Benedetta,
parcheggiando fuori dal commissariato, pensò che quella fosse proprio una
svolta inaspettata al suo pacifico pomeriggio di studio. Si era alzata di
buon’ora, ringraziando la provvidenza di quel ritorno a casa, durante una
sessione particolarmente difficile. Svegliarsi con il profumo del caffè,
lasciato da sua madre prima del turno del mattino, con il disordine di Chiara,
con gli schiamazzi di Matteo che cercava il caricabatterie del suo cellulare
prima di andare in ufficio: tutto ciò le mancava terribilmente nelle sue
giornate da studentessa fuori sede. Si era data appuntamento con
alcune compagne di liceo in biblioteca, per provare a studiare qualcosa
insieme, anche se la calura improvvisa rendeva particolarmente difficile
concentrarsi su altro che non fosse una bella giornata all’aria aperta.
Quello
che però non si sarebbe aspettata, da quella lunga parentesi nella casa familiare,
era di ricevere una chiamata dalla centrale di polizia proprio mentre stava per
uscire. Aveva riconosciuto subito la voce, era il padre di una delle sue amiche
di lunga data.
-
Salve,
signor De Tullio, è successo qualcosa? – aveva chiesto, stupita, infilando la
chiave nella toppa per chiudere il portone d’ingresso. Guardando l’orologio, aveva notato di essere abbastanza in ritardo.
-
È
agente De Tullio, signorina Torri, sono in servizio- aveva risposto quello,
imbarazzato, per poi concludere duramente - deve venire a riprendersi sua
sorella in commissariato. Non sapevamo fosse minorenne, e non possiamo
lasciarla andare se un membro della famiglia non viene a prelevarla.
Benedetta
era partita alla volta della centrale senza averci capito nulla, avvisando
frettolosamente le sue amiche che avrebbero dovuto rimandare la sessione di
studio. Sua sorella, in commissariato? La sua Chiara? Che fosse
arrivato, finalmente, dopo tutti quei mesi, il momento della verità su quei
suoi strani comportamenti, sui suoi umori bizzarri e sulle curiose richieste
d’aiuto?
Firmando
dei documenti come parente maggiorenne di Chiara Torri (dopo aver insinuato che
portare sua sorella in questura senza neanche controllare la sua età fosse
stato sostanzialmente illegale) e allontanandosi con lei in silenzio alla volta
della Ford magenta, cercò di non suonare arrabbiata. Pretendeva delle
spiegazioni, come sorella maggiore si sentiva parzialmente responsabile di
quello che accadeva a Chiara, soprattutto perché aveva contribuito, negli
ultimi tempi, a nascondere delle cose ai suoi genitori, per cui si sentiva
scioccamente ancora in colpa. Oltre alla festa a casa Della Corte di qualche
tempo prima, Benedetta aveva taciuto anche sul pigiama party, quando era
arrivata a casa e aveva trovato Chiara e Roberta a sghignazzare nel giardino.
Che si trattasse di… droga? Forse quella Della Corte non aveva davvero
un buon ascendente su sua sorella, forse l’aveva avvicinata a cattive
compagnie, cattive abitudini.
L’agente
De Tullio non le aveva spiegato granché sul perché sua sorella e la sua amica
Sabrina si trovassero in commissariato, si era limitato a dire che quelle due fossero
delle piccole teppistelle. Aveva visto, dall’altro lato del parcheggio, due
eleganti macchine con i vetri oscurati, su cui erano salite due ragazze
piuttosto ben vestite. Il quadro si faceva sempre più confuso, Benedetta si
chiese se le fosse davvero sfuggito qualcosa di grosso. Lanciò un’occhiata
interrogativa a Sabrina, che se ne stava mesta all’ingresso scrutando la
strada.
-
Vuoi
un passaggio, Sabrina?
Chiara
abbaiò subito che no, non voleva un passaggio, poteva anche tornare a casa
da sola. Sabrina annuì, con aria stranamente colpevole, aggiungendo che sua
madre stava passando a prenderla. Benedetta assentì, ma le parve strano tutto
quell’astio, da quando Chiara trattava così male le sue amiche? Salirono in
macchina in silenzio, mentre Benedetta cercava il tono giusto per chiedere a
sua sorella cosa diavolo fosse successo, e Chiara si torturava il bordo dei
pantaloncini di jeans, come se ci fosse qualcosa che morisse dalla voglia di
confessarle. La sorella maggiore pensò bene di spianare il terreno.
-
Che
ci facevi in commissariato, Chiara? – chiese, cercando di suonare calma. Mise
in moto, guardando l’orologio digitale della macchina. Avrebbe potuto raggiungere le sue amiche per un aperitivo, ma
doveva prima occuparsi di questa strana vicenda.
Chiara
non sembrò dar segno di vita, fissa com’era con lo sguardo sulla strada.
