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Autore: Night_Shadow_1303    21/03/2022    0 recensioni
Joanna Julia, ragazza di ventitré anni, laureata in ingengeria meccanica ed elettronica con il massimo dei voti, dal carattere deciso e testardo, ma anche spiritoso e gentile, all'età di tre anni è stata adottata dalla famiglia Rumlow ed è cresciuta convinta che l'obiettivo dell'HYDRA sia quello di garantire la vera libertà al mondo. Ma un giorno, quando il padre le chiede di lavorare su un progetto di massima importanza, Joanna fa la conoscenza di un certo Soldato d'Inverno. Piano piano, conoscendolo meglio e scoprendo cose inaspettate, la ragazza si trova a dubitare di ciò che ha sempre creduto...
Dal cap.4:
"Quindi, come ti chiami?" chiese la ragazza,
"Sono il Soldato d'Inverno" rispose lui, con gli occhi color del ghiaccio fissi.
"Ok, grazie, quello lo sapevo. Intendevo il nome vero. Non mi piace chiamare le persone in modo troppo formale"
"Non lo so."
"Ho capito, ho capito. Mi sa che mi toccherà sbirciare nel tuo fascicolo. Chissà poi perché nessuno vuole dirmelo... insomma, sono un ingegnere, non un generale, e non ho alcuna intenzione di chiamarti soldato, qualunque cosa dica mio padre. A proposito... non è un problema se ti do del tu, vero?"
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, James ’Bucky’ Barnes, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo aver congedato gli agenti, o meglio dopo averli scacciati con una cortesia palesemente ipocrita che malcelava la sua stizza nei confronti loro e del padre, Joanna chiuse la porta. Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, si girò verso l'uomo seduto in mezzo alla stanza, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, ma senza perdersi probabilmente un dettaglio di tutta la scena.

Era muscoloso, e anche se era seduto non era difficile capire che era piuttosto alto. I capelli castani gli arrivavano poco sopra le spalle e gli occhi del colore del ghiaccio la osservavano attentamente con un'espressione piuttosto fredda e sospettosa.
La ragazza non poté fare a meno di trovarlo piuttosto bello, per poi schiaffeggiarsi mentalmente. Ma come diamine le venivano in mente certe idiozie?

Non appena Joanna si voltò e lo guardò in faccia, però, lui rivolse lo sguardo da un'altra parte, come per evitare un contatto visivo.
'Ok, è palesemente a disagio', pensò lei. 'Magari ha preso la mia dimostrazione alle guardie come una minaccia verso di lui. O magari, che ne so, mio padre l'ha minacciato, come fa troppo spesso, anche se lo fa perché si preoccupa dovrebbe piantarla, altrimenti non sarò mai simpatica a nessuno qui. Non che ci sia una grande simpatia in generale in questa base... sembra un po' un mortorio a volte. In ogni caso, condizione imprescindibile per lavorare su questo braccio meccanico è avvicinarsi, quindi meglio smetterla di stare qui ferma come un'idiota', concluse la catena dei suoi pensieri con un sorriso appena abbozzato.

La ragazza mosse quindi qualche passo, seguita dalla fedele Kayla, fino a raggiungere un tavolo vicino alla pulsantiera collegata alla poltrona metallica e sul quale appoggiò il suo marsupio da corsa con cellulare e chiavi. Dopo aver studiato quella pulsantiera senza capire a cosa diamine dovesse servire, dato che il braccio meccanico ad essa collegato non era nemmeno prensile e la tensione dell'elettricità era troppo alta perché servisse a verificare i circuiti elettrici del braccio meccanico, decise di rivolgersi all'uomo, che sembrava, se possibile, ancora meno a sua agio, per cercare di smorzare la tensione.

