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Autore: Faust    07/05/2022    0 recensioni
Parigi, 1880, sul palco dell'Operà Populaire si intrecciano lotte per il potere, sfrenate passioni, intrighi e tradimenti, mentre un misterioso personaggio mascherato si aggira dietro le quinte, suscitando sconcerto e terrore.
"...Se tutte le donne rispettabili di Parigi sparivano all'ombra dei mariti, probabilmente era giusto. Non era possibile che tutte si sbagliassero e non era possibile neanche che si sbagliassero tutti gli uomini, a trattare a quel modo le donne...
Ma lei?
Lei era rispettabile, ma di sparire non se la sentiva. Ogni frammento di anima si ribellava all'idea, considerandola assolutamente inconcepibile.
Avrebbe dovuto raccogliere tutto il suo coraggio, per liberarsi dal giogo di suo padre..."
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Gabrielle, Xena
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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11 Masquerade

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

1.

Masquerade



Passarono tre mesi, prima che il commissario dichiarasse la riapertura del teatro.

Il colpevole non era stato catturato e nonostante i numerosi sospetti, non si erano trovate prove sufficienti.

L'idea comune, ormai, era che il responsabile fosse estraneo al convitto, vista anche la mancanza di nuovi avvenimenti.

Nelle settimane immediatamente precedenti lo scioglimento delle riserve della Gendarmerie, César, sempre prontamente aggiornato dal commissario, aveva incaricato Rémy e Madame Giry di cominciare ad organizzare un grande spettacolo per la riapertura che, a scanso di equivoci, non doveva coinvolgere Christine, visto che dovevano far dimenticare tutta la faccenda, ne Carlotta, che non avrebbe potuto partecipare alle prove, fino all'ufficializzazione della sospensione delle indagini.

Optarono quindi per un Gala di beneficenza tenuto dagli allievi, che avrebbe certamente ben disposto gli aristocratici e l'alta borghesia, e riportato pubblico, a dimostrazione che il Fantasma non era il padrone dell'Operà.

Gli studenti selezionati, tra balletto e conservatorio, avevano avuto mesi per perfezionarsi negli studi, vista la mancanza di spettacoli che avrebbero rubato loro tempo ed energie e la quasi impossibilità di uscire dalle mura, data dai tediosi controlli dei gendarmi.

Tutto il personale del teatro, d'altronde, era lieto di vedere che le cose stavano tornando alla normalità e rispose alla nuova programmazione con il massimo dell'entusiasmo e perfino il Visconte non aveva badato a spese.

Si prospettava uno spettacolo memorabile.

Carlotta scese dalla carrozza dopo una considerevole attesa, c'era molto traffico davanti all'ingresso dell'Operà, ottimo auspicio.

Era riuscita a vedersi con Christine solo un'altra volta, dopo quella prima notte, approfittando dell'assenza paterna per i festeggiamenti del nuovo anno. César era stato invitato fuori città da un probabile futuro socio in affari e avevano convenuto che fosse meglio, per lei, restare a Parigi.

Le aveva scritto ogni giorno, come promesso, ma purtroppo non era riuscita sempre a mandarle fiori o regali. La ragazza le mancava tantissimo e non c'era istante in cui non pensasse a lei, letteralmente struggendosi.

Anche Mercier le mancava, aveva tentato più volte di riappacificarsi con lui e si era scusata in ogni modo possibile, ma il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni e il suo comportamento era rimasto freddo e distaccato.

Aveva dovuto, a malincuore, smettere di contare su di lui anche per la fuga. Quando sarebbe stato il momento avrebbe accolto Mercier con estrema gioia, se avesse voluto partire assieme a loro, ma l'amico non le aveva fatto sapere più niente dei preparativi e lei non se la sentiva di trascurare un aspetto così importante. Certo, per lui che aveva conoscenze sarebbe stato più facile, ma era comunque riuscita ad informarsi sui viaggi periodici di diverse imbarcazioni in partenza da Calais. Con il giusto quantitativo di denaro e la scelta di un periodo favorevole, non sarebbe stato troppo complicato lasciare la Francia nel giro di un paio di giorni, anche se non era ancora sicura che l'Inghilterra fosse la scelta migliore.

