Serie TV > Vikings
Segui la storia  |       
Autore: Abby_da_Edoras    10/05/2022    4 recensioni
Eccomi qua con la nuova long fic ispirata alla serie TV "Vikings"! In realtà ormai la serie TV si è conclusa e io ho già dato la mia versione della storia (l'unica e la sola secondo me! XD), ma non potevo proprio separarmi dai miei personaggi, Ivar, Aethelred, Hvitserk, Bjorn e tutti gli altri, e così ho deciso di scrivere una nuova storia che non so neanche dove mi porterà, ispirandomi a varie storie (Vikings: Valhalla prima di tutto, ma anche altre serie TV e film). La storia inizia proprio dove si concludeva Mission impossible: i Norreni sono tornati a Kattegat dopo aver ottenuto da Re Alfred nuove terre e ora ci saranno decisioni da prendere, scelte da fare e ovviamente nuovi avversari da affrontare... oltre a qualche personaggio nuovo!
Ringrazio chi mi ha seguita fin qui e spero che la nuova storia potrà piacere a chi ha letto le altre.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori delle serie TV "Vikings" e "Vikings: Valhalla".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bjorn Ironside, Hvitserk, Ivar
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non ha fine '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap. 2: The sorrow path

 

Taking a breath in the morning
Thinking about what to say
When you’ll be back from your fight
And be back home

Confidence slept while I was there
Between illusion and dream
As I found a way back
Hope was still there with me
But I lost it through the fall
Fate wields its knife to cut the thread…

(“The sorrow path” – Nocturna)

 

C’era anche un’altra persona che, quella sera, non aveva potuto godersi i festeggiamenti nella Sala Grande: Tiago, il giovane spagnolo. All’inizio aveva pensato che Erik avesse scelto di banchettare in mezzo ai guerrieri e alle shieldmaiden invece che al tavolo reale per poterlo avere vicino ma, ben presto, si era dovuto rendere conto che le cose non stavano affatto così. Erik lo aveva ignorato completamente e si era diretto verso una lunga tavola, poi si era seduto sulla panca accanto ad una shieldmaiden dai lunghi capelli castani e l’aveva abbracciata e baciata in mezzo agli applausi e alle grida degli altri Norreni.

Tiago era rimasto di sasso e si era sentito una lama gelida conficcata nel cuore, poi si era ricordato che Erik aveva conosciuto quella giovane guerriera tre giorni prima, quando le navi norrene di ritorno dal Wessex erano giunte al porto di Kattegat. Erik si trovava al porto, aveva salutato Ivar, Hvitserk e gli altri, aveva chiesto notizie di Harald e dei guerrieri caduti e poi aveva attaccato discorso con la ragazza, che era sembrata subito molto interessata a lui. Il ragazzo rammentò anche che la shieldmaiden si chiamava Grethe e che, dopo quel primo incontro, lei e Erik erano stati inseparabili: non c’era da stupirsi, dunque, che anche quella sera volessero festeggiare insieme.

Ecco, il momento è arrivato, pensò Tiago tra sé. Soffriva molto, ma allo stesso tempo comprendeva che quello che stava accadendo era ciò che si era sempre aspettato. Sapevo bene che Erik, una volta riavuta la vista, non avrebbe più avuto bisogno di me e che avrebbe trovato una persona con cui stare. Finora si era accontentato di serve e contadine, ma questa è una guerriera, una sua pari e… credo che con lei vorrà fare sul serio.

Tuttavia, prima di arrendersi, voleva essere sicuro che quella non fosse la solita storia di una notte, come Erik era solito fare. Si avvicinò timidamente alla tavolata e si rivolse all’uomo.

“Erik… posso sedermi anch’io qui con voi a festeggiare?” domandò.

Erik lo squadrò da capo a piedi come se non lo avesse mai visto prima, poi strinse più forte a sé Grethe, sghignazzò e parlò a voce alta, rivolgendosi a tutti i Vichinghi che potevano sentirlo.

“Ma guardate, questo ragazzino crede di poter approfittare della serata di festa per guadagnarsi qualche privilegio. Che impudente!” esclamò. “Chi ti credi di essere? Sei solo uno schiavo e anche straniero, per giunta. Non hai alcun diritto di sederti con i veri Vichinghi. Perché piuttosto non vai nelle cucine e ci porti un bel piatto di arrosto, invece di startene in ozio?”