Benedetta accese la radio, per distendere un po’ l’atmosfera. Suonavano i One
Republic, un gruppo che a Chiara piaceva molto, se non ricordava male. Prese
una strada di campagna, per fare il giro più largo verso casa e non rischiare
di beccare Matteo di ritorno dal lavoro. Il sole iniziava a calare con grazia,
iniziava un’altra sera di primavera inoltrata. Si ricordò che mancava quasi un
mese al compleanno di Chiara, che avrebbe compiuto diciassette anni, e per un
attimo si intristì al cliché del sta
crescendo, stiamo tutti crescendo.
Tornò
a guardare Chiara, qualcosa le diceva che, di nuovo, avrebbe dovuto tenere la
bocca chiusa. Gettò uno sguardo a sua sorella, e la vide insofferente. Aveva
pianto?
-
Allora,
mi ascolti? Cos’è successo a scuola? Non c’erano le consegne delle pagelle?
A
quell’insinuazione Chiara sembrò rianimarsi. Forse, si disse Benedetta, in
tutto quel caos se n’era dimenticata.
-
Cavolo,
non ho nemmeno letto i risultati di quest’anno.
Benedetta,
ora seriamente preoccupata (in quale universo distorto Chiara Torri si
dimenticava di correre a vedere la sua pagella di fine anno?), fece una
deviazione verso il limitare del centro storico del paese e decise di fermare
la macchina.
-
Adesso
ci prendiamo una coca-cola, e vedi di raccontarmi tutto. Altrimenti paghi tu-
sentenziò, avviandosi a grandi passi verso i tavolini di un pub.
**
Qualche
minuto e qualche silenzio dopo, Chiara e Benedetta videro un cameriere
avvicinarsi al loro tavolo con due pinte di birra.
-
Forse
questo ti farà bene- aveva scherzato Benedetta, indicandole il menù degli
alcolici. Chiara aveva annuito gravemente, felice che per una volta sua sorella
non stesse insistendo, né la stesse rimproverando. Aveva bisogno di coraggio. Così,
sbigottita, Benedetta aveva ordinato due birre per entrambe. Torneremo a
piedi.
Dopo
una lunga sorsata, Chiara si decise a parlare.
-
Devo
chiederti scusa per quello che è successo, mi dispiace che tu sia dovuta venire
in commissariato- iniziò, abbassando lo guardo sul sottobicchiere della sua
birra bionda.
Benedetta,
prendendo un piccolo sorso della sua birra scura, la esortò ad andare avanti.
Chiara, in un attimo di straniamento, si rese conto che non aveva mai visto sua
sorella bere alcolici di fronte a lei. Avevano avvisato i genitori che
sarebbero rimaste a cena fuori, per festeggiare i buoni risultati di Chiara, e
che non avrebbero fatto tardi. Chiara aveva ringraziato mentalmente per quel
diversivo, non si sentiva ancora pronta ad affrontare i suoi genitori, non
sapeva ancora che cosa dirgli, e se raccontargli della giornata: una parte di
lei era ormai convinta che non si potesse più nascondere nulla, che fosse
meglio vuotare il sacco, almeno sulla faccenda della polizia. Quello su cui aveva
ancora dei dubbi, però, era quanto essere sincera con loro: poteva raccontargli
di essere rimasta invischiata in una rissa al liceo, ma non gli avrebbero mai
creduto, non senza chiederle il motivo per cui fosse intervenuta.
Da
lì al confessargli della sua storia con Roberta sarebbe stato un passo breve,
ma pesante come un macigno. Non si sentiva ancora pronta, questa era la verità.
Tutto stava andando tanto, troppo velocemente, e non le era stato lasciato il
tempo di riflettere su nulla se non sulla bellezza di stare accanto a Roberta,
di potersi scoprire insieme a lei. Le cose avevano appena iniziato a
sbloccarsi, aveva appena iniziato a sentire tutte le potenzialità di quel
sentimento, tutta l’intensità genuina che le era mancata nella vita fino a quel
momento…
Pensare
che qualcuno si sarebbe potuto mettere fra di loro, entrando in quel loro mondo
segreto, entrando in lei mentre ancora cercava di scoprirsi e rispondersi, le
metteva un’indicibile ansia. Voleva proteggersi, o nascondersi? Pensò che, in
fondo, non faceva tanta differenza.
Con
un moto di orrore, si rese poi conto che prima di lasciare la centrale aveva
praticamente ammesso ad alta voce di avere una relazione con Roberta. Non
riuscì a pentirsene, ma si chiese se qualcuno avesse sentito (a parte
l’intontito agente De Tullio, Sabrina e le due odiate compagne di classe), quanto tempo ci avrebbe messo la voce a
spargersi, se ci fosse ancora la possibilità che tutti se lo dimenticassero,
pensando ad un malinteso, ad uno sbaglio.
-
Sono
intervenuta in una specie di rissa, a scuola. Per questo l’agente De Tullio mi
ha trascinato in centrale. Ma ti assicuro che non c’entro nulla- continuò,
alzando prontamente le mani.
