Serie TV > Wynonna Earp
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Autore: aurora giacomini    30/03/2022    0 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Waverly attese che Wynonna e Nicole si chiudessero la porta alle spalle. Aveva preferito lasciarle sole per occuparsi di un paio di cosette -e per stare un attimo distante da Nicole, anche solo per elaborare la cosa-. Per dare un senso di normalità a quella mattina. Se solo avesse trovato un modo per darlo anche a quei giorni, un senso di normalità.

Riaccese il caminetto e si mise alla ricerca di Galileo.

Lo trovò qualche minuto dopo sotto il divano. Gli occhi brillavano nella semi-oscurità come lune irreali: un colore indefinito tra il verde e il giallo.

“Ti sei preso uno spavento anche tu, non è così?” Cercò di usare un tono dolce e rassicurante. “Lo so che hai ancora paura, ma è passato. E' sicuro ora.”

Riuscì a farlo uscire dopo un paio di minuti di rassicurazioni e dolcezza.

La seguì in cucina, anche se ci mise un po' per convincersi che non c'era pericolo.

“Ti metterò dell'altro latte, va bene?” Raccolse il piatto, che non si era frantumato perché era di plastica, e lo sciacquò nel lavandino. Dopo averlo riempito di latte, lo posò a terra e tornò nel salotto.


 Si lasciò cadere sul divano, preda di una stanchezza dell'anima, più che del corpo. Ascoltò per un po' le voci ovattate di Wynonna e Nicole. Non riuscì ad afferrare il senso di quello che dicevano. Non era il suo obbiettivo.

Mi vergogno. Non volevo che Nicole mi vedesse in quel modo... ho perso il controllo. Ho perso il controllo. Perché?

Aveva ragione lei: non ero nulla per Henry. E lui non era nulla per me. E' vera quest'ultima affermazione? Non ne sono sicura. Chi ha deciso che per essere importante, una persona debba esserci da molto tempo? Quanto tempo? Se un estraneo, per esempio, ti salva la vita? Certo, Henry non mi ha salvato la vita, ma... mi ha dato qualcosa. Qualcosa di molto prezioso: mi ha fatto capire che l'amore che sogno non esiste solo nelle storie. E' importante per me, quindi anche lui era importante... in qualche modo.

Mi sono arrabbiata, perché Nicole... Lei sapeva sarebbe morto... pensavo non lo volesse aiutare. Pensavo non le importasse. Non la conosco, non potevo indovinare le sue intenzioni, le sue ragioni.

Io non conosco Nicole.

Ho avuto un pregiudizio: l'ho accusata di essere un'insensibile. Ho pensato fosse egoista e malvagia. Ho pensato si sentisse superiore, che rimanesse semplicemente ad osservare ciò che aveva previsto senza provare ad aiutare. Ho pensato fosse cattiva, quando quella che non è stata corretta... sono stata io.

Galileo le saltò sulle gambe, senza riuscire ad interrompere il treno dei pensieri. Lo accarezzò delicatamente mentre la sua mente ripercorreva quello che era successo quella mattina.

Ho messo da parte la ragione perché avevo paura, ho agito d'istinto. Ho visto il volto del nonno... ho provato di nuovo quel senso di vuoto e gelo... Perché è dovuto succedere di nuovo? Non voglio mai più sentirmi così.

Non posso salvare nessuno, non ha neppure senso che ci provi...

Non è vero.

Qualcuno che posso salvare c'è: Wynonna. Devo trovare il modo di farla smettere di fumare.

Nicole si occuperà della presenza invisibile, io la farò smettere di fumare.

Non posso perdere Wynonna. Non potrei sopportarlo. Lei è tutto ciò che mi rimane. Non voglio perdere anche mia sorella.

Non perderò mia sorella.

Il suono della maniglia che scattava la riportò alla realtà. Si affrettò ad asciugarsi le lacrime.

La porta rimase chiusa. Ne approfittò per spostare Galileo e andare in cucina. Non voleva farsi vedere di nuovo piangere.

La porta si aprì mentre lei varcava la soglia della cucina. Wynonna e Nicole entrarono portando un po' gelo.


 “Mi sono dimenticata di fare il caffè”, mormorò quando la raggiunsero in cucina. Dava loro le spalle, ma sapeva che entrambe la stavano osservando: sentiva il loro sguardo tra le scapole.

“Non importa.” Sentì Wynonna spostare una sedia e sedersi. “Stai bene?”

Ci fu un altro suono: una sedia che veniva spostata, sì, ma in modo diverso. Probabilmente quella che aveva colpito Wynonna e che era stata abbandonata dissimmetricamente rispetto al tavolo. A giudicare dal sospiro -e dal fatto che non ci fossero altre persone- doveva trattarsi di Nicole.

