Serie TV > Supernatural
Ricorda la storia  |      
Autore: eclissidiluna    03/04/2022    2 recensioni
Seguito di "Promesse e telefonate". Qualcosa che avrei ancora voluto "vedere".
SPOILER FINO ALLA STAGIONE 6 COMPRESA!
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un covo di vampiri. Un altro. Dean, avanzando nel bosco, ha una sensazione inspiegabilmente subdola, come se sentisse il loro odore avvicinarsi. Ma non è ripugnante…è, paradossalmente, di “famiglia”.
Una nausea violenta si affaccia alla bocca dello stomaco e sale su, senza dargli il tempo di ostacolarla, deglutendo. Probabilmente è trascorso troppo poco tempo da quando è stato ad un passo dal trasformarsi in uno di loro. Se avesse ceduto alla sete di quella notte, se non fosse riuscito a fermarsi, il mutamento sarebbe stato completo…le budella gli si attorcigliano e un conato lo obbliga a fermarsi.

“Dean! Tutto bene?!”
“Sì…sto… sto bene…” ma appena tenta di riprendere il cammino una pozzanghera di bile è ai suoi piedi. Un liquido verdastro con qualche rimasuglio di cibo. Poca roba, digerita di fretta. Del resto non potrebbe esserci molto altro. Stare dietro a quel Sam senz’anima è piuttosto impegnativo. Non dorme, raramente si concede una birra o un caffè, mangia a malapena e a lui…tocca mantenere il ritmo di Robocop.

“Sei sicuro?” gli domanda l’extraterrestre con cui divide stanza, caccia e vita
“Sono sicuro...”
“Non mi pare che tu sia in gran forma…” e Sam arriccia il naso palesando disgusto, osservandolo pulirsi la bocca, con la manica del giaccone.
“Sarà l’abbondante colazione, Sammy.” ribatte Dean e su “Sammy” la voce gli si smorza. S’impone di chiamarlo così. Se lo impone ogni volta che stargli accanto diventa insopportabile. Se lo impone per ricordarsi che, quel guscio vuoto, è ancora Sammy.
“Ma non abbiamo fatto colazione!” obietta il minore.
“Appunto! Riusciamo a mangiare un pasto al giorno, quando va bene! Avrò lo stomaco ridotto a una poltiglia di succhi gastrici!” e gli sembra una giustificazione più che credibile. Sta solo enfatizzando la realtà.
“Allora non è nulla di grave, Adesso muoviamoci, prima che si accorgano di noi e… addio effetto sorpresa!” risponde Sam, per nulla risentito o desideroso di approfondire lo stato di salute del fratello.
Pragmatismo puro. L’azione prevale sulla conversazione. Per Dean ha i suoi lati postivi. E’ forse la parte del “nuovo Sam” che lo urta di meno.

Non è più “il Sam” che tentava di “mettere in discussione” la figura di John, a partire dall’infanzia travagliata, passando per quell’adolescenza vissuta ai “confini della realtà”, fino alla difesa della propria scelta di allontanarsi da quegli “affari di famiglia”.

Non è il fratello affranto che si ostinava a fargli “l’interrogatorio” sui decenni trascorsi all’Inferno, nell’illusione di poterlo comprendere empaticamente. Perché Sam era così.  Sam esordiva con quel supplichevole “Dean, sono qui… parliamone…” che a Dean metteva i brividi. Lui voleva solo tacere. Sparire.

Sam, dannato cocciuto, desiderava restargli accanto, in quella “resurrezione”. Ma Dean non si sentiva “risorto”. E tantomeno “risolto”. Avrebbe voluto tornare sotto terra. La stessa da cui era riemerso, senza voce e con i polmoni rimpiccioliti.

Non è nemmeno "il Sam" “passato al lato oscuro” che si dilungava in speculazioni filosofiche, nell’assurdo tentativo di giustificare l’assunzione di sangue demoniaco, per un fine superiore.  
E qui Dean manda giù un grumo di saliva spessa come miele ma amara come cicuta. A chi vuole darla a bere?!
 Se potesse, se solo potesse, non ci penserebbe un minuto. Baratterebbe quell’involucro che continua a ripetergli “Dean, sono io! Sono sempre io!” perfino con quel bastardo “tossico di sangue di demone”!

