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Autore: Koome_94    08/05/2022    0 recensioni
Che Golden Ryan sia uno spaccone è chiaro a chiunque, così come tutti sanno che Blue Rose è fredda e indomabile.
Ma a telecamere spente?
Dalle avventure di Dicembre qualcosa è cambiato nel rapporto fra i due, e se OnAir Ryan e Karina sono abbastanza professionali da riuscire a nasconderlo, agli occhi della famiglia e degli altri eroi i loro curiosi battibecchi hanno una spiegazione chiara ed evidente.
Colleghi? Certamente. Amici, perché no.
Ma Ryan e Karina sono partner, solo partner e nulla di più.
Sempre che la caparbietà del Principe della Gravità non riesca ad avere la meglio sulla testardaggine di Blue Rose.
-
I suoi genitori non avevano mai pronunciato la frase apertamente, ma Karina aveva imparato a capire che sottinteso si celasse nei loro continui inviti e nelle mille domande su Ryan che le ponevano ogni giorno tornata dal lavoro.
Quell’ “è un ragazzo così per bene”, che all’inizio le era sembrata una semplice constatazione, aveva presto assunto i contorni di un’insinuazione molto più ingombrante.
E Karina era in totale disaccordo.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Blue Rose, Golden Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata alla mia Parabatee, che mi segue sempre in tutte le più folli follie. <3








