Alloooora.
Penserete
che abbia una malsana ossessione per i cartoni animati Disney e nella
fattispecie per Biancaneve, e i vostri sospetti possono in effetti dirsi leciti.
In ogni caso v’ingannerete.
Perfettamente
cosciente della colossale boiata che è questa brevissima storiella insensata,
vado a sottoporre al vostro esimio giudizio, signore e signori, una mia
infantile opera. Difatti questa solenne
coglionaggine non è una mia recente creazione, anzi. Ho reperito la summentovata
coglionaggine da qualche arcaico quanto polveroso recesso dei miei documenti. Devo
averla scritta in prima o seconda media, non ricordo, in ogni caso all’epoca
avevo circa undici anni. Rileggendola mi sono, come dire, intenerita di fronte
a tanta genuina idiozia, rendendomi conto alfine che la mia demenza è ben
radicata nel tempo, e ha origini lontane. In sostanza, non c’è stata una così
inquietante degenerazione recente. Tornando a noi, non so bene cosa mi abbia
spinto a mettere qualcosa del genere su questo sito, ma mi è parsa una cosa
divertente. Ho lasciato il testo così com’era, quindi lo troverete un tantino
infantile. E’ estremamente ingenua ed estremamente pirla, ma fa niente.
Riscontrerete
delle similitudini decisamente improbabili, ma lasciate correre. Era un lavoro
facoltativo la cui consegna consisteva nello scrivere qualcosa – qualsiasi cosa
– con un numero obbligato di paragoni prestabiliti. Io l’ho scritto, ma nella
mia infanzia lontana – quattro anni fa, ma suvvia, lasciatemi fare un po’ di
melodramma! – non l’ho mai presentato alla prof, così ora lo presento a voi.
Buona
lettura.
The true version of
Snow White
C’era
una volta una bella donna alta come una maestosa quercia che viveva in una
casetta al limitare del bosco.
Un
giorno la donna ebbe una bella bambina dalle guance rosse come il bardolino,
che chiamò Biancaneve.
Biancaneve
crebbe in fretta e divenne molto amica degli animali. Un bel giorno incontrò un
coniglio grasso come una mucca che arrancava per raggiungere la cima della
collina.
Biancaneve
lo prese delicatamente in braccio per soccorrerlo ma, ahimè, la bestiola era
enorme, così si formò una voragine nel terreno e scesero entrambi agli inferi. Satana,
a cui era stata prescritta una cura antidepressiva dal suo psichiatra, era
immerso in una vasca di lava mista a fango curativo e si stava facendo fare la
manicure.
Appena
li vide si infuriò e li cacciò di sopra, non prima di aver loro consegnato una
lista dei danni che gli dovevano pagare per il buco nel soffitto.
La
madre di Biancaneve era fuori casa e la ragazza, senza una ragione precisa,
decise di andarsene.
E
stava giustappunto lasciando la propria dimora quando si rese conto che il
pavimento era bagnato. Assalita da un dubbio, corse alla latrina, e notò che
era otturata, perciò stava allagando tutta l’abitazione. così, con fatica,
prese il suo amico roditore e lo incastrò per benino in quel foro, in modo da
utilizzarlo come tappo.
Finalmente
poté lasciare la sua abitazione. lasciò la nota spese del diavolo sul tavolo e partì.
Appena
incamminata, si imbattè in un uomo col naso grosso
come un fungo porcino, che le disse: “Bella fanciulla, ti prego, aiutami: la
mia padrona mi ha ordinato di portarle un cuore di bue, ma io di buoi non ne ho
trovati: potrei portarle il tuo, di cuore?”
Biancaneve
non sapeva di preciso perché, ma quell’idea non l’ispirava più di tanto, così
preferì ribattere: “Il mio l’ho già fatto lessare, andiamo a chiedere in giro
se qualcuno ce l’ha disponibile!”
“Va
bene, ti ringrazio comunque”, rispose un po’ perplesso l’uomo.
Biancaneve
ricordò di avere una nonna morta da non molto tempo, così condusse il brav’uomo
al cimitero, dove dissotterrarono il cadavere della povera vecchietta e ‘presero
in prestito’ il suo cuore.
Quando
giunsero all’abitazione della padrona dell’uomo che Biancaneve aveva
incontrato, la ragazza si accorse che quella non era affatto una casa come
tutte le altre, bensì un castello, quindi la donna che vi risiedeva doveva
essere molto ricca.
Entrarono
in un lussuoso salone riccamente arredato dove sedeva la signora, e si
inchinarono. L’uomo le porse lo scrignetto in cui
avevano riposto il cuore. Appena la donna lo aprì, fece una smorfia di
disgusto. “Osvaldo, pezzo d’idiota che non sei altro”, sibilò. “Io non ti avevo
chiesto un cuore di bue inteso come organo! Il cuore di bue è una varietà di pomodoro, imbecille!”
“Sono
mortificato”, tentò di difendersi lui.
“E
chi sarebbe quella sottospecie di nanerottola che hai portato con te, lurido
verme senza cervello?!”
