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Autore: MauraLCohen    01/04/2022    0 recensioni
Tornare a casa dalla Suriak pone Kirsten davanti ad un nuovo scoglio: la consapevolezza di non sapere più chi è.
Sandy lo capisce e cerca di aiutarla.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per l'esercizio di scrittura
#cosacucinoperpranzo
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Cucinare

 

“Cosa preparo per pranzo?” 
Kirsten entrò in cucina con l’aria corrucciata. I suoi occhi si spostavano con movimenti rapidi, seguendo linee immaginarie che collegavano scaffali tra loro distanti. 
Frigo - mensola; mensola - frigo.
Lavello - dispensa; dispensa - lavello. 
Se qualcuno avesse potuto osservarla in quel momento, avrebbe presunto che davanti a lei si stesse tenendo una feroce partita di tennis - invece, era l’ansia che la faceva agire così. 

Da quando era tornata dalla Suriak, tutto ciò che Kirsten era stata in grado di fare si poteva riassumere con un solo verbo: cucinare. 
Aveva cucinato per giorni, aveva assecondato ogni pagina di tutti i libri di ricetta che aveva in cucina. Aveva iniziato a coltivare le proprie spezie, a sperimentare piatti esotici o di provenienza trasatlantica; aveva messo tutta se stessa in quell’attività per tenere la mente distante dalla realtà, ma soprattutto dal fatto che era tornata a casa e si sentiva persa. 

Tutti a Newport erano andati avanti quell’estate, mentre lei aveva cercato  di rimettere insieme i pezzi della sua esistenza in frantumi. 
Jimmy era tornato, lui e Julie si stavano per sposare. I ragazzi avevano da affrontare l’ultimo anno del liceo. Sandy aveva il suo nuovo lavoro al Newport Group. 
Lei, invece, poteva solo cucinare. 

Non era più niente di ciò che era stata fino a pochi mesi prima. Non era una donna in carriera, non dirigeva il Newport Group; non era la moglie né la madre perfetta che si sforzava di essere. Non era niente, se non la persona che tutti guardavano e trattavano con una cura snervante, come se una sola parola sbagliata avesse potuto mandarla in mille pezzi. 

Si sentiva tagliata fuori dalla vita di tutti. Si sentiva inutile, il più delle volte. E l’unica cosa che le era concesso fare era cucinare, cucinare e ancora cucinare. 
Ora, però, non poteva più fare nemmeno quello. 
Era a corto di idee, di sperimentazioni. Non c’era niente in quella cucina che le desse un piccolo suggerimento utile. 

Stava per avere una crisi di nervi. La sentiva salire. 
Le mani le tremavano. Le gambe non riuscivano a stare ferme. Desiderava gridare, lanciare la padella che teneva in mano il più lontano possibile. 
Era pronta a farlo, ma la voce di Sandy arrestò la crisi. 

« Tesoro, sei in casa? » Arrivava dall’androne. Sandy doveva essere appena rincasato. 

Kirsten avrebbe voluto rispondere sarcasticamente, “Dove dovrei essere?” ma non lo fece. Sapeva che non era colpa di Sandy né sua o di Newport. Non era colpa di nessuno, era solo esasperata. Smarrita. 

« Sono qui, in cucina » si limitò a rispondere, mentre poggiava la padella sulla grande isola vuota. 

« Eccoti! » La raggiunse, lui, sbucando da dietro il muro con il suo completo migliore. Si avvicinò a lei per baciarla sulle labbra come faceva ogni volta che tornava a casa. Ultimamente indugiava un po’ di più rispetto al solito, perché subiva ancora la paura di voltarsi e non trovarla più. Sandy questo non glielo aveva rivelato, ma la paura di perderla ancora era lì e lui la combatteva così: godendosi quei momenti che gli ricordavano che la Suriak era un capitolo chiuso. 

« Non vedevo l’ora di tornare a casa. I ragazzi? » le chiese, tenendola ancora stretta a sé. 

Kirsten sfuggì dal suo sguardo. « A scuola. Non torneranno prima di due ore. » Finendo di pronunciare quelle parole, Kirsten incrociò gli occhi di Sandy, che erano rimasti puntati su di lei per tutto il tempo. 

Lo guardò e per un momento ebbe il desiderio di dirgli la verità, si confessargli quello che le passava per la testa, il modo in cui si sentiva; ma aveva paura. Paura che Sandy fraintendesse. 
Non era insicura su di loro. 
Non voleva trovarsi altrove. 
Amava lui, amava i ragazzi, amava la loro casa, la loro vita e non avrebbe avuto bisogno di altro. Non voleva altro. 
C’era, però, quella sensazione, quel tormento, che le faceva da monito in ogni momento. 
Lei non sapeva più chi era. 
Per tutta la sua vita, erano stati i ruoli che ricopriva a definirla: era la figlia di Caleb Nichol, la moglie di Sandy Cohen, la madre di Seth e Ryan, il vicepresidente del Newport Group e la lista sarebbe potuta continuare. 
Ora che la Suriak le aveva mostrato che, prima di tutto questo, era Kirsten, lei non sapeva che volesse dire essere semplicemente se stessa, al di fuori di quei ruoli.

A vent’anni sognava di aprire la su galleria d’arte, aveva gusti musicali discutibili, amava disegnare… Ora che le piaceva? Cosa la divertiva? Chi voleva essere? 

