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Autore: beascari    15/04/2022    1 recensioni
«Non avrei mai pensato che sarebbe venuta così tanta gente. Sembra uno dei party del Vortex, ma in scala maggiore.»
Andarono avanti a chiacchierare per altri tre o quattro pezzi, poi Hayden si congedò per rimorchiare una tipa e Nathan non lo vide più per tutta la serata. Aveva perso di vista anche gli altri, quindi si sedette su una delle impalcature, buttò giù il suo ultimo goccio di gin e si costrinse a non sbadigliare. Se non sbagliava, stavano suonando una canzone di Ida Maria, Drive Away My Heart. Warren - cioè, Gayram - aveva la frangetta umida appiccicata alla fronte e le maniche arrotolate ai gomiti. Da lontano, a limonare con il microfono, sembrava quasi sexy.
[GRAHAMSCOTT: Nathan x Warren] [*TW!* Linguaggio forte] [One-shot]
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nathan Prescott, Warren Graham
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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be somebody.

 

 

 

 

 

 

 

I’m just the boy inside the man, not exactly who you think I am
Trying to trace my steps back here again so many times
I’m just a speck inside your hand, you came and made me who I am
I remember where it all began so clearly


 

 

 

«Courtney, hai rotto il cazzo con 'sta festa.»

Victoria le lanciò una frecciatina delle sue da sotto il mascara firmato Helena Rubinstein. Nathan stava dall'altra parte del tavolo del Mc ad aggiornare la homepage di Facebook, silenzioso e annoiato per essere già le nove e mezza di venerdì. Erano lì dentro da una vita, probabilmente. Aveva quasi dimenticato come ci si sentisse a respirare aria non viziata e odorante di fritto.

La grassona e Vic si presero ancora un po' prima di dargli sollievo: aveva preso i tranquillanti ma questa serata sembrava non finire mai e lui non vedeva l'ora di sballarsi in pace.

Lanciò un'occhiata furtiva a Victoria, che stava gesticolando con le sue spaventose unghie chilometriche, presumibilmente per terrorizzare anche la sua amichetta cretina.

«Finisce che ti mollo con Taylor e io e Nathan andiamo da soli al concerto.»

Anche Vic però sembrava davvero scazzata stasera. Forse aveva le sue cose. Nathan non provò nemmeno a ricordarsi l'ultima volta che l'aveva vista così acida, non ci capiva un cazzo di 'ste cose da femmine.

Ripeté le sue parole in mente per rendersi conto di quello che aveva detto.

«Che concerto?»

«Ti ci metti anche tu?» lo ammonì lei, puntandogli addosso i suoi occhi di ghiaccio, e Nathan capì che dopo quello sgarro non gliene erano concessi altri. Lei fece per dire altro, ma preferì ammorbidirsi il cervello con il suo McFlurry al cioccolato. Era una merda quella roba eppure Vic riusciva a mandarlo giù lo stesso. Non la invidiava per niente per essere in grado di buttare giù tutte quelle schifezze commerciali, ma cosa non si fa per la popolarità? Vic, in fondo, era così insicura e Nathan lo aveva visto con i suoi occhi. «Il concerto che ti dicevo l'altro giorno, Nate. Quello con Gayram.»

Si fece scappare una risatina inadeguata. Sì, aveva le sue cose sicuro. Nathan si trattenne dal lasciar cadere teatralmente l'iPhone sul tavolo unto del McDonald's, ma in compenso non si fece scrupoli a mostrare il suo disappunto sbuffando come un bambino. «No, che palle, non vorrai andarci davvero. Io non vengo.»

Era vero, gliene aveva parlato, ma non ricordava di averle mai detto che sarebbe venuto. Come gran parte delle cose che scandivano la sua vita, Nathan semplicemente ci girava attorno e le ignorava come niente fosse. Era più facile e meno stressante. Non voleva correre il rischio di intripparsi per qualcosa, come una relazione sociale, un'opposizione, una risposta. Le sue giornate sillabate dagli antidolorifici, le canne e, ogni tanto, Jefferson con le sue manie erano troppo allettanti per essere riempite di qualcosa che avesse effettivamente valore.

