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Autore: The_Storyteller    07/04/2022    1 recensioni
Anche se è stato nominato Maestro Assassino, la vita di Arno Dorian non è cambiata molto: scoprire i piani dei Templari, eliminare bersagli, cercare informazioni. La solita routine, come le sue visite alla tomba di Élise.
Se non fosse che, una mattina d’inverno, uno strano incontro annuncerà un nuovo capitolo della sua vita.
Madeleine Caradec è una semplice ragazza bretone, un po’ ingenua ma di buon cuore.
Ciò che non sa, tuttavia, è che si trova in un gioco più grande di lei, pedina nell’eterna lotta fra Assassini e Templari. Cosa sarà più forte: una lealtà che dura da anni o i sentimenti nati da un nuovo incontro? Chi è il diavolo e chi l’angelo?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Arno Dorian, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Gli ultimi raggi di sole illuminavano la strada che portava alla reggia di Versailles. All’interno della carrozza in cui viaggiavano Arno e Madeleine stavano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. In particolare la ragazza cominciava a sentire il nervosismo per la festa imminente: madame Beauchesne l’aveva portata spesso alle feste, insegnandole comportamenti e trucchi vari che usavano le nobildonne per raggiungere i propri intenti. Ma non era mai stata brava a metterli in pratica per via del suo carattere schivo. Aveva osservato come altre dame da compagnia si prestavano volentieri a quel “gioco”, e ricordava ancora le loro risatine superbe nei suoi confronti.
Ma stavolta non ci sarebbe stata la sua padrona a guidarla tra le insidie della nobiltà, o di ciò che ne rimaneva; madame Beauchesne non le avrebbe detto come comportarsi con la nuova borghesia repubblicana, non le avrebbe ordinato di origliare questa o quella conversazione o di conversare con una certa dama. Sarebbe stata da sola, e la cosa non le piaceva per niente.
Persa in quei pensieri, Madeleine non si era resa conto che Arno la stava chiamando. Alzò la testa, sorpresa, e vide lo sguardo preoccupato dell’Assassino.
-Stai bene?-
La bretone sospirò e ammise il suo nervosismo: -Voglio solo che tutto vada bene, Arno. Non voglio fare un pasticcio...-
-Non farai nessun pasticcio. Ne sono certo- la rassicurò Arno.
La ragazza non rispose. Voleva credere alle parole dell’Assassino, ma non riusciva a togliersi di dosso una spiacevole sensazione, come se qualcosa sarebbe andato storto di sicuro.
-Come fai a esserne sicuro?-
Sentì la mano di Arno sulla propria. Volse lo sguardo verso l’uomo, che le stava sorridendo con comprensione.
-Sei una ragazza prudente, Madeleine. Mi hai detto che sai come funzionano questi eventi e ho fiducia in te- la rassicurò lui.
-E se qualcosa andasse comunque male?- chiese turbata.
L’Assassino la osservò preoccupato. Vide il lieve tremore delle sue mani e il suo sguardo teso. Chiedendole prima il permesso, le appoggiò una mano dietro la schiena, tra le scapole, e cominciò a fare dei lenti movimenti circolari. Continuò finché non vide la ragazza rilassarsi e smettere di tremare.
L'uomo le sorrise per incoraggiarla: -So che ce la puoi fare. Resta sempre nelle sale principali, dove c'è più gente. Cercherò i documenti e tornerò da te il più in fretta possibile, te lo prometto.-
Quei gesti e quelle parole sembrarono fare effetto su Madeleine. Finalmente riuscì a calmarsi e un lieve sorriso apparve sulle sue labbra.
La giovane avrebbe voluto ringraziarlo per la sua gentilezza, ma non fece in tempo: d'un tratto la carrozza rallentò e si fermò davanti a un enorme cancello. Pochi secondi dopo Laurent aprì la portiera e fece un ampio gesto del braccio: -Destinazione raggiunta! Ecco a voi la reggia di Versailles!- esclamò.
 
Indossata la maschera e aiutata da Arno, Madeleine scese dalla carrozza e rimase abbagliata dallo spettacolo davanti a sé: decine, forse centinaia di persone vestite in modo elegante e adornate da maschere multicolore chiacchieravano in vari punti dell'ampio viale d'ingresso; alcuni ospiti mostravano il proprio invito alla guardia ed entravano già all'interno del palazzo, da dove si sentiva provenire della musica.
