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Autore: eddiefrancesco    20/03/2022    0 recensioni
L'umore di Christopher Marchnet è cupo come le nuvole nere che sovrastano la sua residenza.
Eppure quando un lampo illumina una damigella in difficoltà, lui si comporta da gentiluomo.
Per Kit comincia così un eccitante avventura insieme alla misteriosa Hero Ingram, alla ricerca di un libro scomparso da oltre un secolo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Marcus Featherstone doveva aver venduto la sua raccolta di volumi per pagare i debiti, pensò con una stretta al cuore. Subito, però, si raddrizzo' e assunse un'aria molto professionale. «In tal caso è ancora più importante che parliamo subito con Mr. Featherstone, perché la somma che posso offrirgli per un libro in suo possesso gli permetterebbe di saldare eventuali debiti ancora esistenti.» Il maggiordomo si strinse nelle spalle. Con ogni probabilità non veniva pagato da mesi e ormai la sorte del suo datore di lavoro gli era indifferente. «Se volete, potete cercarlo al Three Aces» rispose. «Il Three Aces?» Il maggiordomo sporse le labbra. «Una casa da gioco. Immagino si trovi in St. James's Street.» «Grazie dell'informazione. «Lo cercheremo là.» disse Hero. «Non se ne parla proprio» le sussurro' Kit mentre si allontanavano. «Le case da gioco non sono posti per le signore. Sono inferni nati per spennare gli ingenui e i disperati. Non si può vincere giocando onestamente e, anche se qualcuno ci riesce, ci sono sempre dei figuri assoldati per denunciarli come bari e rimettere il denaro in cassa.» Quando arrivarono al cancello di ferro battuto, Hero si fermò. «Avete senz'altro ragione, e in circostanze normali io non entrerei mai in una casa da gioco. Ma questa potrebbe essere la nostra unica possibilità di parlare con Featherstone.» «Possiamo aspettare qui il suo ritorno» le propose Kit. «Se ritornerà» puntualizzo' lei, voltandosi a guardarlo. «Potremmo passare chissà quanti anni seduti su questo muretto a far dondolare i piedi. Featherstone, braccato com'è dai creditori, potrebbe imbarcarsi per il Continente o per chissà dove, non ci avete pensato? E potrebbe farlo oggi stesso.» «Insisto. Non potete entrare come se niente fosse al Three Aces e chiedere di parlare con lui» obietto' Kit con foga del tutto insolita. «Nelle case da gioco, le chiacchiere inutili non sono bene accette. Là si va per giocare e basta.» «Vuol dire che giocherò, se è il solo modo per parlare con Mr. Featherstone.» Ora Kit era esasperato. «E che cosa metterete sul piatto? Le tasche vuote non sono gradite in quei luoghi infernali.» «Ho del denaro che Raven mi ha dato per le spese.» «D'accordo. Allora al Three Aces andrò io mentre voi mi aspetterete da qualche altra parte, al sicuro. Le giovani donne di buona famiglia non frequentano St. James's Street. Parlerò con Featherstone.» Come sempre, la sollecitudine di Kit la commosse. Il fatto che, dopo tutto quello che avevano passato, la considerasse ancora una giovane donna di buona famiglia, le diceva lunga su di lui. Hero scosse il capo. Erano troppo legati e lei non poteva permettersi di rinunciare al piano che aveva congegnato. Per qualche istante temette che lui avrebbe continuato a protestare, invece, alla fine, Kit capitolo' con un gemito ed Hero fu confortata dalla certezza che avrebbe avuto ancora un po' di tempo da trascorrere insieme a lui. «Potrebbe andare peggio, lo sapete» gli disse, avviandosi in direzione di St. James's. «Esiste forse qualcosa di peggio che avventurarsi in un posto del genere con voi travestita da uomo?» Sospirò Kit. Hero gli lanciò un sorriso da sopra la spalla, per dimostrargli che non era l'unico dotato di senso dell'umorismo. «Pensate alla nostra fortuna. Almeno non è un bordello.» Kit era davanti al Three Aces e osservava l'edificio con aria ostile. Seppure non elegante come, per esempio, Crockford's, sembrava abbastanza distinto e per questo attirava membri della buona società come Marcus Featherstone. I due massicci gentiluomini che stavano a guardia del portone li guardarono dall'alto in basso con un'aria così sfrontata che d'istinto Kit si avvicinò a