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Autore: eddiefrancesco    31/03/2022    0 recensioni
L'umore di Christopher Marchnet è cupo come le nuvole nere che sovrastano la sua residenza.
Eppure quando un lampo illumina una damigella in difficoltà, lui si comporta da gentiluomo.
Per Kit comincia così un eccitante avventura insieme alla misteriosa Hero Ingram, alla ricerca di un libro scomparso da oltre un secolo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando fu finalmente soddisfatta di come aveva sistemato i propri indumenti, la zia di Charlie Armstrong si voltò a esaminare la stanza. «Ah, siete laggiù, Charlie!» esclamò, salutando il nipote con il fazzolettino di pizzo. Strizzo' gli occhi in direzione di Kit e si diede un colpetto sul seno enorme, dalle cui misteriose profondità estrasse un paio di occhiali. «E costui chi sarebbe?» «Vi presento Mr. Christopher Marchant» annunciò Charlie con un'occhiata di scusa a Kit. «È un mio amico. Per molti anni è stato vicino di casa di William ed Elizabeth.» «William ed Elizabeth! Oh!» La zia si lasciò cadere su un'ampia poltrona. «Quante volte ho detto alla loro madre di avere più polso con quei ragazzi. E quante volte il più giovane si è messo nei guai! Un vero briccone.» Nonostante Kit conoscesse molto bene tutta la famiglia degli Armstrong, non gli ci volle molto a perdere il filo della conversazione, se così la si poteva definire. Charlie fece del suo meglio per mostrarsi interessato, mentre Mrs. Armstrong continuava a chiacchierare senza sosta. Non sembrava maligna, solo ansiosa di esprimere la propria opinione riguardo a tutto e a tutti. Probabilmente avrebbe portato Hero all'esasperazione, pensò Kit, mentre lui era stato costretto tanto spesso ad ascoltare suo padre e i suoi amici letterati da riuscire a sviluppare l'arte di annuire ogni tanto, al momento opportuno, mentre ascoltava un discorso aggrovigliato. Quel giorno, tuttavia, stava quasi per addormentarsi quando un'improvvisa nota stridula nel tono di Mrs. Armstrong lo riportò bruscamente alla realtà. «Mrs. Marchant! Mi chiedo, questa giovane donna su cui devo vegliare... dov'è?» «Sta riposando, zia» rispose Charlie. «Ha chiesto di non essere disturbata.» Le parole di Charlie, unite alle ombre lunghe che si cominciavano a vedere fuori, fecero balzare in piedi Kit, di colpo allarmato. «Vado a controllare.» Mrs. Armstrong emise un suono strozzato e Charlie chiamò subito una cameriera per affidarle il compito di andare da Hero, ma Kit si trattenne a stento dal precipitarsi di sopra. «Davvero, giovanotto, se fate delle affermazioni tanto oltraggiose non potete aspettarvi che io funga da chaperon. E come mai siete tanto pallido?» L'anziana signora sollevò gli occhiali per esaminare Kit. «La fanciulla non sarà ammalata, vero?» Il nuovo argomento le diede l'occasione per dilungarsi in un dettagliato resoconto di una giovane donna che aveva sofferto di un violento attacco di gotta. «Ma data l'età sembra strano, non è vero?» chiese a nessuno in particolare. La cameriera che era stata mandata a bussare alla porta di Hero ricomparve in salotto. «Nella stanza non c'è nessuno» riferì scuotendo la testa. «Non capisco» disse Charlie. «Nessuno l'ha vista uscire?» «No, signore» rispose la ragazza. «Posso chiedere al personale in cucina, ma se la giovane signora fosse passata da quella parte l'avrebbero riferito alla governante.» «Come ha fatto a sparire, allora?» Charlie si rivolse a Kit. D'un tratto sembrava turbato. «Non penserete che qualcuno possa essersi introdotto in casa per... portarla via, vero?» Davanti alla sua espressione inorridita, Kit scosse la testa. «Deve essere uscita dalla finestra.» «Dalla finestra? In pieno inverno?» La voce di Mrs. Armstrong si levo' stridula nel salotto e la donna fissò a bocca aperta prima il nipote, poi il suo ospite. Senza replicare, Kit uscì in fretta dalla stanza, ma fece in tempo a udire l'anziana signora che proseguiva, rivolta al nipote: «Mio caro ragazzo, devo dire che mi avete affidato un compito davvero complicato. Non so proprio se...» Salì in camera di Hero e una rapida perlustrazione gli confermò che lei era