"Quindi, come ti chiami?" chiese la ragazza.
"Sono il Soldato d'Inverno" rispose lui, con gli occhi color del ghiaccio fissi.
"Ok, grazie, quello lo sapevo. Intendevo il nome vero. Non mi piace chiamare le persone in modo troppo formale." replicò, trattenendosi a stento dall'alzare gli occhi al cielo.
"Non lo so."
"Ho capito, ho capito. Mi sa che mi toccherà sbirciare nel tuo fascicolo. Chissà poi perché nessuno vuole dirmelo... insomma, sono un ingegnere, non un generale, e non ho alcuna intenzione di chiamarti soldato, qualunque cosa dica mio padre. A proposito... non è un problema se ti do del tu, vero?"
"No." fu la risposta, decisamente secca.
"Comunque, io sono Joanna, Joanna Julia Rumlow. Mi puoi chiamare come preferisci, Joanna, Julia, Jo, Joan, Julie... per me è uguale. Solo, se per te non è un problema, preferirei evitare roba tipo dottoressa Rumlow, che mi fa sentire più vecchia di mio nonno, o signorina Rumlow, che mi fa pensare ad un'anziana zitella, o Julia Joanna Rumlow, perché suonerebbe un po' come una sgridata. Sempre che non sia un problema, si intende." concluse lei, con un sorriso nervoso.
L'uomo annuì, senza proferire parola.

Joanna non riusciva proprio a capire se il suo atteggiamento derivasse dal fatto che lui si sentiva a disagio, dal suo carattere oppure dal proprio comportamento che magari lo aveva irritato in qualche modo, come del resto capitava con quasi tutte le persone che frequentavano quella base e che parevano essere prive della capacità di essere non dico amichevoli, ma almeno vagamente socievoli.
Sperava di no, perché quel giovane era forse l'unico che avesse visto in quel buco di persone una più scorbutica dell'altra di cui il suo istinto non le diceva di non fidarsi. E anche se evidentemente, dopo l'incidente, era un po' andato in tilt, tanto che in certi momenti le pareva di dover stare attenta anche a suo fratello e a suo padre, su chi non era un pericolo non l'aveva mai ingannata.

"Ti sto infastidendo a parlare? Perché se è così mi dispiace, non era mia intenzione, smetto subito. Volevo solo provare a fare un po' di conoscenza, perché sai, credo che lavorerò qui per un po', quindi penso che sia meglio, sai com'è, però non è che voglia costringerti a parlare o ad ascoltarmi se ti do fastidio, quindi dimmi tu, insomma... beh scusami, sto parlando in modo sconclusionato, a volte mi capita, ora smetto." disse.
Ok, adesso probabilmente la riteneva non solo fastidiosa, ma anche una deficiente.
Era davvero diventata così incapace di fare conoscenza con persone nuove?
E pensare che era sempre stata così disinvolta... allora forse aveva ragione Becky, a dirle che avrebbe dovuto ricominciare ad avere una vita sociale degna di tale nome, o per quanto non fosse una vecchia zitella lo sarebbe diventata in fretta.

"No, non c'è problema." fu la risposta, arrivata dopo un attimo di esitazione, dell'uomo.
Joanna sentì come un velo di stupore e di dubbio nella sua voce, e questo la fece restare un attimo interdetta. 
Sembrava quasi che nessuno gli si fosse mai rivolto così, e per quanto non nessuna delle persone che si incontravano in giro per la base lo facesse, statisticamente durante la propria vita di persone che si comportavano come lei se ne incontravano parecchie, tanto che la ragazza considerò la possibilità che avesse per davvero una qualche forma di amnesia.
Forse allora non le aveva detto il nome perché effettivamente non ricordava nemmeno quello e, con la loro proverbiale mancanza di qualunque tipo di simpatia, ad una domanda di quel genere gli agenti gli dovevano aver risposto qualcosa del tipo 'questo esula dal suo incarico'. 
Questo, in ogni caso, le fece crescere il desiderio di scoprire di più sul suo conto, benché ci fosse indubbiamente una parte di lei che le suggeriva di usare il buonsenso e farsi i fatti suoi. Parte che lei regolarmente trascurava prima dell'incidente e che, poi, era invece diventata preponderante, ma che in quel caso evidentemente sembrava aver bisogno di una bella batteria nuova, tanto era debole.

Rimandando alla pausa pranzo questa sua curiosità, la ragazza si mise quindi al lavoro, esaminando il braccio meccanico. 
Non era un compito facile, dato che nessuno le aveva detto come funzionasse, come fosse fatto o quale fosse di preciso il problema, e nemmeno il suo proprietario, da quanto intuì dalle sue risposte monosillabiche, ne sapeva molto di più.
Senza contare che non aveva neanche modo di mostrarle quali erano i movimenti impediti, essendo ammanettato alla sedia, e che anche volendo liberarlo la ragazza non aveva idea di quali fossero i pulsanti giusti e non voleva fare sciocchezze, ma d'altra parte se avesse chiesto non glielo avrebbero mai lasciato fare, o suo padre avrebbe mandato almeno una ventina di guardie armate vagamente simili a stormtrooper dei poveri caduti nel carbone. 
Inoltre non c'era uno straccio di strumentazione adatta a fare dei test per i circuiti senza dare delle scosse assurde, né uno schema di funzionamento del braccio... insomma, doveva individuare un problema ignoto basandosi sul nulla cosmico. Facile, no?

