Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: _Zaelit_    09/04/2022    0 recensioni
È trascorso qualche mese dal termine della lotta per la libertà dei guerrieri originati dal Progetto Jenova e Progetto Yoshua.
Sephiroth è partito in cerca della sua redenzione, mentre Rainiel vive con Zack ed Aerith nel Settore 5. Un altro nemico, però, intende portare avanti la guerra che loro credevano terminata. Quando un vecchio amico porterà discordia nelle vite dei due ex-SOLDIER, quando un angelo dalle piume nere tornerà a cercare il dono della dea, Rainiel e Sephiroth, e tutti i loro compagni, dovranno ancora una volta confrontarsi con un male più pericoloso del precedente e che, come se non bastasse, sembra conoscerli molto bene.
Libertà, amore, pace: tutto rischia di essere spazzato via ancor prima di poter essere ottenuto... e il Dono degli Dèi è più vicino a loro di quanto pensino.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Sephiroth, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 33

FERITE APERTE


Un senso di acuta claustrofobia folgorò Rainiel. Provò a muovere i polsi, i piedi, ma non poteva fare altro che stringere i denti e vivere quell'atroce condizione. Le era già capitato in passato, quando Hojo aveva cercato di farla assorbire dall'alieno Yoshua e aveva fallito, per questo ora si sentiva come una volpe in trappola. Stava rivivendo quegli istanti di terrore dopo mesi trascorsi a cercare di dimenticare tutto.

Genesis spostò lo sguardo da lei a Sephiroth un paio di volte, ma non parlò. Tuttavia, nulla lo risparmiò dallo scrollarsi di dosso Narcisse quando provò a poggiargli una mano sulla spalla.

«Scusatemi, temo di non avervi avvisati per tempo.» proseguì il SOLDIER dai capelli biondi con le sue provocazioni, «Non c'è bisogno di presentazioni, se non altro. Vi basta sapere che Genesis, per il momento, lavora per me.»

«Io non lavoro per nessuno.» ribatté l'uomo accanto a lui. Una bugia, in realtà, dato che sapeva benissimo di essere costretto a collaborare con lui e la sua cricca di matti.

Sephiroth ad ogni modo poteva sentire l'amarezza riempirlo, forse ancora più forte del timore. Incontrare Genesis dopo la loro brusca separazione, anni prima, non si era rivelato facile prima e non lo era magicamente diventato adesso. Quello era l'amico con cui era cresciuto per anni tra le mura del palazzo della compagnia per cui lavoravano, e allo stesso tempo era uno sconosciuto, completamente diverso, prosciugato dalla sua reale essenza. Poteva sentire quella mancanza.

«Sei davvero deludente.» gli disse quindi in tono piatto, quasi arreso all'idea che le cose non sarebbero potute andare diversamente. «Credevo odiassi la Shinra, e invece sei tornato a essere il suo cane fedele. Sei diventato esattamente ciò che dicevi di disprezzare.» gli rivolse quelle parole senza cura alcuna, ignorando le conseguenze. Ancora per una volta, si sentì tradito.

Se nell'equazione fosse stato compreso solo Genesis, forse avrebbe potuto cambiarlo, sostenerlo, riportarlo sulla retta via come Rain aveva fatto anche con lui. La Shinra, però, era un problema che sperava rimanesse distaccato dal loro turbolento rapporto d'amicizia, che in quell'istante considerò come andato definitivamente in frantumi. Invece eccoli lì, ancora una volta su fronti opposti, ma invertiti: una volta lui era stato un disertore e Sephiroth il SOLDIER inviato a riportarlo indietro. Adesso accadeva tutto il contrario.

Quelle parole riuscirono nell'intento per cui erano state pronunciate: ferire Genesis nell'orgoglio. Il giovane uomo, comunque poco più grande di Sephiroth in termini di età, si strinse una mano al petto e cercò di difendersi.

«Non farmi la paternale, oh grande eroe di guerra, conquistatore di nazioni!» finse di elogiarlo, quando in realtà non fece che ricordargli ciò che era stato. Dietro di sé quella leggenda si trascinava una scia di sangue di dimensioni impensabili. «Tu sei stato il fiore all'occhiello di SOLDIER dall'attimo in cui hai imparato a tenere in mano una spada. Sei tu il cane che ha sempre scodinzolato al padrone, anche quando lo prendeva a calci. Nonostante quello che ci è stato fatto, quello che sospettavi, sei rimasto leale alla divisione e non hai mai contestato un ordine.» lo accusò ancora e ancora.