Lì l'omosessualità era ancora fortemente repressa e punita gravemente da diverse leggi. Forse era meglio la Spagna, con una legislazione più simile a quella francese, oppure il sud dell'Italia, dove le leggi, sebben presenti, non erano applicate rigidamente, tranne che in casi evidenti.

Per prima cosa, comunque, occorrevano i fondi. Avrebbe deciso poi, assieme a Christine, la destinazione.

Come temeva, César aveva trovato un modo per farle pagare la sua impertinenza e, non potendole togliere nient'altro, aveva limitato il suo accesso alle risorse di famiglia. Se le serviva qualcosa rientrante nelle cosiddette "spese di rappresentanza" non aveva problemi, ma non aveva più libera disponibilità.

Questo non aveva fermato Carlotta, aveva solamente rallentato il procedere del suo piano. César non si era mai interessato alla sua vita e così le bastava millantare un impegno o il compleanno di un'aristocratica qualunque per avanzare la richiesta di comprare qualche presente o inviare un mazzo di fiori. Su piccole cifre il padre non controllava e poteva agevolmente tenerle per sé, però, la necessità di fare attenzione, le aveva impedito di continuare a mandare costantemente regali a Christine, come avrebbe voluto fare.

Per fortuna, l'uomo continuava a ritenerla stupida e incapace di orchestrare qualcosa di più complesso di un pettegolezzo ed era suo preciso dovere mantenere questa sua convinzione.

Entrò nel foyer, per la prima volta dopo mesi, e restò esterrefatta. L'enorme salone, stracolmo di invitati, era un tripudio di marmo bianco e oro e i numerosi lampadari di cristallo erano stati tirati a lustro, come, del resto, ogni centimetro di pavimento e scale, su cui avrebbe quasi potuto specchiarsi. Sembrava di camminare direttamente su una polla di luce dorata, una rappresentazione perfetta della definizione di sfarzo.

Suo padre era lì già dal pomeriggio, per controllare le ultime cose prima dell'apertura delle porte, ma lei cercava Christine. Aveva controllato di nascosto la lista degli invitati e dei partecipanti, nell'ufficio del Visconte, e si era assicurata che la Diva fosse presente nell'elenco.

Si aggirava tra gli ospiti, salutando praticamente tutti, mentre cercava la sua amata, chiedendosi se avesse indossato l'abito che le aveva regalato.

Aveva visto una bellissima seta, grigio perla con iridescenze azzurre, mentre era alla boutique per un vestito per sé, e aveva chiesto alla stilista di confezionarne un secondo, facendo sommare tutto nello stesso conto e mettendola in contatto con le costumiste dell'Operà, per quanto riguardava le misure.

La sarta le aveva suggerito una stoffa rosa, vista la giovane età della destinataria, ma Carlotta era rimasta della sua idea. Christine l'avrebbe uccisa se avesse insistito sul cliché della purezza e poi, quelle screziature le ricordavano i suoi occhi. Sarebbe stato perfetto.

Finalmente la vide, dall'altra parte del salone, mentre conversava amabilmente con Monsieur Piangi, in compagnia di Madame Giry.

Finì di salutare l'ultimo degli ospiti che l'aveva intercettata per scambiare convenevoli e si diresse verso di loro, con un sorriso smagliante.

Christine era splendida nell'ampio abito di seta dal bustino riccamente ricamato, che l'avvolgeva con naturalezza, lasciando scoperte le spalle. I lunghi capelli biondi erano semi raccolti dietro la nuca e solamente qualche boccolo le ricadeva morbidamente sul collo sinuoso.

L'aveva quasi raggiunta quando la Diva, e gli altri con lei, cominciarono a dirigersi verso la sala, seguiti da tutti gli invitati, che le impedirono di salutarla. In mezzo a tutta quella folla non l'aveva nemmeno vista.