Non è Sam. Non può essere la persona che, senza troppi giri di parole, asserisce risoluto che non gli importa nulla di Ben, di Lisa e… di lui.
Al contrario, al “Sam demoniaco”, interessava salvare le persone possedute, il Mondo…e mai lo avrebbe lasciato morire. Quello era ancora Sam. Il che la dice davvero lunga.
Anche “ubriaco” di inchiostro malefico lo avrebbe comunque protetto, a costo della propria vita.

L’stinto di sopravvivenza è naturale, spontaneo, primordiale ma, nella famiglia Winchester, l’“istinto di conservazione” cede spesso a quello “di protezione”.
John che si sacrifica per Dean.
Dean che offre la sua anima per riportare in vita Sam.
Sam che decide di rinchiudersi all’Inferno per “sistemare le cose”, pago che il maggiore possa avere una vita normale.
 
Ma Sam non ha più…l’anima di un Winchester.
 
“Dean! Ci sei, entriamo?!”
“Ci sono!” risponde Dean immediatamente e manca giusto il “Sissignore!” che era solito pronunciare con John, quando gli impartiva un ordine.
 
Entrano furtivamente, dall’ingresso sul retro di quella sontuosa villa, immersa nel verde e schermata da alberi secolari. Ha uno stile pomposo. Dean non s’intende di arte e antiquariato ma gli arazzi alle pareti, gli specchi con le cornici dorate e possenti, le cassettiere di legno massello gli fanno intuire che siano vampiri “altolocati”.
“Si trattano bene!”
“Sst! Non siamo qui per giudicare gli arredi, Dean!” lo rimprovera Sam.
Dean avanza con il machete, evitando ulteriori commenti.
Azione, non conversazione”.
 
E l’azione arriva. Fulminea, concitata, efferata. Come da copione.
Cogliere “di sorpresa” i vampiri è utopia.
 
Saranno una decina. E loro sono in due. Lavagna e gessetto si materializzano nella mente di Sam.
 
Dati del problema: Dean non è al massimo. Lui, al contrario, è in uno “stato di grazia”. Non ricorda di aver mai avuto una tale padronanza di se stesso, durante la caccia. E’ un mix vincente di lucidità ed energia. Per questo non sarà una “divisione” perfetta. Può batterne sei.
Può farcela.
A Dean lascerà il resto.
 
Sam li colpisce uno a uno, senza particolari difficoltà. Ogni tanto Dean gli lancia uno sguardo distratto, sufficiente a notare che, quel dannato robot, ha appena un po’ di fiatone. Nulla più. Dean invece fa una fatica indicibile. Mai provata. E’ approssimativo nel prendere la mira, nello schivare i fendenti. E’ davvero come se, in lui, ci fossero “residui di vampiro”, silenti, indefinibili, quasi “solidali” con quelle creature. Non gli permettono di uccidere con l’abituale, fredda determinazione. Riesce ad eliminarne un paio ma presto altri due gli si parano davanti. “Sam!” urla d’istinto, in una disperata richiesta di aiuto che non arriverà. Sa che non arriverà.
Sam è impegnato nella “sua caccia”. Deve rimanere concentrato sulla “sua” preda.
 
Dean sferra un colpo secco, non così preciso ma abbastanza da rendere “ciondolante” la testa di uno dei due avversari. Lo mette fuori combattimento in “due tempi”.  Ma il secondo lo sorprende, attaccandolo alle spalle. E’ un corpo a corpo che Dean teme finisca male. Avverte le unghie attraversargli il petto per indebolirlo. Il vampiro lo “assaggia” e pare di suo “gradimento”. Con terrore scorge i lunghi canini, ormai ben noti, a un paio di centimetri dal suo collo.
 
Quella testa che, “nella testa” di Dean, è solo dente affilato pronto a dilaniare…salta.
Sam gli si avvicina, guardandosi intorno con circospezione, accertandosi che, da una colonna di marmo o da una porta intarsiata, non spunti l’ennesimo “problema”.  Da risolvere.
 
“Grazie Sam…” mormora Dean, ancora incredulo. Sam è intervenuto. Non gli ha permesso di morire. Almeno…non per il momento. I muscoli dell’addome sono incessantemente contratti da spasmi. Pulsano intorno a quella pozzanghera. Un’altra. Ma stavolta non è bile.
 