-Incredibile!- esclamò meravigliata la ragazza.
-L'hai detto, avresti dovuto vedere com'era ridotto l'anno scorso. Strano che abbiano deciso di restaurarlo e non di abbatterlo- disse Laurent.
Arno non intervenne. Ricordava ancora i mesi dopo la sua espulsione dalla Confraternita e il suo vagare per le strade del paese, e come la reggia era diventata un rifugio di altri disgraziati o persino banditi. Vedere quell'edificio ritornato allo splendore di un tempo gli ricordò in qualche modo sé stesso, ritornato alla vita dopo un periodo di disperazione.
Indossò anche lui la maschera e si rivolse a Lozach: -So che ti annoierai parecchio qui fuori, ma tieniti comunque pronto per qualsiasi evenienza.-
Il bretone annuì: -Tranquillo, non pensare a me. Cercate di divertirvi e portatemi qualche tartina- rispose divertito, quindi fece un ultimo saluto alla coppia e andò a sistemare la carrozza nell'area apposita.
Arno e Madeleine attraversarono il cortile d'onore, si diressero verso la guardia e mostrarono i loro inviti. Per fortuna l'ufficiale non notò che erano contraffatti, quindi li fece entrare nella reggia.
 
La bretone rimase letteralmente a bocca aperta. Mai, in vita sua, aveva visto un palazzo più sontuoso: i decori più sfarzosi, ricordo del passato monarchico, erano stati rimossi, e tuttavia l'edificio aveva mantenuto la sua aura maestosa ed elegante. Ogni sala, persino la più piccola, era stata risistemata dopo le razzie rivoluzionarie, e dove fino a pochi mesi prima si trovavano macerie e vandalismi ora c'erano ospiti illustri intenti a chiacchierare.
Arno propose alla ragazza di fare una specie di giro turistico della reggia, cosa che Madeleine accettò più che volentieri. Sembrava che i due, per un attimo, avessero dimenticato il vero motivo della loro presenza alla festa: insieme esplorarono tutte le sale aperte al pubblico, osservarono i mobili e i decori, si fecero spazio tra gruppetti di ospiti spettegolanti. Erano anni che entrambi non si sentivano così spensierati.
Dopo aver girovagato per un po', Arno e Madeleine cominciarono ad avvertire i morsi della fame. Si recarono al salone preposto per il buffet e la bretone ringraziò il cielo che ci fosse parecchio rumore, altrimenti chiunque avrebbe sentito il brontolio del suo stomaco.
Vago ricordo dei ricchi banchetti reali, un lungo tavolo rendeva comunque giustizia alle pietanze offerte per i numerosi ospiti: tartine con carne, pesce o verdure, gelatine di pollo e legumi, castrato in umido, pâté di fegato d'anatra e d'oca, bignè salati e altro ancora. E a fianco, ovviamente, l'immancabile offerta di dolci: pasticcini mignon, tartellette con crema o cioccolato, biscotti ripieni di panna, torte sontuose decorate con glasse e stelline di zucchero coi colori della bandiera francese.
Ed ecco che a Madeleine, così come si era aperto, si chiuse repentinamente lo stomaco: quante volte, in passato, si accontentava di pranzare con una pagnotta e un po' di pesce, o se andava bene con un pezzo di formaggio. Quanti poveri avevano patito la fame, durante la monarchia, e chissà quanti ancora morivano per strada nell'indifferenza di tutti.
-Tutto bene?- chiese Arno, che si era accorto della sua titubanza.
La bretone distolse lo sguardo da tutte quelle leccornie: -Scusami. È solo che vedere tutta questa abbondanza mentre c'è gente che non ha nulla da mangiare... mi fa star male.-
L'Assassino capì il timore della ragazza e tentò di tirarle su il morale: -Temi che gli avanzi vengano gettati via, vero? Anch'io avevo questa preoccupazione, ma ho chiesto prima a un cameriere e mi ha risposto che il cibo avanzato verrà donato dal Direttorio ai poveri. Un gesto per differenziarsi dagli sprechi della nobiltà, ha detto.-
Madeleine si sentì rincuorata da quelle parole e accettò l'invito del suo compagno a prendere qualcosa da mangiare. Per fortuna non avevano cenato, prima.