Hero, temendo che il suo travestimento fosse stato scoperto. Un conto era cavalcare per le strade di campagna nei panni di un ragazzo, un altro avventurarsi per le strade di Londra, dove circolavano malintenzionati di ogni sorta, pronti ad assalire donne e ragazzi senza distinzione. «Siete soci?» chiese uno dei giganti. Kit soffoco' un grugnito. C'era bisogno di essere soci per andare a perdere la propria fortuna al tavolo verde? «Mr. Featherstone ci ha dato appuntamento qui» intervenne Hero. «La direzione non permette che i creditori vengano a infastidire qui i nostri soci» intervenne l'altro lacchè, scrutando i due improbabili clienti con gli occhi socchiusi. «Siamo qui per rifarci delle perdite» lo informò Kit in tono annoiato. «Mr. Featherstone deve essere al piano di sopra. Una partita privata» disse finalmente uno dei due al collega mentre li faceva entrare. All'interno, il Three Aces si rivelò molto spazioso, con diverse sale dagli alti soffitti, candelieri e specchi che riflettevano tutto ciò che accadeva. Gli uomini si affollavano intorno ai tavoli verdi del faraone e di altri giochi decisamente illegali, mentre i camerieri servivano tè e bevande più forti. I giocatori più impegnati indossavano strane giacche, oppure protezioni di pelle sulle maniche e bizzarri cappelli per nascondere lo sguardo e i pensieri. Quando udì un botto provenire dal piano superiore, Kit si chiese che genere di partita privata si stesse tenendo là sopra. Alcuni di quei posti erano gestiti da famose maitresses, che come intrattenimento offrivano, oltre ai giochi di carte, anche compagnia femminile. Il pensiero di aver portato Hero, alla fine, proprio in un bordello lo fece rabbrividire. Prima avessero concluso quella faccenda, meglio sarebbe stato. «Sapete quale aspetto abbia Featherstone?» le sussurro'. «No. Ma quell'uomo non ha detto che gli avevano organizzato una partita privata al piano di sopra?» chiese lei di rimando, guardando verso la scala che formava un'ampia curva. Lui scosse la testa. «Oh, no! Scordatevi di salire quella scala.» Ma Hero si era già avviata e andava dritta verso un ubriaco che scendeva barcollando gli ultimi gradini. «Marcus Featherstone è di sopra?» gli domandò. «Si è appena fatto saltare le cervella» annunciò l'uomo prima di dare di stomaco. Kit spostò Hero praticamente di peso. Quell'ubriaco aveva detto tanto per dire o Featherstone si era ucciso per davvero? Si domando'. Un cameriere accorse a ripulire il pavimento, anche se quasi tutti i presenti erano troppo assorbiti dai loro vizi per accorgersi di quello che succedeva intorno a loro. Una carta rovesciata, i dadi che rotolavano, la roulotte che girava vorticosamente, quelli erano gli incantesimi che li tenevano avvinti. Un'autentica follia, pensò Kit mentre si guardava intorno. Quando si voltò verso Hero, lei stava tornando verso le scale, che due soci terrei in viso stavano scendendo a passi malfermi. Al Three Aces doveva circolare della roba molto forte. O magari quei due avevano continuato a bere per ore, perché, quando Hero li interrogo', si limitarono a scuotere la testa affrettandosi all'uscita. Kit la raggiunse e la prese per un braccio prima che si precipitasse di sopra. E fu contento di averlo fatto perché in quel momento apparvero altri due uomini i quali, invece di essere istupiditi dall'alcol e dal gioco, avevano gli occhi penetranti e l'aria infida. Udita la domanda di Hero, le si avvicinarono in fretta, la fronte corrugata e l'espressione attenta. «Non credo che sia uno di loro» riuscì a dire Hero prima che Kit la trascinasse via. Fecero appena in tempo a raggiungere il portone che già il nome di Featherstone stava volando da una sala all'altra del circolo, e certe voci cominciavano a levarsi sopra il brusio della conversazione e del gioco. E i due uomini che li seguivano avevano accelerato l'andatura. I muscolosi buttafuori avevano abbandonato il loro posto davanti al portone, forse perché richiamati altrove, per cui Kit ed Hero spalancarono il portone e cominciarono a correre nel tentativo di far perdere le loro tracce in mezzo alla folla dei passanti. «Ehi, voi due! Fermatevi!» Quel richiamo