Dopo una laboriosa analisi del braccio, vale a dire dopo aver osservato ogni centimetro quadrato dello stesso con e senza le placchette di copertura, riuscì finalmente a trovare come una sorta di bruciatura, come se qualcuno gli avesse dato una scossa. 
Forse era il segno di un taser, come quelli che avevano i buonisti dello S.H.I.E.L.D.
A questo punto, probabilmente la cosa migliore era provare a chiedergli qualche dettaglio della missione, sperando che ricordasse almeno quella.

"Posso chiederti una cosa? Sulla missione che hai fatto ieri?" domandò quindi all'altro.
L'uomo, che fino a quel momento sembrava un po' più rilassato, all'udire quella domanda contrasse improvvisamente la mascella, serrò i pugni e riprese l'espressione dura e sospettosa che aveva all'inizio. 
"Rapporto missione?" chiese, con una voce fredda e quasi impersonale, che fece trasalire la ragazza.
"No, no... non è quello, era... ma... senti, non importa, lascia stare." rispose lei, cercando di capire la ragione di questo mutamento repentino di atteggiamento. 
"Ehi... è tutto a posto?" gli chiese poi, dopo un attimo di esitazione.
"Sì." rispose lui, con aria diffidente.
Era chiaro che non era così, ma Joanna sapeva più che bene che quando qualcuno fingeva che andasse tutto bene, era perché non voleva parlare del problema, o perché non se la sentiva o perché non si fidava.
In ogni caso, forzarlo a parlarne sarebbe stato solo peggio, quindi, almeno in base all'esperienza di Jo, la cosa migliore era lasciar perdere, almeno per il momento. E così fece.

In ogni caso, la questione non era che rimandata. 
Durante la pausa pranzo avrebbe senza dubbio trovato il modo di dare una sbirciatina al suo fascicolo.
Si chiese per un attimo se quella potesse essere, forse, una violazione di privacy, ma si rispose che, se effettivamente aveva un'amnesia, sarebbe stato solo contento di saperne di più su chi era, mentre se le aveva mentito perché non voleva che sapesse niente... beh, a un certo punto, fatti suoi. Avrebbe dovuto pensarci prima e inventarsi qualcosa di diverso.

(Time skip)

Si erano ormai fatte le dodici e mezza passate, e Joanna decise che era ora di pranzo, nonché della passeggiata di mezzogiorno di Kayla. 
Quindi rimontò le placchette metalliche di copertura e mise a posto gli attrezzi.
"E' ora di pranzo" disse, rivolgendosi all'uomo per la prima volta dopo quello che era successo menzionando la missione "io vado a prendere qualcosa da mangiare fuori, perché qui non è che abbiano dei gran menù qui... beh, insomma, quello che volevo dire è solo che ora vado e..." ma qui s'interruppe, incontrando il suo sguardo, che era rivolto da un'altra parte, perso nei suoi pensieri.
Nei suoi occhi Joanna poté leggere chiaramente una profonda tristezza, e questo le fece cambiare idea. Era vero che non lo conosceva e che, come le diceva suo padre, avrebbe dovuto farsi ogni tanti i fatti suoi, ma odiava vedere le persone tristi, e voleva assolutamente fare qualcosa per cercare di rallegrare quel giovane, che le sembrava tanto solo.

"Ascolta, sai cosa? Sarai sicuramente stanco anche tu di barrette energetiche e cibi liofilizzati, quindi, sempre se ti va s'intende, posso prendere qualcosa da asporto anche per te, vedo di metterci poco anche se devo anche portare la mia cagnolina a fare una passeggiata, e torno qui, così mangiamo insieme. Che ne dici?" chiese.
L'altro rimase piuttosto stupito da quella proposta, ed esitò un bel po' prima di rispondere, come se pensasse che non fosse una vera domanda.
"Allora? Dico davvero, ti va o no? Se non ti va non c'è problema, non mi offendo, era solo-"
"Va bene." fu la risposta, con un tono che lasciava trasparire ancora un po' di dubbio e di incertezza.
"Ottimo! Ti va bene qualcosa tipo fast food? O preferisci dell'altro? Cosa ti prendo?"
"Qualunque cosa."
"Ok, allora a tra pochissimo!" salutò la ragazza, precipitandosi fuori con il suo cane al seguito.