1. Ospedale
 



 
- Ecco qua, è tutto pronto! -
Karina osservò lo zelo di sua madre con un’espressione poco impressionata. Aveva passato tutta la mattina a impastare e sfornare biscotti, e adesso ne aveva messi un po’ in un sacchettino colorato che aveva chiuso con uno spesso nastro blu.
- Sono sicura che a Ryan farà piacere sentirsi un po’ coccolato. - continuò la donna, mentre la figlia alzava gli occhi al cielo.
- Io credo che sia già abbastanza egocentrico per conto suo, ci mancano giusto i biscotti. - replicò, appoggiata con la schiena contro il frigo e le braccia incrociate.
- Quante storie, Karina! - la rimbeccò sua madre con un’occhiata affettuosa.
- Ryan è un bravo ragazzo e non dovresti trattarlo sempre con questa sufficienza! In ogni caso, visto che non ti sei nemmeno degnata di farli tu i biscotti, mi raccomando di dirgli che sono da parte mia. -
Karina sospirò, punta sul vivo.
- Lo sai che faccio schifo a cucinare… - borbottò, voltandosi verso la finestra per non incrociare lo sguardo della madre.
Le giornate si erano fatte lunghe e calde, e in giardino il sole del primo pomeriggio asciugava le lenzuola stese, alzando nell’aria il profumo delicato dell’ammorbidente.
Dopo le disavventure di Dicembre con Fugan e Mugan e le piogge torrenziali che si erano riversate sulla città nei mesi successivi, l’arrivo della primavera a Stern Bild era stato accolto da tutti quasi con un senso di sollievo e sembrava che persino il crimine avesse preso una pausa per godersi la quiete e il sereno dei primi giorni di Aprile. Certo, il lavoro per HeroTVLive non si fermava mai per davvero, ma non erano più capitate situazioni allarmanti come quella di Natale.
Adesso gli eroi si limitavano a inseguire rapinatori, a gestire qualche sequestro di persona e, nella più elettrizzante delle ipotesi, a scovare assassini seriali o trafficanti di droga prima che le loro azioni sfuggissero sul serio di mano alla giustizia.
Un paio di rondini volarono rasoterra per poi rialzarsi in quota nelle loro acrobazie aeree, e Karina si distrasse ad osservarne la danza perfettamente sincronizzata, il modo in cui salivano verso l’azzurro del cielo per poi tuffarsi in picchiata fra le corde da stendere.
Era un cieco rapporto di fiducia a guidarle nei loro inseguimenti: e se fossero state troppo veloci nel loro precipitare verso il suolo? Se invece di virare all’ultimo secondo con un poderoso battito d’ala si fossero invece schiantate? Nulla assicurava loro di cavarsela, eppure la danza continuava in perfetta sincronia, precisa e armoniosa. Si erano scelte, fra decine e decine di altre rondini, e adesso la simbiosi era quasi perfetta, come un’anima sola divisa fra due corpi, come due ombre proiettate dallo stesso raggio di luce.
- Povero Ryan, sarà così triste, bloccato a letto… Non è carino che ti abbiano fatto proseguire la trasmissione senza di lui, dopotutto siete una coppia! -
Karina si voltò di scatto abbandonando il volo delle rondini e la loro perfetta sintonia.
- Non siamo una coppia! Siamo partner. - puntualizzò, la voce più acuta di un’ottava a denotare il suo fastidio.
- E poi smettila di parlarne come se fosse un reduce di guerra. Lo hanno solo operato di appendicite, la settimana prossima tornerà di nuovo a lavorare. - liquidò le preoccupazioni di sua madre con un gesto eloquente della mano.
Gettò un’occhiata distratta alle rondini, ma si erano posate sulle corde da stendere, una rivolta alla finestra e l’altra a darle la schiena. Non volavano più.
- Rimane il fatto che è da solo in ospedale tutto il giorno e nessuno gli tiene compagnia. Ma immagino sarà pieno di lettere dei fan, almeno quelle lo terranno occupato… Digli che lo aspettiamo a cena quando lo dimettono! -
La donna le piazzò il sacchetto di biscotti fra le mani e le rivolse un occhiolino a cui Karina reagì sospirando con enfasi volutamente eccessiva.
- Ma certo mamma, gli dirò che la sua fan numero uno non vede l’ora di vederlo! - e risero entrambe.
- Ci vediamo più tardi! - la salutò con ancora l’ombra del sorriso sulle labbra, indossando la giacca bianca appesa in ingresso e uscendo di casa.
Da quando Ryan era passato a prenderla in macchina, prima della battaglia contro Fugan e Mugan, la situazione in casa Lyle si era fatta assurda.
Sua madre e suo padre non avevano mai ficcanasato nella sua vita privata né nel suo lavoro, eppure sembrava che ogni più piccolo aspetto inerente al suo partner fosse per loro di vitale importanza.
“E’ un ragazzo così per bene”, era stato il commento della donna quando erano finalmente stati rilasciati tutti quanti dall’ospedale e Karina era stata riaccompagnata a casa proprio dal Principe della Gravità.
