-Mi dispiace, Yuma, è
proprio da buttare.
Yuma gonfiò le guance,
seccato, incrociando le braccia sul
petto:-Me ne compri un altro, vero, papà?
-Può darsi. Dipende da
come andrai a scuola.
-Ma ho passato l’ultimo
esame con il massimo dei voti! È
stato solo il mese scorso!
-Allora va bene. Settimana prossima
te ne compro uno nuovo.
Yuma sorrise, entusiasta, poi si
alzò:-Vado a vedere il
catalogo allora, così decidiamo cosa prendere!
Suo padre annuì e lo
seguì fuori dalla stanza, lasciando solo
Mihael, abbandonato sul pavimento. Il ragazzo fissò il
soffitto con l’occhio
sano, quello in cui Yuma non aveva versato le formiche prima, e
l’acido poi. Era
esausto, e spaventato. Non capiva cosa volesse dire, cosa gli sarebbe
successo,
ora che era da buttare. Molto probabilmente, non
sarebbe stato rivenduto…
non nelle sue condizioni, almeno. Poteva ancora muovere la testa,
certo, ma non
voleva farlo. Non voleva trovarsi a fissare le braccia, che Yuma aveva
tirato
all’inverosimile, fino a lussargli le articolazioni, fino a
strappargli la
pelle e i muscoli sottostanti, lasciandogli addosso delle orribili zone
gonfie
e violacee. O le gambe, stortate e piegate ad angolazioni impossibili,
come
quelle di una marionetta o di una bambola di pezza. O, peggio ancora,
il
ventre, dove la pelle livida si tendeva innaturalmente, sopra la
carogna.
Mihael si sentì la nausea,
ricordando il cucciolo di cane
rognoso che Yuma gli aveva mostrato la settimana prima. Ricordava i
lamentosi
guaiti emessi dall’animale moribondo, mentre il ragazzo lo
cuciva dentro il suo
corpo. Gli faceva schifo, sapere di avere dentro un qualcosa di
estraneo,
qualcosa che gli stava marcendo dentro. Gli era venuta la febbre alta,
mentre
il pus continuava a stillare, filtrando sotto i punti che Kaito gli
aveva applicato.
La porta si aprì, e Mihael
si ritrovò a fissare proprio
Kaito. Forse lui lo avrebbe salvato, ancora. Dopotutto, lo aveva sempre
aiutato
a sopravvivere. Lo aveva curato, lavato, aveva passato mesi a
imboccarlo,
paziente, dopo che Yuma gli aveva strappato i denti. Mihael gli era
grato, per
tutto quello che aveva fatto per lui.
Senza una parola, Kaito si
piegò su di lui, avvolgendolo in
un lenzuolo, poi lo sollevò da terra, portandolo via. Mihael
gli appoggiò la
testa sulla spalla. Si fidava di lui. Lo avrebbe portato da qualche
parte, un
posto sicuro, un ospedale forse, o forse lo avrebbe semplicemente
ucciso,
ponendo fine alla sua lunga agonia.
Dopo avergli allacciato la cintura di
sicurezza, Kaito si
mise al volante, poi accese la musica. Mihael chiuse gli occhi,
godendosi il
viaggio. Sarebbe sopravvissuto, allora. Kaito lo stava davvero portando
in un posto
sicuro… un posto sicuro, lontano dalla città, a
giudicare dal paesaggio che
stava scorrendo fuori dal finestrino. Ormai era passata più
di un’ora,
l’asfalto era scomparso, trasformandosi in una polverosa
strada sterrata. Kaito
non aveva ancora aperto bocca, e Mihael non si azzardava a spezzare il
silenzio.
-Siamo arrivati.
Kaito estrasse una pistola dal vano
portaoggetti, inserendo
il caricatore. Rivolse a Mihael uno strano sorriso:-Non preoccuparti,
è per la
mia incolumità.
Mihael annuì, confuso.
Kaito si era fermato nei pressi di
una scarpata, intorno a loro non c’era nulla, né
edifici, né alberi. Un luogo
abbastanza isolato, in fondo, ma senza posti in cui nascondersi. Non se
la
sentiva di dubitare di lui, però. Lo aveva già
salvato, in fondo, trascinandolo
via dalla casa della famiglia Tsukumo. Chissà, forse in
fondo alla scarpata
c’era un rifugio, magari con delle medicine. Il dolore si era
fatto
insopportabile, nel frattempo, ma il ragazzo tenne duro. Kaito sapeva
quello
che stava facendo.
C’era puzza, una puzza
tremenda che gli stava facendo venire
il vomito. Mihael invidiò Kaito, che usava una mascherina
per coprirsi naso e
bocca. Tenendolo tra le braccia, il più grande si diresse
verso il bordo della
scarpata, e Mihael poté finalmente guardare giù.
Rimase sconvolto, fissando
quella discarica a cielo aperto, piena di rottami e… persone.
Cadaveri, ma
anche qualcuno ancora vivo che si lamentava debolmente, circondato da
torme di
ratti enormi. Mihael scosse violentemente il capo, sforzandosi per
muovere le
braccia su cui non aveva più il controllo. Voleva
aggrapparsi a Kaito,
implorarlo, chiedergli di non farlo. Di non buttarlo via.
-Atterrerai sul morbido.
Dopo quelle parole, Kaito lo
lanciò.
Angolo autrice:
Ed eccomi qua. Avevo in programma di
pubblicare un’altra
fanfiction, ma poco prima di cena mi è venuta in mente
questa, così l’ho
scritta. Non so bene perché. Non ho mai veramente ucciso
Mihael, almeno credo,
e questa volta invece ho deciso di cambiare un po’
(sì, okay, sono stata un
pochino brutale, ma odio Yuma). A quanto pare in questo AU è
assolutamente
legale comprare e torturare altre persone, e ovviamente è
toccato alla mia
vittima sacrificale preferita. Quanto a Kaito, beh… fa il
lavoro sporco al
posto di Yuma, e non gliene frega niente di Mihael. L’unica
cosa, mi dispiace
per il cane, ma non avevo altri animali da sacrificare. Mi dispiace se
questa
ff ha urtato la sensibilità dei lettori, per il mese
prossimo posterò qualcosa
di ben più leggero.
A presto, Hime.