aggiunse ulteriore foga all'andatura di Kit, il quale maledisse la propria statura, che lo rendeva facilmente riconoscibile. Avanzò tenendosi il più curvo possibile, intanto cercava un carro sul quale saltare con Hero per affrettare la fuga. Ma prima che potesse individuarne uno adatto, lei lo superò, diretta verso due giovanotti fermi accanto ai loro velocipedi. Ne spinse da parte uno, si arrampico' sul bizzarro veicolo e partì a tutta velocità. Kit non ebbe altra scelta che imitarla: si sbarazzo' del proprietario del secondo velocipede, intento a protestare vivacemente per il furto dell'insolito mezzo di trasporto dell'amico, quando si ritrovò vittima a sua volta. «Perdonatemi, lo prendo in prestito solo per qualche minuto» si scuso' Kit prima di balzare sul sellino e cominciare a pedalare come un forsennato. Avanzò sbandando, allontanandosi dai loro inseguitori, e in pochi istanti si lasciò dietro i due uomini del circolo e i proprietari dei velocipedi. Non che lui avesse esperienza di quel mezzo. Ne aveva visti alcuni l'ultima volta che era stato a Londra e sapeva che i giovanotti organizzavano delle vere e proprie gare in sella a quei veicoli nelle strade più trafficate della città. Tuttavia, scoprì subito che non era affatto facile da guidare. Senza redini, non c'era modo di cambiare direzione, inoltre le due ruote non rispondevano ai comandi impartiti con i movimenti del corpo, a differenza dei cavalli. Fece del suo meglio per non cadere e contemporaneamente continuare ad avanzare finché non incappo' in un dosso e si rovescio' di lato. Con una gamba riuscì a fermare il velocipede, ma finì lo stesso per terra, su un fianco, piuttosto ammaccato. Si rialzo' subito. Doveva reputarsi fortunato di non avere causato danni peggiori né a se stesso né ad altri. Durante la corsa in velocipede era stato troppo occupato a mantenere l'equilibrio per rendersi conto di quello che gli succedeva intorno, ma ora si voltò da ogni lato cercando Hero. Non c'era traccia di lei, però vide l'altro veicolo a due ruote appoggiato contro l'edificio di fronte a lui, di fianco a un negozio. Kit sistemo' il proprio velocipede accanto all'altro esemplare, in modo che i proprietari potessero recuperarli facilmente, ed entrò nel negozietto, ma Hero non c'era. Uscì di nuovo e scruto' senza successo la folla. Dopo qualche minuto dovette ammettere che i suoi peggiori timori erano diventati realtà. Hero era svanita. Kit tornò di gran carriera alla locanda, paventando ciò che avrebbe potuto trovarvi... o non trovarvi. In previsione di non riuscire ad avere subito un abboccamento con Mr. Featherstone, avevano preso una stanza in una locanda appena fuori città, un alloggio abbastanza curato da vantare una clientela di buon livello e al tempo stesso troppo fuori mano per essere frequentato da eventuali conoscenti. Non che Hero ne avesse molti, a quanto pareva. Kit si corresse immediatamente. Hero non aveva certo l'esperienza delle giovani donne che frequentavano abitualmente l'alta società, quindi in caso di necessità non aveva amicizie su cui contare. Non che altre fanciulle di buona famiglia si sarebbero rivelate particolarmente utili, se un'amica travestita da uomo avesse bussato alla loro porta in pieno giorno chiedendo aiuto. Tuttavia, Hero avrebbe potuto avere altri contatti in città: collezionisti, librai e perfino personaggi meno raccomandabili, eppure molto più utili in caso di bisogno. Lui si augurava soltanto che fosse in qualche luogo sicuro e che non fosse stata rapita. Per quanto fosse una giovane piena di risorse, era pur sempre una donna sola in una città pericolosa, inseguita da almeno due loschi individui. Kit salì le scale della locanda il più rapidamente possibile, ma senza correre, per non dare troppo nell'occhio. Quando fu davanti alla porta, busso' per precauzione prima di aprirla. Non ricevette alcuna risposta ed, entrando, ebbe la conferma che la stanza era deserta. Ispeziono' la camera da cima a fondo, imprecando tra i denti, come se Hero potesse essere nascosta dietro le tende o sotto il letto. Dopodiché, incapace di sopportare quel deserto, ridiscese le scale e andò a controllare la