La Viscontessa prese posto accanto a César e si preparò ad una serata pesante. I rapporti tra loro non erano mai stati così tesi e spesso l'uomo le riservava il "trattamento del silenzio", ignorandola con alterigia. La cosa non le dispiaceva più di tanto, suo padre diceva solo cattiverie e terribili stupidaggini, tuttavia, la sua vicinanza prolungata era impegnativa da sopportare.

Quando tutti si furono accomodati, Madame Giry fece il proprio ingresso sul palco, a luci accese e a quinte ancora chiuse, per dire qualche parola sulla scuola di danza, presentare lo spettacolo e ringraziare i presenti. Carlotta, annoiandosi, cominciò a guardarsi attorno, in cerca di distrazione. Fu così che riconobbe Christine, seduta nel palco d'onore, assieme a Monsieur Piangi.

-Non sapevo le avessi riservato quel palco.- Sottolineò col padre, incuriosita.

-Dobbiamo rassicurare il pubblico che tra di noi non serpeggia alcun sospetto.- Rispose infastidito.

-Dubitate ancora di lei?-

-Certamente. Probabilmente il colpevole di tutto è un suo amante, libero di entrare e uscire a proprio piacimento dal teatro con la sua complicità. Non a caso, in questi mesi in cui è stata rigidamente controllata, non è successo più nulla.-

Carlotta non insisté nel ribadire i propri dubbi su questa teoria paterna, rispondendo con il silenzio. Nonostante mancassero molti dettagli, l'uomo era relativamente vicino alla verità. Se avesse saputo dei passaggi e che era lei l'amante, il suo quadro sarebbe stato pressoché completo.

Christine guardava con curiosità quanto stava accadendo sul palco. Mère non si mostrava mai durante gli spettacoli, come insegnante, il suo ruolo era relegato dietro le quinte.

All'improvviso si sentì osservata e fece vagare lo sguardo sul lato opposto della platea, dove c'erano gli altri palchi.

La Viscontessa la stava guardando.

La Diva sorrise raggiante, vedendola per la prima volta dopo mesi. Era bellissima, avvolta in uno stupendo vestito rosso bordeaux e con i capelli corvini raccolti in un basso chignon. Sentì il proprio cuore cominciare a battere all'impazzata, di felicità.

Carlotta non riusciva a staccare gli occhi da lei, realizzando quanto le fosse mancata. 

Non fu capace di rispondere al suo sorriso, completamente assorbita da tutta quella bellezza e dalle emozioni contrastanti che si agitavano nel suo animo.

Nessuno le aveva mai detto che l'amore fosse così.

Dai poemi e dalle letture aveva sempre sentito della gioia e della completezza che ne derivava, ma mai nessuno l'aveva avvisata sulla malinconia, la tristezza e la paura che lo accompagnavano.

Certo, nelle tragedie e nelle Opere che conosceva, quest'ultima non mancava, ma era sempre data da eventi esterni e circostanze avverse. Lei, invece, aveva paura perché non aveva mai provato un sentimento così forte e totalizzante. Aveva paura perché temeva di non essere all'altezza.

Lei, una nobile, e per definizione superiore agli altri, si rendeva conto di essere una sprovveduta, priva di ogni esperienza, abile solo nel mentire e nell'organizzare sotterfugi, che più di una volta avevano causato sofferenza alle persone a cui teneva.

La relazione con Christine le aveva dato una nuova forza, che non la faceva dubitare sul fatto che sarebbe riuscita ad apprendere tutto quanto necessario, una fiducia in sé stessa e nelle sue capacità che non aveva mai avuto prima, ma temeva che ci volesse troppo tempo, che imparasse troppo tardi. Che fosse già troppo tardi e che il ponte tra di loro non si sarebbe mai annullato del tutto.

Uno scroscio di applausi la riscosse e tornò a guardare verso il palco, César avrebbe potuto accorgersi di qualcosa.