Così le parole che gli venivano dette da tutta la gente che aveva attorno e che non poteva vedere – ma la cosa era reciproca – gli entravano da un orecchio e uscivano dall'altro.

«Dai, ci divertiamo» Vic mescolò la panna dentro al bicchiere con la cannuccia. «se fa qualche figura di merda, va in giro per tutta Instagram entro domani mattina. Non ti attira?»

No, a Nathan attirava uscire da quel sudicio locale da bimbiminchia, accendersi l'erba e farsi di ecstasy. In più, a quello stupido concerto ci sarebbe stata anche la Caulfield con la puttana lesbica e di vederle ne aveva la voglia che ne avrebbe avuta di prendere un calcio negli stinchi. Prese ad aprire e chiudere le notifiche di Instagram finché non si impallò la home e a quel punto sbottò: «Ma perché dobbiamo andare a una festa da sfigati?»

Victoria parve quasi offesa. «Nate, ci vanno tutti, ci sono anche Zachary e Juliet che ci aspettano stasera.»

«Cazzomenefrega di Zachary e Juliet» borbottò Nathan grattando via dello sporco dalla cover, gli occhi bassi e imbronciati. «Però se fa schifo me ne vado.»

«Sei una palla.»

 

 

 

 

I feel a million miles away, still you connect me in your way
And you create in me something I would’ve never seen

 

 

 

 

Alle undici e quaranta, nello spazio dedicato alle feste del Vortex Club sul retro della Blackwell, terminavano i preparativi per il concerto dei Quadraphonic Since Dolls. A Nathan venne un conato di vomito solo a vedere la locandina del gruppo, appesa su una delle bacheche davanti alla scuola. Prese una delle biro a disposizione del fruitore e scarabocchiò un pene sulla fronte di Gayram. Ora sì che era degno del suo soprannome.

Vic e le sue troiette parlottavano dalla parte del palco, probabilmente aspettavano qualcuno. Nathan sarebbe potuto scappare in quel momento a fumare, ma era davvero troppo annoiato per fare qualsiasi cosa. Era arrivato anche a sperare che il concerto iniziasse presto.

A mezzanotte e dieci finalmente cominciava lo strazio. Della Blackwell c'erano davvero tutti, su questo Vic c'aveva preso, e anche di fuori. Certo che la gente pur di non rimanere a casa a fare niente si vende a tutto, pensò Nathan mentre seguiva il suo gruppo che si infilava nella massa.

Le luci stroboscopiche erano l'unica cosa che apprezzò dei primi cinque minuti in cui la folla acclamava i musicisti, perché era deciso nel sorvolare l'inutilissimo maxischermo appeso dietro al palcoscenico e anche i componenti della band che sembravano usciti da The Big Bang Theory.

Quando Gayram fece il suo ingresso al microfono, sembrava quasi decente. Grazie a Dio non portava uno dei suoi completi osceni a cipolla, ma una camicia bianca leggermente sbottonata e dei pantaloni aderenti. Forse un po' di buongusto ce l'aveva anche lui, osservò Nathan.

«Vuoi da bere?» gli chiese una delle amiche di Vic, bionda, tette rispettabili, cheerleader. Dana, probabilmente. Non che Nathan ci facesse troppo caso, alle sue tette. O alle ragazze. Ormai sapevano tutti che era frocio come la morte.

«Prendo quello che c'è» rispose, cercando di sovrastare il fracasso della musica. «Purché sia alcool.»

I primi pezzi non erano nemmeno troppo tristi, ma sicuramente c'era di molto meglio. La scaletta, poi, sembrava stata fatta dalla Caulfield per quanto era pacchiana. C'era anche da dire che alcune tracce erano più che passabili, come la cover di Losing My Religion o di Poison, in cui però Gayram aveva stonato e anche di brutto. In generale, la sua voce era ascoltabile, i suoi gusti musicali meno.

Victoria, Dana e gli altri sembravano passarsela alla grande, nonostante gli assoli di chitarra non fossero dei migliori e sembrasse di essere a un concerto dei My Chemical Romance. L'alcool era arrivato, ma soprendentemente Nathan non aveva buttato giù che un paio di shots rum-pera. Forse i calmanti avevano fatto il loro lavoro più del previsto.