Persino suo padre aveva dato cenno di apprezzarlo, e senza che nemmeno se ne potesse rendere conto il suo collega era stato invitato più volte a pranzo o a cena da loro.
Agli inizi di Marzo suo padre si era fatto aiutare a ristrutturare il garage dove in teoria avrebbero dovuto tenere la macchina, ma che in pratica era sempre stato intasato di vecchie chincaglierie, e sua mamma aveva preso l’abitudine di preparare per tutti la sua famosa limonata, mentre in cucina Karina tentava disperatamente di studiare per gli esami all’Università. Un’impresa piuttosto ardua, considerando che mentre lavoravano gli uomini sparavano a bomba i vecchi vinili rock di suo padre e nelle pause Ryan si fermava sul portico davanti alla finestra aperta a spettegolare con sua mamma.
I suoi genitori non avevano mai pronunciato la frase apertamente, ma Karina aveva imparato a capire che sottinteso si celasse nei loro continui inviti e nelle mille domande su Ryan che le ponevano ogni giorno tornata dal lavoro.
Quell’ “è un ragazzo così per bene”, che all’inizio le era sembrata una semplice constatazione, aveva presto assunto i contorni di un’insinuazione molto più ingombrante.
E Karina era in totale disaccordo.
La teleferica era mezza vuota a quell’ora del pomeriggio in cui i ragazzi erano ancora a scuola e la maggior parte delle persone asserragliata negli uffici.
Karina aveva preso posto in fondo al vagone ed era rimasta ad ascoltare lo sferragliare ovattato del mezzo, la testa appoggiata pigramente al vetro al di là del quale Stern Bild scintillava sotto i raggi del sole.
Quando lo sbuffo leggero delle porte in apertura l’aveva informata di essere arrivata alla fine della corsa, si alzò in piedi e si sistemò meglio la gonna tirandola appena verso il basso, inspirando a fondo l’aria pulita e frizzante della parte più alta di Gold Stage, dove sorgeva l’ospedale.
Attraversò il grande giardino fiorito, si identificò al banco di accettazione e, dopo un cenno affermativo dell’infermiera, prese a salire la rampa di scale che conduceva ai ricoveri di media durata.
I tacchi degli stivaletti rimbombavano appena lungo il corridoio asettico, e cercò di rallentare per fare meno rumore quando fu in vista della porta giusta.
Strinse impercettibilmente il sacchetto di biscotti fra le mani e trasse un profondo respiro, poi bussò i suoi soliti due colpi alla porta per annunciarsi e, senza davvero attendere risposta, entrò.
- Mi sembra che tu sia in buona compagnia! - esclamò.
Ryan se ne stava a letto, il lenzuolo bianco tirato fin sopra le gambe e la mano sinistra a sorreggergli il capo. Davanti a sé, sparsi sul piccolo tavolino ribaltabile incorporato alla branda, c’erano almeno una decina di biglietti di buona guarigione, mentre il comodino era interamente occupato da mazzi di fiori e per terra un sacchetto di carta conteneva altri biglietti augurali.
Gli occhi vispi del ragazzo si sollevarono lentamente su Karina, e a mano a mano che ne ebbe incamerata la figura un piccolo ghigno si fece largo sul suo viso.
- Buongiorno, Principessa! - la salutò.
Karina alzò gli occhi al cielo e si chiuse la porta alle spalle con delicatezza.
- Addirittura i fiori freschi? - commentò invece con un cenno della testa al mazzo di accesi gigli di fuoco che torreggiava sugli altri.
Era più che sicura di non averlo visto, il giorno prima.
- Ah, quello? Lo ha portato Nathan stamattina. E’ stata molto carina a fare un salto prima della trasmissione. - spiegò Ryan con apparente nonchalance.
Il suo tono di voce era tranquillo, ma i suoi occhi erano ancora sulla compagna e il ghigno non aveva lasciato le sue labbra.
Karina aggrottò le sopracciglia in un’espressione fugace, per poi sporgersi in avanti e annusarne il profumo.
Nathan.
Non le aveva detto di essere stata in ospedale, quando si erano sentite a pranzo.
Fece spallucce, concludendo fra sé e sé che non c’era bisogno che la informasse passo passo di tutti i suoi spostamenti.
- Sono molto belli. - convenne, una lievissima sensazione di disagio che non si seppe spiegare acquattata in fondo allo stomaco.
- E tu non mi hai portato i fiori, Principessa? - le chiese Ryan talmente a bruciapelo da farla quasi sobbalzare.
- No, ovviamente! Non sei mica morto! - esclamò arrossendo lievemente per quella che il collega aveva non troppo velatamente evidenziato come una mancanza di stile.
La voce di sua madre che la rimproverava di essere troppo acida le tornò alla mente, e Karina cercò di metterla a tacere concentrandosi su altro.
- Però ti ho portato questi! - buttò fuori tutto d’un fiato, tendendo il sacchettino coi biscotti quasi in faccia a Ryan.
