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Autore: Doux_Ange    11/04/2022    2 recensioni
Ancora una volta, una raccolta di episodi con scene e finali 'alternativi' alla stagione, stavolta numero 13.
Ancora una volta, col titolo tratto da una citazione di Marco, in una scena che tutti abbiamo amato. "Non è facile cancellare certe macchie, ma con la vernice giusta, se ci mettiamo d'impegno e lo facciamo insieme, possono anche sparire..."
Insomma, con l'antimuffa si risolve tutto!
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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IL GIORNO PERFETTO

MARCO'S POV

SVEEEEEGLIAAAAAA! SPEGNI QUEL MALEDETTO TELEFONO!

Mi sveglio di soprassalto. Sento ancora la voce di Grillo che urla nelle mie orecchie come un fischio e il mio cellulare che effettivamente squilla all’impazzata sul comodino. Osservo la sveglia posta dietro con la poca luce che filtra dalla finestra: le lancette segnano qualche minuto dopo le sei. Che potrà mai volere a quest’ora, di domenica… il Maresciallo?!

“Pronto?” rispondo incerto - e anche un po’ preoccupato, non lo nego -, con la voce di uno che è ancora in parte tra le braccia di Morfeo. “Dottor Nardi, si sbrighi! Perché ci ha messo tanto a rispondere?! Non si ricorda che dobbiamo vederci al bar da Spartaco?!” mi dice trafelato Cecchini dall’altro capo del telefono.
“Buongiorno anche a Lei, Maresciallo…” rispondo con sarcasmo, stropicciandomi gli occhi cercando di darmi una svegliata.
“Non c’è tempo per i conviventi…” ribatte lui, interrompendomi.
“Si dice convenevoli…” lo ignoro, buttandomi di nuovo a letto.  “…e comunque l’appuntamento è alle 8.30 da Spartaco. E sono solo le 6.15… Che fuso orario ha Lei a casa, mi scusi?”
All’altro capo del telefono mi accoglie il silenzio per qualche secondo - seppur in lontananza sento la voce di Elisa che gli dice di lasciarmi dormire -, poi, “Non faccia tanto lo spiritoso. Oggi è il due maggio. Oggi è il D-Day. Il Don-”
“-Matteo Day, il giorno più importante della sua vita. Lo so, Maresciallo. Sono due settimane che lo ripete, pare un disco rotto. Non si preoccupi, comunque. Alle 8.30 sarò da Spartaco come da programma. Si rilassi…” Prima che possa aggiungere altro, sento ancora un “Mi raccomando,” e poi i tu-tu-tu della linea interrotta. Mentre registro che non mi ha lasciato il tempo di salutarlo e non mi ha salutato - di nuovo - ricevo un sms. Il nome del mittente porta stavolta un sorriso sulle mie labbra. Perché questa espressione da ebete? Hai terminato il chiacchiericcio di prima mattina col Maresciallo? Possiamo tornare a dormire? Che tra l’altro avevo appena preso - finalmente - sonno… Mi spiace Grillo, ma ormai il Maresciallo mi ha svegliato, quindi di dormire se ne riparla stasera. E poi ho un altro impegno prima di vedere Cecchini, molto più rilevante per quanto mi riguarda. Ma porca p… Grillo!
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Ore 8. Lei è puntuale come sempre, impeccabile nella sua divisa. Il nuovo taglio di capelli che ha cambiato da qualche mese le dona molto. Ma, d’altronde, è sempre stata bella in divisa. Marco, sbaglio o stai sbavando? 
Le parole di Grillo mi fanno spalancare gli occhi e d’istinto mi porto la mano alla bocca, preoccupato. Intendevo in senso figurato, scemo. Sei una causa persa, belin… Quando la vedi non capisci più niente. Scuoto la testa silenziando la mia coscienza, evidentemente alzatasi col piede sbagliato stamani. Eh, chissà di chi è la colpa…
Mi dirigo con passo svelto al tavolino imbandito di cibo a cui la trovo seduta. “Ehi! Buongiorno. Ho già ordinato colazione per fare prima. Lo conosci Cecchini, che quando arriva, se non abbiamo finito, fa una scenata…” mi accoglie con un sorriso appena mi vede.
“Buongiorno anche a te… Hai fatto benissimo, come sempre,” rispondo io, mentre mi accomodo accanto a lei.

Approfittando del fatto che Cecchini ci ha convocati tutti per il D-Day da Spartaco, Anna e io abbiamo deciso di vederci un po’ prima per fare colazione insieme. A dirla tutta, da quando mi ha perdonato e abbiamo deciso di restare amici - ormai due anni fa -, fare colazione da Spartaco è diventato quasi un appuntamento fisso della domenica mattina quando è di turno in caserma un’abitudine a cui nessuno dei due vuole rinunciare. Ma oggi è anche un giorno speciale, e Cecchini ci ha buttati giù dal letto più presto del solito, quindi è più che giusto premiarci con questa abbondante colazione al Tric-Trac e ritagliarci minuti preziosi prima che lui arrivi.
“Anche tu sei stato buttato giù dal letto all’alba dal Maresciallo o è una cosa per pochi eletti fortunati come me?” mi chiede lei mentre mescola attentamente il suo cappuccino. “Perché si è attaccato al campanello di casa mia alle sei.”
“Che, scherzi? Penso che Cecchini abbia buttato tutti giù dal letto stamattina. Forse tua madre si è salvata, contando che doveva svegliarsi presto per prendere il treno già di per sé...” rispondo ridacchiando e lei con me. “Il che mi ricorda: notizie di Chiara?” le chiedo.
“Ancora bloccata a Londra per lo sciopero dei trasporti aerei, non riesce ad arrivare. E non ti dico come l’ha presa mia madre, che è andata a Roma appositamente perché doveva andare a prenderla in aeroporto…” sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
Mi metto a ridere. “Immagino. Certo Chiara non cambia mai, ma questa volta non è nemmeno colpa sua…” dico, ma lei mi interrompe. 
“Prova a spiegarlo a mia madre, se ci riesci. Due ore mi ha tenuto al telefono ieri sera!” Non posso che ridere alla sua espressione esasperata.
Continuiamo a chiacchierare, finché non mi ricordo che volevo mostrarle un video che ho trovato l’altro giorno, ma non avevo più avuto modo di farle vedere.

Siamo a circa metà del filmato quando la nostra bolla di tranquillità viene interrotta dall’arrivo dell’uomo più amorevolmente odiato da tutti questa mattina…
“Voi due sempre a fare ciuppi ciuppi…” esordisce il Maresciallo avvicinandosi a noi, senza un buongiorno e guardandoci di sottecchi. Ancora con questa storia?
“Ohh Maresciallo, quante volte glielo dobbiamo dire?! Noi non facciamo ciuppi ciuppi. Siamo solo amici!” risponde Anna per la milionesima volta. E per la trilionesima volta, invece, il tuo cuore ha fatto crack… Tu sempre molto delicato come Cecchini, eh Grillo? Comunque non so nemmeno perché ci litigo con te su questa cosa. Vuoi che lo ammetta? Sì, mi fa male sentirci definire amici. Ma è colpa mia se oggi va così. Anzi, da una parte è più di quanto avessi osato immaginare a un certo punto. Ho rischiato di perderla - per motivi diversi e più volte - due anni fa, e non voglio che accada di nuovo. Per cui, se per averla nella mia vita mi devo accontentare di essere solo suo amico, lo accetto. Anche se fa male…

ANNA’S POV

“Amici, amici. E poi ti rubano la bici…” EH? Ah, non lo chiedere a me, Anna. Io sono ancora ferma a ciuppi ciuppi. Che siete, un lecca-lecca? Uno stormo di uccellini? Non può usare un termine normale?!
“…Tra uomo e donna l’amicizia non esiste!” conclude il Maresciallo, lapidario e saccente. Ancora con ‘sta credenza da Medioevo, evolverà mai? Oddio: tutti i torti, vedendovi, non li ha. E non parlo solo di oggi.
Ma da che parte stai, Vocina? Che?! Non vi comportate proprio da ‘amici’ normali. Che non stanno attaccati ventiquattr’ore al giorno come fate voi due. Per forza fraintende…
Ah, ora è colpa nostra, bene. Ma dimmi te! L’amicizia tra uomo e donna può esistere. E noi siamo amici. Inoltre, ti ricordo che oggi esce Sergio dal carcere. Due anni che aspetto questo momento.
Finalmente, la strada che ho scelto quel giorno si sta per aprire davanti a me, anzi... a noi. E Marco, essendo mio amico, mi appoggia. Dovresti farlo anche tu, Vocina. Oh, ma io ti appoggio quando si tratta della persona che ami…
Non ti facevo fan di Sergio… E chi l’ha detto che parlavo di Coso…? Mai nominato. Mai passato per l’anticamera del cervello.

Prima di poter ribattere sia a Cecchini che alla mia coscienza, il Maresciallo interrompe nuovamente il flusso dei miei pensieri. Tutti gli amici di Don Matteo sono presenti per l’incontro indetto dallo stesso in vista della giornata che ci attende. Tra i tanti, anche la piccola Ines che mi corre incontro e prende posto in braccio a me, salutando Marco, mentre il Maresciallo distribuisce con l’aiuto di Ghisoni i foglietti su cui ha appuntato il cronoprogramma della giornata.
Wow, che lavorone! Se solo mettesse metà dell’impegno di queste ultime settimane per la festa, nel lavoro ogni giorno…dà voce ai miei pensieri la mia coscienza, mentre scannerizzo velocemente il foglietto tra le mie mani.
È Marco il prescelto da Cecchini per la lettura ad alta voce del medesimo programma, anche se ogni tre secondi lo interrompe. E Marco, all’ennesima interruzione, non ne può giustamente più.
“EH MA BASTA! ALLORA!” sbotta, spalancando le braccia teatralmente, mentre io ridacchio con Ines. Il Maresciallo sembra aver recepito il messaggio, perché si zittisce.
“… Ore 11.30: Sergio esce dal carcere, il Capitano lo preleva…” Questo è il punto che spetta a me e alla piccolina seduta sulle mie gambe assolvere. Ci diamo il cinque, pronte a portarlo a termine, entrambe felici che sia finalmente giunto il giorno. Non nascondo di essere anche un po’ agitata, ma cerco di non darlo a vedere, soprattutto per Ines. Passata la giornata di festa, inizierà il nostro viaggio insieme e questo non può che entusiasmarmi e rendermi ansiosa al tempo stesso, come tutti quelli che guardano al futuro speranzosi.
“Ore 14… e un quarto: pranzo.” Termina Marco, aggiungendo sarcastico, “Cos’è, una marcia forzata, questa?” tra l’ilarità di tutti. Ma il Maresciallo non è d’accordo con l’umorismo del PM, ribadendo per la duemillesima volta - come Natalina sottolinea - che “Oggi è il giorno di Don Matteo. DON MATTEO! D-O-N-N MATTEO!” mentre Marco e io scoppiamo a ridere al suo tentativo sbagliato di spelling. “Oggi è il giorno più importante della sua vita. Oggi!” conclude lapidariamente, mentre il gruppo inizia a disperdersi per dare inizio alla giornata. E per scappare dalle sue grinfie.
Concludo la colazione con Ines e Marco, mentre il Maresciallo si dirige in caserma con gli altri carabinieri e Pippo e Natalina rientrano nel bar. Alle nove circa, io e Marco ci dirigiamo in caserma, lasciando la piccola con il sagrestano e la perpetua. Essendo domenica, la giornata che si prospetta all’orizzonte non dovrebbe essere impegnativa, tant’è che questo dovrebbe permetterci di prendere parte alla messa e al pranzo per i quarant’anni di sacerdozio di Don Matteo.