Certo, era vero che aveva effettivamente un certo appetito e che doveva portare Kayla a spasso, ma soprattutto era maledettamente curiosa di saperne qualcosa di più sull'uomo con cui stava lavorando e la sua priorità in quel momento era dare una sbirciatina al suo fascicolo. Tutti quelli che lavoravano lì ne avevano uno, lei compresa, e per quanto essere letteralmente schedata le desse un po' fastidio, il sistema poteva sempre tornare utile anche a lei se voleva scoprire qualcosa di più sugli altri.

Ovviamente, non aveva intenzione di improvvisare.
Nella sua mente si era già formato un piano vero e proprio, con tanto di piano B e di possibili giustificazioni da darsi nel caso fosse beccata nell'archivio a curiosare nel fascicolo. 
Da quando a quindici anni aveva letto il dossier sulle tattiche di spionaggio lasciato accidentalmente incustodito dal padre, era diventata una vera professionista. 
Le tecniche erano decisamente utili, ma soprattutto aveva imparato ad adattarle ai suoi scopi. 
E se a scuola non era diventata una copiatrice accanita, era solo perché riusciva comunque bene nella maggior parte delle materie. 

Dopo essere entrata nel quarto corridoio a destra, si avvicinò alla porta che ospitava l'archivio e, guardatasi intorno per essere sicura che nessuno la vedesse, spinse delicatamente la porta e scivolò all'interno, per poi accostarla nuovamente. 
Come aveva preveduto, non c'era nessuno.
Del resto era facile prevedere le azioni di persone rigide, serie e abitudinarie come quelle che lavoravano lì, tanto più che, se avevano mille precauzioni contro coloro che potevano essere una minaccia, parevano non interessarsi minimamente ai motivi delle azioni di uno di loro, anche a causa di tutta la segretezza.
Decise che accendere la luce sarebbe stato meglio, poiché anche se a quell'ora era molto improbabile, se qualcuno passava lì davanti era solo per andare nell'archivio, quindi sarebbe entrato comunque, e farsi trovare con una torcia in mano sarebbe stato eccessivamente  sospetto, anche per persone abituate a pensare agli affari propri e a non farsi troppe domande sul comportamento degli altri membri dell'HYDRA.

Si avvicinò all'angolo sinistro della stanza, dove venivano tenuti i fascicoli che non avevano un posto fisso perché lì solo temporaneamente, e iniziò ad aprirli con cura, cercando uno che avesse al suo interno una foto dell'uomo.
Non fu un compito difficile, perché, con la mania della rigorosa precisione e dell'ordine che c'era in quella base i fascicoli che non avevano una collocazione precisa erano sempre pochissimi.
Inizialmente, in ogni caso, fece un po' fatica a riconoscerlo, perché nella foto aveva i capelli corti, senza contare che era in bianco e nero. Aspetta, cosa? Quando era stata scattata? Non potevano essere passati più di tre o quattro anni da allora, quindi come mai era in bianco e nero? 

Sempre più incuriosita, iniziò a leggere dalla prima pagina:

'Soggetto: James Buchanan Barnes
Nato il: 10 marzo 1917
Sergente nel 107° reggimento dell'esercito americano dal 1942 al 1943

La ragazza interruppe la lettura, cercando di processare le informazioni nel suo cervello.
No no no, tutto questo non aveva assolutamente alcun senso! Come diamine era possibile? Avrebbe dovuto avere quasi ottant'anni, non tra venticinque e trenta!
Era talmente scioccata che non si accorse nemmeno dei passi che si avvicinavano, né di Kayla che le dava delle musate silenziose per avvertirla.

"Joanna! Cosa. Stai. Facendo. Esigo delle spiegazioni, subito." tuonò la voce autoritaria di suo padre, strappandole di mano il fascicolo con un cipiglio scuro e severissimo, che non prometteva nulla di buono.
La ragazza di schiaffeggiò mentalmente. Non era proprio da lei farsi sorprendere così. Da quando abbassava la guardia così facilmente? 
Ah giusto, da quando scopriva di lavorare con una persona che avrebbe dovuto essere poco più giovane di suo nonno e invece aveva pochi anni più di lei.