Quello si illuminò, gli occhi spalancati come quelli di un bambino e il sorriso che dal ghigno di prima si mutò in un’espressione di autentica gioia.
Afferrò il sacchetto senza tante cerimonie e, ringraziandola ad alta voce, lo aprì come se fosse stato una reliquia.
- Li hai fatti tu? - domandò, quasi ridicolo con quell’aria estatica.
Karina scosse la testa e non riuscì a trattenere un sorriso.
- Figurati, sono una frana ai fornelli! - confessò.
- Li ha fatti mia mamma, ha seguito una ricetta particolare che ha trovato su internet, così puoi mangiarli anche se sei ancora in via di guarigione. - aggiunse.
- Di a Christina che è un angelo. Qui mi danno solo pappette e brodini come se fossi un poppante. - fece, mettendo un broncio infantile che le fece venire ancora più da ridere.
Ryan posò sul materasso il sacchetto di biscotti, e con un piccolo sbuffo di dolore si sistemò meglio nel letto, lasciando uno spazio vuoto sul bordo e facendo segno alla ragazza di sedersi.
Ancora una volta la strana sensazione che l’aveva colta parlando dei fiori le attorcigliò lo stomaco, ma non vi badò e fece come le veniva chiesto, accorgendosi solo quando sentì il materasso soffice sotto di lei che la solita seggiola era occupata dall’ennesimo mazzo di fiori.
Prese posto in modo impacciato, non sapendo bene dove poggiare le mani per mantenere l’equilibrio senza costringere Ryan ad una posizione fastidiosa e si rese conto solo quando lui si sporse appena per recuperare un biscotto di quanto effettivamente fossero vicini.
- Stai scomodo? - si sentì in dovere di chiedere, ma il ragazzo scosse la testa.
- Tu? - le chiese con la solita disinvoltura, ma a voce inspiegabilmente più bassa.
Karina lo imitò e si accorse di aver mentito.
Ryan spezzò il biscotto in due metà e gliene porse una, incominciando a sgranocchiare la sua parte senza tante cerimonie e decretando il suo apprezzamento con versi davvero poco eleganti.
- Sei disgustoso. - lo rimbeccò Karina.
- Sono malato, non puoi sgridarmi! - replicò lui con aria saccente e la bocca piena, facendoli scoppiare a ridere entrambi.
- Ahi, ahi, non farmi ridere! - mugolò tuttavia portando una mano al fianco.
- Hai fatto tutto da solo! - fu la pronta risposta della ragazza, che rise ancora masticando l’ultimo pezzetto di biscotto.
Ryan si piegò un poco in avanti nel tentativo di dominarsi, ma le labbra erano irrimediabilmente curvate verso l’alto e gli occhi un poco socchiusi nel tentativo di dominare il dolore.
- Ah, questi punti tirano da morire… - si lamentò con un sospiro sconsolato.
Karina stava per rispondere, ma qualunque cosa avesse avuto intenzione di dire le parole le restarono incastrate fra le labbra: Ryan si era sporto in avanti ancora un poco, andando a poggiare la fronte sulla sua spalla e chiudendo gli occhi per cercare di calmarsi e riprendere fiato.
I capelli biondi del giovane le solleticavano il collo e di punto in bianco fu consapevole di ogni centimetro quadrato del suo corpo. Sentiva il suo respiro trattenuto di colpo, il sangue improvvisamente più pesante da pompare nelle vene e il calore che le stava affluendo al viso.
Durò solo un istante, e Karina ringraziò la sua buona stella perché non avrebbe proprio saputo che cosa dire se Ryan si fosse accorto del cambio di frequenza del suo battito o del suo colorito improvvisamente più acceso.
Approfittò del fatto che il collega non aveva più bisogno del suo supporto per voltarsi e dedicare tutta la sua attenzione ai bigliettini d’auguri.
- Guarda che carini, quelli dei bambini sono i miei preferiti! - commentò indicando un bigliettino inviato da una scuola elementare, una scusa qualsiasi per portare l’attenzione su qualsiasi cosa non fossero le sue guance o la sua postura improvvisamente più rigida.
Ma Ryan parve non notare che il sentimento di disagio che Karina stava tenendo a bada da quando era entrata in quella stanza si era trasformato in una vera e propria fiammella fuori controllo, e con un gesto lento e un poco affaticato dal dolore le mostrò altri biglietti, fatti col cartoncino colorato e qualche immagine ritagliata dai giornali e appiccicata insieme a quintali di porporina gialla.
Rimasero a chiacchierare ancora un po’, commentando le ultime puntate di HeroTVLive a cui lui non aveva potuto partecipare e mettendosi in pari con i gossip di quei giorni, sgranocchiando di tanto in tanto uno dei biscotti della mamma di Karina.
Fu solo quando Karina si rese conto che gli occhi chiari di Ryan si erano infiammati delle sfumature calde del tramonto che scattò in piedi, borbottando fra sé e sé di quanto si fosse fatto tardi.
- Sono già le sei! Dovevo studiare almeno un capitolo oggi, non riuscirò mai a finire in tempo per l’esame! - si lamentò, portando istintivamente una mano alla fronte con aria atterrita.