Sam si china su di lui, scostando ciò che resta della camicia a brandelli. “Uhm…è decisamente profonda…”. Dean sorride amaramente “E tu sei decisamente perspicace” sottolinea, sarcastico.
Sam si mordicchia il labbro. E forse desidererebbe “mordersi” la lingua. Ma sa che, pur volendo, il cinismo prevarrà sulle buone intenzioni. Infatti, subito dopo, aggiunge “Guarda il lato positivo: stavolta non ti trasformerai.”
“Già… è confortante. Potrò andarmene da umano e, ammettilo, con te nei paraggi…nulla è scontato…” ribadisce Dean ironico, tossendo e infilando il pugno in quel “guanto” di carne smembrata, color vinaccia.
Sam incassa, analizzandolo con attenzione. Valuta il colorito, l’affanno, le labbra esangui.
 
“Abbiamo lasciato l’Impala sulla statale e l’ospedale più vicino è a…” comincia ragionando, inevitabilmente, ad alta voce “a più di mezz’ora…” e Sam s’interrompe, abbassando lo sguardo. Dean apprezza la “delicatezza” del minore.  La morte non è mai un argomento facile. Anche per chi ci è già passato.  Anche per chi è “pragmatismo puro”. Il “tatto” di Robocop è quasi commovente. Dean apprezza lo sforzo. Sam è onesto. Non gliene frega niente di lui. Deve riconoscergli la coerenza.
Però è “migliorato”, non lo ha mandato “in pasto” a quel vampiro.  La morte è sicuramente preferibile a una “vita” da succhiasangue.
 
Sam è smarrito. Non sa cosa fare. Non sa cosa dire. Non sa cosa sta provando. Dispiacere? Ansia? Impotenza? No. Nulla di tutto questo.
 
Senso di colpa per non essere intervenuto quando ha udito urlare il suo nome? Neppure.
 
Lo ha sentito. Ma ha ragionato per priorità. L’obiettivo era uno solo, lineare, chiaro, definito… sterminare i vampiri “toccati” a lui. Non poteva distrarsi. Doveva continuare ad ucciderli. Senza fermarsi. Ognuno doveva fare la sua parte. Il piano era buono. Dean è stato “l’anello debole” del piano.
Punto.
 
Un vago disagio, una leggera tristezza nel vedere quel sangue che zampilla, rallentato a stento dalle nocche del fratello. Dean morirà lì, in quella lussuosa residenza, diventata elegante ghigliottina per i distinti proprietari. Un corpo si dissangua rapidamente. Dean ha lottato fino allo stremo. Un organismo già provato ha minor capacità di resistere a uno shock emorragico.
 
La mente di Dean sta facendo le medesime considerazioni di Sam. Dean ha un’anima. Ma ha anche il senso pratico e l’esperienza del cacciatore. Non riuscirà a mantenere la promessa. Non stavolta. Ma c’è qualcosa che Robocop può fare per lui. Può tornare. Al posto suo.
 
“Dean…mi…mi disp…” tentenna Sam.
 
“Sentimi bene…non ti preoccupare, non devi scervellarti per cercare di “indorarmi la pillola”…ultimamente non è proprio il tuo forte! Sono spacciato, lo so …ma…ma ti chiedo una cosa…una cosa sola, Sam.”
“Ti ascolto”
Lo ascolta”. Dean sorride. Le orecchie sono intatte. E il cuore di Sam che non può “sentirlo”.
Non più.
 
 Dean inspira profondamente e poi butta fuori l’aria adagio, serrando gli occhi, per contenere il dolore che lo sovrasta “Devi andare da Lisa e…”
“E?” domanda Sam, diligentemente. Un pc in attesa di essere programmato. Niente più di questo. Del resto, anche il “vero Sam”, è sempre stato uno studente meticoloso e attento.
 
Dean, trattiene un paio di secondi il fiato e poi trova la forza di proseguire “E dovrai dirle che…che ci ho provato ma…non è andata come…come avrei voluto. Dille anche…che…” ma poi prende atto di una tragica realtà; non ha senso parlare di amore. Non con lui. I sentimenti appartengono all’astratto. Sam non è altro che concretezza. Un calcolatore che individua costi e benefici di una qualunque azione. Scommettere su quel salvataggio estremo è semplicemente un’operazione matematica, una somma di fattori. Sam computa le probabilità che hai di vivere e, se non superano il 5%, ti considera già morto. Non può biasimarlo per questo.
 