I vari balletti che vennero presentati sul proscenio erano stati molto vivaci e divertenti, intermezzati dalle esibizioni canore e musicali degli studenti residenti più bravi.

Gli applausi non erano mai mancati e la serata era stata piacevole e frizzante, un vero successo.

Tutto lasciava presagire che l'oscuro capitolo che riguardava il "Fantasma dell'Opera" fosse definitivamente archiviato e il ballo di chiusura, un tripudio coreografico di abiti estrosi, esotici e maschere colorate, avrebbe sancito finalmente la loro libertà.

Fu proprio al culmine dello spettacolo che una misteriosa figura, vestita interamente di rosso scarlatto, fece il suo ingresso in scena, quasi apparendo all'improvviso al centro del palco.

Ballerini e musicisti si fermarono, congelati dallo spavento. La grottesca maschera che l'uomo indossava raffigurava un teschio, il volto stesso della Morte, contratto in un ghigno raccapricciante.

-Che silenzio, amici miei!- Esordì, mentre la platea era attonita. Gli studenti sul palco, giovani ragazzini, non sapevano come comportarsi. Nessuno, tra l'omicidio e le leggende che fiorivano da mesi, aveva il coraggio di avvicinarsi od ostacolarlo.

César si alzò immediatamente e lasciò il palco, mentre si legava furiosamente il fioretto alla cintura.

Anche Carlotta si alzò in piedi, stupefatta. Per qualche istante aveva avuto il dubbio che facesse parte dello spettacolo, prima che il padre si allontanasse.

-Sono qui per non lasciarvi mai più! Vi mancavo, amici miei?- Continuò il Fantasma. Sapeva di avere i secondi contati, con la coda dell'occhio vedeva già i macchinisti scendere dalle impalcature e bloccare ogni uscita dal palco.

-Ho scritto un'Opera!- Sfilò una cartella di pelle da sotto al mantello scarlatto e la lanciò sul legno del palco, in direzione del maestro d'orchestra, facendone uscire numerose pagine.

-"Don Juan Trionfa!"- Annunciò il titolo del suo copione, guardando direttamente negli occhi Carlotta, sapeva che sarebbe stata nel palco del padre.

La Viscontessa impallidì per un istante a quelle parole, prima di stringere di più la presa sul parapetto del palchetto per cercare di trattenersi ed evitare di rispondergli, colma di furore.

Un gruppo di gendarmi, con in testa César, fece irruzione sul palco accerchiato, ma in un solo istante il Fantasma fece un inchino e sparì, avvolto in una nube densa di fumo.

Il Visconte non si fece intimidire e non rallentò il passo, raggiungendo immediatamente il punto dove aveva visto l'uomo mascherato e scoprendo, mentre il fumo si diradava, l'apertura della botola. Saltò giù, lanciandosi all'inseguimento.

Atterrò su una pila di vecchi materassi e si rialzò. Filtrava poca luce dal palco ed era nell'oscurità quasi completa.

Sguainò la spada, cercando di guardarsi attorno, ma un forte colpo alla nuca lo tramortì e svenne, facendo a malapena in tempo a vedere i gendarmi calare una fune.

Il resto del Gala venne annullato. 

Non che servisse realmente, dopo quell'apparizione sconvolgente e l'interruzione dello spettacolo, quasi tutti gli invitati si erano allontanati rapidamente, in un borbottio confuso di indignazione, preoccupazione e sconcerto. Qualcuno ebbe anche l'ardire di gridare, nell'anonimato della calca, che si trattava in realtà di un espediente pubblicitario.

César fu portato in ospedale, accompagnato da alcuni gendarmi e, appena chiuse le porte del teatro al pubblico, il Commissario Firmin, responsabile della sorveglianza e delle indagini, chiese di conferire con la Viscontessa.



Nell'ufficio di César, Carlotta schiumava di rabbia.