- Beh, la prossima volta se vieni a trovarmi puoi portarti da studiare! - suggerì l’altro con una piccola alzata di spalle.
- Che senso ha venire a trovarti per mettermi a studiare? Così ti annoieresti e basta! - ribatté a quell’idea insensata, ma Ryan la stupì un’altra volta.
- Questo lascialo decidere a me. - rispose con un tono talmente indecifrabile da sembrare quasi solenne.
Con gli occhi del ragazzo nuovamente puntati dritti nei suoi, per un istante Karina si sentì completamente spiazzata, priva di una risposta sagace con cui metterlo a tacere, e senza sapere bene perché le vennero in mente le rondini del pomeriggio, il modo in cui si rincorrevano nelle loro cadute libere senza domandarsi quanto fosse o meno pericoloso.
- Dai, è ora di andare… - disse più a sé stessa che a lui, andando a recuperare la sua borsetta dal fondo del letto dove l’aveva appoggiata prima.
- Serve che ti porti qualcosa di specifico la prossima volta? - gli chiese poi.
Ryan ci pensò su un momento, poi fece di no col capo.
- Junior è passato stamattina a dare da mangiare a Molly, direi che è tutto a posto. - commentò ad alta voce dopo aver mentalmente passato in rassegna ciò di cui non si poteva occupare personalmente.
- Però c’è qualcosa che potresti fare per alleviare le mie sofferenze fino a domani. - continuò, e Karina, che nel rimettersi la giacca gli stava voltando la schiena, non notò il ghigno fare nuovamente capolino sulle sue labbra.
- Dimmi! - rispose a cuor leggero.
Un istante di silenzio, uno solo, poi la voce sfacciata del collega si fece sentire nella stanza.
- Dammi un bacio. -
Se Karina fosse stata una rondine non avrebbe mai potuto evitare l’impatto con il suolo.
Si voltò di scatto, l’espressione esterrefatta, per poi notare che il Principe della Gravità si stava picchiettando una guancia con la punta dell’indice.
- Te lo scordi. - trovò la prontezza di obiettare, la voce molto più salda di qualunque pronostico.
Ryan gonfiò le guance con aria tradita e aggrottò le sopracciglia.
- Così il dolore andrebbe via e guarirei più in fretta! - difese la sua tesi, per poi incrociare le braccia al petto ma colpendosi la cicatrice nel gesto con un altro sbuffo di dolore.
Karina rimase un istante a guardarlo senza dire nulla, poi in religioso silenzio annullò la distanza che li separava e si chinò in avanti fino a portare gli occhi alla stessa altezza dei suoi.
Non distolse lo sguardo, e Ryan, incatenato alle sue pupille, stette zitto.
Durò un secondo, due, tre.
Durò un’eternità intera nella quale nessuno dei due osò respirare.
- Ahia! - esclamò lui di colpo, quando il pugno chiuso di Karina, seppur con forza appena accennata, andò ad abbattersi sulla sua testa.
- Non puoi picchiarmi! Sono malato, non vale! -
Karina gli sorrise e scosse la testa, incamminandosi verso la porta.
- Che scemo! - commentò con affetto abbassando la maniglia.
Non attese risposta e uscì, chiudendosi la porta alle spalle e venendo accolta dalla quiete del corridoio infuocato dal tramonto.
Dall’altra parte dell’uscio, al sicuro dal suo sguardo, Ryan se ne stava ancora con una mano sul capo e l’espressione inebetita e fissa in direzione del corridoio a colorargli le guance.
Al di qua, Karina non attese un momento di più e si diresse a passo spedito verso l’esterno dell’ospedale, cercando di non pensare a sua madre, ai biscotti, ai fiori, ai bigliettini di auguri e a quella stupida richiesta senza senso.
Che scemo, si trovò a ripetersi silenziosamente.
E che scema anche lei.






 
Note:

Che dire, questi due ci hanno prese in faccia come un treno ad alta velocità e non c'è stato niente da fare.
Da fan accanite di Tiger&Bunny questa attesa di undici anni ad Azkaban è stata ampiamente ripagata, e quando abbiamo visto Ryan e Karina fare coppia per il nuovo Buddy System ci è letteralmente andato in cortocircuito il cervello e non siamo più state capaci di pensare ad altro.
Chi è stato quel folle che ha pensato di affiancare questi due personaggi? Perchè dobbiamo assolutamente stringergli la mano. (E a tal proposito complimenti al galaxy brain di chi già li shippava da The Rising, siete oltre ci inchiniamo)
Questa non è altro che una minuscola raccoltina (o una lunga one-shot pubblicata a puntate, fate vobis) di 3 momenti + 1 in cui Ryan e Karina imparano a conoscersi attraverso la loro caparbietà e la loro testardaggine, ma soprattutto attraverso le loro fragilità.
Ne uscirà qualcosa di buono? Who knows?
Ma nel frattempo speriamo che questo primo capitoletto si stato di vostro gradimento. fateci sapere! <3

Kisses,

Koome

 

   
 
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