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Autore: eddiefrancesco    11/04/2022    0 recensioni
Dieci anni prima, Galen aveva lasciato l'Inghilterra per dimenticare la donna che lo aveva sedotto e abbandonato senza nemmeno una parola di spiegazione, portandosi via il suo cuore. Ora, diventato Duca di Deighton, è tornato per assumere i doveri che il titolo gli impone, prima fra tutti generare un erede. E la prima persona in cui si imbatte e proprio lei, Verity. Nel frattempo lei è rimasta vedova, scoprendo cosi che da quell'unica notte di passione trascorsa insieme è nata una bambina. Verity però...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Galen osservò il suo ospite mostrando un interesse apparentemente causale. «È stato un incidente? C'è qualche sospetto di omicidio?» «Non da parte di chi abbia avuto modo di conoscere la vedova. È assurdo anche solo immaginare che possa commentare qualcosa di male! Tuttavia una settimana prima della sua morte il marito era in perfetta salute.» «Era giovane?» «Buon Dio, no! Doveva avere circa cinquant'anni, ma era sano come un pesce.» «Che cosa ha detto il dottore?» «Polmonite.» «C'è qualche motivo per credere che il dottore abbia potuto mentire?» Myron scosse il capo. «Il dottor Newton è molto rispettato nella contea. Ma sapete quanto chiacchierano le donne! Lo fanno sempre quando il marito è molto più anziano della moglie. Io li ho visti insieme poche volte, ma non c'era alcun dubbio che lei lo amasse molto. Non lo lasciava mai, nemmeno quando stava bene.» Myron sospirò. «Saremmo molto fortunati se avessimo una donna di quel tipo ad accudirci nei nostri ultimi giorni!» «La fai sembrare più come una infermiera che una moglie» «Mi adatterei senza problemi a una infermiera come quella!» esclamò l'altro con una risatina. «E poi c'è la bambina. Quell'uomo stravedeva per la figlia.» «Un tipo davvero paterno.» Myron gli lanciò un'occhiata interrogativa, poi sorrise. «Santo cielo, perdonatemi! Voi non volete sentire parlare di vedove e di marmocchi!» «Non voglio nemmeno trascorrere tutto il mio tempo con il gentil sesso, quando potrei impiegarlo meglio andando a caccia con te. Mi pento sul serio di non essere venuto prima, amico mio. Ma gli ultimi dieci anni li ho passati in Italia.» «Lo sapevo» dichiarò Myron. «Justbury mi tiene informato di tutto quello che fanno i vecchi compagni di scuola.» Avrebbe dovuto indovinarlo, si disse Galen. Il più giovane dei ragazzi Justbury era il peggiore pettegolo che avesse mai conosciuto. Persino Eloise impallidiva al confronto. «A ogni buon conto dovrò dare almeno una festa. In caso contrario le vostre ammiratrici non me lo perdoneranno mai» Galen sorrise con appropriata modestia e chino' la testa. Poi si fece serio. «Non stasera, spero.» «No! Non stasera e nemmeno domani sera, perché il tempo promette di essere bello. Andremo a caccia e poi a pesca, perciò le signore dovranno aspettare qualche giorno.» «Come meglio credi.» Sollevò il bicchiere. «Bevo alla tua salute, Myron, e alla nostra rinnovata amicizia.» Myron arrossi'. «Sono così contento che siate venuto, Vostra Grazia. Mi siete mancato.» Galen si rese conto di essersi privato per troppo tempo di qualcosa di molto prezioso. «Basta con questo titolo e dammi del tu. Noi siamo amici, Myron, e non c'è alcun bisogno di tutte queste formalità. Spero anche che non dispiaccia se approfittero' a lungo della tua ospitalità, per rifarmi di tutti gli anni in cui non sono venuto.» «Naturalmente, Vostra... Galen. Naturalmente.» Verity guardò la lettera che teneva in mano. Il piccolo foglio di carta con il suo indirizzo scritto con grafia semplice e chiara era arrivato con la posta del mattino. Suppose che si trattasse di qualche conoscenza che non aveva saputo della scomparsa del marito. Sospirando ruppe il sigillo di cera. Guardò la firma e subito dopo allungò una mano alla cieca cercando la sedia per lasciarsi cadere a sedere. - Cara signora, spero che stiate bene e che la vostra improvvisa partenza dalla dimora della nostra comune amica non sia stata provocata da una qualche seria indisposizione. Se così fosse stato, spero sinceramente che vi siate rimessa abbastanza da permettermi di farvi visita. Dal momento che abbiamo un interesse in comune, sono davvero desideroso di incontrarmi con