“Sto bene.”
 

Waverly appoggiò tre tazze colme di caffè fumante e chiese: “Ti prendo della grappa, Wynonna?”

“Grazie.” Prese una delle tazze e l'avvicinò a sé. “Ne ho bisogno.”

Tornò vicino al lavandino e dallo sportello recuperò la bottiglia che aveva messo via qualche ora prima. La posò sul tavolo e si sedette con loro. Guardò brevemente in direzione di Nicole: non la stava guardando. Aveva gli occhi fissi sul tavolo.

“Allora”, cominciò Nicole, prendendo a sua volta una tazza, “mi piacerebbe fare il punto della situazione. Fare delle domande e cose del genere. Ormai è un giorno che sono qui, è ora di iniziare a lavorare.”

“Prego”, la invitò Wynonna. Si versò un goccio di grappa nel caffè. Ce ne stava poca perché la tazza era piena, ma l'avrebbe riempita a poco a poco. “Voglio che questa situazione del cazzo si risolva il prima possibile!”

“Allora. Se ricordo bene, nella e-mail facevate coincidere la comparsa di anomalie a circa tre settimane fa, giusto?”

“Giusto”, confermò Wynonna. “Di punto in bianco la casa è... impazzita!”

“Vorrei che ci pensaste con calma, con attenzione. Cos'è successo il quel periodo?”

La cucina rimase immersa nel silenzio per qualche secondo, forse un intero minuto. Poi Waverly mormorò: “C'è stata-” Si schiarì la gola: “C'è stata una scossa di terremoto, quella notte.” Alzò brevemente gli occhi su Nicole, ma i suoi erano ancora impegnati a fissare il tavolo.

Sta evitando il mio sguardo...

“Sì”, intervenne Wynonna, “ma l'abbiamo scoperto la mattina dopo: nessuna di noi due si è svegliata. Non è stata una gran cosa.”

“Capisco.” Nicole prese un sorso di caffè; poi chiese: “Avete cominciato a sentire qualcosa di strano la mattina o la notte?”

“La notte seguente. C'erano strani rumori e... non lo so, l'atmosfera era diversa”, spiegò Wynonna. “Da quella volta non abbiamo più avuto una notte tranquilla, a causa di strani suoni e altro.”

“Okay.” Finalmente Nicole alzò lo sguardo. Però dedicò l'attenzione a Wynonna. “Ricapitolando. Tre settimane fa, in coincidenza con una scossa ti terremoto... Una domanda: se non vi siete accorte di nulla, come fate a sapere che ci fu il terremoto?”

“In città c'era gente che ne parlava. Katie dell'Happy Break, in particolare, ci raccontò di essersi svegliata col lampadario che dondolava.”

“Ah, ora ho capito.” Gli occhi di Nicole erano ancora su Wynonna e non sembravano intenzionati a spostarsi di lì. “Allora. Tre settimane fa, l'inizio. Ma è stato solo ieri sera che, diciamo così, c'è stata una manifestazione importante. Quando tu, Wynon-”

“Quand'ero brilla!”, si affrettò ad intervenire. “Brilla. Doccia!”, puntualizzò.

“Stavo per dire che stavi facendo la doccia, sì...”

“Oh... okay. Scusa.”

Che stanno facendo?, si chiese Waverly.

“Dicevo. Quando facevi la doccia. Abbiamo già parlato di cambi di energia, ma ne hai avuti altri in queste tre settimane. La differenza è la mia comparsa: un'energia in più. Un cambiamento. Se vogliamo... una minaccia.”

“Ha senso... credo.” Finalmente il caffè era sceso abbastanza da lasciare spazio alla grappa; Wynonna ne approfittò subito. “C'è un altro dettaglio che prima ho omesso. Non so se può essere importante...”

“Tutto quello che ti viene in mente”, la incoraggiò Nicole, “qualunque cosa potrebbe aiutarmi a capire.”

Alzò la mano. “Quando mi sono tolta l'anello... ho provato un senso di disagio. Come se fosse sbagliato farlo. Non so se ha senso.” Lo sfiorò col dito. “Lo tolgo molto raramente, a volte lo tengo anche quando faccio la doccia o altro. Non so se l'ho tolto, in queste tre settimane, però so che ieri sera mi è sembrato sbagliato farlo, ecco.”

Waverly si alzò. Sapeva cosa stava per succedere: non avrebbe retto un altro momento del genere. Altro dolore.

“Vado a farmi una doccia, ho ancora freddo.”

Nicole si voltò verso di lei. I loro occhi si incrociarono per un secondo appena; poi Waverly lasciò la stanza. Non era pronta neppure per quello.

