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Autore: AkaNagashima    05/05/2022    0 recensioni
Vi siete mai chiesti cos'abbia realmente provato John Watson vivendo le avventure con Sherlock Holmes? Noi vediamo le puntate della serie tv principalmente dal punto di vista del detective, in quanto protagonista, ma vi siete mai chiesti cos'ha provato il medico vivendole e, a volte, senza poter nemmeno reagire come avrebbe voluto?
Se abbia mai provato un minimo di senso di colpa nei confronti del proprio migliore amico, oppure solo ed esclusivamente rabbia cieca per qualche suo comportamento e modo di pensare.
Era una domanda che mi ronzava spesso nella mente negli ultimi tempi, ed alla fine ho deciso di provare ad immedesimarmi in lui e a riproporre ogni episodio, i momenti più cruciali, tramite la sua persona. Spero di esserci riuscita e di farvi emozionare com'è successo a me durante la scrittura.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 𝐀 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐲 𝐢𝐧 𝐩𝐢𝐧𝐤
 
[ . . . ]
 
Doveva essere impazzito, ora più che mai. Credeva che andare in guerra e combattere per quasi dieci anni di fila fosse da pazzi, ma adesso constatava che stava facendo qualcosa di altamente peggiore. I suoi passi risuonavano in un eco infinito mentre correva più velocemente che poteva attraverso quel corridoio abbandonato. Tutto buio intorno a sè, a malapena riusciva a vedere dove stesse andando, convinto che prima o poi sarebbe inciampato sui propri piedi o avrebbe picchiato il naso contro una porta chiusa che non sarebbe riuscito a captare in tempo. Nonostante queste accortezze, a John non interessava, per quanto fosse fuori contesto ed estremamente illogico, al dottore interessava solo una cosa: trovare Holmes.
Aveva captato un certo pericolo già dalla prima chiamata di Scotland Yard per un suicidio fuori dall'ordinario, la donna trovata con il cappotto rosa, riversa a terra, sembrava tutto fuorchè davvero pronta a fare un passo tanto disperato, e Sherlock aveva da subito annunciato che quello fosse tutto tranne che un vero suicidio. Da quella vittima se n'erano aggiunti altri due, e l'ispettore Lestrade continuava a brancolare nel buio, sembrava che tutto non avesse alcuna logica, finchè il detective non era misteriosamente sparito da sotto il loro naso.
Ed era per quel motivo che, in quel momento, sommerso nell'oscurità e completamente solo, il dottor Watson correva come un forsennato chiamando Holmes con tutto il fiato che riusciva a trovare nei propri polmoni.
Quanto tempo era realmente passato da quando era riuscito a trovare quel maledetto taxi ed era entrato in quell'università vuota? Non ne era sicuro, ma non ci voleva nemmeno pensare, ogni secondo era categorico ed importante, o Sherlock si sarebbe sicuramente autodistrutto pur di mostrare la propria intelligenza. Lo conosceva da solo qualche giorno ed aveva già compreso quella mente così geniale quanto stupida.
Passando a corsa davanti ad una porta aperta, John inchiodò sul posto e tornò indietro, la finestra della stanza dava direttamente su quella dell'altro palazzo che si trovava accanto e, sotto una tenue luce, potè finalmente vedere la figura del detective insieme ad un altro uomo, molto probabilmente il tassista assassino.
 
𝑱𝒐𝒉𝒏: SHERLOCK!
 
Niente, era troppo distante, le finestre erano entrambe chiuse, e quei due uomini stavano discutendo animatamente. John andò ulteriormente nel panico quando il detective afferrò qualcosa, come una pillola di dubbia provenienza, e sembrava pronto ad inghiottirla senza nemmeno chiedersi a cosa esattamente servisse, ma la mente medica del dottor Watson non ci mise molto a captare ulteriormente il pericolo che già era presente in quella situazione.
Prese un profondo respiro cercando la calma là dove non riusciva a trovarla, poi portò la mano sinistra - quella maledetta mano che, forse, non sarebbe più tornata come prima - ed afferrò la propria pistola, un oggetto che portava sempre con sè più per abitudine che per vera autodifesa.
Ci sarebbe riuscito?
La mano tremava visibilmente e nell'alzare la spalla questa fece male, una fitta improvvisa che lo fece solo irrigidire, ma doveva osare, doveva 𝑓𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑒.
 
𝑀𝑎𝑙𝑒𝑑𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑡𝑒, 𝑓𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑓𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖!
 
Ripensò al suo percorso in accademia, ripensò a quegli allenamenti estenuanti, a quei pomeriggi passati al poligono di tiro, a quella sua voglia di imparare a maneggiare le armi, alla mira perfetta, al sentirsi orgoglioso di quanta strada era riuscito a percorrere e poi, inevitabilmente, alla disperazione provata nel venir congedato dal campo di battaglia. Tutte quelle emozioni si addensarono prima alla spalla, poi scesero come un fiume in piena verso la mano sinistra che teneva ben salda la pistola, adesso non più tremante, un ultimo profondo respiro ed il grilletto venne premuto.
Uno sparo, come un rombo nelle proprie orecchie, e la pallottola si conficcò nella spalla altrui dall'altra parte dell'edificio. La sorpresa fece sobbalzare lo stesso detective che mollò la presa su quella pillola del demonio, poi John non vide altro andandosene esattamente com'era arrivato.
 
[ . . . ]
 
Finalmente all'esterno di quell'edificio venne accolto dai colori blu dei lampeggianti di Scotland Yard. Davanti a quei due edifici c'erano pattuglie che stavano aspettando un riscontro ed un'ambulanza, probabilmente Sherlock aveva già avvertito Lestrade di come fosse andata. Nel vederlo finalmente uscire e discutere con l'ispettore, Watson tirò un sospiro di sollievo senza mostrarsi più di tanto, restando in disparte come se non avesse minimamente partecipato a tutta la situazione.
I loro occhi s'incontrarono, azzurro contro blu, in uno sguardo silenzioso e prolungato. John sorrise, seppur in modo molto asettico, e si rese conto improvvisamente che quell'adrenalina che aveva provato era proprio quella che stava cercando, che davvero sentiva la mancanza della guerra ma che, soprattutto, aveva trovato finalmente qualcuno per cui lottare di nuovo.
 
𝐇𝐨𝐥𝐦𝐞𝐬 & 𝐖𝐚𝐭𝐬𝐨𝐧 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢𝐥 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨.
  
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