 
-Erano anni che non mangiavo così bene!- sospirò soddisfatta Madeleine.
-Posso tentarti con un'ultima pralina?- scherzò Arno, porgendole una sferetta di cioccolato decorata con una spirale.
La bretone fissò il dolcetto, poi l'Assassino e il suo sorriso divertito: -Lo sai che sei diabolico, vero?- ribatté, ma quella pallina la stava attirando come il canto di una sirena. Si arrese al richiamo dello zucchero e tese la mano per prenderla dall'uomo, che le passò il pirottino con il dolcetto.
Madeleine ne prese un morso, scoprendo un morbido ripieno all'arancia che si sposava divinamente con l'amaro del fondente. Si lasciò scappare un mugolio soddisfatto, poi si rivolse all'Assassino: -Devi assolutamente provarne una, è squisita!-
Ma non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo: cogliendola di sorpresa, Arno si chinò e mangiò direttamente dalla sua mano il resto della pralina. La ragazza non ebbe tempo di reagire, tanto che era rimasta con la mano immobile a mezz’aria ancora con la sensazione delle labbra dell’Assassino sulle dita. E ora, cosa forse peggiore, si sentiva le guance arrossire dall’imbarazzo per via dei sussurri pettegoli che udiva intorno a sé.
Anche Arno sembrò in imbarazzo, resosi conto che forse aveva esagerato. Distolse lo sguardo dalla ragazza e deglutì con fatica: -Scusami, non avrei dovuto. Non so cosa mi sia preso...-
La giovane sorrise appena: -Va tutto bene. Andiamo da qualche altra parte- rispose. Prese sotto braccio l'Assassino e si allontanarono dalla sala del buffet.
Il silenzio sembrò essersi impossessato dei due, ognuno perso in chissà quali pensieri. Madeleine ripensava ancora a ciò che era successo: a quel gesto così improvviso e allo stesso tempo così intimo; allo sguardo che le aveva rivolto l'uomo, nonostante la maschera; alla sensazione delle sue labbra sulle dita. Immaginò cosa sarebbe successo se fossero stati da soli, magari nella tranquillità della sua stanza al Café: loro due sul divano, davanti al caminetto, a scambiarsi cioccolatini e teneri sguardi. E poi Arno che le sfiora di nuovo le dita, poi la mano, si avvicina a lei e...
Madeleine scosse la testa, esterrefatta per quei pensieri. Cosa diamine le passava per la testa? Diede la colpa al ricevimento e alla sua atmosfera spensierata. Doveva essere per forza quello, certo non quello che provava per Arno.
Sospirando appena per non farsi sentire la ragazza guardò di sottecchi l'Assassino, che invece osservava con cautela gli altri invitati: Arno le piaceva, era inutile negarlo. La sua gentilezza, la sua generosità nell'aiutarla, persino la sua fragilità le erano entrate nel cuore. Quella che doveva essere una missione di spionaggio si era trasformata in una bella amicizia, e forse anche in qualcos'altro. Ma la giovane non osava pensare se l'uomo reciprocasse o meno quei sentimenti.
Ad un tratto venne distratta dagli altri ospiti, che si stavano muovendo di gran carriera verso un'unica direzione.
-Che succede?- chiese.
Il sorriso ritornò sul volto di Arno: -Credo che sia iniziato il ballo, andiamo a vedere.-
Cercando di non farsi travolgere dalla folla, i due giunsero infine nella famosa Galleria degli Specchi: grazie al gioco di riflessi la sala sembrava illuminata da migliaia di candele, conferendo all'ambiente una luminosità come se fosse giorno; un quartetto d'archi era già in azione, suonando sia pezzi classici che le ultime novità della musica classica; al centro della sala decine e decine di coppie danzavano i balli più in voga come contraddanza, polka e naturalmente il più apprezzato, il valzer.
Madeleine osservava meravigliata quello spettacolo di suoni e colori, coi vestiti delle dame che volteggiavano a ritmo di musica. Stava ancora ammirando le piroette dei danzatori quando sentì Arno chiamarla e, con sua grande sorpresa, vide che le tendeva una mano.
-Non credo che avrò altre occasione per chiedertelo– disse l'Assassino –Mi faresti l'onore di questa danza?-
La ragazza si sentì battere forte il cuore, tant'era emozionata. Timidamente accettò l'invito dell'uomo e quindi fecero il loro ingresso sulla pista da ballo.