-Ciò che è successo a vostro padre è ignobile! Colpito alle spalle...- Il nobile si stava già riprendendo, mentre lasciava l'edificio, ma era necessaria la visita di un medico, poiché era apparso confuso.

In piedi, con entrambi i pugni appoggiati alla scrivania, Carlotta lo interruppe, seccata -Venga al punto, Commissario.- Alla mora non interessavano tutte quelle moine. Una volta saputo che il padre non sarebbe morto, aveva questioni più urgenti di cui occuparsi.

-Voi non avete idea di chi potrebbe essere? Le indagini fanno pensare ad un nemico del Visconte, un concorrente.-

-Nessuno di loro avrebbe il coraggio di ritorcersi a questo modo, ne tanto meno avrebbe senso. Economicamente mio padre non sta venendo danneggiato significativamente e un concorrente negli affari punterebbe principalmente a questo. D'altro canto, se avessero voluto uccidere lui o me, le occasioni non sarebbero di certo mancate.- Sollevò il sopracciglio, guardando con disprezzo l'ufficiale. In sei mesi di indagini non aveva scoperto chi era l'assassino e, anche per quella serata, si era concentrato principalmente sulla sorveglianza esterna dell'edificio. Assolutamente inutile.

Il Commissario temporeggiò, intimorito da quello sguardo glaciale e dall'analisi così fredda che la Viscontessa aveva presentato, quasi come se non si stesse parlando di lei o di suo padre.

-Ritengo sia necessario interrogare tutti, verificare gli alibi, e sentire nuovamente Mademoiselle Daaé. Come il Visconte vi avrà riferito è sempre stata lei la principale sospettata, di certo sa qualcosa.-

-Ho parlato più volte io con Mademoiselle, siamo in confidenza, e mai una volta il suo racconto ha presentato sbavature, contraddizioni o variazioni. E' sempre stata costernata e profondamente preoccupata per tutta questa vicenda.-

-Potrebbe avervi mentito.-

-Non lei. Controllate invece Madame Giry, ho saputo che discuteva spesso con Mademoiselle Sorelli e, anche se ha problemi ad un'anca, con un complice avrebbe potuto agire indisturbata, dato che nessuno avrebbe fatto caso alla sua presenza, più che normale durante uno spettacolo.-

-Prenderò nota dei vostri sospetti, Viscontessa. Per quello che riguarda gli incresciosi fatti di questa sera, provvederò al più presto a sigillare nuovamente teatro e convitto, mi rincresce dover sospendere nuovamente la stagione, ma capirà che per la sicurezza di tutti...-

Qualcuno bussò alla porta, interrompendoli.

-Sì?- Chiese perentoria la Viscontessa, senza scostarsi di un millimetro dalla scrivania.

All'uscio si affacciò Rémy, tremante -Ci sono alcune lettere, Viscontessa, indirizzate a vostro padre e al Maestro Reyer.- L'uomo quasi balbettava da tanto tremava. Sollevò appena la mano, mostrando due buste listate a lutto e chiuse con la ceralacca -Erano sul mio scrittoio ma, giuro, all'inizio del Gala, quando ho lasciato l'ufficio assieme al Visconte, non c'erano!-

Il Commissario lo raggiunse e prese immediatamente le lettere -Ci lasci soli, ma resti a disposizione.- Ordinò l'ufficiale, mentre il segretario era oltremodo felice di venire congedato in fretta.

L'uomo consegnò poi le lettere alla Viscontessa, che le aprì, sotto il suo sguardo vigile.



Caro Reyer, con riferimento alla mia orchestrazione:

E’ necessario un altro primo fagotto.

Prenda un bravo musicista - e mandi via quel terzo trombone.

Quell’uomo è completamente sordo,

quindi, per favore, scelga uno che suoni intonato.”

        

                                                                          F.O.



Caro César, in rapporto alla mia opera:

qualche membro del coro deve essere licenziato.

Se potete, scoprite chi ha il senso dell’intonazione,

sebbene io, saggiamente, abbia fatto in modo di assegnare

dei ruoli secondari a quelli che non sanno recitare.