Gli altri Norreni risero sguaiatamente e anche Grethe rise di Tiago, ma nel loro caso non c’è da giudicarli: loro si trovavano in Wessex a combattere i Sassoni quando il giovane spagnolo aveva salvato prima la vista e poi la vita a Erik, quindi non potevano sapere niente del legame che c’era stato tra loro. Per loro Tiago era un servitore qualunque e Erik aveva tutto il diritto di dargli degli ordini…

“Non puoi chiamarmi schiavo” insisté il ragazzo. “Sai bene che Re Bjorn ha abolito la schiavitù in tutta Kattegat.”

“Oh, e va bene, se ci tieni tanto” sbuffò l’uomo. “Va bene, non sei uno schiavo, sei comunque un servitore e, come tale, devi renderti utile portandoci da bere e da mangiare. Cosa aspetti? Voi servi mangerete dopo, in cucina.”

“Come desideri, signor Erik” replicò allora Tiago. Si allontanò dalla tavolata tra le risate di scherno dei guerrieri e finse di dirigersi verso la cucina, ma non si sarebbe certo messo a servire Erik e i suoi nuovi amici. Non era il suo schiavo, non era il suo servitore, adesso era chiaro che non era più niente per lui… ma non era neanche un servo qualsiasi, lui era un guaritore, sapeva usare le erbe e l’energia della natura e, se Erik non aveva più bisogno di lui, sapeva che molte persone, invece, avrebbero avuto bisogno del suo aiuto. Invece che nelle cucine, si diresse verso la stanza che fino a poche notti prima aveva diviso con Erik. Un dolore sordo gli pulsava nel cuore e in tutta l’anima e lacrime bollenti gli solcavano il viso, ma cercava di farsi forza ripetendosi che non doveva stupirsi, che sapeva che quel momento doveva arrivare, prima o poi, e che poteva comunque fare qualcosa di importante nella sua vita, anche senza Erik. Prese dalla stanza le erbe e i medicamenti che vi teneva e i pochi vestiti che possedeva, mise tutto in un piccolo involto e poi uscì dal palazzo usando una porticina laterale. Sapeva già dove andare, aveva adocchiato quella casupola già da tempo, immaginando che prima o poi gli sarebbe servita: era la casetta in cui Aethelred aveva tenuto segregato Hvitserk per disintossicarlo, ormai quasi un anno prima, e dove Helgi aveva vissuto nei suoi primi mesi a Kattegat. Ora non la usava più nessuno e Tiago aveva deciso che quella sarebbe diventata la sua casa e anche la sua bottega, dove la gente sarebbe potuta venire liberamente a farsi curare da ferite e malattie.

Il giovane spagnolo iniziò a sistemare la piccola casa, a spazzare per terra, a pulire i tavoli e il cassettone per poterci poi sistemare le sue erbe, i medicamenti, le ciotole e i pestelli per preparare decotti e tisane. Lavorare fisicamente e concentrarsi per organizzare gli spazi della sua nuova abitazione lenivano il dolore che lacerava il suo cuore: Tiago si era sempre in un certo qual modo preparato ad un futuro senza Erik ma, ora che il momento era giunto, non poteva impedirsi di soffrirne e sentirsi morire dentro. Sperava solo che il tempo e la cura delle persone che avrebbero avuto bisogno di lui potessero servire da balsamo per le ferite che adesso bruciavano nel suo animo.

Il ragazzo si dedicò anche alla piccola stanzetta attigua nella quale avrebbe dormito, la ripulì ben bene, rifece il letto con coperte e pellicce che si era portato via dalla stanza che aveva condiviso con Erik e alla fine, stanchissimo, si gettò sul giaciglio appena fatto, riuscendo ad addormentarsi grazie alla stanchezza fisica dopo qualche minuto e qualche altra lacrima…

Quella notte, tuttavia, non fu drammatica soltanto per Tiago. Aethelred, infatti, si svegliò nel cuore della notte con un grido disperato, tremando e piangendo e per poco non fece venire un colpo a Ivar. Non appena capì cosa stava accadendo, il giovane Vichingo prese tra le braccia il suo compagno, lo strinse al petto, gli accarezzò il viso e i capelli e gli parlò dolcemente e pacatamente per tranquillizzarlo.