-Spero di non schiacciarti i piedi, non conosco molto questi balli- avvertì Madeleine.
Arno sorrise divertito: -Non preoccuparti, è un rischio che corro volentieri.-
Al ritmo degli archi, la coppia cominciò a muovere i primi passi di un romantico valzer. Spiarono i movimenti delle coppie più esperte e seguirono la melodia dell’orchestrina fino a trovare il loro tempo, una nota per volta.
La ragazza avvertiva ogni tanto gli sguardi delle altre persone, dovuto probabilmente all’episodio della pralina, eppure non sentiva più l’imbarazzo di prima: la sua attenzione era rivolta solo ad Arno, alle sue mani forti e allo stesso tempo delicate, ai suoi occhi dolci e caldi.
Man mano che la danza proseguiva, i due ebbero la sensazione di trovarsi da soli, padroni della pista da ballo. Occhi di cioccolato fissavano con affetto uno sguardo color tempesta, le loro mani si stringevano appena un po’ di più, i loro volti si avvicinavano senza che se ne accorgessero... e poi la musica terminò.
Il rumore degli applausi riportò Arno e Madeleine alla realtà della festa, come se fosse scoppiata all’improvviso la bolla in cui si trovavano. Si allontanarono dalla pista per fare posto alle nuove coppie e la ragazza si rivolse all’Assassino: -Tutto sommato non è andata così male, no?-
Ma all’improvviso il volto dell’uomo si era fatto serio. Cercando di mantenere un’espressione rilassata, Arno accompagnò la ragazza lungo la Galleria degli Specchi dove si erano radunati gli ospiti che non volevano danzare.
Madeleine notò immediatamente il comportamento dell’Assassino: -Che cosa succede?-
L’uomo controllò un paio di volte la gente intorno a sé, e una volta certo che nessuno li stava ascoltando le rispose: -Devo andare a cercare i documenti che mi servono. Proverò a fare il più in fretta possibile, tu intanto resta qui e non ti muovere.-
Prima che la ragazza potesse fargli qualche domanda, lui rispose: -Ho notato un paio di Templari prima, e anche qualche loro agente infiltrato. Non so se mi hanno già riconosciuto, ma più gente c’è nei dintorni e meno proveranno a fare qualcosa. Prometti che starai qui?-
Madeleine tentò di individuare qualche comportamento sospetto, ma invano. Si girò verso Arno e vide il suo sguardo preoccupato dietro la maschera.
Annuì e gli sorrise per incoraggiarlo: -Vai pure, Arno. Mi troverai qui, te lo prometto.-
Rincuorato da quelle parole, l’Assassino le strinse appena la mano come ultima raccomandazione, quindi si allontanò con discrezione fino a sparire dalla vista della ragazza.
Non passarono neanche due minuti prima che Madeleine sentì qualcuno afferrarla per il braccio. Si girò di scatto, pronta ad allontanare il molestatore, ma si bloccò non appena riconobbe madame Beauchesne dietro la preziosa maschera che le celava il volto.
-Dobbiamo parlare. Ora- sibilò la donna, e portò la ragazza via con sé.
 
Le due donne attraversarono numerose stanze fino a che Thérèse Beauchesne non ne trovò una completamente vuota. Fece entrare la ragazza in un piccolo salottino e chiuse la porta, in modo che nessuno potesse disturbarle.
Madeleine osservò la stanza poco illuminata. Nella penombra di un candelabro riuscì a vedere un divanetto e delle poltrone intorno a un tavolo, e poco distante un mobile sopra cui troneggiava un grande specchio.
Un lieve colpo di tosse la fece girare verso la Templare, che la osservava con un certo fastidio.
-Ora giochiamo a Cenerentola, Madeleine?- esclamò la donna.
La bretone sobbalzò a quel tono così aggressivo. Thérèse sbuffò e si accomodò sul divanetto: -Non ti ho mica detto di venire qui per divertirti! Perché non sei dietro a Dorian a spiarlo?-
La ragazza tentò di ribattere: -Non... Non deve fare niente di che. Mi ha detto di restare alla Galleria perché è più sicuro.-
-O forse perché non ti voleva tra i piedi- insinuò la Templare.