“Che cosa, Dean? Cosa devo dire a Lisa?!”
“Niente…solo questo…va bene così…” sibila il maggiore, sfinito.
 
Dean sa che presto le stilettate svaniranno. La zona di ventre ancora integra si rilassa gradualmente, rinunciando a combattere. Il polso invece, più riluttante alla resa, rimanda battiti che si rincorrono, tenaci.
 
Sam ha coscienza che, a breve, il cuore di Dean soccomberà. Dicono che, quel muscolo tanto importante, sia la sede eletta del groviglio di emozioni che complicano l’umana esistenza. Non gli mancano affatto. Sam non le rivuole indietro. Che restino dove sono. Intrappolate con Lucifero e Michele che han fatto, della sua anima, un anonimo trastullo. Dean ha il ricordo nitido dell’Inferno. Torturato e torturatore. Vittima e carnefice. Un uomo non può tollerare di guardarsi allo specchio e veder la propria immagine spaccata a metà. La sua esistenza è una sequela inarrestabile di incubi, che non scompaiono con il sorgere del sole. Ormai hanno radici profonde che si ramificano svelte. Come un cancro incurabile. Merita di morire.
Dean merita quella pace.
 
Dean sarà libero.
Ogni cosa ha il suo prezzo e la Vita intera può essere “riassunta” in una tabella a due colonne:
perdite e ricavi.
 
Prezzo. Perdita. Perdere.
 
Perdere Dean.
 
 Sam, inaspettatamente, rammenta quella sensazione “strana”, suscitata dalle parole di Lisa.
Cerca in te, Sam”.
 
Ricerca. Risposta. Scegliere.
 
Scegliere Dean.
 
Dean ha sicuramente meno del 5% di possibilità di sopravvivere. Ma si può davvero misurare la resilienza di un uomo?
 
Sam si sbottona di fretta la camicia. L’annoda intorno al torace del fratello, mettendo tutto l’efficiente vigore di Robocop in quel nodo. Dean esala un rantolo soffocato, “schiacciato” tra sangue e flanella. E’ un respiro difficile, sofferto. L’ultimo.
 
Avverte il corpo capovolto, a penzoloni, come se fosse in movimento. Forse gli hanno mandato un mietitore dai modi grossolani, alle prime armi. Pazienza. Ammette di non essersi mai impegnato granché, per risultare simpatico a Morte. E ora gli tocca subire la vendetta personale dello scarno e permaloso Cavaliere.
 
Ogni cosa si capovolge. Si riavvolge. Come il nastro di una VHS.
 
Sua madre è lì, a un passo da lui. Gli sorride. Gli accarezza il viso, facendogli intendere che lo stava aspettando. E’ in Paradiso. Si rallegra.
Quando hai trascorso quarant’anni all’Inferno, il pensiero di tornarci non si cancella. Resta in un angolo, come un cane inselvatichito mai realmente addomesticato, pronto a ghermirti.
Quando meno te lo aspetti.
 
Per quanto Castiel continui a ripetergli che è un uomo “giusto”, che meritava quella “resurrezione”, al di là dei piani divini;  per quante vite, a sua volta abbia salvato e continui a salvare…
Dean è certo di essere sbagliato.
 
Ma, mentre quel poco sangue che ancora gli circola in corpo sale al cervello, un pensiero “rovesciato” s’espande in ogni neurone. Come un mantra.
 
“Sono giusto”
 
Sono giusto per Lisa, che mi aspetta a casa. Perchè lei si fida di me e… “ha scelto” di aspettarmi.
Sono giusto per Ben, perché è mio figlio. Lo sento! La mia anima è intatta! Io posso “sentire”!
Sono giusto per Sam perché, dannazione, sono tanto ostinato da combattere per ciò che era! Non gli permetterei mai di arrendersi. Mai!”
 
Ma arrivare finalmente a sentirsi “giusto”, a questo punto della storia dove tutto è “sbagliato”, serve a poco.
Perché quel mietitore, dal passo pesante e maldestro, lo ha portato via da Lisa, da Ben e da… Sam.
 