MARCO’S POV

Sono circa le 10 quando il primo pulmino con gli ospiti per la festa arriva in piazza. Sono alla finestra con Cecchini mentre osservo Pippo e Natalina accoglierli, come da cronoprogramma. Pippo being Pippo (niente da fare, Anna e la sua mania dell’inglese mi hanno contagiato irrimediabilmente) non si esime nemmeno oggi da fare casini, tant’è che gli si apre la valigia che sta portando per una delle ospiti, spargendone il contenuto per la piazza. Rido insieme al Maresciallo, mentre sorseggiamo il caffè che mi ha voluto offrire come gesto di scuse per avermi buttato giù dal letto all’alba e perché - cito - “Ci vogliono un sacco di energie quest’oggi.” È proprio entusiasta per questo evento. Ah l’amicizia, quella vera!

Avverto una nota vagamente sarcastica nel tono della mia Grillo-coscienza, ma non ho tempo di indagare perché il Maresciallo decide di attaccare discorso. “Manca solo il mio migliore amico...” mi dice. Al che rispondo rassicurandolo, “No, son qua, Maresciallo.” La replica però mi spiazza. “No, non parlavo di Lei. Parlo del Capitano Anceschi. Anzi, Colonnello Anceschi!” Biascico un ‘grazie’ sarcastico e mogio in risposta. “S’è offeso?” mi dice lui preoccupato. “Lo conosco da almeno trent’anni. O forse più,” conclude, mentre io sopprimo la risata sarcastica con cui ho cercato di dissimulare il fatto che un pochetto ci sono rimasto male non parlasse di me. Dopo tutti questi anni, gomito a gomito... Ma il Maresciallo, che non cambia mai a quanto pare, decide che non ha ancora finito di infierire. “È un uomo tutto d’un pezzo, lui…” dice Cecchini, calcando con enfasi l’ultimo termine. AHAHAHAH… Cosa ridi, Grillo?
“Beh, perché cosa sono io, un disgraziato?” rispondo, stavolta senza celare che mi sono offeso. Ma lui evidentemente non coglie perché risponde affermativamente che lo sono. Sgrano gli occhi alla risposta, prima di rendermi conto che stava scherzando. “Lei è il secondo mio primo migliore amico,” cerca di risolvere il Maresciallo, ottenendo un sorriso in risposta da me. Continuiamo a chiacchierare qualche minuto, durante i quali il carabiniere mi spiega la sua amicizia col Colonnello e mi racconta di più sull’uomo di cui ho sentito parlare molto poco in questi anni per essere effettivamente il suo migliore amico. Che poi, il suo migliore amico non era Don Matteo? Puntualizza la mia coscienza - non a torto - visto che lo pensavo anche io. Diciamo che le definizioni non sono il punto forte di Cecchini, ecco.

A quanto pare il Colonnello è nella lista degli invitati per la festa, insieme alla figlia. Ho captato dal discorso dell’esistenza di una moglie, ma non ho capito perché lei non venga. Non che la donna sia l’unica a mancare. Il Maresciallo aveva invitato anche sua figlia Assuntina con il nipotino che non vede da Natale - avendo la ragazza dovuto rimandare il suo viaggio a Pasqua per motivi di lavoro del fidanzato - e sua nipote Lia con il Maggiore Tommasi e i figli. Ma tutti quanti hanno dovuto rinunciare a presenziare per motivi lavorativi. Che peccato, era una bella occasione per riunirsi tutti insieme…
“… si chiama Valentina. E attento che non le freghi il posto,” sento dire a Cecchini che mi riporta alla realtà. “In che senso?” rispondo confuso. “Ha superato gli esami di magistrato. Ha preso dei voti grossi così,” enfatizza con le mani, per poi continuare “…è una ragazza tutta acqua e sapone!”
“ZIO NINO!” sentiamo urlare all’improvviso dalla porta, dove una ragazza arriva barcollando con al seguito Ghisoni e Zappavigna. Cecchini la riconosce subito: è Valentina. Osservo il Maresciallo andarle incontro mentre lei sviene tra le sue braccia. Zappavigna spiega che è ubriaca - e direi che la scia di alcol che si lascia dietro è di per sé esplicativa - mentre Ghisoni ci dice che l’hanno fermata a un posto di blocco. I carabinieri la accompagnano nell’ufficio di Anna, probabilmente per farla stendere sul divanetto. La ragazza ‘acqua e sapone’ mi saluta con la mano, mentre io ridacchio al Maresciallo che sostiene le sue condizioni precarie siano solo colpa del viaggio e non del suo evidentissimo stato di ebbrezza.

Dopo qualche minuto sdraiata, la ragazza sembra essersi leggermente ripresa, perlomeno dal mezzo svenimento. Il trucco pesante è sbavato e l’abitino che indossa decisamente spiegazzato e, direi, poco adatto a quest’ora della mattina. Anna non è ancora rientrata (e meno male perché, come gliela spieghiamo la situazione senza che lei ci azzanni?) e il Maresciallo è molto preoccupato per Valentina. Sebbene non mi abbia mai parlato della ragazza, è evidente tra i due ci sia un rapporto molto stretto. “Vuoi bere qualcosa?” le chiede e lei annuisce. “Acqua, però…” ci tiene lui a precisare, prima di cambiare completamente umore e sbiancare. “Non la deve assolutamente vedere!” L’affermazione mi spiazza, di chi sta parlando? “C’è suo padre,” risponde lui ai miei dubbi. Effettivamente dalla porta d’entrata appare un uomo distinto, con i capelli brizzolati che si guarda attorno, probabilmente alla ricerca di Cecchini. “…quello è severissimo. Facciamo così: io lo distraggo e Lei la porta a casa.” Queste erano proprio le parole che non volevo sentire. “COSA?!” ribatto agitato, ma lui è fuori dall’ufficio prima che io possa contestarlo. Perché finisco sempre nei suoi casini?! Ma è pur sempre il Maresciallo e non sono mai stato capace di contraddire le sue richieste, perché so che agisce sempre a fin di bene. Anche se sento estrema puzza di guai.

Ecco perché ora mi ritrovo con la sua figlioccia in spalla, seminascosto dietro una delle colonne dell’atrio principale della caserma, in attesa del suo segnale per uscire senza che il Colonnello mi noti. In pochi minuti, Cecchini mi fa segno di sbrigarmi ad andare via. Scendo le scale velocemente, con lo scopo di attraversare la piazza il più in fretta possibile, sperando che Anceschi non si affacci a una finestra prima del tempo.
Giunto però in fondo alla scala la situazione peggiora, perché mi ritrovo faccia a faccia con Anna. L’unica persona che non avrei voluto incontrare. “Non è come sembra. Ti giuro!” le dico subito, di fronte alla sua espressione sconcertata. “Poi ti spiego…” biascico, prima di allontanarmi velocemente, lasciandola perplessa ad osservarmi mentre mi allontano. Questo giorno perfetto migliora di minuto in minuto…

ANNA’S POV

Attorno alle nove e trenta ho lasciato la caserma per dirigermi a un incontro con il Sindaco ed alcune altre cariche pubbliche della città, perché prima del pranzo ci sarà la consegna di una targa a Don Matteo per il suo grande giorno con ovviamente tutte le cariche presenti, e io dovrò tenere un piccolo discorso. Marco è stato esentato dalla riunione per sistemare gli ultimi dettagli perché, pur presenziando il momento con me più tardi, non dovrà parlare, e la sua presenza non era fondamentale.
Rientro in caserma verso le dieci e venti circa. Sono appena fuori dal portone quando vedo scendere dalle scale Marco con in spalla una ragazza - piuttosto giovane - e apparentemente incosciente. Mi saluta frettolosamente, dicendomi che mi spiegherà la cosa più tardi. Lo osservo andarsene, perplessa. Chi era quella ragazza? E perché Marco ce l’aveva in spalla?

Ancora palesemente confusa, salgo le scale. Quando giungo in cima sento delle risate provenire dall’atrio principale. Ti assenti un attimo e subito regna l’anarchia in questa caserma. Incredibile. Quando il Capitano non c’è, i sottoposti ballano. Fai poco la spiritosa, Vocina.
“Ah ah ah, quante risate. Fate divertire anche me?” esordisco entrando in tono seccato, prima di bloccarmi e notare che tra i carabinieri che ridono ce n’è uno in più del solito. “Colonnello Anceschi!” esclamo, riconoscendolo subito anche per via dei gradi sulla divisa. “Mi scusi, non l’avevo vista.” Mentre il Maresciallo come al solito cerca di addossare la colpa a Ghisoni, il Colonnello interviene in difesa di tutti spiegando che ho fatto bene a intervenire con fermezza. “È giusto. Bisogna essere severi. Soprattutto con se stessi…” afferma, guardandomi con intenzione. A cosa alludeva con l’ultimo pezzo di frase? E vorrei saperlo anche io, Vocina…
Purtroppo la risposta al dilemma dovrà attendere, perché Barba ci informa del ritrovamento di un corpo al Ponte delle Tre Croci. E meno male che la domenica è solitamente la giornata tranquilla, Anna…