fuggita con indosso gli abiti femminili presi in prestito. Ma perché? Andò ad aprire l'armadio dove l'aveva vista nascondere il libro: il pacco era sparito. I dubbi che un tempo l'avevano tormentato ripresero vita, alimentati dal ricordo della scarsa capacità di giudizio di cui lui aveva dato prova appena arrivato a Oakfield Manor. Quell'esperienza l'aveva portato a diffidare del proprio istinto e ora Kit si chiese se si fosse sbagliato anche riguardo a Hero. Forse lei l'aveva menato per il naso per tutto il tempo e, avendo trovato l'autentico Mallory, stava correndo a incassare la ricca ricompensa. Quei pensieri gli attraversarono la mente in un baleno, ma subito Kit li cancellò. Giusto o sbagliato che fosse, il suo cuore prevaleva sulla ragione e lui non era disposto a lasciare andare Hero prima di avere chiarito la faccenda con lei una volta per tutte. Imprecando tra sé e sé, si disse che non avrebbe mai dovuto lasciarla sola. In futuro, avrebbe potuto addirittura legarla a sé con una catena e un lucchetto. Se ci fosse stato un futuro. Quel pensiero lo spinse ad agire. Avrebbe chiesto in prestito un cavallo a Charlie e poi... Già, dove sarebbe andato? L'istinto gli diceva che lei era tornata a casa. E questo significava che lo aspettava una missione impossibile: introdursi come un ladro a Raven Hill. La pioggerellina gelida, di cui Mrs. Armstrong si era tanto lamentata, aveva smesso di cadere e si era lasciata dietro qualche pozzanghera fangosa. Al tramonto, con la nebbia che era calata, la prima immagine che Kit ebbe di Raven Hill avrebbe indotto chiunque a tornare sui propri passi. In fondo al lungo viale che aveva appena imboccato, scorse la casa di Hero, un vecchio castello che sbucava tra la nebbia, con l'oscurità della notte che simile a un mantello si raccoglieva intorno a esso. Non era un edificio imponente, sembrava piuttosto un maniero al quale un architetto un po' fuori di testa avesse fatto delle aggiunte stravaganti. Lo circondava un alto muro di pietra nel quale si apriva il massiccio cancello di ferro battuto con accanto la casa del custode, la cui finestra illuminata ammiccava nella notte incombente. Per fortuna, pensò Kit, niente fossato. La luce nella casa del custode poteva significare una presenza umana e lui si allontanò dal viale, casomai Raven avesse delle sentinelle appostate sugli spalti, nonostante fosse ancora a una certa distanza dal castello. Gli alti alberi rendevano il paesaggio decisamente tetro e Kit vi si inoltro' sotto, approfittando di quel riparo per nascondere la propria presenza agli abitanti del maniero. Era tardi per rimpiangere di non avere preteso da Hero altre informazioni riguardo al castello nel quale, secondo lei, nessuno avrebbe potuto introdursi furtivamente, pattugliato da guardie e difeso addirittura da trappole predisposte per i malaccorti. Non gli aveva forse parlato di scuri che calavano all'improvviso dal soffitto? Kit legò le redini del cavallo di Charlie a un alto sicomoro e si apposto' al limitare del bosco per esaminare il proprio obiettivo. Mentre osservava la scoraggiante struttura di pietra che incombeva a poca distanza da lui, cercò di discernere ciò che si nascondeva dietro l'apparenza. E si rese conto che la fortezza di Raven era progettata per mettere soggezione, per trasmettere la drammatica atmosfera gotica tanto amata dal suo proprietario, che gli permetteva di tenere alla larga i curiosi. Come la facciata che Augustus Tovell aveva assunto, si trattava più di un'illusione che della realtà. Il patrimonio di Raven gli aveva consentito di realizzare molti suoi sogni, tuttavia doveva essere insufficiente a mantenere un esercito che pattugliasse costantemente la proprietà e degli operai che si occupassero della manutenzione dell'antico edificio. Raven Hill dimostrava tutti i suoi anni e le crepe nei muri e le pietre pericolanti, che aggiungevano un fascino sinistro all'insieme, avrebbero fornito a Kit gli appigli di cui aveva bisogno per entrare nel castello. Che cosa ci avrebbe trovato dentro, invece, nessuno poteva saperlo. Era molto meglio così.
   
 
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