sala e il cortile, cercando con gli occhi un ragazzo con il berretto calato sugli occhi. Gli bastarono pochi minuti per rendersi conto che lì Hero non c'era né vestita da uomo né in abiti femminili. Pensò di tornare a cercarla nella strada dove l'aveva vista l'ultima volta, ma poi riflette' che doveva essersi allontanata subito, come aveva fatto anche lui, sapendo di essere inseguita. Certo, avrebbe potuto cercarla a Raven Hill, eppure aveva avuto la sensazione che non avesse fretta di tornare a casa, e Kit non aveva nessuna voglia di spiegare a Raven il perché lei fosse scomparsa. La locanda era il loro unico punto di riferimento e non avrebbe avuto molto senso mettersi a girare Londra in lungo e in largo. Alla fine, dovette riconoscere che non c'era altro da fare che sedersi e aspettare. Hero pedalò senza voltarsi indietro. Quando il suo velocipede andò a sbattere contro la parte posteriore di un carro in movimento, lo lasciò cadere a terra e si arrampico' nel mucchio di fieno che aveva davanti. Augurandosi che il velocipede venisse recuperato dal legittimo proprietario, si nascose in mezzo al fieno e cercò una posizione comoda. Solo quando ebbe ripreso a respirare normalmente si rese conto che Kit non l'aveva raggiunta sul carro. Si aprì uno spiraglio nel fieno, ma di Kit neppure l'ombra. Perfino gli edifici sembravano diversi e lei ne dedusse che il carro doveva aver svoltato, imboccando una strada che l'avrebbe allontanata sempre di più dal suo compagno di viaggio. Colta da un subitaneo moto di panico, fu sul punto di balzare giù, abbandonando il suo momentaneo riparo, ma la prudenza che le aveva evitato tanti problemi in passato la spinse a restare dov'era. In primo luogo, anche se avesse abbandonato il suo rifugio non era garantito che avrebbe ritrovato Kit, il quale poteva benissimo averla superata nel traffico o essere rimasto indietro. Inoltre, il rischio di essere individuata dai due ceffi che li avevano inseguiti fuori dal Three Aces era molto, troppo alto. No, tornare indietro era assolutamente fuori discussione. Quando si fosse procurata una mappa della città, avrebbe potuto noleggiare una carrozza o qualche altro mezzo per farsi portare alla locanda. Ma prima di tutto aveva bisogno di capire dove si trovava. E così, appena il carro rallento', si lasciò scivolare giù e corse a nascondersi all'ombra dell'edificio più vicino. Il suo primo pensiero fu quello di tornare alla locanda, anche solo per accertarsi che Kit stesse bene. Il timore che fosse rimasto ferito le causò una stretta allo stomaco, uguale a quella che le serrava la gola. La sua priorità era scoprire delle informazioni e se fosse rientrata alla locanda non avrebbe fatto passi avanti in tal senso, anche perché il tempo cominciava a stringere. Per la prima volta dopo molti anni - non avrebbe neppure saputo dire quanti - Hero scoprì la speranza. Una scintilla debole e vacillante, ma pur sempre il barlume di una vita alternativa, al di fuori delle mura di Raven Hill. E quella speranza, insieme al piano dal quale dipendeva, le diede forza e determinazione. Fermò un ragazzino e gli offrì una moneta perché corresse al Three Aces e tornasse a riferirle cos'era successo, promettendogli che ne avrebbe ricevuta un'altra al ritorno. Siccome il sole stava per tramontare, esorto' il ragazzino a sbrigarsi. Dopodiché si guardò intorno per cercare un posto dove nascondersi mentre teneva d'occhio la via in attesa del suo ritorno. Per uno degli strani casi del destino, dall'altro lato della strada c'era una libreria, William Strong's. Vi si diresse senza esitazioni. In quel periodo, il cuore del commercio dei libri si trovava nella zona compresa tra Piccadilly, Pall Mall e St. James's, con nuovi negozi che spuntavano come funghi per servire i clienti che vivevano nei nuovi quartieri alla moda di Londra. Di rado le era capitato di condurre affari in quelle librerie, troppo pubbliche, per cui ne conosceva soltanto alcune. Eppure, appena ebbe aperto la porta della libreria, il suo olfatto fu assalito da un odore familiare: inchiostro, carta e rilegature di cuoio.
   
 
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