Giunti al luogo del presunto suicidio, ci interroghiamo sul perché la ragazza possa aver pensato di buttarsi. Mentre faccio notare che potrebbe essere stato un momento di debolezza per una brutta situazione, il Colonnello, quasi a riprendere il suo discorso interrotto in caserma, torna a rivolgersi a me.
“A proposito di debolezze, Capitano… Le posso parlare un attimo? Così, senza offesa…” Lo guardo con cipiglio confuso. “Perché dovrei offendermi?” rispondo, spostando poi anche lo sguardo verso Cecchini, a chiedergli silenziosamente se ne sappia qualcosa.
“Il suo fidanzato è in prigione, giusto? Esce oggi, vero?” chiede, al che rispondo affermativamente. “Insomma, Lei ha messo a rischio la sua carriera per un…” continua lasciando però in sospeso la frase.
“Un delinquente,” concludo io per lui, un po’ seccata. E aggiungo, “Quindi?” Mi sta facendo una ramanzina, pure lui?
“E quindi l’onorabilità dell’Arma vale più dei nostri sentimenti e vale molto di più delle nostre debolezze…” Yup, ti sta facendo una ramanzina… Come sei perspicace, Vocina. Grazie, lo so. E concordo con lui.
“Non ho capito, Colonnello: mi sta dicendo che disonoro l’Arma?” rispondo, veramente seccata a questo punto. Ma come si permette? “Nooo. Io sto semplicemente dicendo che l’Arma è la nostra casa. E la dobbiamo difendere. Sempre. Da chiunque. Anche da noi stessi…” Lo sfido quasi con lo sguardo. Non ci conosciamo personalmente, lui è un mio superiore, ha tutto il diritto di redarguirmi per quanto è successo relativamente ai codici e conseguentemente io ho il dovere di obbedirgli e riconoscergli che ho commesso quell’errore. Ma la mia vita personale non dovrebbe interessargli. Finché non si mette sul percorso della tua carriera, stellina O non ci hai pensato?
Come, scusa, Vocina? Non fare la finta tonta, hai capito benissimo. Ne abbiamo ‘parlato’ mille volte. Sei un Capitano dei Carabinieri, Anna! E il tuo fidanzato è stato più in carcere che fuori, tra un po’. Non è esattamente un santarellino, a prescindere dall’ultima performance con la rapina. Diciamo che non ti farà guadagnare un’altra proposta per il Pakistan, ecco. Il Colonnello è solo l’ultimo di una lunga serie di persone che te lo fa notare…

Non posso credere alle mie orecchie. Non solo il Colonnello, pure la voce della mia coscienza mi rema contro. Eh, fattele però due domande se la tua COSCIENZA ti fa notare certe cose. Prima di poter continuare il mio dibattito interno - e anche quello col colonnello - veniamo interrotti da uno dei miei uomini che ci consegna i documenti della ragazza. Stando a quanto dice Cecchini, Don Matteo a quanto pare è il suo padrino.
Questa giornata sta assumendo una brutta piega per essere “un giorno perfetto”.

MARCO’S POV

Sono riuscito con successo a raggiungere casa del Maresciallo senza farmi notare dal Colonnello. Un po’ meno dai passanti… Senti, Grillo, stamattina non abbiamo preso l’auto, né la moto, per andare a lavoro. E l’autobus non passa in centro. Cosa dovevo fare se non portarla in spalla fino a casa del Maresciallo? ... Ah, ti sei zittito ora…
Una volta raggiunto l’appartamento di Cecchini, di cui ho ancora una copia delle chiavi nonostante mi sia trasferito da quasi due anni in una casa tutta mia, ho deciso che il modo migliore per far rinsavire un po’ Valentina è una bella doccia ghiacciata. Siccome non ho nessuna intenzione di beccarmi una denuncia per molestie dalla figlia del Colonnello, decido però di fargliela vestita. Di spogliarla non ci penso minimamente.  Appena apro l’acqua, la ragazza si risveglia.

SMACK!

Ahahahahah, che bel ceffone!
Mi tengo la guancia dolorante per il colpo appena subito da parte di Valentina, che ripresasi dal torpore, non riconoscendomi, ha reagito tirandomi uno schiaffo. “Sono un amico del Maresciallo Cecchini, mannaggia a me!” rispondo al suo chiedermi chi io sia. È palesemente confusa sul perché si trovi in una doccia, vestita e in compagnia di un estraneo. Cerco di spiegarle dove siamo e perché, nel modo più semplice e lineare possibile di modo che mi comprenda, visto il suo stato poco lucido. La cosa che sembra preoccuparla maggiormente però è il fatto che suo padre sia a Spoleto e quindi ha il timore la veda in questo stato. Vecchie ruggini?
Dopo la doccia, la ragazza sembra essersi ripresa un pochetto, anche se mi ha detto di avere un forte mal di testa. Sto cercando qualcosa per alleviarglielo tra i medicinali in casa di Cecchini, quando sento la serratura scattare. Cecchini è arrivato e con lui c’è il Colonnello. Il panico si fa largo sui volti di tutti in casa. Mentre tentiamo di nascondere la ragazza con Anceschi chiuso sul pianerottolo, Cecchini mi redarguisce sul fatto che l’abbia portata a casa sua. Come se io avessi dovuto sapere che la casa dove voleva accompagnassi Valentina non fosse la sua, ma la mia, quando comunque lei e Anceschi sono ospiti suoi. E poi comunque come lo spiegavo che era a casa di uno sconosciuto alla ragazza, una volta che si sarebbe ripresa?

Nascosta la giovane alla bell’e meglio, il Colonnello viene fatto accomodare in casa. Vengo presentato ad Anceschi, ma le cose non partono con il piede giusto poiché, per assecondare Cecchini e il suo tentativo di nascondere la verità sulla figlioccia al padre, vengo accusato di essere il proprietario della giacca - palesemente da donna - che emana un forte odore di alcool. Insomma, ti han fatto passare per quello ubriaco… Che bei ricordi.
Per sviare il discorso ed evitare la mia posizione peggiori, chiedo informazioni riguardo alla Bibbia che il Colonnello tiene saldamente in mano. Mi sembra famigliare…
“È originale. Del 1700. Un vero pezzo unico. Ovviamente non vi dico quanto m’è costata…”
“Novecentoottanta euro più IVA,” rispondo, lapidario. Lo so perché il pezzo unico ha una copia sul tavolo di casa mia, incartata per bene perché è il regalo che ho comprato anche io per Don Matteo. Pffffahahahah avete comprato la stessa cosa!
Non mi distrarre, Grillo. Il Colonnello mi sta chiedendo di rinunciare e fare un regalo diverso al prete perché per anni di conoscenza e anzianità lui ne ha più diritto di me di non cambiarlo. Che faccia tosta! E anche Cecchini che dopo tutti i casini che mi ha fatto passare stamattina, lo difende pure!  Dopo un breve litigio Cecchini ci fa disperdere, con l’obiettivo di calmare le acque. Mentre lui si avvia verso la camera da letto con la valigia del Colonnello, Anceschi si rivolge ancora a me, con un tono strano. 
“Dottor Nardi, il Magistrato, come il Carabiniere, deve dare il buon esempio. Sempre,” mi dice squadrandomi dalla testa ai piedi, prima di voltarmi le spalle e allontanarsi.
Questo è ciò che ci guadagno aiutando Cecchini: una ramanzina dal Colonnello. Io sempre a farmi incastrare… e poi che centra quel “come il Carabiniere”? Non starà mica parlando di Anna? Che gli ha raccontato Cecchini? Spero non quello che è successo due anni fa tra noi e tra lei e Sergio… Altrimenti, bella idea sbagliata che si è fatto di noi.
Sai che comunque ora, riflettendoci, Cecchini prima aveva ragione? Questa Valentina può rubarti il posto. In che senso Grillo? Magistrato e ubriaco. Un film già visto. La stoffa ce l’ha. Ah-Ah. Molto spiritoso.

Dopo aver fatto accomodare il Colonnello, il Maresciallo mi informa circa quanto accaduto al ponte delle Tre Croci, non solo relativamente al caso, ma anche rispetto a quello che Anceschi ha detto ad Anna. Come previsto, quel “come il Carabiniere” si riferiva a lei. Non riesco a smettere di pensarci mentre rientriamo verso la caserma, soprattutto perché conoscendola ora starà soppesando quelle parole più del dovuto, e più di quanto non abbia già fatto ogni volta che glielo abbiamo ripetuto un po’ tutti da due anni a questa parte. E mi dispiace non poterla aiutare, perché non vuole mai parlare della cosa, ogni volta che cerco di aprire il discorso lei mi interrompe seccata; è uno dei pochi argomenti tabù tra noi. Spero di trovare almeno qualche minuto per spiegarle cosa è successo con Valentina, e magari con questa scusa posso fare un tentativo anche su quest’altra storia

Giunti in caserma, su per le scale, Cecchini continua a parlarmi della figlia di Anceschi - o forse sta parlando tra sé e sé, non riesco a distinguere il suo intento. L’unica cosa certa è che non riesce a spiegarsi cosa sia successo. Non so se un po’ per ripicca vista la figura fattami fare poco fa o semplicemente per interrompere il suo flusso di coscienza che mi sta facendo venire un’emicrania, commento piccato, “Meno male che Valentina doveva rubarmi il posto…” Lui mi guarda confuso. “Che vuol dire?”
Sorrido, perché non posso credere non ci sia arrivato da solo. “Dai, si è presentata qua, mezza ubriaca, che era mattina…”, quasi mi vien da ridere mentre lo dico. “Ma perché, scusi, Lei non ha mai sbagliato in vita sua?” la difende subito il suo padrino, senza celare il sottinteso. Come se non lo sapesse… Grillo! Sono fatti, inutile che fai l’offeso.

Alle domande del Maresciallo, non posso che confermare di aver sbagliato anche io. Ma nonostante questo, di certo non mi sono mai presentato ubriaco in una caserma…
“Guardi che Valentina ha avuto una vita difficile. Quando aveva quindici anni, sua madre se ne è andata…” incalza lui e per un attimo mi sento in colpa per quello che ho detto. “Ah, ma se n’è andata nel senso…” e continuo col gesto della croce, perché anche se ho ormai superato i quaranta da un pezzo, parlare della morte di un genitore fa ancora male se ripenso che ci sono passato anche io. Il Maresciallo mi spiega però che non è morta, ma che semplicemente un giorno ha preso e se ne è andata, lasciando la figlia e il marito, che non amava più a quanto pare. Valentina a quel punto è rimasta da sola col padre, prendendosene cura e impegnandosi ad essere la figlia modello, brava a scuola e con un brillante futuro davanti a sé. A me sta storia ricorda tanto quella di qualcun altro…
Anche a me ricorda qualcuno, non c’è bisogno di puntualizzare sempre! Ma in ogni caso non si spiega il fatto che si ubriachi ora a distanza di anni per quello. “Cos’ha, un dolore postdatato?” dico io al Maresciallo. Ma prima che lui possa rispondermi, dietro di noi passa Anna e lui scompare appresso a lei nel suo ufficio. Mi accomodo alla scrivania di Cecchini, in attesa che torni, lasciandoli soli. Anche perché se aveva bisogno di me, il Maresciallo mi avrebbe trascinato come sempre con lui dietro alla Capitana.