Sam senz’anima è un “Sam al contrario”. Come quel Paradiso in cui si entra a testa in giù.
 
 Sam non è mai stato buio. Neppure quando ha, incautamente, moltiplicato il flusso del fiume nero che già scorreva in lui…anche allora aveva “quegli occhi”.
 
Gli occhi di Sam non appartengono alle fiamme.
Sam è calore. Non fuoco.
 
Un tepore inatteso lo sorprende. Probabilmente il forno è acceso. Mary starà cucinando una crostata. L’odore di frolla e marmellata si diffonde nelle narici. Il mietitore avrà deciso di non trasportarlo altrove. Sarà stanco. Anche lui. Deve averlo adagiato sul divano di quel “set dell’aldilà”, dove rivivi all’infinito ciò che hai perduto. Si aspetta di sentire la voce di papà che rientra dal lavoro. S’immagina bambino e non vede l’ora di corrergli incontro, abbracciandolo.
 
“Ehi, Dean…Dean mi senti?! Dean! DEAN!”
 
Il suo nome urlato gli solletica il timpano come un fruscio lontano. Ma è abbastanza per fargli distinguere che non è il timbro di voce di un giovane John.
 “Sam…”.
 
Sam tira un sospiro di sollievo. L’Impala è accogliente. Ha azionato il riscaldamento e ha messo un po’ di musica. Una premura completamente irrazionale. Cosa se ne può fare un moribondo di una canzone rock?! Eppure le note di Eye Of The Tiger rimbalzano tra cruscotto e sedili posteriori.  Sta infrangendo ogni limite di velocità, augurandosi che un veicolo della polizia non sbuchi da un via laterale, accostando l’Impala e invitandoli a fermarsi.
 
Sam non potrebbe sottostare a quell’alt. Sam, se necessario, sfonderebbe persino un posto di blocco.
 
“Sam…” ripete Dean.
 
“Siamo quasi arrivati, Dean”. Laconico. Essenziale. Telegrafico.
Ma, se sono “quasi arrivati”, vuol dire che Sam gli ha permesso di giocarsi quel… 5% di probabilità.
 
Dean si rende conto di non essere in Paradiso. “Sammy…” sussurra.
Rivede “quegli occhi”. Per un istante.
 
Scaldano. Non bruciano.
 
---
 
“Ciao”
“Ciao…” e Dean riprende confidenza con i suoi sensi. Individua pareti candide e percepisce il nauseante odore di disinfettante, pur “filtrato” da due esili tubicini al naso. Sono arrivati.
Un trench su uno schienale in ferro. Sfocato. Gradualmente la vista si spanna, andando di pari passo con la logica. “Dentro” all’impermeabile c’è Castiel.
“Come ti senti?”
Dean fa un rapido “esame” su di sé: respira, il cuore batte, riesce a muovere le gambe, vede e sente. In una parola…
 
Vivo” risponde prontamente.
Castiel sorride. “Be’, direi che “vivo” è buono!”
Dean annuisce, abbozzando un sorriso “Sei stato tu a ricucirmi?”
“In realtà solo in parte... il personale medico ti aveva già soccorso, evitandoti il peggio.” precisa Castiel.
“Io…non ricordo granché…” ammette Dean, aggrottando la fronte. “…aspetta…un momento…ero, ero con Sam…” poi, riordinando le idee, gli si affaccia una parola che ancora lo inquieta “..vampiri…”
“Sì, eri con lui a caccia e...”
Pausa.
“E…?” suggerisce Dean, restando in attesa “E tu te la sei vista brutta e…”
Pausa.
Dean esasperato lo incalza, esplodendo “E…?! Andiamo Castiel! Odio quando te ne rimani con la bocca aperta, in attesa di “ispirazione”! Ho un mal di testa folle! Non riesco a star dietro ai tuoi tempi biblici, non in questo momento!”
“E Sam ti ha caricato sull’Impala e ti ha portato qui” conclude Castiel, tutto d’un fiato, accogliendo l’insofferenza di Dean.
 
Dean riflette, mettendo insieme i tasselli della caccia a cui è scampato.
Castiel percepisce quel “macinare” di deduzioni.
 
