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Autore: Zorba_    24/04/2022    1 recensioni
Non ho mai scritto una fanfiction, ma mi sono sentita in dovere di farlo dopo che ho letto il finale della saga. Mi serviva qualcosa di diverso e immagino che possa servire anche ad altre persone. Questo è il finale che ho immaginato essere "scritto" da Vittoria, ovvero Vittoria prende in mano il proprio destino per porre una parola fine differente.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archibald, Eulalia Diyoh, Ofelia, Thorn, Vittoria
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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*Vi devo chiedere scusa perché non sono stata troppo bene in questi giorni e anche la mia mente ne ha sofferto un po’. Così ero in assoluto ritardo, ma il capitolo di ieri mi ha fatto venire voglia di scriverne subito un altro. Quindi spero di essermi fatta perdonare... E qui comincia l’azione vera, spero che sarà di vostro gradimento anche se ovviamente non sarà epico come l’originale! Un abbraccio e buona lettura.*

DIETRO DIETRO
 
Da quel momento di dieci anni prima, in cui la vasca da bagno dal cui fondo le sembrava di vedere il mondo era diventata talmente profonda e invalicabile da trasformarsi in pozzo, Vittoria non aveva più viaggiato. Non ci aveva provato neanche una volta, mai più. Per diverse ragioni: per paura di rincontrare l'Altro, quell’orribile mostro dalle mille ombre che ancora tornava a trovarla qualche volta nei suoi incubi. Per paura di rimanere in qualche modo bloccata di nuovo o di creare scompensi che avrebbero potuto impedire la riuscita del loro piano. Eppure sapeva esattamente come muoversi.
Era stata molte volte sul punto di abbandonare il proprio corpo come tanti anni prima. Chiudendo gli occhi aveva sentito il richiamo di quell'altra dimensione, aveva cominciato a percepirne i suoni ovattati – più vibrazioni che suoni – come una specie di invito, come una sirena che senta il canto del mare. Per questo era sempre stata certa di esserne in grado, pur avendolo evitato con attenzione. E ora ne aveva le prove.

Mosse un passo senza peso nella stanza, guardò un'ultima volta Eulalia. La sua nonna era già lontana e sbiadita, ma vicino a lei c'era un'altra persona, che prima non avrebbe potuto notare.

A quel punto sentì un pensiero che non era il suo raggiungerla e riportarla a sé.
“Non sei sola questa volta, ricordalo, Vittoria.” Il suo padrino era entrato in azione. Tirò un sospiro di sollievo nonostante quelle conversazioni fossero destinate a rimanere a senso unico. Non aveva lo stesso dono di Archibald di infiltrare la propria voce nell'altrui mente, ma almeno avrebbe avuto una guida.
Si voltò per cercarlo e vide che la teneva seduta salda a sé, le mani posate sulla sua testa. Lui non poteva vedere la sua proiezione, ma sentiva la sua presenza diramarsi dal potere della sua mente e vi rimaneva ancorato con il proprio.

Vittoria annuì e tornò a osservare la piccola donna che stava china su Eulalia. Ma certo. Ofelia e Thorn erano sempre stati lì con loro. Avevano osservato tutta la scena precedente. Lo sospettava. Si ricordava di come lo zio fosse riuscito solo con un passo a riportarla a casa. Era come se dal Rovescio ci si potesse trasportare automaticamente nel posto in cui si desiderava andare. O forse in cui si era desiderati.

La sua madrina, dalla pelle di uno strano colore grigio verdastro, stava cercando invano di stringere nella sua mano incorporea quella di Eulalia, ma non riusciva mai a toccarla. I suoi occhi azzurrissimi e luminescenti sembravano addolorati sotto un turbante che le fasciava la testa. Le avevano detto che Ofelia avesse perso le dita, doveva averle ritrovato nel Rovescio, perché erano tutte lì al loro posto che cercavano di stringersi intorno a quelle di Eulalia.

C’era anche un uomo altissimo e magro, dai lineamenti affilati e solchi neri sul viso. Era in piedi, appoggiato contro il muro della stanza, esattamente di fronte a Vittoria, ma a distanza, come a volerla osservare senza disturbarla. Intorno al suo corpo erano ben visibili migliaia di rami, che lo avvolgevano annodandosi, attorcigliandosi e creando ulteriori piccole ramificazioni. Vittoria si illuminò. Era proprio come lo ricordava.
La persona che l'aveva tirata fuori dal pozzo. In tutti questi anni non era cambiato minimamente, a parte il fatto che sembrava più sereno, e Vittoria per un attimo sentì le percezioni della bambina di tre anni che era stata.
Sono gli stessi artigli di madre e padre. E quei rami? Gli artigli fanno paura, i rami sono belli.
Credo che tu sia rotto. Credo che ci sia qualcosa di rotto in te, sì. Non ti preoccupare, tutto si aggiusta. Vedrai.
Grazie. Di te, mi ricorderò.

Lui la guardava come incredulo, sembrava che volesse dirle quanto fosse cresciuta, quanto fosse cambiata. Quanto fosse fiero di chi stava diventando. Non c'era tempo però. E poi per quello che le avevano detto suo zio non era mai stato abile con le parole.

Sentì la voce del suo padrino provenire come da lontano, da fuori dall’acqua: «Li ha trovati.»
Thorn rivolse uno sguardo veloce ad Archibald, come se non fosse stato troppo felice di vederlo. Sicuramente era stata un'interpretazione sbagliata di Vittoria, era impossibile che qualcuno potesse mal sopportare l’uomo più simpatico di tutto il Polo.

Percepì un tocco leggero sulla spalla, si girò e vide gli occhi di Ofelia sorriderle. Vittoria provò a parlare, avrebbe voluto chiederle conferma che fossero già a conoscenza del piano, ma non le uscirono le parole. Già, quel vecchio problema del suo passato. Se lo era dimenticato.

Ofelia comunque annuì. Evidentemente aveva capito da sola.

“Allora, prima che possiamo essere disturbati da qualcuno, è meglio che prendiate le mie mani. Adesso." Lo aveva pensato sfoderando la sua espressione più persuasiva e tendendo le braccia verso di loro. Ofelia però fece un passo indietro. Guardò di nuovo Eulalia, indecisa sul da farsi. Thorn si mosse verso di lei, una delle sue gambe prendeva strane e impossibili angolazioni a ogni passo. La abbracciò senza spiegazioni cingendole la vita da dietro e iniziò a trascinarla con lui verso Vittoria.

Fu allora che qualcosa cambiò. Che qualcuno entrò dal nulla nella stanza senza preavviso. Senza invito.
   
 
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