ANNA’S POV

Mentre rientro in ufficio dall’archivio con i fascicoli che sono andata a cercare, vengo avvicinata dal Maresciallo. “Signor Capitano, mi scusi. Ma Lei ancora qui è?! Tra un’ora esce Sergio dal carcere e deve andare a prenderlo…” Per un attimo mi blocco scioccata, ma poi faccio un’espressione intenerita. “Che carino, che si preoccupa per Sergio…”
“Sì… cioè… non è che mi preoccupo per Sergio. A me mi interessa Don Matteo. Noi abbiamo un cronoprogramma da seguire… Lei deve andare a prenderlo e portarlo in chiesa alle ore dodici. Quindi cerchi di sbrigarsi,” mi dice tassativo, mentre io afferro il berretto, infastidita dal suo tono, per uscire e andare a prendere Ines così da raggiungere il carcere.
E io che pensavo fosse preoccupato per lui! A Cecchini, Sergio non è mai piaciuto. Fin dall’inizio. Nonostante sia stato lui a spingermi a non rinunciare all’amore e convincermi a dargli un’altra possibilità. Mi chiedo perché lo abbia fatto, a questo punto, se poi non perde occasione per esternare la sua disapprovazione… Perché ti vuole bene, e lo sai. Per te farebbe di tutto, così come tu accetti i suoi piani strampalati. Non ti arrabbiare, oggi è il suo prezioso D-Day. 

Alle undici e un quarto siamo davanti al carcere con largo anticipo. Ines non vede l’ora di riabbracciare suo padre, e io sono nervosa. Non ho avuto modo di cambiarmi e presentarmi in borghese, il che richiama l’attenzione di molti presenti su di me. Li sento bisbigliare, come quando da piccola sentivo la gente spettegolare su mio padre.
Sono quasi le undici e trenta, tra poco le porte si apriranno e usciranno i carcerati che hanno concluso la loro pena. Ines mi chiede se penso il vestito che indossa piacerà al suo papà. Mentre rassicuro lei, cerco di rassicurare anche il mio cuore che per l’agitazione mi pulsa nelle orecchie. Mi levo il berretto, cerco di sistemarmi nervosamente i capelli. Cerco soprattutto di distrarmi e non pensare al chiacchiericcio, che si fonde nella mia testa con le parole del Colonnello di qualche ora fa… L’ansia monta dentro di me, provocandomi un inatteso nodo alla gola, come se mi volesse soffocare. È una sensazione che non mi piace, una sorta di istinto negativo che solitamente non porta a nulla di buono. Ingoio, dicendomi che è solo il nervosismo del momento, puntando gli occhi davanti a me e raddrizzando le spalle per tentare di guadagnare quel contegno che non sembro riuscire a tenere.

Le porte del carcere si aprono, uno dopo l’altro i neo-uomini liberi escono. Ma non esce l’unico per cui siamo qui. Ines mi guarda preoccupata e mi chiede dove sia suo papà, ma non ho una risposta per lei e quindi le dico di aspettarmi un attimo, raggiungendo la guardia carceraria per ottenere informazioni. La replica scontrosa che ricevo, però, mi lascia di stucco. “Sergio La Cava è uscito ieri.”
Non posso crederci, chiedo di controllare attentamente, ci sarà di sicuro un errore. Ma invece non è così, la guarda mi conferma con fastidio che se n’è già andato con un giorno di anticipo rispetto a quanto sapevamo.

Se n’è andato senza dire niente a nessuno, senza avvisare. Senza dire niente a me, soprattutto. E lasciandomi nella spinosa situazione di dover spiegare a sua figlia perché se ne sia andato. Mi volto verso la piccola, che sembra chiedermi spiegazioni con i suoi occhioni, immobile nel suo vestitino rosa. È troppo lontana per aver sentito la verità, per aver sentito che suo padre l’ha abbandonata, di nuovo. Incapace di affrontare ora il discorso e spiegarle come stanno veramente le cose, prendo tempo. Mentre rientriamo, dirette in canonica, spiego alla piccola che c’è stato un piccolo problema con un certificato, di scartoffie insomma, e che quindi il suo papà purtroppo non uscirà oggi, ma nei prossimi giorni. Le sto mentendo, ma a fin di bene. Ho bisogno di incassare prima io il colpo, per poi poter essere in grado di reggere anche il suo, di dolore. Devo prima accettare che me l’avevano detto, che avevano ragione, tutti. Che probabilmente sono stata stupida a non aspettarmelo. E, anche se mi costa ammetterlo, ho anche bisogno dell’aiuto di qualcuno, stavolta. E forse so anche chi è quel qualcuno. L’unico che, nonostante le remore nei confronti di Sergio, sono certa sia disposto ad aiutare me ed Ines in questo momento. L’unico che c’è sempre stato, anche quando non facevo altro che respingerlo.

MARCO’S POV

Dopo aver visto Anna allontanarsi incavolata dal suo ufficio chiedo al Maresciallo cosa sia successo, ma lui taglia corto dicendo che deve raggiungere Don Matteo per assicurarsi che perlomeno il resto della giornata possa in qualche modo andare da programma. Prima di uscire dalla caserma però, mi chiede di andare a controllare come stia Valentina. L’idea di tornare a casa sua e rischiare di incontrare suo padre non mi entusiasma, ma la ragazza non ha colpe in questo e devo ammettere che un po’ mi ci sono rivisto in lei e nella sua storia. E poi hai un cuore d’oro, per cui…

Il mio telefonino suona attorno alle undici e trenta, segnalando un messaggio in arrivo. “D-DAY RINVIATO” annuncia il testo dell’sms inviato da Cecchini. evidentemente il sacerdote dopo gli eventi occorsi alla sua figlioccia non se la sentiva di affrontare questa giornata di festa. E con ragione.
Decido allora di portare a termine alcuni dei lavori che dovevo affrontare stamattina, prima di raggiungere casa Cecchini per vedere come sta Valentina. Non so se abbia già incontrato il padre o meno. Anceschi ha lasciato casa del Maresciallo per andare a incontrare delle persone prima che io e il Maresciallo rientrassimo in caserma alle dieci e trenta circa. Ma nel frattempo lui non è ancora riapparso, e sono ormai le dodici e trenta passate.

Proprio mentre mi alzo dalla scrivania di Cecchini per tornare a casa sua e vedere come sta Valentina, mi imbatto nel Colonnello, tornato in caserma per avere eventuali aggiornamenti sul caso della ragazza morta. Non trovando né Cecchini né il Capitano, ha chiesto a me dove fossero tutti. Non ho però intenzione di peggiorare le loro già precarie posizioni agli occhi di Anceschi - soprattutto quella di Anna, perché non se lo merita - e rispondo solo che sono usciti per questioni già previste e rientreranno a breve, rimanendo il più vago possibile. Per non dare troppo nell’occhio decido di attendere ancora un quarto d’ora rileggendo qualche documento seduto nell’ufficio di Anna, prima di scusarmi anch’io e andarmene.

Giunto a casa del Maresciallo, mi guardo attorno alla ricerca di Valentina. La trovo in piedi di fianco alla libreria, il volto cupo e - anche se ha tentato di nasconderlo - segnato da lacrime scese da poco. Non voglio però forzarla a dirmi cosa abbia, se non vuole. E siccome ha nascosto le lacrime evidentemente non è il caso.
“Come va? Va meglio?” le chiedo titubante. Lei mi risponde di sì e fingo di crederle, cambiando discorso e allentare un po’ gli animi. “Io sono Marco,” le dico porgendole la mano da stringere. “Scusami perché in tutto ‘sto casino non mi sono ancora presentato…” continuo con un sorriso. “Ah, il famoso PM. Il Maresciallo mi ha parlato molto di te…” risponde lei. E spinto dalla curiosità forse mi ritrovo a risponderle che invece a me Cecchini non mi ha mai parlato di lei. “È che non vengo a trovarlo da tanto tempo…” inizia a spiegarmi. “Prima venivo più spesso. Poi quando mia mamma se ne è andata…” si blocca, quasi avesse un magone in gola al ricordo e al tempo stesso si fosse resa conto di essere sul punto di raccontarmi più del dovuto.
“Il Maresciallo cercava sempre di farmi ridere raccontandomi un sacco di barzellette sui carabinieri…” cerca di sviare il discorso. Ed empatizzando con lei, cerco di farla tornare a sorridere. “Ma non sono barzellette. Sono proprio episodi di vita vissuti, quelli lì,” ribatto, pensando proprio a Cecchini quale protagonista delle storielle. Il mio tentativo di animarla a quanto pare funziona, perché mi rivolge una risata a trentadue denti. Bravo, Marco.
“Davvero?” mi dice ridendo. “Sì sì, te lo assicuro…” incalzo io nel tentativo di continuare il processo di miglioramento del suo umore. Le risate si fermano e non posso che constatare che mi sembra stia meglio di quando l’ho incontrata, non solo stamattina, ma anche poco fa.

Decido di avvisare il Maresciallo, per rassicurarlo. Mentre sono al telefono pronto a dargli la bella notizia però, l’ennesima catastrofe si abbatte su questo giorno che più che il Don Matteo Day, è diventato un vero e proprio Disgrazia Day per quante ne sono accadute. E la giornata non è ancora finita…
Valentina ha visto un ragno sul muro, appena sopra l’acquario con i due pesci rossi che Cecchini ed Elisa hanno comprato ormai un anno fa e che hanno deciso di chiamare Biscottino e Biscottina. Nomi casualissimi…
Prima che potessi registrare le sue azioni con il telefonino appoggiato all’orecchio, vedo volare la Bibbia da 980 euro di suo padre verso il muro, sbattere e affondare inesorabilmente nella vaschetta dei pesci. Meno male che non era la tua, altrimenti ci volevano i sali per farti rinsavire visto quanto costava… Per poco non svenivi mentre l’acquistavi!
Quando hai finito di ridere della disgrazia, Grillo, mi dici ora cosa facciamo?

ANNA’S POV

Quando sono rientrata in caserma, poco dopo le quattordici, ho incontrato il Colonnello che mi ha chiesto che fine avessi fatto. Ovviamente rivelato dove io fossi andata - anche se non ho reso nota tutta la storia - Anceschi non mi ha risparmiato un’altra ramanzina. E stavolta, ha più ragione che mai.
Il mio superiore è uscito poco fa dalla caserma e ora mi trovo sola nel mio ufficio. L’orologio segna quasi le 18. La giornata è volata, ma soprattutto è successo di tutto e non in meglio.

Sono ore ormai che cerco di concentrami sui documenti che avrei dovuto leggere domani e avevo pensato di anticipare, visto il tempo libero imprevisto, ma la mia mente viaggia come un treno ad alta velocità. Tutti i ricordi, tutti i “te l’avevo detto” che arriveranno non appena la storia verrà fuori, tutti i casini che ho combinato negli ultimi anni mi frullano per la testa e mi annebbiano la vista. Non aiutano nemmeno i sentimenti contrastanti che sto provando: rabbia, delusione, dolore, impotenza, solitudine… Ma forse avrei dovuto capire fin da stamattina che c’era qualcosa di strano. Quella continua ansia che provavo ripensando all’orario e al fatidico momento in cui la mia vita sarebbe nuovamente cambiata... Non era solo ansia per il futuro, evidentemente. Era come se dentro di me sentissi che qualcosa doveva succedere, qualcosa di incontrollabile. Qualcosa - l’ennesima - su cui non ho potere. E che quindi maggiormente mi manda in crisi. Dopotutto, me n’ero resa conto già qualche istante prima che le porte si aprissero, un po’ come quel giorno in sacrestia. Quando avevo capito ben prima che il mio sposo aprisse bocca. Anche se, per qualche motivo, quello che provo non è minimamente paragonabile a quella mattina in chiesa, benché le situazioni non sono poi così diverse. E non so perché.