«Allora?» gli fece Hayden, l'unico che tollerava lì in mezzo oltre a Victoria. «Sono bravi, eh?»

«C'è di peggio» Nathan si sentiva buono. Non aveva intenzione di accennare alle Converse sformate del bassista né alle espressioni spastiche che assumeva Gayram durante gli acuti. Non voleva rendere la serata più merdosa di così.

«Non avrei mai pensato che sarebbe venuta così tanta gente. Sembra uno dei party del Vortex, ma in scala maggiore.»

Andarono avanti a chiacchierare per altri tre o quattro pezzi, poi Hayden si congedò per rimorchiare una tipa e Nathan non lo vide più per tutta la serata. Aveva perso di vista anche gli altri, quindi si sedette su una delle impalcature, buttò giù il suo ultimo goccio di gin e si costrinse a non sbadigliare. Se non sbagliava, stavano suonando una canzone di Ida Maria, Drive Away My Heart. Warren – cioè, Gayram – aveva la frangetta umida appiccicata alla fronte e le maniche arrotolate ai gomiti. Da lontano, a limonare con il microfono, sembrava quasi sexy.

Erano quasi le due e finito il pezzo fecero una pausa. Ottimo, se si fosse girato verso le quinte avrebbe potuto appurare se anche il suo culo faceva una bella figura in quei pantaloni attillati.

Da lassù la visuale era assolutamente migliore, poteva quasi vedere la forfora adolescenziale di quei bambocci intorno a lui. Riconobbe alcune sfigate del corso di Jefferson più vicine al palco, probabilmente ammiratrici del calibro della Caulfield. Sembravano in procinto di andarsene e Nathan capì che quella non era una pausa, forse avevano finito di suonare.

Che nerd. Non aveva intenzione di muovere il culo prima delle quattro, come minimo, e molti nel pubblico la pensavano allo stesso modo perché alle due e un quarto la calca era rimasta integra a sbronzarsi e aspettare altra musica.

A quel punto Warren e il resto della band tornarono sul palco, a disagio nei loro vestiti sudaticci.

«Okay» balbettò Gayram al microfono, intimidito. «Suppongo che vogliate un bis?»

La folla li applaudì, ormai ubriaca. Nathan si chiese cosa si sarebbero inventati ora che avevano finito la scaletta. Che schifo. Senza accorgersene stava prestando più attenzione del previsto a quel concertino del cazzo. Sbloccò il telefono per cercare Victoria e chiederle altro alcool.

«Questa è War Of Change, dei Thousand Foot Krutch.»

La linea era occupata. Fanculo anche a quella stronza. Non era la prima volta che spariva con le sue amichette e il giorno dopo lo chiamava alle nove di mattina per raccontargli chi si era fatta e chi no. Poco male. Se lo sognava che sarebbe venuto con lei allo Student Party.

Nathan si concentrò sullo spettacolo e quasi non riconobbe la voce di Gayram. Era maledettamente bravo quando improvvisava. Ma forse era solo la canzone che non era granché e non richiedeva doti particolari.

La gente era gasatissima, scalpitava che a momenti finiva sul palco. Qualcuno aveva già sboccato di brutto. Certo che questi primini erano proprio ripugnanti.

Finalmente il telefono squillò e dall'altra parte c'era Vic. Si tappò un orecchio per sentire attraverso il casino: «Nate? Dove sei? Ho trovato uno che dice di essere homo ed è figo.»

Nathan capì subito che non ci stava con la testa. Victoria sapeva bene che a lui non piacevano le scopate veloci come a lei, che lui preferiva che gli venisse portata della vodka piuttosto.

«Hai bevuto?» le chiese. Non intendeva qualche bicchierino, intendeva bevuto. Di solito lei non si sbilanciava mai con l'alcool, aveva sempre paura che ci fosse in giro Jefferson.

«No, sto bene» ma cantilenava. «Ascolta, noi siamo qua eh, siamo dal parcheggio. Raggiungici, Nate, che ci divertiamo.»

