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Autore: Deirbhile    19/04/2022    0 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Benedetta, parcheggiando fuori dal commissariato, pensò che quella fosse proprio una svolta inaspettata al suo pacifico pomeriggio di studio. Si era alzata di buon’ora, ringraziando la provvidenza di quel ritorno a casa, durante una sessione particolarmente difficile. Svegliarsi con il profumo del caffè, lasciato da sua madre prima del turno del mattino, con il disordine di Chiara, con gli schiamazzi di Matteo che cercava il caricabatterie del suo cellulare prima di andare in ufficio: tutto ciò le mancava terribilmente nelle sue giornate da studentessa fuori sede. Si era data appuntamento con alcune compagne di liceo in biblioteca, per provare a studiare qualcosa insieme, anche se la calura improvvisa rendeva particolarmente difficile concentrarsi su altro che non fosse una bella giornata all’aria aperta.

Quello che però non si sarebbe aspettata, da quella lunga parentesi nella casa familiare, era di ricevere una chiamata dalla centrale di polizia proprio mentre stava per uscire. Aveva riconosciuto subito la voce, era il padre di una delle sue amiche di lunga data.

-        Salve, signor De Tullio, è successo qualcosa? – aveva chiesto, stupita, infilando la chiave nella toppa per chiudere il portone d’ingresso. Guardando l’orologio, aveva notato di essere abbastanza in ritardo.

-        È agente De Tullio, signorina Torri, sono in servizio- aveva risposto quello, imbarazzato, per poi concludere duramente - deve venire a riprendersi sua sorella in commissariato. Non sapevamo fosse minorenne, e non possiamo lasciarla andare se un membro della famiglia non viene a prelevarla.

Benedetta era partita alla volta della centrale senza averci capito nulla, avvisando frettolosamente le sue amiche che avrebbero dovuto rimandare la sessione di studio. Sua sorella, in commissariato? La sua Chiara? Che fosse arrivato, finalmente, dopo tutti quei mesi, il momento della verità su quei suoi strani comportamenti, sui suoi umori bizzarri e sulle curiose richieste d’aiuto?

Firmando dei documenti come parente maggiorenne di Chiara Torri (dopo aver insinuato che portare sua sorella in questura senza neanche controllare la sua età fosse stato sostanzialmente illegale) e allontanandosi con lei in silenzio alla volta della Ford magenta, cercò di non suonare arrabbiata. Pretendeva delle spiegazioni, come sorella maggiore si sentiva parzialmente responsabile di quello che accadeva a Chiara, soprattutto perché aveva contribuito, negli ultimi tempi, a nascondere delle cose ai suoi genitori, per cui si sentiva scioccamente ancora in colpa. Oltre alla festa a casa Della Corte di qualche tempo prima, Benedetta aveva taciuto anche sul pigiama party, quando era arrivata a casa e aveva trovato Chiara e Roberta a sghignazzare nel giardino. Che si trattasse di… droga? Forse quella Della Corte non aveva davvero un buon ascendente su sua sorella, forse l’aveva avvicinata a cattive compagnie, cattive abitudini.

L’agente De Tullio non le aveva spiegato granché sul perché sua sorella e la sua amica Sabrina si trovassero in commissariato, si era limitato a dire che quelle due fossero delle piccole teppistelle. Aveva visto, dall’altro lato del parcheggio, due eleganti macchine con i vetri oscurati, su cui erano salite due ragazze piuttosto ben vestite. Il quadro si faceva sempre più confuso, Benedetta si chiese se le fosse davvero sfuggito qualcosa di grosso. Lanciò un’occhiata interrogativa a Sabrina, che se ne stava mesta all’ingresso scrutando la strada.

-        Vuoi un passaggio, Sabrina?

Chiara abbaiò subito che no, non voleva un passaggio, poteva anche tornare a casa da sola. Sabrina annuì, con aria stranamente colpevole, aggiungendo che sua madre stava passando a prenderla. Benedetta assentì, ma le parve strano tutto quell’astio, da quando Chiara trattava così male le sue amiche? Salirono in macchina in silenzio, mentre Benedetta cercava il tono giusto per chiedere a sua sorella cosa diavolo fosse successo, e Chiara si torturava il bordo dei pantaloncini di jeans, come se ci fosse qualcosa che morisse dalla voglia di confessarle. La sorella maggiore pensò bene di spianare il terreno.

-        Che ci facevi in commissariato, Chiara? – chiese, cercando di suonare calma. Mise in moto, guardando l’orologio digitale della macchina. Avrebbe potuto raggiungere le sue amiche per un aperitivo, ma doveva prima occuparsi di questa strana vicenda.