Fisso l’immagine appoggiata davanti a me sulla scrivania. La prendo in mano, osservandola attentamente. È una fotografia di me, Ines e Sergio che abbiamo scattato qualche settimana prima che io lo arrestassi. Vedo la punta delle mie dita diventare bianca per quanto forte sto stringendo la cornice: da una parte vorrei versare lacrime su questo scatto, ma dall’altra vorrei gettarla nella spazzatura come due anni fa ho fatto con quella mia e di Marco dopo il tradimento. Distruggerla come lui ha fatto di nuovo con me.

“Signor Capitano, ma Lei qua è?” prende parola il Maresciallo, che appare dal nulla, o forse ero io semplicemente distratta. “Pensavo fosse con Sergio a festeggiare… Sono due anni che aspetta questo momento…”
Io continuo a fissare la foto mentre parla. Voglio evitare di guardarlo negli occhi, perché so che crollerei, che non potrei sostenerlo. Di fronte al mio mutismo Cecchini però incalza. “È contento che è uscito…?”
Dai, Anna. Prima lo dici a qualcuno, prima potrai fare il primo passo per ripartire… Mi suggerisce la Vocina nella mia testa. Per questo rispondo un tetro “Non lo so…” mentre riposiziono la foto sulla scrivania. Il Maresciallo è ovviamente confuso di fronte alla mia risposta. “È uscito ieri. Non ha detto niente a nessuno…” replico, cercando di tenere la voce più neutra e imperturbabile possibile ma fallendo miseramente, almeno alle mie orecchie. “Vuole che lo cerchiamo?” mi dice lui infatti evidentemente preoccupato dal mio tono, e incredulo.
...Voglio?
“No. È un uomo libero. Può fare quello che vuole,” rispondo, anche se non sono certa delle parole che dico, né di quello che provo. Non sono pronta ad affrontare questo argomento. Cerco di cambiare discorso, parlando del caso. La vittima non si è suicidata, ma è stata uccisa. So che l’evento ha scosso molto Don Matteo ed è giusto che lo sappia. Il suo D-Day è già saltato comunque, almeno questo diceva il messaggio che il Maresciallo stesso ha inviato a tutti poco prima di mezzogiorno, quindi invito Cecchini a informarlo delle novità sul caso. Wow, avevo capito che eri scossa dopo sta cosa di Sergio, ma arrivare a dare il nulla osta a Cecchini sul fornire informazioni a Don Matteo, mi preoccupa ora… 
“Ma con Sergio non siete riusciti a….?” prova ancora il Maresciallo, ma io lo blocco, facendogli capire che non voglio parlarne. Non ora… e non con lui.
Ho passato due anni ad aspettare Sergio. Nonostante tutto e tutti. Ho rischiato la mia carriera per un futuro con lui. Mi sono presa cura di sua figlia mentre lui non c’era. Ho ridisegnato la mia vita per accoglierlo e iniziare un ‘viaggio’ insieme. E lui invece se ne è andato senza dire nulla. Da vigliacco, ancora una volta. Forse mi sbagliavo prima... non provo sentimenti contrastanti, perché uno su tutti prevale: mi sento tradita.
Beh, almeno superi in classifica Marco: lui tradito dal migliore amico prima e della futura sposa poi, tu invece tradita prima da uno con Dio, poi da uno con il suo capo e infine da uno con la libertà. Chi come te?
Non mi va di scherzare, Vocina…

MARCO’S POV

Sono ormai più di cinque ore che tento di asciugare la Bibbia finita ammollo nell’acquario. Valentina mi osserva seduta su una sedia e i gomiti appoggiati al tavolo, mentre col phon - che di questo passo fonderà presto - mi improvviso parrucchiere del libro sacro.
“Dici che si sistema?” mi chiede Valentina dopo una decina di minuti di assoluto silenzio.
Abbiamo avuto modo di chiacchierare in queste ore, del più e del meno. Non mi ha raccontato molto di sé. Perlopiù ci siamo raccontati tutti i momenti esilaranti capitati con Cecchini da quando lo conosciamo. Perché in fondo anche il Libro Sacro che finisce in una vasca con due pesci rossi, non poteva che succedere a casa di Cecchini stesso e per una serie di eventi dovuti ai suoi piani strampalati.

E a proposito di quel pasticcione, una mezz’oretta fa circa ho ricevuto una chiamata dal Maresciallo che mi informava sulle novità relative al caso e del fatto che Anceschi sia ora finalmente a conoscenza di dove sua figlia si trovi, tant’è che è in procinto di rientrare a casa. Prima di chiudere la telefonata - in cui ho evitato per il momento di dire cosa è successo con la Bibbia - Cecchini mi ha anche chiesto di parlare quanto prima con Anna, senza però scendere in dettagli nonostante il mio tentativo di insistere e capirci di più. “Siete amici, no? Ecco, Anna ora ha bisogno di un amico.” Queste sono state le sue parole cupe, prima che la chiamata si interrompesse. Ho quindi deciso che raggiungerò Anna non appena avrò terminato qua, con una vaga idea su quale possa essere accaduto e sperando - nonostante tutto - di sbagliarmi.
“Non lo so. Però male che vada Don Matteo c’avrà questa bella Bibbia con la messa in piega…” rispondo ironico dopo un po’ alla domanda della giovane Anceschi. La serratura che scatta ci allerta entrambi. E infatti dalla porta arriva il Colonnello. “Valentina! Finalmente!” afferma, prima di voltarsi verso il tavolo della sala e fare la triste scoperta. “È la sua?” mi domanda, speranzoso di aver capito male. Ma purtroppo sono costretto a rivelargli che non lo è. La sua faccia alla mia negazione è quella di un uomo affranto. “Cosa è successo?” chiede dunque visibilmente irritato. Il suo tono si alza immediatamente, interrompendo il tentativo di spiegazione di sua figlia e rivolgendosi a me. “È stato Lei! Lei è l’unico ad avere un movente!”
“Ma che movente?!” rispondo irritato io a questo punto. “Mi metto ad annegare le Bibbie secondo Lei?!”
Il Colonnello non perde tempo a rinfacciarmi nuovamente il misunderstanding creato stamattina da Cecchini, sull’essere un magistrato ubriacone. A nulla servono i tentativi di Valentina di intervenire di fronte ad un Anceschi sempre più adirato. L’uomo mi accusa di svariati cattivi comportamenti, senza nemmeno conoscermi, finché quando sono sul punto di rispondergli a tono dopo l’accusa più infamante - quella di essere un pessimo magistrato - Valentina sbotta per prima. “PAPA’, BASTA!” lo richiama. “Sono stata io,  lui non c’entra niente! Ho rotto io la Bibbia. E poi soprattutto questa giacca è mia! Io mi sono ubriacata!” conclude la sua arringa difensiva nei miei confronti.

Quello che più mi lascia di stucco sono però le parole che le rivolge il Colonnello in risposta. “Ma come ti sei… di nuovo?! Ancora?!” A quanto pare non è la prima volta. Altro che ragazza acqua e sapone… Zitto, Grillo!
“Sì. Che c’è? Vuoi arrestarmi un’altra volta?!” risponde lei. Al che intervengo preoccupato. “Come, arrestare?”
Ma mentre il Colonnello vorrebbe tenermi fuori dalla storia, Valentina mi spiega di quando suo padre l’ha fatta arrestare dopo che a un posto di blocco i carabinieri l’hanno fermata per stato di ebbrezza alla guida. La storia evidentemente non è completa, ma non c’è tempo per approfondire perché padre e figlia iniziano a litigare sempre più infuriati uno contro l’altra. Volano parole forti tra i due. A quanto pare il tasto ex moglie è un tasto delicato, perché Anceschi si innervosisce ancora più di prima, ma soprattutto dalla lite scopro che Valentina ha fallito il test per diventare magistrato, che ha mentito a tutti sui risultati solo per continuare a compiacere il padre. Non è la figlia perfetta, non più. Ed è stanca evidentemente di esserlo.
“Perché non me lo hai detto?” chiede sconvolto Anceschi alla figlia dopo la scoperta dell’esame fallito. Le parole lapidarie di lei portano il gelo nella stanza. “Perché faccio schifo… e perché ti odio papà, ti odio!”

Osservo i due allontanarsi l’uno dall’altra scioccati per l’escalation di eventi accorsi. Per un attimo mi sono rivisto in loro, nelle parole che ho detto a mio padre anni fa. Ho rivisto lo stesso rapporto logoro, la mancanza di contatto, di affetto, di comprensione. Sono assorto nei miei pensieri quando registro l’urlo di Valentina.
“PAPA’!”
Mi volto verso la mia sinistra, ma non vedo Anceschi in piedi dove era prima. Il suo corpo è disteso a terra, privo di sensi. Un collasso probabilmente, o peggio, un infarto. Valentina mi esorta a chiamare aiuto.
Giunta l’ambulanza, Valentina sale a bordo col padre, dopo aver telefonato a Cecchini. Le ho chiesto se vuole la raggiunga al San Matteo degli Infermi, ma lei mi risponde di non preoccuparmi e che Cecchini le ha detto la raggiungerà direttamente là. Le prometto comunque di far visita più tardi, non appena avrò risolto un’altra faccenda. Tanto sarei solo di impiccio, soprattutto dopo che ho assistito agli eventi. È giusto che affronti questa cosa con la sua famiglia, con Cecchini accanto.

ANNA’S POV

Sono le 19.15 circa. Non so perché sono ancora in caserma, o forse sì. È l’unico posto in cui riesco a distrarmi, perché mi impongo di tentare di lavorare, anche se con scarso successo. Decido infine di tornare a casa, seppur consapevole che stare da sola nel mio appartamento, recentemente rimesso a nuovo per accogliere anche Sergio, non sia una mossa intelligente in questo momento. Quando arrivo ai piedi del palazzo però, vedo un’ambulanza allontanarsi di corsa con le sirene accese. Al portone scorgo Marco, il volto cupo. Penso subito al peggio, a Cecchini o a mia mamma, senza riuscire a parlare o muovermi, con la sensazione di essere inchiodata alla strada. Quando lui si volta e mi vede con gli occhi sbarrati, non perde tempo e mi rassicura, avvicinandosi a me. “Non è il Maresciallo… e nemmeno tua madre, ‘sta tranquilla…” Sospiro e mi accorgo solo ora di aver trattenuto il fiato negli ultimi secondi. “Ma è comunque una cosa grave,” riprende lui. “Il Colonnello Anceschi si è sentito male. Con lui c’è Valentina. Cecchini li raggiungerà direttamente in ospedale…” Annuisco, registrando tutte le informazioni. Gli chiedo se è meglio raggiungerli anche noi oppure lasciarli soli per il momento, ma prima che lui possa replicare il mio cellulare suona. Rispondo e il sangue mi si gela nelle vene, mentre afferro istintivamente la mano di Marco, perché temo di sentirmi male anch’io. Dall’altro capo del telefono c’è Don Matteo: hanno sparato a Cecchini.

