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Autore: ciabysan    06/09/2009    9 recensioni
Ho visto un fantasma. Non sto scherzando: era di fronte a me, immobile. Potete anche non credere, se volete, ma tutto ciò che è raccontato in questa breve storia è accaduto a me questa mattina.
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cemetery Ghost

Cemetery Ghost

 

La storia che state per leggere è assolutamente reale ed autobiografica.

Potete credere A ciò che volete, ma questa cosa è successa. Oggi.

E io ero lì. Ho visto tutto e sono qui per raccontarvi ciò che ho visto.

 

 

Ero appena uscito dal centro del paese.

Avevo inforcato la bicicletta dopo aver noleggiato un film dal blockbuster dietro l’angolo e avevo continuato a pedalare sino a giungere davanti al cimitero. Facevo quella strada per tornare a casa, quella che attraversava il bosco poco distante e che mi portava sino alle mie adorate quattro mura senza dovermi sorbire tutto quel maledetto traffico onnipresente, anche di domenica mattina.
Il caldo era allucinante, sentivo quasi come se il mio cuore potesse scoppiare. Un po’ per la fatica anche le mie gambe si erano immobilzzate.

Tirai fuori dal mio zaino azzurro le mie fidate salviettine umidificate e mi ero passato il viso con quello strano abbraccio umido e morbido che mi rinfrescava. Cazzo! Com’era possibile che ad inizio di settembre facesse ancora caldo come se fosse il 15 di luglio?

Abbandonai la bici ad un posteggio di ferro apposito e pensai che, dopotutto, era da tanto, troppo tempo che non andavo a visitare la tomba dei nonni.

Attraversai il macabro cancello e al varco, feci il segno della croce, procedendo a passi lenti. Sotto di me, i sassolini bianchi del terreno tremavano inconsciamente. Qualche vecchietta piangeva di fronte alla tomba dei propri cari o puliva il vaso dei fiori. Procedetti ascoltando il tombale silenzio della morte. Lontano da quegli assordanti schiamazzi cittadini, quell’orribile rombare di motorini e clacson, le urla incomprensibili di dilettanteschi idiomi dialettali, lì calava il silenzio. Scesi dai piccoli scalini che mi portavano sino ad una ulteriore landa di morti di pietra e marmo.

A passo veloce arrivai sino alla tomba di mio nonno e, a mani giunte, gli chiesi scusa per non essere mai andato a trovarlo in tutto questo tempo.

 

Poi sentii come un impeto dentro di me, come se la vescica dovesse esplodere. Fortunatamente all’interno del cimitero del mio paese c’era un piccolo bagno e non era troppo distante da quella tomba. Scattai a passo veloce e mi rinchiusi dentro la stanza della salvezza.

Un passo. Schrieeeek. Un rumore imperversò nelle mie orecchie.

Alzai il piede e scoprii che era solo il rumore di una foglia morta, calpestata dalla mia ingordigia. Mi abbassai la zip dei pantaloni mentre il minuscolo bagno sporco era imperversato da continui e strambi rumori.


PUPUM! TUTUM! TUTUM!

Rumori agghiaccianti, come se fossero lame di ferro percosse. Tuttavia non ci feci troppo caso e feci ciò che dovevo fare sin dal principio. Terminata l’opera mi avvicinai al lavandino. Mi sciacquai le mani, me le insaponai e le risciacquai, attraversando i solchi tra le dita. Poi me le asciugai con un pezzo di carta igienica.

E fu lì che accadde. Avvicinai la mano alla maniglia per aprire la porta, quando incominciò un lungo cigolio che rompeva il silenzio. Aprii lentamente la porta e poi…la vidi.

 

Era una bambina, poco distante da me. Ma non era viva.
Era come se fosse tagliata, strappata. Non aveva più la parte superiore. Era come se fosse tagliata di sbieco e che io vedessi solo la parte inferiore al petto. Avvinghiata in un infantile vestitino a fiori e in scarpe laccate rosse. Quella rideva.

Rideva forte. Non riuscivo a capire se fosse una risata ilare o malvagia, ma rideva. Ne ero sicuro.


La sua risata mi rimbombava nelle orecchie ed erano brividi impazziti quelli che mi salivano lungo la schiena. Una continua tempesta di fremiti.

La fissavo ed ero come impietrito di fronte a quella strana figura. Ma quella non scompariva. Vedevo il suo metà-corpo immobile, di fronte a me.

E quando finalmente ritrovai il coraggio di muovermi fuggii, risalendo le scale che mi avevano portato al terrore.

  
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