Lo ricordava perfettamente, il momento in cui si era rivolto a lui in cerca di aiuto. Morente, debole e fragile, aveva teso una mano in sua direzione... e lui gli aveva voltato le spalle con sdegno.

Lo sguardo di Sephiroth, quando incrociò il suo dopo che Genesis si fu avvicinato, si dimostrò però altrettanto ferito. Bruciava di una desolazione unica e personale, causata da lui solamente. Come se fosse in lutto per la perdita di un amico che ostinatamente aveva creduto di poter salvare.

«È questo che credi?» mosse a stento le labbra il Generale, «Per te ho rifiutato dozzine di ordini. Ho fatto il possibile per cercare di sviare le ricerche, per cercare di salvarti la vita. Ma in questo momento me ne sto pentendo amaramente.» Fece una breve pausa, prima di ridurre gli occhi a lunette luminose, le file di ciglia lunghe e nere che si sfioravano. Fu allora che scoccò il colpo finale. «Tu sei la ragione per la quale Angeal è morto.»

Un sussurro che pesò più della pressione magnetica dei meccanismi che tenevano fermi lui e i suoi compagni. Alle sue spalle, Rainiel e Zack, che erano stati allievi dell'uomo citato, sussultarono per la durezza di quella frase.

Ma quello che ne accusò più di tutti i danni fu proprio Genesis. Se la Masamune lo avesse trafitto al cuore, questo avrebbe sanguinato meno. Barcollò indietro per l'impatto come se lui e Sephiroth si fossero dati battaglia in una dimensione alternativa e astratta.

Angeal. Tra tutti e tre, era sempre stato l'amico più responsabile e giusto. Quando lui e Sephiroth si cacciavano nei guai, era sempre Angeal a correre in loro soccorso. Era stato un uomo buono e leale fino alla fine, legato ai suoi valori e all'onore di cui tanto parlava, tediandoli nei più noiosi pomeriggi assolati trascorsi sui terrazzi dove i tre giovani cercavano di ritagliarsi un angolo di normalità nel tempo libero.

Poi, un giorno diverso dagli altri, Genesis aveva scoperto le loro vere origini e aveva deciso di disertare. Era stato a causa sua che, non molto tempo dopo, Angeal era venuto a conoscenza della verità. Nei registri di SOLDIER risultava come disperso, ma Genesis sapeva bene che si era lasciato morire, incapace di sopportare la realtà dei fatti, quella di essere un mostro. Se non avesse reagito così impulsivamente, se solo ne avesse parlato con tutti e tre nell'istante stesso in cui aveva scoperto tutto... forse Angeal sarebbe stato lì con loro, e non in uno squallido vicolo del Mercato Murato, ma nella bella Midgar, o in missione in qualche angolo recondito del mondo.

Ma lui lo aveva convinto del fatto di essere un mostro, lo aveva spinto quasi fino alla soglia della follia, e avrebbe fatto la stessa cosa con Sephiroth, se ne avesse avuto il tempo. Questo era il motivo per cui Angeal non era lì con loro. Forse lui avrebbe trovato una soluzione per evitare tutto ciò...

Genesis desiderò solo cavarsi gli occhi pur di non vedere quello sguardo inquisitorio su si sé, pur di non provare quel senso di colpa. Sephiroth lo aveva sempre guardato con sufficienza e altezzosità, ma mai con disprezzo, come invece stava facendo in quel momento, e questo disintegrò qualcosa dentro di lui, la fece a pezzi con rabbia.

Narcisse alzò gli occhi al cielo e sbuffò un sospiro annoiato. Colpì la schiena di Genesis con una pacca intesa a risvegliarlo dai suoi pensieri.

«Una riunione molto commovente,» pronunciò infatti, aggrottando le sopracciglia, «ma adesso sbrigati, Genesis. Non abbiamo tutta la notte.»

L'uomo dai capelli rossicci abbassò lo sguardo, incapace di sostenere ancora quello di Sephiroth, che provò di nuovo a muoversi senza successo. Con la mente annebbiata dai morsi del rimpianto, Genesis affondò una mano sotto la giacca rossa e ne estrasse qualcosa. Un ago sottile brillò alla luce dei lampioni. La siringa che gli apparve in mano era piena alla massima capienza di un curioso liquido verde acqua, limpido e luminoso.

Sephiroth lo sfidò con lo sguardo. Qualsiasi cosa ci fosse lì dentro, sapevano entrambi che non avrebbe funzionato su di lui. Non sarebbero mai riusciti, neanche con l'aiuto di un'altra dozzina di persone, a riportarlo a Midgar con la forza.