Madeleine si sentì ferita da quelle parole: -No, io... io mi fido di lui. Ha detto che ci sono persone poco raccomandabili e...-
-E tu gli credi?! Ti fidi così tanto di qualcuno che conosci da così poco? Non hai più fiducia in me, forse?- replicò Thérèse.
Si alzò dal divanetto e si avvicinò alla finestra: -Io ti ho salvato dalla miseria, Madeleine. Se non fossi passata a Quimper, quasi dieci anni fa... Non ho bisogno di ricordarti madame Fournier e il suo localino, giusto?-
Madeleine avvertì un lungo tremito percorrerla dalla testa ai piedi. Si sentì il fiato mozzato in gola e tremendi ricordi le ritornarono in mente.
-No, non madame Fournier... V-vi prego...- implorò con voce tremula.
Thérèse sorrise soddisfatta per la sua vittoria. Si avvicinò alla giovane e le si rivolse in modo affabile: -E allora, mia piccola Madeleine, puoi spiegarmi perché ti fidi così tanto di un uomo che conosci da quattro mesi, e non della tua generosa signora che conosci da anni?-
La giovane si sentiva smarrita, ancora sconvolta dai ricordi che le aveva provocato la Templare. Si sentiva schiacciata dallo sguardo apparentemente rilassato di madame Beauchesne: sapeva che, sotto quella maschera, stava studiando le sue prossime mosse.
Fece un respiro profondo per calmarsi. Cercò di non pensare più alle sue parole e di ricordare invece i bei momenti passati con l’Assassino, dal primo incontro fino al valzer di qualche minuto prima: ripensò alle parole gentili, alle battute, ai quei momenti che man mano li avevano avvicinati l’un l’altra. E in un sussurro, quasi più a sé stessa che alla sua padrona, disse: -Io... io credo di piacergli.-
Non ci fu nessuna risposta da parte di Thérèse. La donna rimase in silenzio per alcuni secondi, poi cominciò a ridere sommessamente, e poi più forte, più forte, fino a che le sue risate non riempirono tutta la stanza.
Madeleine avrebbe voluto sparire, piuttosto che sentire quelle che sembravano risate di scherno.
Dopo un paio di minuti la Beauchesne riuscì a calmarsi, quindi si avvicinò alla giovane: -Ti faccio vedere io cosa gli piace di te.-
Ordinò alla ragazza di girarsi, poi la giovane avvertì un improvviso dolore alla nuca: la Templare le stava disfacendo senza alcuna delicatezza l’acconciatura che le aveva fatto Hélène, e senza darle tempo di protestare la trascinò poi davanti allo specchio.
-Cosa vedi?- le domandò Thérèse.
Madeleine non capiva il perché di quelle azioni. Osservò il proprio riflesso alla luce del candelabro e rispose titubante: -Vedo me stessa.-
Di nuovo la risatina di scherno della Templare: -Quanto sei ingenua, guarda bene- ribatté.
Sistemò meglio il candelabro, finché la luce delle candele non conferì alla chioma della ragazza una sfumatura rossa. E solo allora la bretone capì.
-Ho riconosciuto l’abito che indossi, quindi sarai stata certamente a Villa De la Serre. E avrai visto il ritratto di Élise, giusto? Ora capisci perché Dorian è così interessato a te?- le chiese subdolamente.
Ancora una volta Madeleine si sentì mozzare il fiato: complice la luce, ora in quello specchio non c’era più lei, ma quei capelli rossastri e quegli occhi dalla sfumatura azzurra appartenevano a Élise. Tentò di allontanarsi, non osando più guardare il proprio riflesso, ma la Templare la bloccò sul posto e la obbligò a fissare lo specchio: -Questa è l’amara verità, mia cara. Tu sei soltanto una seconda scelta, una copia non riuscita del suo primo amore. Davvero credevi che si sarebbe interessato a una frignona come te, altrimenti?-
Finalmente la ragazza riuscì ad allontanarsi dallo specchio. Si sentiva un enorme peso allo sterno che le impediva di respirare normalmente. Non voleva credere alle insinuazioni della sua padrona, ma la donna aveva detto il vero: la somiglianza con Élise era notevole, chiunque se ne sarebbe accorto.
Le prime lacrime minacciavano i suoi occhi, dandole una fastidiosa sensazione di prurito. Si tolse la maschera e cercò di asciugarsele il più in fretta possibile, nascosta alla vista della donna.