Sa che Dean farebbe qualunque cosa pur di restituire l’anima a suo fratello. Lo ha messo in guardia sulla pericolosità di quella “resa”, sui “possibili effetti collaterali” che potrebbero colpire Sam.  Ma Castiel è sicuro che Dean sottovaluti la situazione. Sam, riottenendo la propria anima, impazzirebbe. Sarebbe completamente in balia di Lucifero. Dean non sembra aver capito a cosa lo condannerebbe. E la pena la sconterebbero entrambi. Sam corroso dalla follia. Dean dal senso di colpa.
 
Ma questi nuovi “sviluppi” potrebbero farlo desistere. Sebbene siano “novità” prodigiosamente incomprensibili. Anche per un angelo.
 
Castiel si ripromette di essere sintetico ma efficace, come pretende Dean.
 
“Dean, ho appena fatto una perquisizione angelica a Sam…”        
Dean si solleva sul cuscino, incurante della flebo che rischia di sfilarsi dal suo braccio. Lo fulmina con lo sguardo, alzando i toni della conversazione “Perché?! Perché hai fatto una simile cazzata?! Perché farlo soffrire inutilmente?! Sappiamo che è vuoto! Che accidenti ti è preso, Castiel?! Sei tornato ad essere sadico come quei bastardi della tua specie?!”

Castiel si alza dalla sedia risentito, vorrebbe andarsene ma poi torna ad accomodarsi, obbligandosi a perdonare l’irruenza di Dean. Lo conosce abbastanza per sapere che, quando si tratta di Sam, della sofferenza di Sam, perde completamente le staffe e la ragione. Un motivo in più per evitargli quella…pena capitale,
“E’ stato lui a chiedermelo.” risponde Castiel, pacatamente.
Dean muta espressione, da rabbiosa a interrogativa. E Castiel motiva il suo gesto.
 
“Dean, è difficile da spiegare. Ed è qualcosa che, ti assicuro, anche per me è ignoto. Qualcosa che non credevo possibile. E’ come se lui stesse, in un certo senso, “rigenerando” la sua anima…”
Dean avverte la cefalea aumentare. Le tempie pulsano e la pressione sanguigna sale.
“Che cosa?! Cosa caspita vuol dire?!”
“Calmati, Dean! Ho usato la mia grazia ma, 
per non insospettire i medici, non ti ho guarito completamente,  quindi, faresti meglio a non agitarti tanto!” sbotta Castiel, notando la fronte di Dean imperlarsi.  Dean obbedisce, abbassando la voce e poggiando la testa sul cuscino, quasi in segno di resa “Ok…ok…e scusa per prima ma…ma mi calmerò quando capirò cosa sta succedendo a Sam…”. Castiel l’osserva compassionevole e riprende la sua “lezione”.
 
“E’ complicato, Dean. Non è propriamente la sua anima, quella è all’Inferno, torturata selvaggiamente da Lucifero ma dentro di lui…c’è di nuovo qualcosa che non so definire…”
“Ma è qualcosa di buono o c’entra con la sua parte oscura?” chiede Dean, meditabondo e ansioso.
“No Dean, è qualcosa che ha a che fare con il Bene assoluto, quello più autentico e prezioso.  C’è un’essenza che lo sta riempiendo nuovamente, poco a poco…in lui c’è…amore…” e Castiel si sofferma su quell’ultima parola perché, anche se si è ripromesso di non innervosire Dean con le sue “pause”, quel vocabolo è così potente, così elevato che esige una breve riflessione.
 
Dean deglutisce. “Lui può…lui prova di nuovo delle emozioni?!!”
“Non lo so Dean…ma di certo qualcosa è cambiato. Non è più come prima. E’ come se tentasse di tornare da te…diciamo, “integralmente”. Il Sam che conosci. Quello che hai cresciuto, quello per cui ti sei sacrificato e che si è sacrificato per salvare il Mondo. Tuo fratello, Dean.” conclude Castiel e Dean nota che la voce si spezza. Perfino un angelo s’inchina di fronte ad un legame così potente.
 
