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Autore: Bea_chan    06/09/2009    11 recensioni
La gelosia è parecchio ingestibile, specie se coivolge Chuck e Blair. Ovviamente, qualsiasi pretesto è buono per farsi guerra. Ma a volte, la tregua dopo la battaglia può essere più "dolce" di quello che ci si aspetta. [ Chuck PoV] Una one-shot senza pretese, forse troppo zuccherina, ma ehi: gli ormoni non perdonano, certe volte.
"M’interrompo, esasperato. Abbiamo entrambi il fiato grosso. Lei mi fissa, gli occhi lucidi e le gote rosse, l’elaborata acconciatura di fili d’argento si sta sciogliendo, mentre altri riccioli scappano irrequieti dalle forcine. Scorgo quella nota di profondo orgoglio nel broncio sulle labbra rosse – baciami maledizione – e me ne innamoro ogni volta di più."
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I judge by what she's wearing

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I judge by what she's wearing
Just how many heads I'm tearing


Succede sempre così. Ogni maledetta volta che crede di avere ragione lei, comincia il mio supplizio. Blair Waldorf non si limita ad essere gelosa e a mettere quell’adorabile broncio che sa mi fa impazzire – oh no. Sarebbe troppo facile, troppo scontato per una che si diverte ad orchestrare piani sempre più complessi. No, lei semplicemente smette di rivolgermi la parola. E contrattacca.
Così, non posso fare a meno di domandarmi dove diavolo sia finita la mia donna e che cosa stia tramando, mentre mi guardo attorno con studiata non curanza. La selva di smoking e vestiti eleganti, i camerieri frenetici, i bicchieri di champagne e le tovaglie bianche. Le feste qui all’Upper East Side hanno decisamente perso smalto da quando avevamo solo diciassette anni e come unico obiettivo sballarci il più possibile, sperando di non ricordare nulla la mattina dopo.
Sospiro appena, scocciato, finendo ciò che resta del flùte e scaricandolo al volo sul primo vassoio che mi passa davanti. Sono già al terzo e di Lei neanche l’ombra. Questa volta ci va pesante.
- Ancora niente ?
Nathaniel ha sempre avuto il dono assai raro di comparire sempre nei momenti meno opportuni. Nessuno, a memoria d’uomo, ha la capacità di azzeccare la tempistica in modo così preciso. Fenomenale, a pensarci bene.
Scuoto la testa, senza aggiungere altro. Nate sospira pesantemente, tendendomi l’ennesimo bicchiere di champagne, che mi limito ad afferrare con aria cupa.
- Non capisco perché dobbiate sempre fare i vostri giochetti perversi…
- Ti direi di assistere ai nostri giochetti perversi, Nathaniel, ma credo che dopo avresti seri problemi. – faccio notare in tono leggero, scoccandogli un’occhiata in tralice. – No, questi non sono giochetti… Questa è guerra.
Nate sembra realmente non capire tutta la serietà della cosa. E forse è davvero così, forse nemmeno io comprendo fino in fondo perché, dopo anni che abbiamo gettato le armi, continuiamo imperterriti a farci del male. Due adolescenti troppo cresciuti e troppo innamorati.
Scorgo appena un lampo dorato e una risata cristallina, quando Serena Van Der Woodsen si palesa in tutto il suo splendore in fondo alla sala, al braccio del bellimbusto di turno. Una visione di veli e paiettes, la mia sorellastra sa sempre come ammutolire una stanza.
Il mio biondo amico s’irrigidisce appena, mentre si porta il bicchiere alle labbra con non curanza. Ed io, come sempre, faccio finta di niente. E poi saremmo noi quelli complicati.
Attendo la sua apparizione da un momento all’altro, visto e considerato che solitamente, quando succedono questi episodi di mutismo, lei esce di casa sbattendo la porta e si barrica da Serena. Chi l’ha detto che non esistono più le guerre di trincea non ha conosciuto noi due.
Una discreta gomitata di Nate richiama la mia attenzione verso la porta da cui avevo momentaneamente distolto lo sguardo, da cui sta per l’appunto entrando colei che aspettavo. Lei dall’abito blu, lei dalla vita sottile e il portamento altezzoso, lei dai pochi e sciolti riccioli bruni che carezzano le spalle. Lei al braccio di uno dei soci inglesi in città con il Consiglio d’Amministrazione per affari. Cazzo. Blair Cornelia Waldorf, che tu possa bruciare tra le fiamme dell’inferno.
- Ma… Quello non è…
- Kevin Barker del Consiglio d’Amministrazione inglese, già. – interrompo Nathaniel, prima di svuotare in un sorso il bicchiere di champagne e allungarglielo. – Reggi qui, di grazia. Ho una questione da sbrigare…
Nate mi guarda andare via, perplesso e leggermente preoccupato. Non posso dargli torto.
Mi faccio strada tra gli invitati, salutando distrattamente gente appena intravista alle riunioni d’ufficio e alle partite di polo degli Archibald. Perché diavolo sono venuto a questa festa non m’è dato sapere.
- … E stavo appunto dicendo a Kevin quanto fosse assolutamente geniale la sua idea.
Riconosco quel tono civettuolo, leggermente malizioso, che Blair utilizza con gli altri uomini giusto per farmi saltare i nervi. Altra cosa che sa benissimo.
Il crocchio di signorotti in giacca e cravatta annuisce alle parole della mia donna, che appena vede palesarmi lì in mezzo e salutare educatamente i presenti, si stringe al braccio di Kevin con aria di sfida, scoccandomi uno sguardo sprezzante. Io, in tutta risposta, le concedo un freddo sorriso mellifluo, anche se l’unica cosa che vorrei fare è staccare la testa a quel dannato inglese.
- Charles, che sorpresa!
Sposto lo sguardo su colui che ho appena mentalmente decapitato, chinando appena il capo in segno di saluto.
- Barker.
- La signorina Waldorf mi ha detto che non saresti venuto questa sera, ma noto con piacere che si sbagliava. – continua lui, in tono cordiale. – Perché non ci fai compagnia? Posso offrirti qualcosa da bere?
- A dire il vero, Charles se ne stava andando… Vero?
Blair interviene come se nulla fosse, regalandomi uno sguardo al vetriolo che raramente avevo visto rivolto verso il sottoscritto. Doveva essere davvero, davvero arrabbiata.
- Al contrario. – comincio, il sorriso più innocente che possa sfoderare dal mio repertorio – Accetto molto volentieri. Però Kevin, se non ti dispiace… Potrei parlare un momento, in privato, con la mia…
Un tacco dodici Manolo mi si pianta senza tanti complimenti nella punta della scarpa destra, mozzandomi il fiato e rischiando di farmi pronunciare l’imprecazione più grossa a memoria d’uomo.
- Kevin, vuoi scusarmi? Il signor Bass sembra aver bisogno di me. – interviene poi la mia assassina, afferrandomi rudemente per il braccio e cominciando a trascinarmi via, sotto gli sguardi decisamente dubbiosi dei presenti.
- C… Certo, nessun problema. – balbetta l’inglese, lo sento a malapena dato che Blair mi ha già allontanato parecchio dal gruppetto e, da ciò che sembra, siamo diretti in terrazza. Scorgo con la coda dell’occhio Nathaniel che mi fissa, indeciso se intervenire o meno. Se non fossi ancora mezzo tramortito dal dolore, penso che avrei volentieri chiesto una mano.