Ma questo Genesis lo sapeva già. O meglio, lo sapevano coloro che lo avevano inviato a compiere quella missione. Per questo strinse le palpebre e aggirò il vecchio amico, camminando in un'altra direzione alle sue spalle. Verso Rainiel.

Sephiroth sentì i muscoli di tutto il corpo irrigidirsi. I suoi tentativi di liberarsi dal campo magnetico si fecero più tenaci. Aveva promesso a Rainiel che avrebbe difeso lei e gli altri, e cosa stava facendo adesso? Assolutamente nulla.

«Genesis.» disse quindi a denti stretti, cercando di fermarlo. Non lo avrebbe implorato, no. Se fosse riuscito a liberarsi da lì lo avrebbe fermato con le sue stesse mani.

Mentre sul viso di Narcisse si dipingeva un ghigno soddisfatto, Genesis continuò a camminare.

Rain lo vide avanzare verso di lei, l'espressione mesta e quella siringa fra le mani. Qualunque cosa fosse, non voleva averla in corpo. Provò a muovere qualsiasi cosa: una gamba, un dito, ma non fece altro che finire nel panico. I polmoni le bruciavano per la rapidità dei respiri. Stava succedendo di nuovo. Era immobile, impotente, come lo era stata davanti a Hojo quella notte, nel DRUM. Non riuscì neanche a parlare, a stento sentì le voci attorno a lei, dato il palpitio del cuore che si era spostato nelle orecchie.

«Genesis, fermati!» Persino Zack, l'allievo dell'amico perduto, provò a convincerlo a cambiare idea.

Genesis odiava il modo in cui quel ragazzo assomigliasse tanto ad Angeal. Sembrava un suo fratello minore, parlava e si comportava come lui in molti casi. Ignorare le sue parole di come ignorare quelle del suo maestro.

«Mio amico, le sorti son crudeli.» recitò allora, la prima cosa che gli venne in mente, «né più sogni, né onore rimangono.»

Sì accostò a Rainiel, che non poté fare altro che guardarlo. A qualche passo da loro, Sephiroth stava facendo il possibile per liberarsi e intervenire. Non era la prima volta che veniva messo in gabbia, ma non vi era mai rimasto per troppo tempo. Stavolta non poteva essere diverso.

Narcisse notò una scintilla baluginare sulla sfera meccanica che lo teneva fermo. «Non prendertela comoda.» fece quindi pressione al compagno di missione, una gocciolina di sudore che gli bagnava la fronte.

Genesis ricambiò lo sguardo di colei che, per un breve periodo, era stata la sua allieva, ma calò presto le palpebre. «La freccia ha lasciato l'arco della Dea. La mia anima, dalla vendetta corrotta, ha sopportato il tormento per trovare la fine del viaggio...»

Individuò il braccio della ragazza. L'ago perforò senza problemi la pelle morbida e pallida. Rain non riuscì a trattenere un verso di terrore che annullò qualsiasi limite di pazienza di Sephiroth. Il corpo del Generale tremava, tanto disperati erano i suoi sforzi. Doveva riuscire a raggiungerla nel minor tempo possibile.

Il pollice di Genesis pigiò senza sforzi lo stantuffo. Rainiel era pietrificata. Non fu neanche in grado di pregarlo di risparmiarla. Se non altro, i tre amici accanto a lei cercarono di dissuaderlo e protestare, benché risultò tutto inutile.

«... nella mia salvezza, e nel tuo sonno eterno.» Genesis finì di recitare quella parte del quarto atto di Loveless, che sul momento gli sembrava abbastanza adeguata. Cercò conforto in quelle parole che conosceva a memoria, ma ne trovò poco.

Rain sentì la paura attenuarsi pian piano, insieme a tutto il resto. Le luci attorno a lei si sfuocarono, i suoni si fecero più ovattati mentre le sue pupille si espandevano e il suo corpo soccombeva alla sostanza calmante. Ben presto l'unico suono che riuscì a distinguere chiaramente fu quello del proprio respiro affaticato.

Una serie di scintille fecero scricchiolare il congegno meccanico ancora una volta. Sephiroth strinse la presa attorno all'elsa della Masamune. Le sue dita si mossero, così come la lama della spada, che sibilò sul terreno muovendosi lentamente.

«Datti una mossa!» Narcisse esortò ancora una volta il suo alleato.

Genesis toccò qualcosa sul meccanismo che aveva bloccato Rainiel e la ragazza fu immediatamente rilasciata dal suo controllo. Si stupì di quanto deboli fossero le proprie gambe, dato che perse immediatamente l'equilibrio e rischiò di rovinarsi al suolo mentre i suoi amici chiamavano terrorizzati il suo nome.