Nathan le riagganciò in faccia. Non aveva alternative che rimanere ad ascoltare gli ultimi minuti di concerto, ma non era male, tutto sommato. Non era male affatto. Se si fossero esibiti completamente sul momento, sarebbe stato una bomba. Okay, vabbè non esageriamo. Warren in particolare cantava con abbandono, come se fosse sotto la doccia, e la sua voce defluiva con tanta facilità da essere sul serio orecchiabile.

Decise di avvicinarsi, mantenendosi sull'esterno per evitare la mandria di pogatori. Trovò una transenna libera e vi si arrampicò. C'era una visuale di merda da lì ma se non altro era vicino alle casse e la voce di Warren si sentiva da dio. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce ma apprezzava i toni che poteva raggiungere in quel tipo di canzoni. E poi poteva vedere il suo culo da lì. E dio se aveva un bel culo.

«Sempre dello stesso complesso, suoniamo Be Somebody, l'ultima della serata» fece Gayram, un po' più sicuro di sé. Un tizio delle quinte gli allungò una chitarra acustica e Nathan sentì un brivido percorrergli la spina dorsale. Si costrinse a mantenere i nervi saldi, anche se cominciavano già a riaccendersi le immagini della terza media, e il ricordo della festa di fine anno, quella festa di fine anno, il suo scheletro nell'armadio. Gli parve di perdere un battito quando ripensò a quel momento, il palchetto in mezzo al parco della scuola, gli applausi dei genitori, il bambino dell'altra classe che si accovacciava sulla chitarra...

«Buona visione.»

Merda, no, non poteva essere, no. Anche dopo lo sviluppo della pubertà era dannatamente riconoscibile. Come aveva fatto a non accorgersene ancora?

«I’m just the boy inside the man, not exactly who you think I am

Warren Graham era stato lo stronzo che gli aveva fatto avere l'erezione più imbarazzante della storia. E Nathan era stato visto da tutti i suoi compagni di classe correre in bagno, paonazzo in volto, in quell'occasione.

«Trying to trace my steps back here again, so many times

Non era possibile, con tanta gente ad Arcadia Bay proprio lui doveva essere. Eppure il modo di tenere la chitarra sulla gamba, senza usare il plettro e la rapidità con cui passava da un accordo all'altro... e la capigliatura riccia e spettinata. Non c'era dubbio, merda, merda, merda. Ecco perché la sua voce lo aveva attizzato da subito. Era lui.

Lo stronzo.

Dopo essersene fatto una ragione, Nathan non riuscì a non rimanere incollato alle sue labbra per tutta la durata della canzone. Anche se stonava, lui non lo sentiva. Rivedeva il bambino di dodici anni che lo aveva eccitato con la sua voce prima che potesse farlo qualsiasi delle figlie degli amici dei suoi con cui passava i weekend al ristorante. Nathan lo odiava, quello sfigato, per avergli lasciato un segno così: non aveva voluto fare sesso con il primo che capitava per causa sua, solo sua, idiota, merdoso coglione. Sperava di incontrarne un altro che glielo drizzasse così, senza nemmeno toccarlo. Come aveva fatto lui.

«When I could only see the floor, you made my window a door. So when they say they don’t believe, I hope that they see you and me

Ma dall'altra gli era debitore per avergli risparmiato le pomiciate da prima superiore con le cheerleader. Gli aveva fatto capire di che farina era il suo sacco.

«After all the lights go down, I’m just the words you are the sound. A strange type of chemistry, how you’ve become a part of me.»

Sentiva ancora l'angoscia di allora all'altezza dello stomaco. L'ansia. La foga. Quando hai dodici anni e per la prima volta ti ecciti su qualcosa che non sia una rivista, te ne sbatti all’inizio che il soggetto in questione sia maschio o femmina.

Aveva voglia di prendergli a calci quella chitarra del cazzo e ficcargli il microfono in gola. Aveva voglia di ficcargli anche la lingua in gola, ma si tratteneva dal pensarlo. Di quello si sarebbe occupato dopo.

«And when I sit alone at night your thoughts burn through me like a fire

Dio se era oscena quella canzone. Ma se la sentiva nelle viscere, sotto la pelle, fra i denti, nel cavallo dei pantaloni. Aveva il respiro boccheggiante tanto quanto il suo, sentiva il suo fiato in gola. Voleva il suo fiato in gola.

