
-Salve signor preside in quale classe devo recarmi?- disse la ragazza spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, li aveva sempre portati lunghi e liberi quindi orami per lei era un abitudine metterli dietro l’orecchio, poi sorrise anche se il suo era un sorriso malinconico, il sorriso di chi non era poi così felice di essere lì o forse non era felice per altri motivi.
-Bene, sei già arrivata! Allora l’aula è l’ultima a destra. Va bene?- disse il preside con tono gentile e cordiale, indicando poi la porta in cui la ragazza doveva recarsi.
-Grazie tante, vado subito- di nuovo lo stesso sorriso e si avviò verso l’aula. Il corridoio non era poi così lungo anzi impiegò pochissimo ad arrivare e lì davanti la porta si rese conto che quella a cui stava andando incontro era una nuova vita senza quella presenza insostituibile, che le aveva insegnato ogni cosa, suo padre. Bussò.
E da fuori sentì una voce femminile -Prego- così apri lentamente la porta ed entrò incerta, si guardò intorno c’erano tantissimi ragazzi che la fissavano e lei odiava essere fissata.
-Salve, io sono Hope Sanders- disse la ragazza sorridendo all’insegnate.
-Oh si, la nuova studentessa venuta dal Tennesse, giusto?- si introdusse la donna sorridendo a sua volta alla ragazza che alla domanda postagli rispose con un cenno della testa.
-Allora ragazzi avete qualcosa da chiedere alla vostra nuova compagna?- poi aggiunse rivolta alla classe. Un ragazzo alzò la mano –Come mai ti sei trasferita?- domandò curioso.
-Per via del lavoro di mia madre- rispose la ragazza diplomaticamente, senza far trasparire nessuna emozione. Poi un altro alzò la mano –E tuo padre?- a questo punto la classe calò nel silenzio, il viso della fanciulla di fece cupo e triste e lei cercando di mantenersi lucida disse –Lui... è morto quanto io avevo dieci anni- concluse alzando il viso e fissando il ragazzo il quale sbiancò –Mi dispiace, scusa non volevo..- nel viso della ragazza apparve un sorriso –Non ti preoccupare non potevi saperlo, comunque apprezzo l’interessamento- poi tornò a guardare l’insegnate che faceva gestacci al ragazzo, rise per un secondo, -Dove mi posso sedere, signorina Graam?- domandò poi non vedendo, forse per il fatto che era un po’ confusa da tutti quei ragazzi che la fissavano, alcun banco libero.
-Oh, bhè! Visto che sei nuova, e che mi stai simpatica. Decidi tu dove sedere, scegli il ragazzo più carino e siediti accanto a lui- lei sorrise e poi osservò la classe che, prima immersa in un rumore assordante, si era azzittita di botto e fissava sempre di più la ragazza.
-Ehm, quello lì- disse la ragazza all’insegnate facendo cenno con la mano.
Ma la donna non riusciva a capire se la ragazza indicasse il riccio, Nick, o quello con i capelli a spina ,Luchas, così domandò alla ragazza.
-Io dicevo quello
lì riccio- rispose decisa, provocando così il rossore del ragazzo e le
risatine degli altri compagni. –Bene, Luchas alzati, fai
posto a Hope!- disse l’insegnate intimando al ragazzo di cambiare posto.
L’ora finì quasi subito, e al suono della campana tutti si alzarono e corsero fuori dall’aula, mentre Hope si fermò a parlare con
-Ciao!- esclamò il riccio che poco prima la ragazza aveva indicato come il più carino.
-Oh, ciao Nick, giusto?- sorrise al ragazzo che l’aveva aspettata. Lui annuì, poi lei aggiunse –Scusa per la questione del ragazzo carino, non volevo metterti in imbarazzo, solo che tu eri l’unico che mi ispirava simpatia- sorrise nuovamente.
Il ragazzo si limitò a dire –fa niente, non ci pensare più- anche perché quasi subito la ragazza si scusò perché doveva scappare e corse via. Raggiunse la mansarda e si sedette, uscì dalla custodia la sua chitarra e cominciò a strimpellare qualche accordo e a cantaci dietro.
Shalalalala
shalalalala, you use to call me angel, said i was send
straight down from heaven, you hold me closet o your harms i love the way you
felt so strong. I never wanted you to live, I wanted
you to stay here holding me. I miss you, I miss your smile and I still shed a tear every once in a while and even though
it’s different now you still here somehow. My heart won’t let you go and I need
you to know… I miss you. Shalalalala.