Inutile precisare ulteriormente

che qualunque deviazione da quanto indicato nelle seguenti note

porterà a conseguenze disastrose."



                                                                           F.O.



Carlotta scorse gli altri fogli nella busta assieme al messaggio. Pagine e pagine di note sui ruoli, i bozzetti dei costumi e i disegni delle scenografie. Non aveva scritto solo un'Opera, in quei mesi, ma aveva fatto il lavoro completo.

Serrò la mascella, nuovamente furente.

Anche il Commissario controllò le lettere e poi riprese da dove era stato interrotto -E' assolutamente necessaria la sospensione immediata di ogni attività!-

-Non credo affatto che sia una buona idea!- Lo contraddì Carlotta, lasciandolo di stucco -Abbiamo già visto quanto si sia dimostrata inutile questa misura. Alla riapertura delle porte tutto riprenderebbe come se niente fosse accaduto, esattamente come oggi.- Gli fece pesare ogni grammo della sua inettitudine, se non con le parole, con il tono.

-Quindi cosa suggerite?- Chiese l'ufficiale con velato scherno, infastidito da così tanta arroganza da parte di una donna. Non avrebbe dovuto farsi illusioni, l'unica cosa sensata da fare era parlare con il Visconte, appena disponibile. La figlia era solamente una pazza insolente, come già si vociferava da parecchio tempo, soprattutto dopo la rottura del secondo fidanzamento, ormai quasi due anni prima.

-Una trappola.- Lo guardò con fermezza, guidata dall’ira -Allestiremo il suo spettacolo, di certo non mancherà.- Appena ebbe pronunciato quelle parole, le tornarono in mente le rimostranze di Christine, chiare, come se fosse davanti a lei in quel momento: "Voi sapete sempre cosa è meglio per tutti e nemmeno vi domandate come possano sentirsi gli altri." Era coinvolta anche lei, essendo stata indicata come protagonista, nella lettera -Prima di prendere una decisione, però, sarà il caso di consultare anche gli altri e chiedere se se la sentono.- La sua sicurezza vacillò e si sedette, pensierosa. Se avessero attuato quel piano, Christine sarebbe stata esposta a nuovi pericoli? Non riusciva a capire il motivo di proporre proprio quell'Opera e non una qualsiasi altra.

-Non temete, ne parlerò con vostro padre appena si sarà ripreso. Per il momento disporrei un cordone di guardie armate attorno alla struttura, per evitare che qualcuno fugga, questa notte.- 

-Sì, sì, certamente.- La Viscontessa non lo ascoltava più -Potete chiamarmi Mademoiselle Daaé, andandovene?-

Il Commissario, furibondo per una simile maleducazione, se ne andò senza salutare. La Viscontessa aveva oltrepassato ogni limite, congedandolo a quel modo e chiedendogli di svolgere un incarico da domestico! Lui era un ufficiale della Gendarmerie! Aveva servito il suo Paese con onore e non meritava un simile trattamento, per di più da una zotica arricchita e pure isterica!



Carlotta rimase da sola per qualche minuto, riflettendo su cosa fare, mentre il suo sguardo vagava sui tetti di Parigi, illuminati dalla luna piena.

Quella serata doveva sancire la scomparsa del Fantasma, non il suo ritorno. Non si capacitava di quanto successo.

Christine entrò senza bussare e si richiuse la porta alle spalle, prima di avvicinarsi alla scrivania, accorgendosi che Carlotta era assorta in lugubri pensieri.

-Per fortuna che sei qui.- Disse la Viscontessa, un istante prima che la bionda parlasse.

-Come sta tuo padre?-

-Dovrebbe riprendersi in poco tempo.-

La cantante fece un piccolo respiro di sollievo -Mi sei mancata.-

-Anche tu.-

Christine vedeva che Carlotta era distratta e che si stava sforzando di non parlarle subito di quanto successo, quindi decise di toglierla d'impaccio, cominciando lei -Era Mercier o qualcun altro?-

-Sì, era lui.- La voce era la sua, non aveva alcun dubbio, e anche la calligrafia nei nuovi messaggi.