Chiara non sembrò dar segno di vita, fissa com’era con lo sguardo sulla strada. Benedetta accese la radio, per distendere un po’ l’atmosfera. Suonavano i One Republic, un gruppo che a Chiara piaceva molto, se non ricordava male. Prese una strada di campagna, per fare il giro più largo verso casa e non rischiare di beccare Matteo di ritorno dal lavoro. Il sole iniziava a calare con grazia, iniziava un’altra sera di primavera inoltrata. Si ricordò che mancava quasi un mese al compleanno di Chiara, che avrebbe compiuto diciassette anni, e per un attimo si intristì al cliché del sta crescendo, stiamo tutti crescendo.

Tornò a guardare Chiara, qualcosa le diceva che, di nuovo, avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Gettò uno sguardo a sua sorella, e la vide insofferente. Aveva pianto?

-        Allora, mi ascolti? Cos’è successo a scuola? Non c’erano le consegne delle pagelle?

A quell’insinuazione Chiara sembrò rianimarsi. Forse, si disse Benedetta, in tutto quel caos se n’era dimenticata.

-        Cavolo, non ho nemmeno letto i risultati di quest’anno.

Benedetta, ora seriamente preoccupata (in quale universo distorto Chiara Torri si dimenticava di correre a vedere la sua pagella di fine anno?), fece una deviazione verso il limitare del centro storico del paese e decise di fermare la macchina.

-        Adesso ci prendiamo una coca-cola, e vedi di raccontarmi tutto. Altrimenti paghi tu- sentenziò, avviandosi a grandi passi verso i tavolini di un pub.

**

Qualche minuto e qualche silenzio dopo, Chiara e Benedetta videro un cameriere avvicinarsi al loro tavolo con due pinte di birra.

-        Forse questo ti farà bene- aveva scherzato Benedetta, indicandole il menù degli alcolici. Chiara aveva annuito gravemente, felice che per una volta sua sorella non stesse insistendo, né la stesse rimproverando. Aveva bisogno di coraggio. Così, sbigottita, Benedetta aveva ordinato due birre per entrambe. Torneremo a piedi.

Dopo una lunga sorsata, Chiara si decise a parlare.

-        Devo chiederti scusa per quello che è successo, mi dispiace che tu sia dovuta venire in commissariato- iniziò, abbassando lo guardo sul sottobicchiere della sua birra bionda.

Benedetta, prendendo un piccolo sorso della sua birra scura, la esortò ad andare avanti. Chiara, in un attimo di straniamento, si rese conto che non aveva mai visto sua sorella bere alcolici di fronte a lei. Avevano avvisato i genitori che sarebbero rimaste a cena fuori, per festeggiare i buoni risultati di Chiara, e che non avrebbero fatto tardi. Chiara aveva ringraziato mentalmente per quel diversivo, non si sentiva ancora pronta ad affrontare i suoi genitori, non sapeva ancora che cosa dirgli, e se raccontargli della giornata: una parte di lei era ormai convinta che non si potesse più nascondere nulla, che fosse meglio vuotare il sacco, almeno sulla faccenda della polizia. Quello su cui aveva ancora dei dubbi, però, era quanto essere sincera con loro: poteva raccontargli di essere rimasta invischiata in una rissa al liceo, ma non gli avrebbero mai creduto, non senza chiederle il motivo per cui fosse intervenuta.

Da lì al confessargli della sua storia con Roberta sarebbe stato un passo breve, ma pesante come un macigno. Non si sentiva ancora pronta, questa era la verità. Tutto stava andando tanto, troppo velocemente, e non le era stato lasciato il tempo di riflettere su nulla se non sulla bellezza di stare accanto a Roberta, di potersi scoprire insieme a lei. Le cose avevano appena iniziato a sbloccarsi, aveva appena iniziato a sentire tutte le potenzialità di quel sentimento, tutta l’intensità genuina che le era mancata nella vita fino a quel momento…

Pensare che qualcuno si sarebbe potuto mettere fra di loro, entrando in quel loro mondo segreto, entrando in lei mentre ancora cercava di scoprirsi e rispondersi, le metteva un’indicibile ansia. Voleva proteggersi, o nascondersi? Pensò che, in fondo, non faceva tanta differenza.

Con un moto di orrore, si rese poi conto che prima di lasciare la centrale aveva praticamente ammesso ad alta voce di avere una relazione con Roberta. Non riuscì a pentirsene, ma si chiese se qualcuno avesse sentito (a parte l’intontito agente De Tullio, Sabrina e le due odiate compagne di classe), quanto tempo ci avrebbe messo la voce a spargersi, se ci fosse ancora la possibilità che tutti se lo dimenticassero, pensando ad un malinteso, ad uno sbaglio.

-        Sono intervenuta in una specie di rissa, a scuola. Per questo l’agente De Tullio mi ha trascinato in centrale. Ma ti assicuro che non c’entro nulla- continuò, alzando prontamente le mani.