*


Here comes the next contestant


Appena mi lascia il braccio e chiude con stizza le porta a vetri della terrazza, so per certo che è qua che cominciano i guai.
- Ma dico, sei forse impazzita?!
- Cosa ti salta in mente di dire a Kevin che sono la tua fidanzata?!
- Mi hai quasi staccato un dito, con quelle maledette scarpe!
- E se avessi voluto fargli credere di essere libera, eh?! Ci hai pensato a questo?!
- Non chiedermi mai più di comprartene un paio, razza di assassina!
- Ma no, ovviamente, tu puoi sbatterti le inglesi come nulla fosse e io devo stare a guardare!
- Io… Cosa?
M’interrompo, esasperato. Abbiamo entrambi il fiato grosso. Lei mi fissa, gli occhi lucidi e le gote rosse, l’elaborata acconciatura di fili d’argento si sta sciogliendo, mentre altri riccioli scappano irrequieti dalle forcine. Scorgo quella nota di profondo orgoglio nel broncio sulle labbra rosse – baciami maledizione – e me ne innamoro ogni volta di più.
Mi porto una mano a scompigliare il ciuffo, che finisce per ricadermi sulla fronte incurante della brillantina. Questa donna mi farà diventare matto.
- Blair… Te l’ho già detto, non ho fatto niente. Ha fatto tutto lei, te lo giuro. – spiego pazientemente, avvicinandomi d’un passo e facendo per prenderle la mano, che lei ritrae seccata.
- Certo, perché c’è finita da sola seduta sulla tua scrivania.
- In effetti sì.
- E le tue mani erano casualmente appoggiate sulle sue cosce, vero?
- No, non casualmente. – alzo un dito per frenare l’ondata di improperi che so per certo sarebbe pronta ad urlarmi. – Erano lì perché tentavo di spostarla gentilmente dai documenti su cui si era seduta e che stava stropicciando.
Blair mi guarda, boccheggiando, stranamente a corto di parole. Poi incrocia le braccia sul seno, dandomi le spalle e fissando New York, luminosa sotto di noi. La città che non dorme mai.
Sospiro, colmando la distanza tra di noi e cingendola da dietro, poggiandole un bacio leggero sulla nuca lasciata scoperta. Lei si rilassa lentamente, lasciandosi andare al mio tocco e respirando profondamente.
Vorrei dirle tante cose, in verità. Che non dovrebbe essere così gelosa perché non ce n’è motivo, perché per la prima volta nella mia vita amo una donna con tutto me stesso. Che quell’Aisha non mi piaceva neanche, anche se ha passato tutta la riunione a scoccarmi occhiate languide sopra i grafici del rendimento. Che in realtà sospetto che tra Aisha e quel damerino che si è portata Blair questa sera ci sia qualcosa, chiamatelo istinto. Che la amo anche quando mi fa ingelosire e se ne va di casa come fosse la capricciosa ed emotiva diciassettenne di quasi dieci anni fa.
Davvero, vorrei dirle questo e tanto altro. Ma l’unica cosa che riesco a pronunciare, quasi sussurrata al suo orecchio, sono due semplice parole.
- Sposami, Blair.
Lei sta zitta, paralizzata. I fili d’argento che intrappolano i suoi riccioli bruni brillano di poco, nelle luci dei grattacieli che carezzano quella terrazza. Tace ancora quando si volta verso di me, così che le mie braccia scivolino sulla seta dell’abito blu e le cingano la vita. Mi guarda intensamente, e a me sembra quasi di poterci affogare, in quegli occhi bui. Silenzio. E poi, comincia a piangere.
Quando la stringo a me, scossa dai singhiozzi mentre annuisce ripetutamente, capisco che Chuck Bass è davvero diventato un romantico. Se solo potesse vedermi mio padre, penso che si farebbe una bella risata. Fine.

  
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