-Perché?-

-Non ne ho idea...Non abbiamo organizzato nulla, come sai, a malapena parliamo. Pensavo che tutta questa storia fosse finita. Il Commissario non ha preso in considerazione altre piste, neanche per l'omicidio, e ripresentarsi in quelle vesti sarebbe stato eccessivamente pericoloso.-

Il Fantasma era una figura oltremodo sospetta e, per quanto si trattasse di un ragionamento miope, capiva perché tutti avevano addossato automaticamente la colpa a lui.

-Sembri sfinita.- Osservò Christine, cercando di addolcire la voce.

-Lo sono, tutto questo mi ha colta di sorpresa.- Si alzò dalla scrivania e raggiunse la ragazza. -C'è ancora qualcosa che non sai.- La prese per mano, titubante -Ho scritto io quell’Opera.-

-Tu?-

-Sì. Avevo nascosto gli spartiti nei sotterranei, lui sapeva dov’erano, non immaginavo che li avrebbe presi.- La rabbia per quel tradimento era stata tale da spingerla a cercare vendetta, proponendo l’idea della trappola, ma se ne era pentita. Se lo avessero catturato non si sarebbe data pace.

-Perché l’avrebbe fatto?-

-Non lo so- Carlotta cambiò argomento, a disagio -Inoltre ho ricevuto due lettere sue, poco fa. Ti ha indicata come protagonista.-

-Io?- Chiese stupita la Diva.

-Sì.- Che Mercier avesse in programma qualcosa per la fuga e stesse continuando con il progetto di mettere in risalto Christine, non sapendo che stavano assieme? Le sembrava una delle poche spiegazioni vagamente plausibili, anche se non capiva perché non avvisarla, né tantomeno la scelta di quell'Opera inedita, con tante disponibili che già c'erano. Aveva inteso, poi, che per il ragazzo fosse tutto finito e che non avrebbe mai più indossato la maschera del Fantasma.

Più rifletteva e più si sentiva confusa.

-Non saprei dire con certezza il motivo di questa scelta.- Anticipò la domanda che aveva letto sul volto di Christine.

-Cosa facciamo?- Aggiunse la bionda.

-Stanotte cercherò di parlare con lui.- Calmatasi, si era accorta che non c'era nessun valido motivo per sguinzagliargli dietro la Gendarmerie. Non era lui il colpevole dell'omicidio di Mademoiselle Sorelli e presentarsi a quel modo sul palco non era certo reato...L'aggressione a suo padre invece sì, ma lo stava inseguendo e avrebbe certamente potuto ucciderlo, o ferirlo gravemente, se avesse voluto. Questo le faceva pensare che nonostante la frattura tra loro, qualcosa di buono, un modo di salvare tutto, ancora ci fosse. Per questo dovevano chiarirsi, forse Mercier agiva in base ad informazioni che a lei mancavano.

-Se non riuscirai?- Chiese apprensiva. Non si fidava di Mercier, non lo conosceva.

-Se non riuscirò, l'unica alternativa per attirarlo allo scoperto sarà mettere in scena il "Don Juan". Il giorno della prima sarà sicuramente presente, potrebbe essere una buona occasione...Magari già durante le prove.- Si passò una mano sul volto -Non sei obbligata ad esserci.-

-Ho scelta?- Christine non riuscì a trattenere una vaga rassegnazione.

-Sì.-

-Non vedo come.-

-Ho del denaro da parte. Se lo sommiamo ai tuoi risparmi puoi licenziarti, basteranno per pagarti un affitto e le spese per il tempo necessario. Fuori dal convitto, in incognito, sarai al sicuro fino al termine di questa storia.- 

-E tu?- La guardò negli occhi, sinceramente preoccupata.