Benedetta
aveva un sopracciglio alzato, dubbiosa. La esortò silenziosamente a continuare,
mentre prendeva un altro sorso.
-
Avevo
appuntamento con Sabrina per parlare, prima di passare a vedere i risultati del
quadrimestre. Ero in ritardo, e quando sono arrivata l’ho trovata insieme a
Vanessa e Angela mentre si aggirava preoccupata in strada, con una macchina
ferma e una coda di auto dietro… Roberta era a terra- farfugliò.
-
Roberta,
la tua amica Roberta? – chiese incredula Benedetta, sporgendosi in avanti.
-
Sì,
proprio lei. C’era stata una discussione fra le tre, Sabrina è intervenuta
troppo tardi, non so bene chi abbia fatto cosa, ma fra gli spintoni Roberta si
è sbilanciata ed è finita fuori dal marciapiede. La macchina che girava in
curva è riuscita a fermarsi proprio in tempo, ma lei è stata presa-
Benedetta
era senza parole, la sua bocca era un ovale di sorpresa. Chiara si rese conto
di doverle spiegare che tutto era finito, miracolosamente, bene e che Roberta
era stata portata al pronto soccorso con diagnosi di trauma cranico. Si rese però
conto, con estrema sorpresa, che non aveva nemmeno provato a chiamarla, né le
aveva lasciato un messaggio. Si diede della sciocca, portandosi una mano alla
fronte, e agguantando il cellulare.
-
Giuro
che ti racconto tutto, ma devo prima fare una chiamata- disse distrattamente,
allontanandosi dal tavolo.
Roberta
rispose dopo qualche secondo, con grande sollievo di Chiara.
-
Chiara,
sei tu?
-
Sì sono io, come stai, stai bene? Sei
in ospedale?
-
Mi
trattengono per un po’, ma sto bene sì, per fortuna è stato solo uno spavento.
-
Oddio,
che sollievo!- Chiara quasi pianse, -Scusami se non ti
ho chiamato prima, sono finita in centrale di polizia… io…-
-
Sei
finita in centrale di polizia!?
La
rossa aggrottò le sopracciglia, mugugnando ora contrariata: - Tu sei stata
picchiata da quella matta di Vanessa e investita da un’auto e ti sorprendi che
io sia finita in commissariato?
Roberta
sembrò cogliere solo in quel momento le implicazioni di quella frase.
-
Chiara,
che cosa hai fatto?
-
Le
ho dato un bello ceffone, ecco cosa ho fatto! E le ho detto se, se si azzarda
ad avvicinarsi a te con quella sciroccata della sua amica, la concio per le
feste!
Sentì
Roberta, nonostante tutto, ridere di gusto.
-
Ah e, a proposito, mi sono lasciata
sfuggire che sei la mia ragazza…
La
riccia, apparentemente divertita, soffocò un’altra risata, per poi aggiungere:
- Bene, perché credo che nel giro di qualche giorno lo saprà tutto il liceo. Chiara
Torri si porta sempre avanti con il lavoro.
**
Benedetta,
che seguiva le giravolte al telefono di sua sorella da lontano, sorseggiando la
sua birra scura e sentendosi già un po’ brilla (com’era arrivata a metà senza
accorgersene?), aspettava impaziente la fine della storia. Ormai era tardi per
la biblioteca, e in tutta onesta non aveva la benché minima voglia di studiare
diritto privato. Iniziava a trarne qualche conclusione, ma non era sicura di
averci visto giusto. Forse Chiara le avrebbe confermato la sua versione dei
fatti, che filava liscia come l’olio nella sua testa ovattata dall’alcol, e si
sbracciò un paio di volte per ricordarle che lei fosse ancora lì ad aspettarla.
Quando sua sorella torno al tavolo e bevve un altro lungo sorso di birra, con
l’aria di chi ha bisogno di dimenticare, Benedetta non le lasciò nemmeno il
tempo di respirare che attaccò subito:
-
Tu
e Sabrina avete litigato per Riccardo vero? A te non piace, ma a lei sì… ed è
arrabbiata con te perché l’hai lasciato senza tante cerimonie a Roberta. Che
coppia strana, però- vaneggiò Benedetta, per poi continuare- E probabilmente le
amiche di Roberta non sapevano della storia, così se la saranno presa… ma
perché un caos così grande solo per un ragazzo?
Chiara, con la fronte aggrottata, cercò di
non interrompere Benedetta, per capire dove andasse a parare.
-
Cioè,
voglio dire, Riccardo è carino, ma una rissa per lui? E tu, che finisci in
commissariato per difenderlo… sei una buona amica, ma perché?
Benedetta
la guardò, smettendo di parlare, con aria sinceramente dubbiosa. Chiara si
disse, cercando di non ridere, che sua sorella maggiore reggeva davvero male
l’alcol per essere irlandese.
-
Ben,
sei fuori strada- la fermò.
-
Allora
mi dici che è successo?
-
Sì,
vieni… facciamoci una passeggiata.