Sobbalzò sorpresa, quando avvertì le mani della Templare sulle spalle. Thérèse ora la guardava con comprensione, cambiando completamente espressione in pochi secondi: -Povera piccola Madeleine. A volte il cuore può giocare brutti scherzi, ma io posso aiutarti.-
La bretone la osservò confusa mentre cercava qualcosa tra le pieghe del suo abito, e poco dopo la Beauchesne estrasse una piccola boccetta che conteneva un liquido trasparente.
-Io e i miei colleghi abbiamo deciso di non voler più perseguire la nostra missione di giustizia, ci è costata la vita di troppa gente. Ma possiamo ancora scoprire qualcosa sul gruppo di Dorian.-
-Questo è un potente sonnifero. Sono solo poche gocce, ma questa boccetta può far addormentare un uomo in un’ora. Usalo con Dorian, trova qualsiasi documento che riguardi ciò che fanno lui e i suoi affiliati e portamelo. Ti do sette giorni di tempo, e se mi porterai qualcosa di utile ti prometto che potrai restare col tuo amichetto. Sono stata chiara?-
E senza nemmeno aspettare una risposta da parte della giovane, Thérèse le infilò la boccetta nello scollo dell’abito e le ordinò di andare.
 
Madeleine avrebbe voluto scomparire. Non aveva fatto che pochi passi e i sussurri pettegoli intorno a lei sembravano api impazzite, talmente erano numerosi. Camminò velocemente a testa bassa, cercando allo stesso tempo di trattenere le lacrime. Aveva bisogno di aria e di stare da sola.
Si fece spazio tra la folla, sentiva su di sé gli sguardi curiosi degli ospiti, i pettegolezzi non si arrestavano.
“Smettetela, smettetela!”
Finalmente trovò un’uscita e poco dopo si ritrovò davanti alle due grandi fontane che accoglievano i visitatori nell’enorme giardino della reggia. Fosse stato giorno avrebbe fatto volentieri una passeggiata, ma era ancora troppo sconvolta. E lì intorno c’era ancora troppa gente.
Ormai non le importava più degli altri e non fece caso alle persone che accidentalmente urtava; dopotutto era difficile vedere con le lacrime agli occhi.
Attraversò i primi giardini e seguì il lungo tappeto verde che portava fino all’imponente Fontana di Apollo. Deviò poi in uno dei corridoi laterali, perdendosi in quel labirinto di siepi e alberi curati, fino a che si ritrovò presso una delle numerose fontane minori.
Madeleine si arrestò, rendendosi conto di aver corso nonostante l’ingombro dell’abito. Ancora ansante si guardò intorno, scoprendo di essere completamente sola: i rumori della festa erano spariti e l’unica luce presente proveniva dalla luna piena.
Esausta, si sedette sul bordo della fontana e si tolse la maschera, permettendo finalmente alle lacrime di scorrere lungo le guance. Prese la boccetta che madame Beauchesne le aveva infilato così rudemente nello scollo e ne osservò il contenuto.
Si sentiva così affranta, confusa, e le parole della sua padrona non aiutavano per niente: le ritornarono in mente la sua risata di scherno; la presa di ferro sulle spalle mentre la costringeva a guardare il proprio riflesso; e quelle parole così velenose e, allo stesso tempo, così veritiere.
Tu sei soltanto una seconda scelta, una copia non riuscita del suo primo amore” udiva nella sua testa, in un’infinita cantilena maligna.
Osservò il suo riflesso nelle placide acque della fontana, ma a causa delle emozioni che provava in quel momento quelle le restituirono una pallida imitazione del ritratto di Élise De la Serre.
Nel silenzio di quel maestoso parco riecheggiarono i singulti disperati della povera Madeleine.
 
*****
-Eccovi qua- sussurrò Arno reggendo i documenti che stava cercando. Se li infilò con cura nella tasca interna della giacca, poi si avvicinò con cautela a un armadio; la guardia che aveva stordito prima era ancora svenuta, per fortuna.
-Bonne nuit- salutò sarcasticamente, quindi l'Assassino aprì appena la porta e uscì in silenzio dalla stanza in cui si trovava.