Dean deglutisce “Dov’è ora?
“E’ fuori. Era qui, fino a pochi minuti fa. L’ho mandato a prendere una boccata d’aria. La corsa in ospedale, l’invocarmi, la perquisizione angelica…non è stato facile per lui…” ribadisce Castiel, affettuosamente.
“Grazie…grazie Cas…”
Castiel fa un cenno di assenso e poi esce, salutandolo. Pare una quieta staffetta. Sam non è andato oltre il corridoio. Entra, chiudendo delicatamente la porta dietro di sé. Avanza con cautela, quasi timoroso di disturbarlo. E’ pallido, il passo incerto.
Castiel mi ha detto che è tutto a posto…”
“Sì…ci ha pensato lui a darmi un’ultima “aggiustatina”…ma comunque avevano già fatto un buon lavoro!” afferma Dean, bonario, scostando il lenzuolo e mostrando il bendaggio.
“Bene, bene…” mormora Sam, occupando la sedia lasciata vuota da Castiel. Cala il silenzio.  Ma Dean ha voglia di parlare. Ora può farlo.
“Sam…grazie…”
“Be’…credo che “il Sam di prima”, intendo dire io, quando “ero io” l’avrebbe fatto…sei mio fratello…” e Sam si trova ridicolo. Ciò che sta dicendo è vero ma suona completamente insensato e confuso.
“Lo sono…e sono orgoglioso di esserlo!” risponde sicuro, Dean. Non c’è “confusione” in quell’affermazione. C’è assoluta convinzione.
Sam ha un sussulto. “Anche in questa versione Robocop?!”
 
Dean lo fissa. Lo scruta. Di nuovo. Rivede ciò che ha già intravisto. In quei secondi che lo separavano dall’incoscienza.
 
Gli occhi.
Del “suo Sammy”.
 
“In fondo Robocop è uno tosto!” sentenzia Dean, tra il serio e lo scherzoso.
“Già!” ribatte Sam, divertito.
 
Poi Sam si fa improvvisamente cupo. “Sai Dean, poche ore fa…ho avuto paura…”
“Paura di cosa?”
“Di perderti, Dean”.
 
Dean avverte l’apprensione di Sam. La ritrova. La unisce alla sua.
“Io…io ogni momento…in ogni momento ho paura di perderti, Sammy!” e quel “Sammy” gli esce spontaneo. Non deve imporselo. Non più.
 
“Ho chiamato Lisa” esclama Sam, di botto, cogliendolo di sorpresa.
 “E cosa…cosa le hai detto?” bisbiglia Dean, tradendo preoccupazione.
Sam, controllandogli la flebo, risponde sorridente “Che torneremo per il fine settimana.”
 
Gli occhi di Dean si fanno liquidi. “Per il fine settimana…mi sembra…mi sembra perfetto…” conferma, chiudendo con un “Grazie…”  appena sussurrato.
“Fa piacere anche a me, Dean.”
 
A Sam “importa” di Lisa, di Ben…di Dean.
 
 
Lisa. Lei è stata la prima a credere in lui. Prima di Dean. Prima di Sam stesso. Può “ritrovare” la sua anima. Anche se non c’è più. Anche se è cenere all’inferno.
 
I miracoli accadono. Se qualcuno "ti sceglie". Sceglie di definirti "miracolo".
 
Dean è ottuso e caparbio boia di se stesso, certo di essere cenere. Da spazzare via.
Ma Lisa, scegliendolo, gli ha chiesto di essere Fenice.
E lui ci prova. Ogni giorno. A volare. A tornare.
 
 Sam avverte un’insperata sonnolenza, come se gli eventi lo avessero scosso, sfibrato. Una stanchezza provvidenziale! Riconosce la ormai dimenticata necessità di “spegnere il cervello”. Lui che, la notte scorsa, ha litigato con Dean, “colpevole” di avergli “strappato” un “sì” a quattro ore di sonno, interrompendo le ricerche di quel maledetto nido.
 
“Tutto bene, Sammy?”
“Benissimo, Dean. Credo che proverò a dormire un po’ qui, sulla sedia” annuncia Sam, gustandosi la smorfia stupita di Dean “ma se hai bisogno… chiamami, ok?” e poi aggiunge un solenne
“Ci penso io a te” che a Dean suona familiare, illuminante, straordinariamente rassicurante.
 
Il cuore di Dean è debordante di gioia. Sam ha “bisogno” di riposare! Di dormire! Sam si sta “riavviando” come il processore di un pc in standby. Che si riaccende…con tutta la memoria integra.
 
“So che posso contare su di te, Sammy. Lo so che mi guardi le spalle!”
 
E stavolta non è una battuta sarcastica.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: eclissidiluna