Si rese conto troppo tardi che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, mentre Sandy la osservava. 
Avrebbe dovuto immaginare che per lui quel tempo sarebbe stato sufficiente a capire che qualcosa non andava. 

« Che succede? » le chiese, ora visibilmente preoccupato. 

Lei scosse il capo, scacciando i pensieri dalla testa. Sfoderò il suo miglior sorriso e si affrettò a rispondere. « Niente, va tutto bene. » Così, fece per sciogliersi dalla presa di Sandy, ma lui la trattenne. 

« Kirsten - » Il tono non era duro, ma sapeva che qualcosa non andava, glielo leggeva negli occhi, e non voleva far finta di nulla. L’aveva persa una volta a causa della propria distrazione, non avrebbe permesso che ciò accadesse di nuovo. « Dimmi la verità. »

Kirsten rimase in silenzio per qualche secondo, conscia che non sarebbe potuta scappare da quella conversazione. 
Fu in quel momento che smise di fare resistenza e lasciò che il corpo si rilassasse tra le braccia di Sandy. 
In fondo, il dottor Woodruff era stato chiaro durante le sedute alla Suriak: se voleva continuare a star bene, non avrebbe dovuto chiudere fuori Sandy dalle insicurezze e le paure  che la bloccavano. Si sarebbero ingigantite finché lei non avesse perso la forza di sopprimerle e discernere la realtà da quello che la sua ansia proiettava per lei. 

Sospirò, cercando le parole giuste. 
« Tesoro, non voglio che tu fraintenda. Sono felice di essere tornata a casa, lo sai, vero? »

Sandy annuì, ma lo sguardo di terrore che aveva assunto poco prima non sparì. 

« È solo che… Da quando sono tornata dalla Suriak non so più chi sono. La mia vita si è stravolta mente io non c’ero. Mio padre è morto, Newport è cambiata… E a me sembra che la persona che ero fino a poco tempo fa sia sparita e io non conosco questa nuova Kirsten, non so che vuole, che deve fare e questa cucina mi fa diventare matta. » 

Kirsten abbassò lo sguardo sulla cravatta di Sandy. Sentiva di non aver centrato il punto del problema, ma nemmeno lei capiva fino in fondo quale fosse. Sperava, però, che Sandy capisse che non era lui il problema. Era lei. Era sempre lei. 
Attese una qualche reazione del marito, che tardò ad arrivare. 

Sandy aveva capito qual era il problema. Conosceva Kirsten anche meglio di quanto conoscesse se stesso e, nel profondo, sapeva che quel momento sarebbe arrivato. 
Lasciò che le mani abbandonassero i fianchi di lei, per stringerla a sé. Affondò il viso nei suoi capelli e ne respirò il profumo fruttato. 

« Devi darti un po’ di tempo, amore mio. Ti sei lasciata alle spalle tutto quello che per vent’anni ha riempito la nostra vita. Ti ci vorrà un po’ per capire con cosa lo vuoi rimpiazzare. » Sandy la allontanò da sé per guardarla negli occhi. « Parti da ciò che sai di non volere più. Rivuoi il tuo posto al Newport Group? »

« Cielo, no. Non voglio più mettere piede in quegli uffici per il resto della mia vita. » Le scappò da ridere. Odiava quel posto. Odiava ciò che aveva fatto a suo padre e odiava quanto lei avesse sacrificato di se stessa per scendere a patti con quel mondo. 
« E non voglio più prendere parte ai teatrini annoiati delle Newpsies. È così rilassante non averci a che fare, non dover stare a sentirle sparlare di questo o di quell’altro. » 

Sandy annuì. « E poi? » 

« E poi non voglio più cucinare, Sandy. Mi manda ai matti passare tutto il giorno in cucina. Mi diverte farlo, ma non tutto il giorno, tutti i giorni, senza sosta. » 

A Sandy scappò da ridere. Non era quella la rivelazione che si aspettava, ma poteva capirla. 
Con lo sguardo indicò il telefono. 

« I volantini del take away sono sempre al solito posto » la rassicurò, accarezzandole la guancia. « E il resto si sistemerà col tempo. Puoi fare tutto quello che vuoi, qui o altrove. Devi solo dire una parola e andiamo ovunque tu voglia. » 

« Con il furgone postale? » 

La domanda colse Sandy in contropiede. Reclinò il capo in una risata ancora più forte. 

« Che ne dici di un camper? Non so se abbiamo ancora l’età per dormire sul telaio. » 

« Andrà bene anche il camper » concluse lei, lasciandosi trasportare dalla risata di Sandy. 

Kirsten poteva partire da quello. 
Dalla persona che aveva scelto vent’anni prima. 
Sandy non era l’uomo che immaginava per lei, ma aveva capito dal loro primo incontro che era lui quello giusto. 
Non ne era stata certa con Jimmy, nonostante tutti i piani per il futuro, ed era fuggita lontano, per trovare il proprio posto nel mondo. 
Si era fidata del suo istinto, si era lasciata andare e aveva trovato ciò che faceva per lei. 
Avrebbe fatto così anche quella volta. Si sarebbe ascoltata e al momento giusto avrebbe saputo che scegliere per sé. 

Avvolse le braccia attorno al collo di Sandy e si fermò a guardarlo negli occhi un solo istante, prima di sfiorargli le labbra. 

« Ti amo » gli mormorò, mentre lo baciava. « Non immagini quanto. »
   
 
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