Circondandola con un braccio, Genesis evitò che cadesse. La risollevò piano e se la caricò in braccio senza incontrare resistenza da parte sua.

«Maledetto...» soffiò Zack, tentando a sua volta di distruggere il campo magnetico. Nel suo caso, però, questo non si smosse di un centimetro.

Ma quello che circondava Sephiroth prese a tremare e lampeggiare per le interferenze. Il congegno emetteva strani suoni digitali.

«Lasciala andare.» ordinò con tono grave e gelido il Generale, che vide Genesis passargli accanto con Rainiel inerme fra le braccia.

Gli occhi chiari di Rain lo incontrarono, ma sembrarono guardare attraverso di lui, incapaci di mantenere la concentrazione. Era in totale stato confusionario.

Genesis lo osservò, questa volta dall'alto in basso, ma non si sentì potente o orgoglioso. Straordinariamente titubò, come se si sentisse dalla parte del torto.

Ma che altra scelta aveva? Se non avesse ubbidito agli ordini della scienziata che l'aveva mandato fin lì lo avrebbero fatto fuori.

Distolse lo sguardo più in fretta che poteva, e lo rivolse a Narcisse.

«Sei soddisfatto, adesso?» strinse le palpebre e si morse la lingua. Cos'era quello che stava provando? Senso di colpa?

«Lo sarò quando questa cavia avrà raggiunto i laboratori della Shinra.» sbadigliò l'altro SOLDIER, che in ogni modo stava cercando di sembrare tranquillo, come se la situazione fosse del tutto sotto controllo. «Vattene, che aspetti?» si tradì poi da solo, rivelando la sua fretta.

Il campo magnetico iniziò a perdere pezzi. La mano di Sephiroth si mosse con estrema lentezza, la Masamune si sollevò dal suolo.

Rainiel sentì i suoi amici, dietro di lui, chiamarla per nome. Cercò di non cedere alla stanchezza e all'impotenza. Allungò le dita verso il terreno, e due piccole radici si strinsero attorno alle caviglie di Genesis, che osservò sbalordito quello che era in grado di fare anche se in quelle condizioni. Purtroppo a Rain restavano poche energie, e non era in condizioni adatte al combattimento, motivo per cui a lui bastò muovere i piedi per spezzare i rami che cercavano di risalire lungo le sue gambe. Borbottò un sommesso "Tsk!" a metà tra la sorpresa per il potere mostrato dalla ragazza e la delusione per il compito che era obbligato a svolgere.

Dietro di lui, come in un oscuro lampo, un'ala sinistra si spiegò perdendo qualche nera piuma. Era dello stesso identico colore di quella di Sephiroth, e fu accolta dagli spettatori con un sussulto, seguito da attimi di silenzio interminabili, con il fiato sospeso. Si mosse agile ma cauta, come a testare l'aria e le poche correnti, e rimase aperta mentre Genesis si sollevava lentamente dal suolo, portando Rainiel con sé.

La ragazza boccheggiò. Dentro di sé la paura era stata attutita dalla sostanza che Genesis le aveva iniettato, ma questo non significava che fosse scomparsa. Era davvero terrorizzata. Si sentì librare in volo ed ebbe le vertigini. Sotto di lei, le sagome confuse dei suoi compagni diventavano via via più lontane.

«Sephiroth...» chiamò quindi con un fil di voce, in cerca di aiuto.

Pezzi di barriera letteralmente schizzarono via mentre le spalle e la schiena dell'ex-Generale si tendevano e irrigidivano. Quel richiamo ebbe su di lui una reazione che lo fece sentire come una belva fuori controllo, in totale condizione di furia.

Stava accadendo proprio quello che più temeva: stavano per portargli via lei. La Dea solamente sapeva cosa le avrebbero fatto, una volta trascinata di nuovo in quel laboratorio da incubo.

La voce di Rain  rimbombò nelle sue orecchie, quello che era un debole bisbiglio fu percepito come un grido disperato. Non poteva lasciare che accadesse senza far nulla.

«Vigliacchi!» urlò ancora Zack.

«Fermatevi!» strillò poi Tifa.

Ma Genesis lanciò un ultimo sguardo sotto di sé, il sapore amaro che gli invadeva la gola. Guardò Sephiroth che stava ancora una volta per superare i suoi limiti e si accorse di quanto, effettivamente, Rainiel significasse per lui. Era a causa di quella ragazza se era cambiato tanto.