Si incamminò per tornare alla Galleria degli Specchi, ma si accorse subito che era successo qualcosa: in ogni sala che attraversava c'erano drappelli di persone che bisbigliavano concitate tra di loro, e notò che alcuni degli ospiti gli lanciavano sguardi discreti ma inquisitori.
Arno non capiva il perché di quelle occhiate. Continuò a camminare, ma a un certo punto sentì una parte di conversazione tra due donne.
-Dovevi vederla, era tutta sconvolta. Forse ha scoperto che il marito ha un'amante!-
-No, non può essere! Non hai visto prima al ballo? Erano così carini insieme.-
Arno avrebbe preferito risolvere il mistero da solo, ma ammise a sé stesso che forse così avrebbe fatto prima. Sospirò, quindi si avvicinò alle due signore.
-Perdonatemi, mesdames, potreste dirmi cos'è successo? Ho notato parecchio subbuglio tra gli ospiti- domandò.
Rispose la prima donna: -Oh, proprio voi! È successo quando avete lasciato la Galleria. Si è avvicinata una donna a vostra moglie e l'ha portata via con sé, e dopo un po' la poverina è ritornata sconvolta.-
Un campanello d'allarme cominciò a suonare nella testa di Arno: -Sapete chi era quella donna?-
Intervenne la seconda: -Ricordo che aveva i capelli bruni e un abito chiaro. Azzurro, o forse verde? In ogni caso non l'ho più vista qui.-
-E mia... moglie? Sapete dov'è andata?- chiese l'Assassino con preoccupazione.
Stavolta le due donne non seppero rispondere, quindi l'uomo le ringraziò e si diresse verso la Galleria degli Specchi.
Guardò in tutte le direzioni, percorse più e più volte la lunga sala, cercò nelle stanze vicine ma invano: Madeleine non si trovava da nessuna parte.
Decise di cambiare strategia: si concentrò e attivò l’occhio dell'aquila, osservando l’ambiente intorno a sé alla ricerca di indizi. Ed ecco, appena visibili, delle impronte dorate dirigersi verso l’uscita.
Arno fece molta fatica a seguirle a causa della gente che continuava a passarci sopra, col rischio di cancellare quella flebile pista, ma per fortuna riuscì a seguirle fino all’inizio del parco. Senza più l’ingombro degli ospiti, l’uomo vide con inquietudine che le impronte si addentravano nell’enorme giardino.
Si tolse la maschera, poiché era da solo e non ci sarebbe stato nessuno a vederlo, e corse seguendo la scia dorata delle impronte. In cuor suo si chiedeva cosa fosse successo alla giovane bretone e sperava che stesse bene. Se le fosse successo qualcosa di grave non se lo sarebbe mai perdonato.
Svoltò in una via laterale e percorse il corridoio alberato, finché giunse in uno spazio aperto con al centro una fontana. E sul bordo, china su sé stessa, era seduta la ragazza.
-Madeleine!- chiamò ad alta voce, sollevato nel vederla. Ma la giovane alzò di scattò la testa e, sotto i raggi della luna, Arno vide i suoi occhi gonfi e le sue guance rigate dalle lacrime. Si avvicinò a lei, sempre più preoccupato, e la ragazza si girò dall’altra parte.
-Stai bene? Cos’è successo?- le chiese, stupito dalla sua reazione.
La ragazza tirò su col naso e si asciugò un occhio. Sempre tenendo lo sguardo basso, dalle sue labbra uscì un’unica parola: -Perché?-.
L’Assassino rimase in silenzio, confuso da quella domanda. Madeleine si girò quindi verso di lui, mentre le lacrime ricominciavano a sgorgarle dalle palpebre: -Dimmi la verità, Arno. Perché mi hai aiutato, quel giorno al cimitero? Perché mi hai voluto al Café? È perché somiglio a Élise?-
Quelle domande furono come un fulmine a ciel sereno. Vedendo che l’uomo esitava a rispondere, la bretone continuò fra i singhiozzi: -All’inizio non ci aveva fatto caso, ma tu mi hai sempre trattato diversamente dalle altre cameriere. Eri sempre più gentile con me, mi hai voluto come sarta personale. Mi hai chiamato col suo nome. E ho visto il suo ritratto alla villa. E ora, con un suo abito e con questa maschera...-
Arno tentò di intervenire: -Madeleine, io...-
-Io non sono Élise! E non lo sarò mai! Non sarò mai intrepida, affascinante o colta come lei. Non potrò mai prendere il suo posto nel tuo cuore...-
La giovane si rese conto troppo tardi di ciò che aveva detto. Trattenendo a stento un singulto, si alzò e fece per andarsene, ma in un attimo sentì le braccia di Arno cingerla da dietro.