-Se si procederà con questo piano non avrò scuse per assentarmi. Sarò necessaria e, in più, César mi terrà d'occhio. Nel frattempo, posso continuare ad accumulare risparmi, in vista della nostra partenza.-

-Potremmo scappare subito.-

-I documenti e il viaggio sono molto costosi, termineremo il denaro in pochi giorni dal nostro arrivo.-

-Non ti lascerò da sola in pericolo.-

-Non è detto che ci sia, un pericolo.- Anche quello la confondeva. L'istinto le diceva che Mercier, ormai, era capace di qualsiasi cosa, ma se avesse voluto farle del male, cosa che non credeva, avrebbe fatto molto prima a coglierla di sorpresa a casa, o a teatro.

Imporre, tra mille incognite, la produzione di un'Opera, era certamente quantomeno macchinoso -Anche se volesse continuare a causarmi incidenti, avrebbe moltissimi modi differenti e più rapidi per colpirmi. Non ha senso.- Sospirò, stanca, appoggiandosi col fianco alla scrivania.

-Stasera avrei voluto ballare con te, sul tetto, con l'orchestra in sottofondo.- Christine le accarezzò il volto, voleva rinfrancarla un po'.

Carlotta accennò un sorriso -Sarebbe stato molto romantico.-

-Sì- Ridacchiò imbarazzata la bionda -Mi sei mancata.- finalmente la abbracciò, come voleva fare dal primo istante in cui l'aveva vista.

La Viscontessa ricambiò la stretta e la baciò sui capelli. Riteneva che il tepore del corpo di Christine avesse qualcosa di terapeutico, ogni volta quella sensazione la calmava e la faceva sentire al sicuro. Perfino in quel momento, così pieno di preoccupazioni.

-L'abito è di tuo gradimento?-

-E' stupendo, ti ringrazio.- Rispose, sorridendo soddisfatta -Non avevo mai visto un tessuto simile, le sfumature azzurre che si creano con i giochi di luce sono incantevoli.-

-Sono contenta che ti piaccia.-

-Tu sei bellissima, il bordeaux ti dona.- L'abito della mora aveva un taglio simile al suo, solamente la gonna era più drappeggiata, risultando quindi lievemente più aderente e la scollatura leggermente più profonda. Nella penombra della sala, poi, non aveva visto che i lunghi capelli, raccolti, erano ornati con numerose spille tempestate di brillanti, abbinate al collier.

-Grazie.- Sorrise, imbarazzata -Tu stai bene?-

-Sopportare Mère senza poterti vedere è stata una tortura, ma sto bene. Non è successo niente di particolare.-

Restarono in silenzio per qualche secondo, guardandosi negli occhi, impacciate, poi Carlotta inclinò lievemente il capo e si chinò a sfiorare le labbra di Christine con le sue, prima che l'altra ricambiasse, trasformandolo in un vero bacio.

Entrambe desideravano quel tocco, ma il lungo periodo di lontananza aveva cancellato quel minimo di abitudine al contatto reciproco che avevano sviluppato, facendo provare loro nuovamente imbarazzo, anche se solo per pochi istanti.

Carlotta la strinse a sé, continuando a baciarla, mentre Christine le accarezzava i capelli, dolcemente.

Sentirono bussare alla porta e si separarono, ricomponendosi in pochi attimi.

-Avanti.- Disse la mora, con voce ferma.

Un gendarme si presentò, restando sull'uscio -Viscontessa, il Commissario voleva comunicarle che il cordone di sicurezza è stato predisposto e che sarebbe più indicato che voi vi allontaniate dall'edificio nel più breve tempo possibile, per garantire la vostra incolumità.-

-Potete riferire al Commissario Firmin che ho ricevuto e compreso il suo consiglio. Avrò premura.-

Il soldato girò sui tacchi e se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.

-Andrò subito a parlare con Mercier. Ad ogni modo, domattina ti farò sapere.-

-Sì. Fai attenzione, ti prego.- L'abbracciò nuovamente.

-Anche tu.- 

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!




   
 
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