Ma era un cambiamento negativo, il suo? Sephiroth aveva trovato una nuova famiglia, stava guarendo lentamente dalle ferite lasciate aperte sin dalla sua infanzia, mentre lui era ancora un prigioniero. La sua condanna non era ancora terminata.

Se avesse esitato ancora, quella notte sarebbe morto. Non poteva ribellarsi a quella folle scienziata, che poteva condurlo a una morte lenta e dolorosa, ma non poteva neanche fare dietro front adesso e liberare Sephiroth con le sue mani. Il vecchio amico l'avrebbe ucciso alla prima occasione disponibile, dato il suo stato attuale.

Non aveva alternative, né piani di fuga. Rafforzò la stretta attorno alle spalle e sotto i polpacci di quella che era stata la sua apprendista, dopodiché si allontanò a gran velocità, verso l'estremità più vicina della piattaforma. Da lì sarebbe risalito in città in breve tempo.

Sephiroth fu attraversato da una scarica di rabbia mai conosciuta prima. Vide la sfumatura rossastra dei capelli di Rain svanire nel buio della notte, lontana dalle fonti di luce, e strinse i denti finché il sapore del sangue non gli solleticò la lingua.

Avrebbe sopportato qualsiasi cosa, ma non il perdere lei. Non avrebbe tollerato in silenzio che le facessero del male.

Narcisse prese a indietreggiare lentamente quando una scintilla più luminosa delle altre fece traballare la sfera metallica.

«Qui abbiamo finito.» si ripulì una spalla da inesistenti granelli di polvere, «Immagino che tu verrai a visitarci sulle tue gambe da solo, a breve, quindi non c'è fretta. Possiamo benissimo...»

Sobbalzò prima di poter finire la frase. Uno scricchiolio, poi un altro, e infine una gigantesca ombra scura che offuscò la visuale davanti a lui, alla destra di Sephiroth. In un turbinio di piume e sangue, l'ala del SOLDIER si rivelò in tutta la sua maestosità e i piccoli cristalli della barriera esplosero in ogni direzione. Nulla importò al giovane uomo del dolore all'ala, usata per sfondare definitivamente il campo magnetico reso già debole in precedenza.

La Masamune sfiorò la gola di Narcisse, che squittì e comprese, ringraziando la Dea, che Sephiroth non era interessato a lui. Non ancora.

L'eroe leggendario si piegò sui polpacci e spiccò un salto disumano nel cielo, dove l'ala nera si spalancò in tutta la sua lunghezza, rivelandosi più robusta di quella di Genesis. Fu un movimento così rapido che l'impatto sollevò la polvere dal terreno e Narcisse finì di nuovo a terra, mentre dietro di lui i SOLDIER mutati traballavano e si agitavano.

Sephiroth aveva un solo obiettivo in mente. Genesis era tremendamente veloce, ma forse esisteva ancora una speranza di seguirlo. Si piegò a mezz'aria e si mosse in avanti, seguendo la traiettoria scelta da colui che lo aveva preceduto.

Zack, Cloud e Tifa rimasero a terra, incapaci di muoversi.

«Dannazione! Tecnologia da quattro soldi!» imprecò Narcisse, battendo un pugno a terra. Doveva aver pensato che il Generale si fosse già allontanato abbastanza, perché puntò un dito dritto contro il trio e sbraitò. «Uccideteli, veloci! Dobbiamo assicurarci che Sephiroth non raggiunga Genesis!»

I versi preoccupati dei tre s'intensificarono quando tutta la piccola armata di SOLDIER imbracciò saldamente i fucili e prese la mira. Le armi erano già cariche.

Sephiroth rallentò il suo volo, fermandosi nel cielo buio con l'ala corvina che oscillava impaziente, la mente in subbuglio.

Vai. Devi trovare Rain. Tutto il resto non ha importanza.

Questo gli stava suggerendo, gridando, il suo cuore in quel momento.

Lui, però, sapeva anche essere un uomo razionale, e Rainiel gli aveva insegnato molte cose, che non poteva ignorare.

Se vado adesso, loro moriranno.

Ecco la mente che con prontezza diceva la sua, straziandolo. Scegliere una fra le due strade fu probabilmente la decisione più difficile della sua vita, e non poté ignorarla.

Ricordò il sussurro di Rain che lo chiamava cercando il suo aiuto, e lo sentì sovrapporsi ai rumori metallici dei fucili pronti a sparare.

La lotta dentro di lui si consumò in istanti fatali. Dopodiché, Sephiroth tornò a terra nel luogo da cui era partito. 

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: _Zaelit_