Io e Marco ci siamo precipitati in ospedale non appena chiusa la chiamata con il prete. Giunti sul posto incontriamo Valentina, le raccontiamo quanto accaduto e per la prima volta in giornata ci presentiamo. Assomiglia molto alla tipa che aveva Marco in spalla stamattina. Commenta Vocina nella mia testa mentre osservo i due interagire. Evidentemente lo è, altrimenti non spiega questa loro ‘confidenza’. Gelosa, cara?
Prima che io possa registrare l’affermazione della mia coscienza, arriva anche mia madre preoccupata. Mi chiede cosa è successo, ma è Don Matteo a fornirle i dettagli per Cecchini, mentre Valentina le dice del padre. È in quel momento che scopro che anche lei aveva già avuto modo di conoscerla nel corso della giornata e di incontrare anche Anceschi.
I medici ci chiedono di accomodarci in sala d’attesa. Passa una lunga e interminabile ora, durante la quale tutti rimaniamo perlopiù in silenzio, con la paura che dire qualcosa possa modificare gli eventi. A un certo punto un medico ci raggiunge e ci informa che il Colonnello ha avuto un collasso dovuto al troppo stress e che Cecchini non è in pericolo, dato che la pallottola non ha colpito punti vitali ma lo ha preso di striscio. È comunque stato indotto in coma farmacologico, per poter medicare la ferita. Dovrebbe svegliarsi nelle prossime ore, al più tardi domattina. Tiriamo tutti un sospiro di sollievo, prima che Valentina raggiunga il padre e mia madre il Maresciallo nelle rispettive camere.
Chiedo a Don Matteo di venire con me e Marco in caserma a deporre una testimonianza relativamente agli eventi che hanno portato al ferimento di Cecchini. Il sacerdote acconsente. Lasciamo Valentina e mia madre in ospedale, pregandole di chiamarci se avessero bisogno, ma il dovere chiama. Ci ringraziano entrambe e dopo aver fatto visita ai due pazienti, ci dirigiamo in caserma.
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Dopo la deposizione, Don Matteo torna in ospedale e io rimango in caserma da sola con Marco. Siamo entrambi molto stanchi, e anche preoccupati. Lui ha ordinato la cena, qualcosa di veloce, da consumare qua prima di andare nuovamente da Cecchini ed Anceschi. Siamo seduti al tavolo delle riunioni che da un annetto è nel mio rinnovato ufficio. Il silenzio è accogliente, rasserenante, nonostante la terribile giornata. Per la prima volta da quando sono tornata dal carcere, mi sento meglio.
È Marco a interrompere il silenzio. “Senti, Anna, io dovrei parlarti…”
Lo guardo confusa. “Di cosa?”
“In realtà, non lo so bene nemmeno io,” mi dice ridacchiando sottovoce. Okay, sono sempre più confusa. “Il Maresciallo mi ha chiamato qualche ora fa per dirmi che dovevo parlarti, ma non mi ha detto di cosa. Semplicemente che avevi bisogno di un amico,” spiega, osservandomi con un sopracciglio alzato e uno sguardo penetrante. È bastato sentire che è Cecchini ad averlo esortato a parlarmi, per capire quale sia l’argomento che dovrei affrontare. E per farmi decidere che non voglio rovinare il momento di calma che finalmente stavo vivendo dopo queste interminabili ore.
“Non è importante, adesso. Ne parliamo con più calma domani…” O anche mai, penso tra me e me. Marco non sembra però disposto ad accettare la mia frase. “Anna, ehi,” mi richiama. Alzo lo sguardo che avevo insistentemente posato sul cartone di pizza davanti a me. “Lo sai che puoi parlare con me di qualsiasi cosa…” Sospiro, soppesando le sue parole. So che devo parlare di quello che è successo - o meglio, di cosa non è successo - stamattina con Sergio, con qualcuno. E che quel qualcuno deve essere lui. Sì, ‘deve’ e non ‘può’, perché per quanto nel tempo abbia provato a negarlo, parlare con lui mi fa stare meglio. Mi aiuta a liberarmi del peso delle cose, e dopo so che le preoccupazioni non gravano più tutte e solo su di me, ma che c’è una spalla in più a sorreggerle insieme a me. Ed è l’unico che riesce a farmi stare così. Eh, a questo servono gli ‘amici’…
Ascolta…” riprende Marco, vedendo che non gli ho risposto e sembro intenzionata a non farlo “…non ci vuole un genio per capire che è successo qualcosa stamattina, dopo che sei andata a prendere Sergio in carcere…”
“Io e Sergio non ci siamo visti stamattina…” dico infine con un filo di voce, sapendo che comunque mi sentirà. “Come, non vi siete visti? In che senso...?” mi chiede lui infatti, stupito.
Io tengo ostinatamente lo sguardo basso. “Sergio è uscito dal carcere ieri. Senza dirlo a nessuno… Senza dirmi niente…” Sento che la voce inizia a tradirmi, che non è sicura e ferma come avrei voluto che fosse, seppur sussurrata, e che gli occhi si stanno velando di lacrime di rabbia, tristezza, delusione… colpa.
Sento una mano poggiarsi con delicatezza sulla mia spalla. Non mi ero accorta che Marco si fosse spostato dalla sedia di fronte a me, a una posizione rannicchiata sulle ginocchia accanto a me. E basta quel tocco lieve a mandarmi in frantumi. E senza che possa fermarle, le lacrime scendono, per la prima volta oggi. Senza che io lo chieda, lo sento avvolgermi in quell’abbraccio di cui avevo disperatamente bisogno. Mi mancava un po’ questa sensazione di casa, di… posto giusto nel mondo? Forse sì, ma non è il momento di pensarci. So solo che, così, fa meno male di quanto credessi.

Dopo un minuto che sembra però essere durato molto di più, Marco scioglie l’abbraccio e mi asciuga le lacrime con i pollici, soffermando le mani sul mio volto. Questa intimità mancava da due anni, forse è troppa o forse è giusta, in questo momento non sono sicura di niente, tranne che ho bisogno di aiuto per rialzarmi. E so che lui è qui per offrirmi la sua mano. “Non merita le tue lacrime…” mormora fissandomi negli occhi. “Non so perché sia andato via e ti abbia lasciata senza una spiegazione . Anzi, non so proprio perché abbia volontariamente deciso di abbandonarVI, a te ed Ines. Non ve lo meritate, avete già sofferto a sufficienza entrambe nella vita…” Si interrompe, la voce incrinata, e so che questa pausa nel discorso è dovuta al fatto che sta ripensando al dolore che lui ha causato.
“Marco, quante volte ancora devo dirti che ti ho perdonato perché tu mi creda?” gli domando, una punta di disperazione nella mia voce. Chi sta consolando chi, scusate? Mi son distratta…
Lui sorride alla mia domanda. “Tu sei una donna meravigliosa…” mi dice, stupendomi e lasciandomi senza fiato per un secondo. “Sei determinata… forte... e coraggiosa, ecco…” continua, mentre lo guardo trattenendo il respiro, ricordi di parole simili che riaffiorano nella mia mente. Le sue mani hanno lasciato il mio volto e una è ora posata sul mio ginocchio, a stringerlo con affetto. “Tu non devi mai pentirti delle scelte che hai fatto. E non devi nemmeno pensare che sia sempre colpa tua, di tutto…” afferma guardandomi negli occhi dopo quella che è sembrata un’eternità, ma sarà stato al massimo un secondo di esitazione durante il discorso. Gli è bastato un niente per capire. Per capirmi. È sempre stato così, quando eravamo solo colleghi, quando siamo diventati amici, e soprattutto quando siamo diventati molto di più…
“Se tu avessi bisogno di qualcosa, o di qualcuno, per incavolarti, per ridere o anche piangere come è stato ora, io ci sono sempre per te. Mh?” Il suo sguardo magnetico mi impedisce di distogliere il mio.

Se non sapessi che siete amici, sembrerebbe che ci stia provando con te, Anna… VOCINA! Eh, perché sono l’unica ad averlo pensato. Ma fammi il piacere…
La mia coscienza ha ragione. No, ferma, prima di riparlare! Hai ragione sul fatto che le parole di Marco non suonino come quelle di un semplice amico, ma questo già lo sapevamo tutti. Lo so che ha accettato di essere mio ‘amico’ per non perdermi. E ne sono contenta. Anzi, entusiasta. Perché non ero pronta a perderlo, non lo sono mai stata. Però so anche che quello che provavo - o provo, ormai non sono più certa di niente - per Sergio era reale, anche. Sì, okay, forse non era amore di quello con la A maiuscola, di quello che ti fa venire le farfalle allo stomaco, come quelle che sento or- Perché ti sei fermata, Anna? Era interessante il discorso. Parlami di queste farfalle…
Sbatto le palpebre velocemente, come a voler schiarirmi le idee dopo il pensiero appena avuto. “Ehi..” mi richiama preoccupato Marco di fronte al mio reiterato silenzio. “Sì, sì. Tutto bene… Scusa,” dico imbarazzata. “No, ehi, guardami. È normale starci male, sono due anni che aspettavi questo giorno, e certamente non era così che doveva andare. Quello che volevo dirti con il mio discorso è che Sergio è un idiota… come lo sono stato io e come lo è stato Giovanni. Perché tutti e tre ci siamo lasciati scappare una come te…” mi dice, sincero, mantenendo lo sguardo nel mio. “Non so se loro ne siano consapevoli come lo sono io, ma è la verità. Noi abbiamo sbagliato. Non tu.”
Sorrido e lo abbraccio nuovamente, stavolta prendendo io l’iniziativa. Sento i muscoli del suo volto rilassarsi in un sorriso sulla mia spalla. “Grazie, Marco...” gli sussurro, lasciando per qualche istante che questa vicinanza mi culli e lenisca il dolore dei miei sbagli. Poi mi faccio seria. Stiamo parlando solo di me qui, ma c’è un’altra persona che deve sapere la verità e io non so come dirgliela. “Senti, Ines…” inizio a dire, ma lui mi interrompe. “Non sa ancora la verità, vero?” mi chiede. Come fa a sapere sempre tutto? “No, le ho detto che la sua uscita è stata posticipata… Ho preso tempo. Non so come dirglielo… Non voglio soffra anche lei…” dico abbassando lo sguardo, imbarazzata. “Non c’è niente di male a soffrire, Anna, quante volte te lo devo ripetere perché tu mi creda?” mi dice scimmiottando le mie parole di poco fa. Gli do uno spintone, ridendo. Lui cade di sedere per terra, sorpreso, prima di scoppiare a ridere a sua volta. “Riesco sempre a farti ridere, eh?” si galvanizza lui con un sorrisone che mi fa tornare una certa sensazione allo stomaco, che stavolta non ci provo nemmeno a spegnere. Poi si fa serio. “Ines è piccola, ma è grande a sufficienza per sapere la verità. Non c’è un modo giusto o sbagliato di dirglielo, ma deve saperlo. Se vuoi, sarò lì con te quando deciderai di farlo. Ma è giusto che sia tu a dirglielo… perché sarebbe peggio se lo dovesse scoprire da qualcun altro.” Quanto è saggio... Lho già detto in passato, vero? Vabbé, mi ripeto, fa niente. Anzi, meglio, così ti rinfreschi la memoria.
Vocina ha ragione. Marco è saggio. E quel giorno mi sbagliavo. L’unico che ha imparato dai suoi errori è lui. Li ha pagati, con gli interessi. E io sono stata una stupida a non capirlo prima.
“Hai ragione. Grazie, Marco. Veramente… Non so come farei senza di te,” ammetto, con una sincerità forse mai usata prima d’ora. “La cosa è reciproca,” mi risponde con dolcezza lui. “Siamo due casi umani, apparentemente irrecuperabili, lasciami aggiungere. Ma funzioniamo insieme. Qualunque sia la natura del nostro rapporto… Insomma, guardaci,” mi fa notare, accennando con un lieve sorriso alla situazione assurda che stiamo vivendo.
È vero. Funzioniamo. Un PM casinista, pigro, che cucina da Dio e ha accettato di essere amico della sua ex pur di starle accanto. E un Capitano dei Carabinieri che ha rischiato tutto per un uomo che si è dimostrato essere il vigliacco che tutti dicevano fosse e si trova ora a cercare conforto nel suo ex fidanzato. Siamo una causa persa. Ma... Ma c’è chi ancora ci crede in voi… sento sussurrare a una Vocina nella mia testa.