"Oh ciao papà" rispose con un sorriso dall'aria innocente dopo qualche istante di esitazione.
"RISPONDIMI, ORA!"
Ok, era proprio arrabbiato.
"Ok, ok, tranquillo... vedi, ero venuta a chiederti i soldi per andare a comprare qualcosa, poi venendo verso il tuo ufficio ho intravisto l'archivio e mi sono detta: 'Beh, proviamo a vedere se c'è il fascicolo della persona con cui sto lavorando, che magari contiene qualche informazione in più sul funzionamento del braccio meccanico.' Perché sai, non è proprio la cosa più semplice al mondo riparare qualcosa che non sai come funzioni, so che non sei un ingegnere ma essendo padre di una, nonché figlio di uno scienziato penso che tu ci arrivi tranquillamente." 
"Avresti dovuto chiedermi." rispose il padre, gelido.
"Magari eri impegnato, come sempre quando ti chiamo perché ho voglia di fare due chiacchiere" rispose lei, con una punta di amarezza nella voce "E poi volevo capire da dove saltava fuori. A proposito, il fascicolo è stato scritto da un ubriaco o c'è una spiegazione al fatto che una persona abbia quasi ottant'anni quando sembra averne meno di trenta?"
"Non ti riguarda."
"Mi riguarda sì, visto che ci devo lavorare io con lui. E sappi che non credo alle creme antirughe, quindi vorrei una spiegazione convincente, grazie."
"E va bene... Allora, ha combattuto nell'esercito americano, è quasi morto ma è stato salvato dall'HYDRA e da allora è diventato il Soldato d'Inverno e ha combattuto con noi. Nei periodi in cui non è impegnato in missioni, resta in sonno criogenico, anche perché è creduto morto. Adesso ti ho spiegato tutto, ma non osare dirglielo. Ha una sorta di amnesia ed è meglio che non sappia nulla di tutto ciò che ti ho detto, potrebbe renderlo instabile e pericoloso, mi sono chiarito?"

"Sì, sei stato chiaro." rispose lei. In ogni caso, gli aveva detto solo che era stato chiaro, non che lei avrebbe seguito le sue indicazioni.
Aveva come l'impressione che il giovane fosse stato non dico costretto, ma sicuramente un po' forzato ad aiutarli. Della serie: noi ti abbiamo salvato, ora tu devi aiutarci. Che per gli altri membri dell'HYDRA era la normalità, ma a lei comunque non andava a genio.
Sì, gli avrebbe raccontato tutto quello che aveva appena saputo. 
Ma adesso c'era una questione più urgente da risolvere. 

"Allora, questi soldi per il pranzo me li vuoi dare o no? Guarda che ho fame, eh!"

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Buonciorno pulchrae persone!

Come va?

Allora, innanzitutto c'è da dire che con questo capitolo e il precedente ho battuto il mio record di pubblicazione lenta🐌🐌🐌, scusatemi un sacco! Non sto ad accampare scuse perché non credo che abbiate voglia di leggerle né io ho voglia di inventarle, quindi vi dico che a parte la tonnellata di compiti  e di verifiche a scuola (fun fact: domani ho una verifica di fisica, proprio come il giorno dopo quello in cui avevo finito lo scorso capitolo. Che sia fisica ad ispirarmi?), ci ho messo tanto più che altro perché questo capitolo (che è venuto super lungo, scusate) proprio non aveva voglia di farsi scrivere, mannaggia a lui!

Ma bando alle ciance e ciancio alle bande (e basta con certi discorsi tristi!), parliamo del capitolo. In questo capitolo vediamo il primo incontro diretto tra Jo e Bucky, si spiega qualcosa ma soprattutto si introducono più misteri! Cosa sarà "l'incidente"? (non è automobilistico, ve lo assicuro) Ma soprattutto, il padre di Jo le sta nascondendo qualcosa?Beh, se avete visto i film la risposta è ovvia, la domanda è più che altro: perché?

Eheheheh... lo scoprirete solo vivendo!

Ok, fine momento zen nonché della lunghissima nota della rompi autrice.

Gud bai, alla prossima!👋👋👋

 

   
 
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