“Un’amica,
mia signora, non dovete preoccuparvi.”
“D’accordo,
ma vedi di levarmela dai piedi … Beh, che aspetti? Muoviti, prima che faccia
notte!”
Appena
i due disgraziati furono usciti la donna si voltò verso un orrendo specchio di
dubbio gusto appeso al muro.
“Specchio, specchio delle mi brame,
dimmi: chi è la più
bella del reame?”
si
udì solo uno sbadiglio distratto. La donna, innervosita, ripeté la tiritera.
“Ti
ho già spiegato”, si decise lo specchio, “che essendo più anziano di te,
desidero che mi venga dato del lei; non mi risulta che questo varchi i limiti
del possibile.”
“Li
varcherai tu, i limiti del possibile, se non mi dici, specchio della malora,
chi diavolo è la più bella del reame!”, tuonò la megera.
Lo
specchio, che era un progressista, replicò: “Non è possibile che esista ancora
la monarchia: questo stato dovrebbe essere una repubblica! Le altre nazioni
hanno attuato delle riforme, e tu sei ancora qui col tuo benedetto reame!”
“Ti
risulta che repubblica faccia rima
con brame? E poi, maledizione, non ti
ho chiesto un consiglio di stato, ma solo chi è la più bella!”
“Va
bene, va bene: la più bella sei tu … ma anche quella ragazza lì dietro non
scherza …”
“Chi?
Chi?”, si allarmò subito la strega, voltandosi di scatto. Scorse Biancaneve
intenta a lavare i pavimenti. “Quella non è una bella ragazza, idiota! Ma che
razza di gusti hai?!”
Biancaneve
si stufò presto di quella vita, e se ne andò. La strega, a cui Biancaneve stava
antipatica, decise di farla uccidere da Osvaldo. Per assicurarsi che lui la
uccidesse, gli chiese di portarle il suo cuore. Osvaldo ovviamente non uccise
Biancaneve, tuttavia portò alla sua padrona uno scrignetto..
appena la donna lo aprì, scoprì un pomodoro cuore
di bue.
Biancaneve,
nel frattempo, incontrò sette piccoli omuncoli che canterellavano come beoti
nel bosco.
Siccome
la ragazza intimò loro che se non avessero smesso li avrebbe accoppati uno ad
uno, essi preferirono condurla alla loro casetta per accoglierla e tenere a
freno le sue ire.
Biancaneve
visse presso di loro per un mesetto, finché i nani, decisamente stufi,
inviarono un SMS alla strega col quale la supplicavano di venire a far fuori
quella mantenuta maledetta.
La
strega acconsentì.
Decise
di travestirsi da vecchina per apparire innocente e poi scese nelle segrete del
castello dove prese un volume pesante che pareva un masso, e iniziò a
sfogliarlo istericamente.
Quando
trovò ciò che cercava, cucinò un veleno in cui intinse una mela.
Poi
intraprese il viaggio verso la casetta dei nani, che erano fuori casa – più precisamente
alla centrale di polizia, accusati di consumo e spaccio di droga oltre che di
commercio illecito di minerali preziosi che sarebbero dovuti appartenere allo
stato.
Biancaneve
dormiva ancora – restava a letto fino alle tre del pomeriggio – quindi si
svegliò infastidita dalla scampanellata.
Andò
alla porta in vestaglia e scorse la vecchina.
“Che
diavolo vuoi, vecchiaccia?! Ma non sai che ore sono?”
“Sono
venuta qui a portarti questa mela: è deliziosa, credimi.”
“Ma
… Oh, ma che pensiero gentile! Lascia che ricambi con una torta!”
La
strega si trovò costretta ad accettare, e Biancaneve si mise all’opera.
Bisogna
sapere che non era molto abile in cucina, così esagerò col liquore e ubriacò l’ospite.
Per
farle smaltire la sbornia pensò di darle la mela.
La
strega, che nel frattempo stava cantando a squarciagola la colonna sonora di Titanic, la divorò senza badarci troppo
e poco dopo cadde stecchita a terra.
I
nani piansero amaramente la morte dell’unica persona che desse loro la
possibilità di levarsi dai piedi Biancaneve.
Intanto
un principe azzurro si aggirava, per una strada a curve che ricordava le dune
del deserto, sul suo destriero (zoppo, con l’arteriosclerosi e bronchitico) in
cerca di principesse da resuscitare. Quanto scorse la bara saltò giù dal
ronzino, che era in preda ad un attacco d’asma, per fiondarsi a baciare la
morta senza riflettere. Quando si accorse di aver baciato una vecchia,
rendendosi conto dell’irreparabile caduta d’immagine, si sparò.
La
strega resuscitata, intanto, se ne andò rinunciando, nonostante le suppliche
dei nani, e seccare Biancaneve.
I
nani, comunque, videro realizzato il loro desiderio, perché la fanciulla decise
di fare ritorno a casa – per evitare di rimanere immischiata nei loschi affari
dei coinquilini – dove ritrovò la madre e il suo voluminoso amico coniglio,
ancora incastrato nel buco della latrina.