Terminata la cena, andiamo in ospedale per sapere se ci sono novità. Mia madre insiste affinché andiamo entrambi a dormire, chiedendoci di accompagnare anche Valentina a casa perché riposi. Ci penseranno lei e Don Matteo a fermarsi con i due carabinieri, così accettiamo perché la giornata è stata estenuante, li salutiamo e ci dirigiamo a casa. Marco deve aver percepito che né io né Valentina vogliamo restare sole e così propone di fermarci tutti a casa del maresciallo, perché lui non avrebbe niente in contrario di sicuro, anzi. Ci addormentiamo poco dopo, lasciandoci alle spalle una giornata infinita e piena di eventi.
Non è stato il giorno perfetto, ma magari domani andrà meglio…

MARCO’S POV

La mattina seguente mi alzo dal divano su cui mi ero sistemato alla ben’e meglio ieri notte, lasciando alle due ragazze i letti di casa Cecchini, un po’ dolorante ma avvolto da una famigliare aura di quotidianità. Noto dopo qualche istante che all’isola della cucina c’è Anna intenta a preparare la colazione, il profumo del caffè che si espande nell’aria. Il rumore delle molle del divano mentre mi raddrizzo in posizione seduta richiama la sua attenzione. “Buongiorno,” mi saluta, con un sorriso che mi scioglie già di prima mattina. Cominciamo bene, sono appena le 7 e già ti devo raccogliere col cucchiaino, ottimo. “Mal di schiena?” chiede poi, notando la mia espressione dolorante. “Il letto è sicuramente più comodo, ma non importa,” ribatto alzandomi e raggiungendola in cucina. È solo in quel momento che noto che non è da sola. “Buongiorno!” mi accoglie anche Valentina. Osservo l’abbondante colazione - con una caraffa di latte, biscotti e marmellata sistemati accuratamente sul tavolo - che hanno preparato. “Ma attendete ospiti?” chiedo, divertito. “C’è colazione per un plotone!” rido e loro con me.

“No, volevamo ringraziarti per quello che hai fatto per noi, ieri…” prende a spiegare la giovane Anceschi. Scuoto la testa sorridendo a voler minimizzare, ma Anna continua a nome di entrambe. “No, Valentina ha ragione. Sei stato la nostra roccia e hai sopportato tutti i casini in cui ti ha trascinato Cecchini… Ti meriti almeno una colazione decente come ringraziamento…”
“L’ho fatto perché volevo, tutto...” dico enfatizzando l’ultima parola, soffermandomi a guardarla. “Non perché ero tenuto od obbligato a farlo. Nessuno poteva prevedere cosa sarebbe successo. Tutto è stato fatto a fin di bene. E per il Maresciallo, so che ci tiene molto a voi, e voi a lui. Mi spiace solo che non sia finita come sperava…”
“Anche tu gli vuoi bene…” mi dice Valentina sorridendo, alla fine del mio breve discorso. “A piccole dosi… sì, ma…” lascio in sospeso con un sorriso ironico, mentre Anna ridacchia, prima di mettere su un’espressione curiosa. “Quindi era lei, la ragazza che avevi in spalla ieri mattina?” Chiede, pur avendo già capito la risposta. Annuiamo sia io che Valentina. Anna, da bravo Carabiniere, non si trattiene dall’indagare un po’. “Posso chiederti cosa è successo? Non voglio essere inopportuna, ma non tutti escono da una caserma mezzi incoscienti in spalla a un PM,” conclude con un sorriso. Valentina ricambia, un po’ in imbarazzo. “No, direi di no… Comunque diciamo solo che ho fatto la mia buona dose di errori negli ultimi mesi, e quello di ieri è stato solo la ciliegina sulla torta…” risponde alla domanda. “Ciliegina che però è andata di traverso a papà, evidentemente…”

Decido di intervenire. “Posso dirti... consigliarti una cosa?” Lei annuisce, incerta. “Anche mio padre non è un tipo facile, come il tuo. Per cui capisco che non è sempre tutto rose e fiori, anzi. Ci facciamo di quelle litigate che non ti dico…” Anna sorride, sapendo  bene a cosa mi riferisco. “…però una persona molto saggia mi ha fatto capire che litigare è solo una perdita di tempo. E non ne vale la pena... perché poi può succedere che il tempo finisce e non hai più modo di risistemare le cose… finiresti per vivere di rimorsi…” proseguo voltandomi verso Anna per un istante, trovandola ad abbassare lo sguardo e un lieve sorriso sulle labbra, poiché ha intuito a cosa - o meglio, a chi - mi riferisco. Poi torno a guardare Valentina. “Non appena tuo papà uscirà dall’ospedale, se hai qualcosa - un peso di cui liberarti - da dirgli, diglielo. Passate del tempo insieme. Non dare tutto per scontato e soprattutto non perdere più tempo in non detti e litigi,” suggerisco col tono più convincente che mi riesce. “Il mio papà è malato, ogni secondo potrebbe essere l’ultimo. Ho imparato a dargli una nuova possibilità, e anche se continuiamo a litigare di tanto in tanto, sono felice di aver tentato di recuperare il rapporto con lui…” Valentina mi guarda ancora un po’ titubante e so che mi dirà che le dispiace per mio padre, ma la interrompo prima che possa parlare. “Non fare l’errore che stavo per fare io. Provaci. Perlomeno non vivrai dopo con il rimorso, che sono sicuro sarebbe peggio.”

Anna ci guarda interagire su un argomento che sa essere molto delicato per me, ma sta sorridendo. Sa di chi è merito se ho recuperato il rapporto con mio padre. E sa anche che questo consiglio è frutto di quella parte migliore di me che mi ha fatto ragionare quando il dolore per tutte le volte in cui mio padre mi aveva deluso mi annebbiava la mente. Valentina mi ringrazia del consiglio, pensierosa. Ci osserva per un momento con un sopracciglio inarcato e un’espressione divertita. “Ora capisco perché il Maresciallo mi parla sempre di voi. Siete due persone speciali… Un po’ strane, ma…” Ridiamo alla sua ultima affermazione. “Se non fossimo strani, non saremmo amici del Maresciallo, no?” Ora, a ridere è lei.

La colazione prosegue tranquilla. Anna oggi lavora di pomeriggio, per cui decidiamo di andare tutti a trovare il Colonnello e il Maresciallo in ospedale. Quando arriviamo, scopriamo che sono entrambi svegli. Anna mi suggerisce di accompagnare Valentina da suo padre, visto soprattutto il discorso avuto poche ore fa. Concordo con lei, meglio non lasciarla sola ad affrontare suo padre dopo quanto successo.
Quando arriviamo nella stanza, il Colonnello è seduto sul letto, ci saluta. È ancora visibilmente debole. Faccio cenno a Valentina di avvicinarsi a lui. Lei mi ringrazia per l’aiuto, ma mi chiede di lasciarli soli. È  giusto lo affronti da sola. Annuisco, promettendo di attenderla fuori dalla porta, però. So che il Maresciallo farebbe così, in questo caso. E tacitamente da ieri mattina ho promesso di aiutarlo, quindi è giusto così. Sei proprio un panda in via d’estinzione, tu… Che Grillo fortunato che sono!

ANNA’S POV

Dopo aver osservato Marco e Valentina recarsi da Anceschi, busso alla porta di Cecchini. Lui prontamente mi invita ad entrare. “Come sta?” gli chiedo. “Bene, bene. Qua sono sotto controllo… Lei come sta?” mi domanda subito a sua volta. So a cosa si riferisce senza che lo dica apertamente. “Sopravviverò. Non si preoccupi…”
Prima che il discorso possa proseguire però mi consegna una lettera, scritta a suo dire da Sergio per me prima di scappare. Come l’abbia ricevuta non è dato saperlo.
Mi invita però a leggerla e non posso che acconsentire. Dopo poche righe però qualcosa mi dice che non è proprio una lettera scritta di pugno da Sergio. Dici? Secondo me, invece, pure che non l’ha scritta lui, minimo minimo queste cose le deve pensare. E se non le pensa, gliele facciamo pensare quando ci capita a tiro. Infame e maledetto.

“…P.s. Cecchini infame e maledetto,” concludo la mia lettura, facendo eco alla mia coscienza e  guardando il Maresciallo con un sopracciglio alzato. Lui fa finta di nulla. “C’ha ragione, c’ha. È colpa mia. Io le debbo chiedere scusa…” inizia a dirmi, e non lascia che io lo interrompa. “Sono stato io ad assillarlo con la cosa del matrimonio, della famiglia, e sono stato sempre io a convincerla a scegliere lui… Io le ho riportato l’abito da sposa, io le ho detto che non doveva rinunciare all’amore…” continua, facendo per proseguire ancora. Questa volta però lo fermo “…e che vale sempre la pena di amare,” dico, sorridendogli. “Sì, vale sempre la pena di amare. Ma ho comunque tutte le colpe di questa situazione. Quindi me ne dica quattro…” dice lui, portando ancora avanti la sua messa in scena.