Nicole attese qualche secondo, poi: “Posso?” Allungò la mano verso quella di Wynonna, mostrando l'intenzione di avere un contatto.

Allungò a sua volta la mano verso quella di Nicole: “Certo.”
Nicole evitò con cura la pelle della donna dai capelli neri; mirò con precisione all'anello col drago. Non sarebbe stato come toccare i vestiti: quell'anello aveva un'anima sua, distinta dalla persona che l'aveva indosso.

Quando il polpastrello incontrò la superficie tiepida d'acciaio, fu investita da una miriade di emozione e sensazioni diverse, a volte in contrasto tra loro.

Chiuse gli occhi.

“Cosa...? Non lo so. Hai visto, sentito qualcosa?”, chiese Wynonna, quando Nicole allontanò la mano. Non era certa di volere una risposta.

“Occhi neri...” mormorò senza accennare a riaprire i suoi. “Calore... tenerezza... amore, presumo.” Li riaprì. “Immagino che lui non sia più qui.”

“Come sai che era un lui?” Sorrise; un sorriso triste, o forse solo malinconico, tenero. “Gregory è morto cinque anni fa...”

“Non voglio essere indelicata, ma... è successo qui?”

“No...” Si asciugò una lacrima. “No, non è morto qui. Stava venendo da me, ma... un camion ha travolto la sua auto e...” Le si spezzarono le parole in bocca. Cercò comunque di terminare quello che voleva dire: “Non ha sentito... non ha sentito nulla: è morto sul colpo.” Non provò più a trattenersi. Singhiozzando proseguì: “E-eravamo innamorati... lui vol- voleva sposarmi...”

Nicole sospirò. Era chiaro che volesse consolarla, ma era altrettanto chiaro che non volesse toccarla. Che non volesse sentire.

Decise di versarle dell'altra grappa nel caffè. Decise fosse una buona via di mezzo.

“Bevi...” le avvicinò la tazza, “a volte non c'è vergogna nel rincoglionirsi di proposito.”

Wynonna si limitò ad annuire e accettò la tazza, che vuotò in un sorso. “Grazie”, disse poi.

Nicole attese che Wynonna ritrovasse il contegno, che l'alcol l'aiutasse a ritrovarlo... o che glielo facesse perdere del tutto... insomma, attese un cambiamento.

“Non voglio, lo ripeto, essere indelicata, ma vorrei farti qualche altra domanda. Va bene?”

Wynonna annuì.

“Okay, bene. Che tu sappia, qualcuno ha intrapreso il viaggio fra queste mura, o in questa proprietà? Non mi riferisco al modo in cui tuo nonno ha lasciato questo mondo per quello degli spiriti: quello è stato sereno e consapevole. Parlo di una fine violenta o inaspettata... mi spiego?”

“Ho capito, sì”, confermò Wynonna, versandosi altra grappa. “Ci devo pensare un momento... non ho le idee chiare, al momento.”

Nicole comprese invece che Wynonna aveva le idee molto chiare riguardo a qualcosa di veramente specifico, ma cercava di prendere tempo. Lo comprese semplicemente osservando il linguaggio del corpo della donna che aveva dinnanzi.

“Facciamo una pausa”, disse e si alzò. “Non voglio stressarti, non mi sembra per nulla una buona idea.”

Nicole non era una donna arrendevole, era semplicemente saggia abbastanza da capire quando fermarsi. Solo come al rosso del semaforo, solo una pausa.

“Pensavo...” Wynonna non concluse. Non voleva concludere: le stava bene così, più che bene.

“Vado a vedere la stanza che mi hai riservato, se non è un problema.”

“Accanto al bagno, sulla sinistra.”

“Grazie, Wynonna.”


 

<)o(>


 

Waverly uscì dalla doccia e prese l'accappatoio verde-acqua, lo stesso usato la sera prima da Nicole.

E' stata carina, pensò, me l'ha messo sul termosifone ad asciugare. Lo avvicinò al viso. C'è il suo odore...

Uscì dal bagno -ancora con l'accappatoio indosso-, e Nicole salì l'ultimo gradino.

Si guardarono per un momento.

Quel piccolo corridoio era ora terra di nessuno: Nicole non era un'estranea in casa sua; Waverly non era la padrona di casa colta nell'intimità dalla sua quotidianità.

Erano solo due donne che sembravano vedersi per la prima volta.

“Ehi”, mormorò Nicole, accennando un sorriso. “Possiamo parlare?”

Parlare...? Possiamo solo guardarci? Possiamo solo lasciare che i nostri occhi si dicano quello che davvero abbiamo dentro, Nicole? Perché io ho tanto bisogno di capire cos'hai nel cuore, ma ho anche bisogno di interrogare me stessa.