voi. Verrò oggi a mezzogiorno. Distinti saluti, Deighton. - Il sangue cominciò a pulsarle nelle orecchie mentre il cuore le batteva all'impazzata nel petto. Lui stava per arrivare lì, a casa sua. Lo avrebbe fatto oggi e senza curarsi delle convenienze né darle l'opportunità di rifiutarsi di vederlo. L'interesse in comune di cui parlava poteva essere solo Jocelyn. Non poteva rischiare che il Duca di Deighton venisse lì. Non osava immaginare che cosa sarebbe successo se qualcuno lo avesse visto. Poteva sempre dire una parte di verità, cioè che lo aveva conosciuto da Lady Bodenham. Forse avrebbe funzionato con qualsiasi altro nobile, ma non con lui, data la sua reputazione. Lei era giovane ed era vedova. La gente sarebbe di sicuro saltata alla più meschina delle conclusioni. E guardando Jocelyn avrebbe indovinato... Il suono della voce allegra di Jocelyn la raggiunse dalla cucina accompagnato dalla risata gutturale di Nancy. Grazie al cielo Clive e Fanny erano tornati a casa loro. Il Duca doveva trovarsi a Jefford se aveva intenzione di farle visita quel giorno stesso. Forse era ospite di Sir Myron, oppure alloggiava alla locanda. Anche se avesse saputo dov'era non poteva mandargli un biglietto. Avrebbe provocato ancora più pettegolezzi. Perché Galen Bromney era venuto fin lì? Che cosa voleva da lei? Non c'era niente di cui discutere. Jocelyn era una sua responsabilità. Non voleva niente da lui, né ora né mai. In ogni caso lui non avrebbe potuto avere niente a che fare con la vita della loro bambina. Nessuno avrebbe dovuto mai scoprire che Jocelyn era la figlia del Duca di Deighton. Verity non voleva che la piccola fosse costretta a convivere con la vergogna e l'umiliazione di essere una bastarda. Ed era sicura che se Clive avesse scoperto il suo segreto avrebbe utilizzato quell'informazione per cercare di portare via l'eredità a Jocelyn senza il minimo rimorso e senza darsi pensiero per il dolore che avrebbe provocato. Guardò l'orologio e cercò di calmarsi. Era quasi l'una. Forse il Duca ci aveva ripensato. Subito dopo le si bloccò il respiro in gola perché in fondo al vialetto vide comparire un cavaliere dall'aria familiare. Avrebbe riconosciuto dovunque quel modo spavaldo di cavalcare con la schiena eretta. Non doveva entrare in casa! In qualche modo lo avrebbe tenuto lontano da Jocelyn e da Nancy. Con quell'idea fissa in testa, si affretto' a uscire. Mentre lo aspettava ferma sui gradini davanti all'ingresso si allaccio' le braccia attorno al corpo. Sebbene la giornata fosse fresca e umida, non era quella la ragione per cui stava tremando. Il Duca fece fermare il cavallo e la guardo'. Nonostante la volontà di farlo andare via, Verity si sentì assalire da un desiderio colpevole. Era davvero attraente, con l'abito da cavallerizzo fatto su misura che metteva in risalto le ampie spalle, la vita sottile e le cosce muscolose. Ogni parte della sua figura sembrava incarnare l'essenza della virilità. Cercò di scuotersi. Come poteva essere così folle dopo tutto quello che era accaduto? «Vostra Grazia, non dovreste...» «Invece dovrei» replicò lui in tono deciso mentre smontava. La guardò e lei notò una incredibile determinazione nei suoi occhi nocciola. «E vi assicuro, signora, che questa volta non me ne andrò fino a quando non avrete risposto alle mie domande.» «Questa è la mia proprietà, Vostra Grazia, e voi state abusando della mia ospitalità.» Galen sorrise lentamente in un modo che le fece accelerare o battiti del cuore. Doveva essere forte e non permettergli di confonderla. «Pensavo che la proprietà fosse passata a vostra figlia alla morte di vostro marito. Devo chiedere a Jocelyn se posso restare?» «No!» replicò Verity brusca maledicendo mentalmente la lingua lunga di Eloise. Avrebbe dovuto indovinare che tutto quello che la riguardava sarebbe passato senza troppi problemi dalla bocca dell'amica all'orecchio di Galen. «Prendete il vostro cavallo e venite con me.» Lui acconsentì annuendo. Così con passi veloci e decisi lei lo condusse attraverso il lato della casa più lontano dalle cucine fino alla piccola capanna per le carrozze situata sul retro, in fondo al prato. Poi aprì la pesante porta cigolante sperando che nessuno dall'abitazione potesse sentire il rumore.
   
 
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