“Gliene dico una…” prendo a dire, reggendogli ancora un po’ il gioco. Lui mi guarda in attesa di scoprire cosa ho da precisare. “‘Eccezionale’ si scrive con una sola Z...” Spalanca gli occhi, prendendomi il foglio dalle mani per controllare quello che ha scritto - lui - nella lettera. Prova a spiegare che quello ignorante è Sergio, ma non lo lascio terminare. “Questa lettera l’ha scritta Lei,” affermo con un sorrisetto, prima di tornare seria. “Lei non ha colpe. Forse, l’unica colpa che ha, è che non tutti gli uomini sono come Lei…” aggiungo infine, prima di abbracciarlo, facendo attenzione a non stringere troppo contro la spalla ferita. Restiamo qualche secondo, forse un minuto così. Poi riprendo a parlare una volta sciolto l’abbraccio, continuando a tenergli la mano. “Io devo ringraziarla, Maresciallo. Lei è il padre che mi è mancato, crescendo. E sono fortunata ad avere uno come Lei nella mia vita, che si preoccupa per me…” Non so chi ha più gli occhi lucidi tra noi, ma prima che io possa continuare ancora, lui mi interrompe. “Non deve ringraziarmi. Lei è una persona speciale… E le assicuro che anche Lei è diventata per me come una figlia.” Gli sorrido, perché so che non è facile per lui ammetterlo dopo quello che è successo con Patrizia, con la paura che questo comporta. “Io sono sicuro che là fuori c’è l’uomo giusto per Lei. Quello che, anche se commetterà degli errori, ci sarà sempre per Lei… E sono certo che è un uomo come me…”
Io un’idea su chi possa essere, ce ho… dice la Vocina nella mia testa, e so bene a chi allude, ma non è il momento di pensarci, adesso. Prima che io possa rispondere, la porta si apre, lasciando entrare mia madre. Mi saluta e io ricambio il suo abbraccio. So che è preoccupata anche per me, ma avremo modo di parlare un’altra volta, ora è giusto che resti con Cecchini. Decido di lasciarli da soli.

Mentre richiudo la porta, asciugandomi gli occhi da cui alla fine le lacrime sono comunque un po’ scese, mi ritrovo faccia a faccia con Marco. Hai visto? Aveva ragione, Cecchini. Qui fuori c’era l’uomo giusto per te che- ho capito, Vocina, grazie.
“Ehi. Come sta il Maresciallo?” mi chiede, un po’ in ansia. “Bene. Sempre il solito Cecchini…” Lo rassicuro. “Valentina?” “Non è andata benissimo tra lei e il padre, per il momento. Ma forse il Maresciallo sarà in grado di mediare…” mi spiega lui, malinconico. “Mi spiace. Speriamo si risolva…”
“Ah, a proposito di risolvere, ci sono novità sul caso. Per questo stavo vendendo a cercarti. Mi ha chiamato Barba, hai il telefono irraggiungibile… Ci attendono in caserma…”

Due giorni dopo…

Lunedì abbiamo scoperto di chi è la pistola che ha sparato al Maresciallo, ma il caso lo abbiamo risolto solo oggi. E solo perché Don Matteo ha risolto l’intricata trama che si celava dietro, con l’aiuto del Maresciallo.

Nel mentre, Marco ha tentato in questi giorni di aiutare Cecchini con la situazione di Valentina e Anceschi, ma invano. Il Colonnello ha lasciato Spoleto, ‘abbandonando’ la figlia qui. Il Maresciallo ha suggerito alla ragazza di fermarsi per un po’, di raccogliere le idee e capire veramente quello che vuole. Valentina ha accettato l’aiuto del suo padrino e ora vive ospite a casa sua.
Marco ha però tentato di aiutare anche me, anche in questo caso senza successo. Sei una testona come al solito. E dire che per un secondo ci avevo pure creduto, che ti fossi svegliata. Bah.

Sta cercando di convincermi a dire la verità ad Ines su suo padre. Ma io non mi sento mai pronta. So che più attendo, peggio è. Però non ho la forza mentale di farmi carico anche della sua delusione, rabbia o tristezza o quello che sarà. Non so nemmeno come reagirà. Come si consola una bambina che ‘perde’ il padre? Stai scherzando, spero? Non mi dire che non lo sai, come ci si sente… Okay, va bene, ho formulato male il concetto. Ma il senso non cambia. Non sono pronta.

MARCO’S POV

Mi trovo in canonica, ma non sono da solo. Dopo due giorni di vani tentativi di convincere Anna a parlare ad Ines, alla fine, su consiglio di Cecchini, l’ho trascinata a forza qua da lei. Letteralmente, sono andato sotto casa sua e ho aspettato che rientrasse dalla caserma, prima di prenderla per mano e condurla cui, ignorando le sue proteste e il panico sul suo viso non appena ha intuito il mio piano e obbligandola a rifare il percorso al contrario. Ha cercato di fuggire dalla mia presa nell’intero percorso dalla caserma alla canonica, ma inutilmente.

Quando ci vede arrivare insieme, la piccola cambia espressione, e  dal sorriso che aveva si fa largo un musetto perplesso. È sempre stata più furba di te. Questa ha già capito, secondo me… Commenta Grillo nella mia testa. E la bambina, quasi a rispondergli, non si perde in giri di parole. 
“Il mio papà è andato via, vero?”
Anna si inginocchia davanti a lei, mi guarda per un attimo per poi risponderle annuendo. “Mi dispiace piccola… Mi dispiace tanto…” sussurra, con la voce incrinata.
“Non è colpa tua, è papà che è così…” la rassicura Ines, però. Sorrido pensando a quanto sia matura per la sua età. “Mi sa che dobbiamo aspettarlo ancora un po’…” aggiunge poi. La guardiamo un po’ tutti confusi, ma lei continua. “Quando vuoi bene a qualcuno, torni sempre.” Non è arrabbiata con suo padre, non più di tanto insomma, il che ci stupisce tutti, ma è ferma sulla sua posizione ed è convinta lui sia solo un po’ spaventato, ma tornerà. Anna non ha la forza di contraddirla, promettendo di aspettare con lei, prima di abbracciarla.
Il problema vero è che, quando vuoi bene a qualcuno, non è che torni sempre.. non vai via. Resti. Anche se è difficile. Ines però questo ancora non è in grado di capirlo, o di accettarlo. È giusto così, dopotutto. È una bambina, e ha il diritto di aspettare, se lo vuole. Di certo, non saremo noi a lasciarla sola.

Nel pomeriggio andiamo tutti insieme a prendere il gelato e poi al parco, per farla distrarre un po’ dalla verità emersa. Mentre è sull’altalena, io ed Anna la osserviamo appoggiati alla staccionata di confine del parchetto. “Non capisco come faccia a non odiarlo…” mi dice lei, scuotendo la testa.
“I bambini non portano rancore come noi...” mormoro.
“Vorrei essere un po’ bambina anche io, allora…” commenta Anna, sorridendo amaramente, facendomi intuire il sottotesto.
“Te l’ho già detto, e non solo io. Non è colpa tua, Anna…” Le prendo la mano, per offrirle quell’ancora di cui so che ha bisogno anche se non lo dà a vedere, e poi continuo. “Supererai anche questo momento. Solo tu sai se vale la pena di attenderlo ancora, oppure andare avanti. Qualsiasi scelta farai, io sarò al tuo fianco, come sempre…” Lei mi guarda, gli occhi verdi velati di lacrime che non vuole che cadano.
“Il Maresciallo ha ragione: ci sono uomini qua fuori che imparano dai loro errori e che sanno esserci quando ne hai bisogno,” dice in un soffio, senza staccare lo sguardo dal mio. La scruto confuso, ma lei mi stringe più forte la mano prima di proseguire col suo discorso. “Tu sei uno di questi…” Sorride, stavolta, spostando la mano che non mi stringe su una delle mie guance, accarezzandola piano. Prima che possa riprendermi dal suo gesto inatteso, lei si alza in punta di piedi e mi dà un bacio casto, leggero, quasi impercettibile se non fosse che lo sto vivendo, sulle labbra. Dura meno appena qualche secondo, ma tanto basta a risvegliare le farfalle nel mio stomaco, e un Grillo nella testa: il tuo cervello ha appena fatto cortocircuito, Marco. Sicuro che mi senti? ... mi sa di no, ottimo.

Quando si allontana, abbassa la testa e biascica uno “Scusami...” che faccio fatica a sentire. Capisco perché e prontamente la rassicuro. “Non devi scusarti. Era solo un bacio per dirmi grazie… non deve significare nulla di più…” Lei mi ringrazia con un sorriso e il rossore che si fa strada sulle sue guance. So che non ha voluto dire nulla quel bacio, non per il momento perlomeno. Anna ha bisogno di rialzarsi ora, non certo di confondersi di più le idee. Anche se lo sguardo che mi lancia mi insinua il dubbio che le nuvole abbiano iniziato a dissiparsi prima del previsto. Decido però che voglio godermi questi istanti senza pensare troppo, e che ci sarà tempo per farlo, quando sarà il momento giusto.

Ci voltiamo un po’ imbarazzati verso Ines, che ci corre incontro e ci abbraccia, prima di sussurrarci nell’orecchio, “Tranquilli, non lo dico a nessuno che vi siete baciati!” scoppiando poi a ridere quando ci vede sgranare gli occhi, per poi correre nuovamente via a giocare.
Tranquilla, Ines, ci penso io a mettere i manifesti dell’evento… GRILLO!
Scherzo, Marco… o forse no?
 
Ciao a tutti!!!
Come promesso, Vocina e Grillo sono tornati! Quanto ci mancava, scrivere? Soprattutto cose belle e felici? Ahhh, ma quanto è rilassante vedere i nostri Anna e Marco che finalmente non litigano più, che si supportano, più vicini che mai?
Che idea vi siete fatti della nuova stagione?
Noi, come avevamo già anticipato, riprendiamo con i finali ‘alternativi’ delle puntate (e vi avviso, abbiamo fiumi di idee, stavolta), e ci stiamo divertendo a constatare che, negli episodi, ci sono alcuni piccoli dettagli che noi stesse avevamo inserito in molte delle raccolte precedenti. Coincidenze? Chi lo sa, ma è divertente vedere sullo schermo cose che noi, almeno in parte, abbiamo scritto. Nel frattempo, non vi possiamo promettere di essere assidue e puntuali come due anni fa (impegni e lavoro, lavoro e impegni), ma ci siamo e scriviamo. Se avete idee/proposte/richieste, contattateci pure dove volete! Qui su EFP, su IG (i nostri account sono @_tenendosipermano_ e @grillo_nardi), o anche su Twitter, dove scriviamo spesso e volentieri. Ci riconoscerete senza dubbio!
A prestissimo,
Vocina e Grillo
 
   
 
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