Benedetta aveva un sopracciglio alzato, dubbiosa. La esortò silenziosamente a continuare, mentre prendeva un altro sorso.

-        Avevo appuntamento con Sabrina per parlare, prima di passare a vedere i risultati del quadrimestre. Ero in ritardo, e quando sono arrivata l’ho trovata insieme a Vanessa e Angela mentre si aggirava preoccupata in strada, con una macchina ferma e una coda di auto dietro… Roberta era a terra- farfugliò.

-        Roberta, la tua amica Roberta? – chiese incredula Benedetta, sporgendosi in avanti.

-        Sì, proprio lei. C’era stata una discussione fra le tre, Sabrina è intervenuta troppo tardi, non so bene chi abbia fatto cosa, ma fra gli spintoni Roberta si è sbilanciata ed è finita fuori dal marciapiede. La macchina che girava in curva è riuscita a fermarsi proprio in tempo, ma lei è stata presa-

Benedetta era senza parole, la sua bocca era un ovale di sorpresa. Chiara si rese conto di doverle spiegare che tutto era finito, miracolosamente, bene e che Roberta era stata portata al pronto soccorso con diagnosi di trauma cranico. Si rese però conto, con estrema sorpresa, che non aveva nemmeno provato a chiamarla, né le aveva lasciato un messaggio. Si diede della sciocca, portandosi una mano alla fronte, e agguantando il cellulare.

-        Giuro che ti racconto tutto, ma devo prima fare una chiamata- disse distrattamente, allontanandosi dal tavolo.

Roberta rispose dopo qualche secondo, con grande sollievo di Chiara.

-        Chiara, sei tu?

-        sono io, come stai, stai bene? Sei in ospedale?

-        Mi trattengono per un po’, ma sto bene sì, per fortuna è stato solo uno spavento.

-        Oddio, che sollievo!- Chiara quasi pianse, -Scusami se non ti ho chiamato prima, sono finita in centrale di polizia… io…-

-        Sei finita in centrale di polizia!?

La rossa aggrottò le sopracciglia, mugugnando ora contrariata: - Tu sei stata picchiata da quella matta di Vanessa e investita da un’auto e ti sorprendi che io sia finita in commissariato?

Roberta sembrò cogliere solo in quel momento le implicazioni di quella frase.

-        Chiara, che cosa hai fatto?

-        Le ho dato un bello ceffone, ecco cosa ho fatto! E le ho detto se, se si azzarda ad avvicinarsi a te con quella sciroccata della sua amica, la concio per le feste!

Sentì Roberta, nonostante tutto, ridere di gusto.

-        Ah e, a proposito, mi sono lasciata sfuggire che sei la mia ragazza…

La riccia, apparentemente divertita, soffocò un’altra risata, per poi aggiungere: - Bene, perché credo che nel giro di qualche giorno lo saprà tutto il liceo. Chiara Torri si porta sempre avanti con il lavoro.

**

Benedetta, che seguiva le giravolte al telefono di sua sorella da lontano, sorseggiando la sua birra scura e sentendosi già un po’ brilla (com’era arrivata a metà senza accorgersene?), aspettava impaziente la fine della storia. Ormai era tardi per la biblioteca, e in tutta onesta non aveva la benché minima voglia di studiare diritto privato. Iniziava a trarne qualche conclusione, ma non era sicura di averci visto giusto. Forse Chiara le avrebbe confermato la sua versione dei fatti, che filava liscia come l’olio nella sua testa ovattata dall’alcol, e si sbracciò un paio di volte per ricordarle che lei fosse ancora lì ad aspettarla. Quando sua sorella torno al tavolo e bevve un altro lungo sorso di birra, con l’aria di chi ha bisogno di dimenticare, Benedetta non le lasciò nemmeno il tempo di respirare che attaccò subito:

-        Tu e Sabrina avete litigato per Riccardo vero? A te non piace, ma a lei sì… ed è arrabbiata con te perché l’hai lasciato senza tante cerimonie a Roberta. Che coppia strana, però- vaneggiò Benedetta, per poi continuare- E probabilmente le amiche di Roberta non sapevano della storia, così se la saranno presa… ma perché un caos così grande solo per un ragazzo?

 Chiara, con la fronte aggrottata, cercò di non interrompere Benedetta, per capire dove andasse a parare.

-        Cioè, voglio dire, Riccardo è carino, ma una rissa per lui? E tu, che finisci in commissariato per difenderlo… sei una buona amica, ma perché?

Benedetta la guardò, smettendo di parlare, con aria sinceramente dubbiosa. Chiara si disse, cercando di non ridere, che sua sorella maggiore reggeva davvero male l’alcol per essere irlandese.

-        Ben, sei fuori strada- la fermò.

-        Allora mi dici che è successo?

-        Sì, vieni… facciamoci una passeggiata.

 

  
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