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Autore: Theironlady    19/03/2022    1 recensioni
"Ma quale verità? Non lo sapeva nemmeno lei perché sfogliare quelle vecchie pagine distrutte e rileggere le annotazioni di suo padre la facesse sentire tanto a casa."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Regnava il silenzio nel grande salone del maniero, lo avvolgeva una tiepida penombra, proveniente dal grande camino acceso nel quale scoppiettava un fuocherello dorato e cremisi; il suo bagliore intermittente illuminava la figura seduta davanti ad esso, che se ne stava accomodata in una poltrona di broccato marroncino. Sir Integra Hellsing sfogliava un vecchio libro sulle creature della notte, uno di quelli che Arthur le leggeva da bambina per insegnarle ciò che doveva sapere per difendersi correttamente in caso di attacco; quel tomo impolverato, ricco di disegni e annotazioni, aveva per lei una valenza ben diversa rispetto a un semplice libro di favole. Di tanto in tanto le piaceva ripescarlo dalla libreria (sapeva dove lo teneva riposto, lo sapeva molto bene) quando era certa che non ci fosse nessuno nei paraggi, che fosse pienamente sola. Come se sentisse il bisogno di giustificarsi dallo sguardo pungente di qualcuno che forse avrebbe potuto trovare bizzarro quel libro tanto banale, dall’approccio semplicistico e sbrigativo, troppo inusuale per un’ormai esperta cacciatrice come lei. E aveva paura per questo che quel qualcuno avrebbe scrutato all’interno della sua mente e ne avrebbe estrapolato la verità. Ma quale verità? Non lo sapeva nemmeno lei perché sfogliare quelle vecchie pagine distrutte e rileggere le annotazioni di suo padre la facesse sentire tanto a casa. Infondo le conosceva quasi a memoria, e non perché le avesse rilette tante volte da imprimersele nella mente, ma perché le bastava un solo attimo per rivedersi seduta tra le gambe di Arthur, davanti a quello stesso camino, mentre lui le indicava le figure dei mostri coprendone il nome, per interrogarla con tono dolce e scherzoso.
Poggiò delicatamente il libro sul tavolino di legno accanto a lei, aperto a metà, e riprese tra le dita il sigaro che aveva abbandonato qualche minuto prima all’angolo del piattino di vetro, dove era caduto qualche granello di cenere. Se lo portò alle labbra e gustò pienamente l’intenso sapore di tabacco, emanando una nuvoletta di fumo mentre sollevava piano la testa e la poggiava sullo schienale della poltrona.
Il suo sguardo stanco si posò sull’orologio a pendolo accanto al camino; segnava le due e mezza, e la sua testa stava diventando decisamente troppo pesante. Si allentò la cravatta e si decise a finire l’ultimo sorso di whisky, prima di andarsene a dormire.
Quando il salone tornò buio, un’ombra apparve da una parete e si posizionò sul tappeto persiano all’entrata, camminando a passi lenti fino alla poltrona di broccato, ancora tiepida, e vi si sedette. Alucard si prese qualche secondo per accarezzane i braccioli e lasciare che la scia di tabacco bruciato che ancora la impregnava lo invadesse in pieno, respirando a pieni polmoni l’odore della sua padrona, che rarissime volte aveva l’occasione di assaporare tanto da vicino.
“E adesso vediamo un po’...” sussurrò curioso sollevando il libro poggiato sul tavolino, sfogliandolo per qualche minuto con estrema attenzione, impegnandosi con tutto se stesso per non spiegazzarlo o strapparlo, operazione affatto facile dato il suo stato. “Per eliminare definitivamente un vampiro, bisogna piantargli un paletto di frassino nel cuore ... vero, ma “definitivamente” mi pare un termine troppo azzardato” ridacchiò lievemente, continuando a sfogliare il testo “il vampiro teme la croce più di ogni altra cosa, perché gli ricorda di essere soggetto al potere di Dio che gli è superiore, e di non poter sfuggire per sempre al suo giudizio.” Lesse, con tono piuttosto confuso “Che stupidaggini, Integra dovrebbe saperlo. Quando mai mi sono mostrato intimorito dalla croce che porta al collo? Come se questo le sia mai bastato ad allontanarmi!” esclamò, ridendo di gusto, incapace di comprendere perché la sua padrona si ostinasse a leggere così spesso un libro del genere, con informazioni tanto datate e scorrette.
Poi, per caso, nel tentativo di chiudere il libro pescò una piccolissima fotografia in bianco e nero, che ritraeva il suo vecchio padrone con una bambina di appena qualche anno in braccio. La piccola Integra non aveva ancora gli occhiali, e aveva un aspetto piuttosto paffuto e grazioso, con indosso un vestitino elegante. Rise, pensando che quella fosse la prima volta che la vedeva con un abito, e che probabilmente sarebbe stata anche l’unica.
“Adesso capisco” ripose la foto dove l’aveva trovata e chiuse il libro per poggiarlo nuovamente sul tavolino; nonostante avesse voluto indugiare ancora su quell’ immagine e cercare altre fotografie nascoste tra le pagine, si sentì quasi in colpa nella consapevolezza di aver profanato, in un certo senso, uno spazio tanto intimo che per rinchiudersi in esso Integra attendeva la notte più profonda e la solitudine più completa. “Comunque Arthur, scrivevi davvero un mucchio di cazzate...” ridacchiò sollevandosi silenzioso dalla poltrona, pronto a tornare al suo sotterraneo, con la mente invasa dall’immagine della sua padrona austera e silenziosa, intenta a ricercare in quel libro vecchissimo tracce del suo passato e di un’infanzia breve quanto singolare, e se ne sentì intenerito più di quanto potesse immaginare.
   
 
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