“Certo.” Le indicò la stanza accanto: “Ho solo messo la roba pulita, meglio: l'ho appoggiata sul materasso. Poi sono andata a fare la doccia. Possiamo parlare e lavorare...”

Nicole sorrise e annuì.


 “Arieggerò un pochino”, disse Waverly, aprendo la finestra. “Lo so che fa freddo, ma questa stanza è chiusa da molto tempo.”

“Chi l'abitava?”, volle sapere Nicole, aprendo due ante dell'armadio. Aveva portato la valigia e ora si apprestava a sistemare le sue cose.

Era un armadio davvero grande, di quelli antichi in legno massello. Anche il letto era grande -non come quelli moderni, perché un tempo le persone erano più piccole, ma era comunque un matrimoniale- e aveva un aspetto antico: legno di noce -lo stesso usato per l'armadio- intagliato a formare onde e fiori. Al centro della testata c'era anche una specie di stemma: un bassorilievo con due cavalli rampanti e al centro di essi c'era una rosa.

“Mamma e papà”, rivelò Waverly senza voltarsi. Tenne gli occhi sull'orizzonte innevato. “Era la loro stanza. Wynonna ed io...” Sorrise. “Niente, era una cosa sciocca.”

Nicole lasciò perdere i vestiti e si voltò a guardare la schiena di Waverly.

“Non penso esistano ricordi sciocchi.” Si fermò alle sue spalle. “Richiudi la finestra, o lascia che sia io ad occuparmene: sei ancora in accappatoio e i tuoi capelli sono umidi. Non voglio che ti ammali.”

E' logico pensare che stessi per parlare di un ricordo. Logico, ma non così scontato. Mi chiedo se sia così premurosa con tutti...

“Hai ragione.” Inspirò l'aria fredda e poi si ritrasse per chiudere la finestra. Tuttavia, continuò a guardare fuori, evitando gli occhi di Nicole.

“Tu e Wynonna...?” Le appoggiò una mano sulla spalla. “E' un ricordo felice”, constatò.

Waverly cercò di non irrigidirsi sotto il tocco di Nicole.

Si comporta normalmente... forse è meglio così.

“Lo è. E' un ricordo felice.” Sorrise. “La domenica mattina, Wynonna ed io saltavamo sul letto e ci mettevamo fra mamma e papà. Loro ci coccolavano e parlavamo di quello che avremmo fatto al lago. Andavamo al lago ogni domenica, anche se pioveva o nevicava. Potevamo anche rimanere in macchina a guardare semplicemente le acque e raccontarci delle storie... quella fu un'idea di Wynonna: le è sempre piaciuto inventare storie.” Si voltò lentamente in modo che Nicole non si sentisse obbligata a togliere la mano. “Erano storie di paura, quelle di Wynonna.”

“E le tue?”, chiese, guardandola negli occhi.

Waverly abbassò lo sguardo e rivelò: “D'amore... le mie erano storie d'amore. Avevano sempre un lieto fine.”

“E i tuoi genitori raccontavano delle storie?”

“Lo facevano.” Si concentrò sui bottoni della camicia di Nicole. “Papà raccontava storie d'avventura; erano quasi tutte ispirate ai film del famoso avventuriero: Indiana Jones. Non aveva una grande fantasia...” rise. “Ma era bravo con i dettagli. Mamma invece raccontava ogni tipo di storia; era una scrittrice, come Wynonna. Scriveva libri per l'infanzia, ed era una maestra delle elementari.”

Nicole ritrasse la mano e se la mise in tasca.

“Hanno ricevuto qui il bacio?”

Ecco perché ha smesso di toccarmi... Il bacio... il bacio. Non usa mai la parola morte, proprio mai. Ha detto ''bacio'' anche quando... prima...

“Perché... voglio dire, perché eviti alcuni termini?” Non smise di osservare i bottoni; ormai conosceva a memoria il giro del filo nei fori. “C'è qualcosa di male a dire... morte?”

“Assolutamente no.”

Waverly alzò finalmente lo sguardo: “Okay. Non sono morti qui. E' successo in Europa, durante la loro seconda luna di miele.”

“Ho capito.” Sembrò riflettere su qualcosa, o forse cercava semplicemente le parole: “So che tuo nonno ha lasciato questo mondo da questa casa. Quello che vorrei sapere è se qualcuno è partito da qui in modo non così sereno.”

Waverly distolse di nuovo lo sguardo. “Non che io sappia”, mormorò.

Nicole ne era ormai certa: le sorelle Earp nascondevano qualcosa.

  
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