Rimase immobile, stupita da quel gesto. Sentiva l’Assassino tremare, il suo fiato le sfiorava appena la guancia. Riuscì a girarsi, mettendosi di fronte a lui, e nel suo sguardo vide sentimenti contrastanti: affetto e paura.
Arno strinse ancora di più la ragazza tra le sue braccia, appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Hai ragione– ammise –All’inizio credevo impossibile trovare qualcuno che mi ricordasse così tanto Élise. Volevo conoscerti meglio e assumerti al Café sembrava la soluzione migliore. Ma ho capito subito che non eri un’altra Élise, nonostante l’aspetto fisico. Ed è giusto così.-
-Ma tu mi hai salvato, Madeleine. Se non avessi avvertito gli altri dell’agguato templare sarei morto. E poi mi hai salvato un’altra volta, quando mi sono ubriacato. È vero, ti ho scambiato per lei, con la luce della candela che ti rendeva i capelli rossi. Ma mi aveva ricordato anche un’aureola e il mattino seguente, quando ti ho vista accanto a me, sembravi un angelo. Il mio angelo salvatore.-
Madeleine ascoltò meravigliata quelle parole. Finalmente, da quando aveva incontrato la Beauchesne, sentì il dolore abbandonare il suo corpo e lasciar posto alla speranza.
Arno sciolse l’abbraccio per guardarla dritta negli occhi. Lentamente alzò una mano e l’avvicinò al suo volto per asciugarle una lacrima, per posarsi poi sulla sua guancia.
-Ho imparato a conoscerti e ad apprezzarti, mon ange: la tua dolcezza, la tua forza interiore, la tua bontà mi hanno conquistato. E ho capito di amarti.-
-Élise sarà sempre un capitolo importante del mio passato, ma è tempo di voltare pagina. E vorrei tanto che tu facessi parte di questa nuova storia- terminò l’Assassino.
Sentendo quelle parole così dolci e piene d’amore, Madeleine sentiva il proprio cuore battere sempre più forte. E quando Arno finì l’ultima frase non riuscì a trattenersi: prese il viso dell’Assassino tra le mani e lo baciò sulle labbra. Aveva agito d’istinto, guidata dai sentimenti che provava per l’uomo. E subito dopo l’uomo la baciò a sua volta, avvolgendola dolcemente fra le sue braccia.
-Ti amo, ma menn- sussurrò la ragazza.
-Che significa?- chiese Arno.
Madeleine ridacchiò appena, leggermente imbarazzata: -Te lo dirò un’altra volta. Adesso è meglio se torniamo alla festa.-
Arno le prese una mano con delicatezza: -Ho trovato ciò che mi serviva, se vuoi possiamo tornare alla villa. Ma prima...-
E con un gesto da prestigiatore fece apparire dal nulla un prezioso anello d’oro con delle piccole pietre preziose incastonate sulla parte superiore, e glielo infilò agilmente all’anulare.
La ragazza arrossì e sussultò allo stesso tempo: -Arno, ma sei impazzito?-
L’Assassino fece spallucce, sorridendo divertito: -Era dimenticato in fondo a un cassetto e dubito che la sua padrona verrà a riprenderlo. Nelle migliori delle ipotesi sarà scappata, altrimenti...- e fece un inequivocabile gesto col dito lungo il collo.
Madeleine osservò il prezioso gioiello alla luce della luna: -È stupendo, Arno. Grazie-
I due innamorati si scambiarono ancora un tenero bacio. Mano nella mano, si incamminarono lungo il sentiero del parco e decisero che era tempo di lasciare la reggia di Versailles.
La bretone non poteva essere più felice, ma un’ombra gravava su quella gioia: le parole della Beauchesne e l’ultimatum che le aveva dato.

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Se volete orientarvi nel parco di Versailles, qui c'è una mappa molto dettagliata: https://it.map-of-paris.com/parchi---giardini-mappe/i-giardini-di-versailles-mappa#&gid=1&pid=1
   
 
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