Nel
frattempo qualcuno, un ragazzo con precisione, era salito sulla mansarda dopo
di lei e si era nascosto dietro le scale, era rimasto lì ad ascoltarla
incantato fin quando lei non se ne accorse.
-ehi ti
vedo chi sei?- disse la ragazza smettendo di suonare poiché
si era accorta dello spione
-ehm,
ciao!- il ragazzo salì le scale e la raggiunse –scusami sono Joe, non volevo
disturbarti, di solito io vengo qui per riflettere ma
non sapevo che era occupato- sorrise.
-oh, io
non sapevo che qualcuno venisse qui. Comunque fa niente siediti, io sono Hope.- la ragazza lo
invitò a sedersi accanto a lei e il giovane accolse volentieri l’invito.
-non ti
fermare ti prego continua a cantare- poi disse il
ragazzo, che era rimasto incantato dalla sua voce. Hope annui e continuò la sua
canzone.
You used
to call me your dreamer, and now I'm living out my dream. Oh how I wish you
could see everything that's happening for me. I'm thinking back on the past,
it's true that time is flying by too fast. I miss you, I miss
your smile and I still shed a tear every once in a
while and even though it’s different now you still here somehow. My heart won’t
let you go and I need you to know… I miss you. Shalalalala.
I know you're in a better place, yeah, but I wish that I could see your face.
I know you're where you need to be, even though it's not here with me…
Si fermò
lì non continuò, una lacrima le scese involontaria.
Bhè del resto quella canzone era la sua vita dopo la morte del padre e la
chitarra era tutto ciò che le era rimasto di lui dopo che sua madre aveva
venduto la casa senza consultarla.
Il
ragazzo la guardò non sapendo cosa dire o cosa fare –mi dispiace-
-per
cosa?- domandò la ragazza non capendo se si riferisse alla canzone o a prima
-per
tutto quello che tu dici nella canzone, che è bellissima come la tua voce del
resto- rispose il ragazzo guardandola, lei a sua volta incroci il suo sguardo
–mio padre era la mia vita, era tutto quello che avevo, che mi dava la forza
per vivere, era la persona più importante, non che mi madre non lo fosse, ma
lei era sempre fuori per lavoro non c’era mai, mentre mio padre era sempre lì quando avevo bisogno, lui mi ha insegnato tutto quello
che ora so, lui mi ha visto piangere per un ragazzino la prima volta, lui mi ha
consolato, lui mi ha fatto capire l’importate del sorriso e so che è sciocco
dirlo, forse lo è anche il solo pensarlo, ma io spero che cantando questa
canzone lui mi senta e senta che mi manca, ma che non smetterò mai di lottare
per il nostro sogno, la musica- mentre continuava a dire tutto quello che sin
da quel maledetto 20 settembre avrebbe voluto dire le lacrime scendevano sole e
lei non riusciva a controllarle. Il ragazzo dal suo canto si limitava ad
ascoltarla, lei aveva bisogno di qualcuno che l’ascoltasse,
sua madre non lo aveva mai fatto. E Joe era la persona
che faceva per lei era dolce e lei si sentiva a casa con lui, era come se lo
conoscesse da sempre. Quando lei finì di sfogarsi lui
le si avvicinò e la strinse forte a se –ti darò una mano a far si che il tuo
sogno diventi realtà, e sono convinto che tuo padre è orgoglioso di te- disse
all’orecchio della giovane.
-oh,
grazie Joe, sei un angelo! Forse non è stato poi così negativo venire qui, almeno ho conosciuto te- lei sorrise e lo fece anche
lui –io faccio parte di un gruppo con i miei fratelli, ti farò conoscere i
discografici e cos realizzerai il tuo sogno- concluse lui allontanandosi da
Hope e sorridendole. Le sorrise ma questa volta era un sorriso vero, non uno di
quei sorrisi vuoi e privi di senso di una ragazza che
crede di aver perso tutto, ma il sorriso gioioso di chi spera e crede di nuovo.
“Hope, ti ho dato
questo nome perchè tu non perdessi mai
la speranza
e perché tu stessa fossi la speranza.
Piccola mia guardando nei tuoi occhi profondi
ho imparato
a credere nelle
leggende piene di mistero come te.
Ora sei tu la mia speranza di realizzare il nostro sogno... la mia piccola Hope!”