«You're the only one who knows who I really am

Sarebbe potuto venirci su quella canzone, in quel momento, come quattro anni prima. Aveva i brividi, gli era passata anche la voglia di fumarsi l'erba. Il groppo allo stomaco gli aveva offuscato il resto, non ci pensava nemmeno più, gli piaceva pensare che il colpevole fosse solo Gayram – Warren.

«Porca troia se ti prendo cosa ti faccio» grugnì fra i denti, mentre Warren si aggrappava al microfono per cantare il ritornello. Era sempre stato un nerd diverso dagli altri, aveva i suoi momenti derp in cui non si poteva vedere, ma quando era tirato era piuttosto carino. Dio, Nathan stava cercando disperatamente delle attenuanti per quel sentimento così fortemente gay che gli stava bruciando i polmoni. Il fatto era che lui era stato più sfigato di tutti per aver aspettato quel momento da così tanto, come una fighetta alla prima tirata di sigaretta. Quella festa di terza media ormai sarebbe stata incisa sulla sua tomba.

Fanculo.

 

 

 

 

We all wanna be somebody
We just need a taste of who we are
We all wanna be somebody
We're willing to go but not that far

 

 

 

 

«Grazie» sorrideva come un'idiota, nascosto dietro ai capelli lunghi. «Grazie a tutti. Siamo i Quadrophonic Since Dolls, buona serata.»

Oh sì che sarebbe stata una buona serata, ora.

Nathan si fece largo tra la gente a furia di spintoni, giù fino al palco. La gente finalmente defluiva verso il parcheggio e presto lo spiazzo sarebbe stato vuoto. Ma doveva sbrigarsi prima che qualche puttanella si mettesse in testa di farsi delle foto con la band o stronzate simili.

Quando la fermarono dalle transenne, bastarono un paio di spallate per allontanare i corpicini gracili dei vigilanti della security ed era fatta, era nell'area vip. Che di vip non aveva una minchia.

Il gruppo si stava cambiando, scambiando saluti con alcuni professori, sistemando gli strumenti. Ed eccolo, di spalle, a sbrodolarsi con la sua pepsi nello spogliatoio vuoto. Sembrava piuttosto sfinito.

Nathan gli si avvicinò, forse troppo rapidamente, perché Warren sobbalzò e si rovesciò la lattina sulla camicia.

«Tranquillo, tra poco non ti serve più quella» disse Nathan, afferrandogli il colletto. Finalmente poté soddisfare i suoi impulsi viscerali: probabilmente non aveva mai spinto la lingua così in fondo alla bocca di nessuno, perché Warren ebbe un attimo di panico. Poteva anche essere per il fatto che non avevano mai avuto un approccio particolarmente ravvicinato, ma cazzogliene, poco importava.

Fu quasi liberatorio.

Warren si staccò subito. Ma cheppalle. Cosa c'è adesso.

«Ma che fai?! Prescott?!» carino l’urletto da bimbetta.

«Me lo hai fatto diventare duro» fece Nathan, senza spostarsi di un centimetro, seccato. «Due volte. Basta come pretesto per scopare?»

«Ma che problemi hai?!»

«E dai, cristo» sbuffò rumorosamente in risposta, in procinto di perdere la pazienza. Warren aveva una faccia sconvolta e sembrava voler diventare un tutt’uno con il muro dietro di lui. Aveva gli occhi più grandi della sua testa, a momenti. «Non fare finta che non ti sia piaciuto, frocetto del cazzo. Non c’è bisogno dei convenevoli.»

L’altro tentò di ricomporsi, e abbassò lo sguardo un secondo con l’aria di chi stava seriamente riflettendo. Si guardò attorno, evidentemente per appurare che fossero soli. «Ti siamo piaciuti?»

«Non esagerare.»

Il che suscitò una risatina da parte di Gayram. Nathan stava per spaccargli quel bel faccino, o meglio, per sbatterlo sul cemento e violentarlo. Riallacciò le labbra alle sue, e stavolta Warren non si ritirò prima di una ventina di secondi. Ah, ora ti piace eh.

«Tornerai a vederci?» rise.

«Ma vaffanculo.»

   
 
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