“Va tutto bene, Aethelred, sono qui insieme a te, non ti lascio solo” mormorò baciandolo sulla fronte e sui capelli. “Che ti succede? Ti senti male o hai avuto un incubo? Non preoccuparti, io sono qui.”

Il calore del corpo di Ivar, la forza del suo abbraccio e la tenerezza delle sue parole riportarono Aethelred alla realtà, strappandolo alle immagini orribili del sogno che lo aveva straziato.

“Ho sognato… ho sognato la battaglia contro i Sassoni” singhiozzò. “Tu ti gettavi nella mischia e attiravi i soldati, ma io… io non… io non arrivavo in tempo per salvarti!”

La disperazione nella voce del Principe era evidente, tuttavia Ivar non riusciva a comprendere perché Aethelred continuasse a pensare a quei momenti, a sognarli quasi tutte le notti, a torturarsi il cuore con quei ricordi. Era andato tutto bene, no? Adesso erano a Kattegat, insieme, e i Norreni avevano anche ottenuto un Regno in terra inglese di cui Hvitserk sarebbe diventato Re. La battaglia era passata, non era proprio il caso di starci a pensare tanto, visto che probabilmente ne avrebbero avute altre da affrontare di lì a poco.

“Aethelred, mi dispiace che quello che ho fatto quel giorno ti abbia sconvolto tanto, ma non dovresti pensarci più, adesso è tutto passato” gli disse Ivar, cercando di rassicurarlo. “Vedi cosa succede poi? A furia di ripensarci hai degli incubi in cui non riesci a salvarmi, ma tutto questo dolore non serve a niente. È passato tutto, io sono qui, sto bene.”

“C’è mancato tanto così, tanto così, Ivar, possibile che non te ne renda conto?” protestò Aethelred. “Se solo fossi arrivato un attimo più tardi, se solo un soldato mi avesse fermato, se solo…”

“Se, se, se… ma ti ascolti, Aethelred? Stai rimuginando su qualcosa che, per fortuna, non è accaduto” lo interruppe Ivar, sempre più perplesso. “Ti fai del male senza motivo immaginando mille scenari in cui le cose sarebbero potute andare male, ma non ha senso, non è andata così e tu mi hai salvato. Così facendo ti distruggi, finirai per ammalarti o per impazzire e non c’è neanche un motivo!”

“Io ho avuto paura di perderti!” esclamò Aethelred. “Possibile che tu non lo capisca, che non comprenda quello che ho provato?”

“Lo capisco, invece” lo corresse il Vichingo. “È proprio quello il motivo per cui ho compiuto quel gesto che ti ha tanto sconvolto: quando Harald è morto e io mi sono guardato intorno, ho visto i Sassoni che stavano schiacciando i nostri guerrieri, ho visto Hvitserk ferito, non riuscivo a vedere più Helgi… Ho temuto di perdere tutti voi ed è per questo che ho preferito attirare i Sassoni su di me.”

“Non mi era mai successo prima” mormorò Aethelred, ancora stravolto e confuso. “Insomma… non ti avevo mai visto combattere. Quando siamo venuti a riconquistare Kattegat tu davi gli ordini, guidavi i guerrieri, ma non combattevi e alla fine sei scappato. Lo stesso hai fatto quando hai combattuto al fianco dei Rus’ e nelle prime battaglie contro i Sassoni: restavi indietro e pianificavi le strategie, e io… io sapevo che eri al sicuro. Certo, se i nemici ci avessero annientati tutti saresti morto anche tu, ma allora io sarei caduto al tuo fianco… non ho mai dovuto temere per la tua vita e invece… invece quel giorno…”

Ivar strinse Aethelred ancora più forte. Era buffo: da una parte non capiva l’ostinazione del giovane nel ripensare a quella battaglia e ai modi in cui sarebbe potuta andare storta, dall’altra però condivideva la sua paura e la sua disperazione, perché era stato proprio quello a spingerlo a tentare una mossa disperata temendo che i soldati Sassoni avrebbero finito per uccidere Hvitserk e Aethelred. Anche lui quel giorno per la prima volta aveva sentito nel cuore la paura più terribile e dolorosa, quella di veder morire le persone amate, quindi poteva comprendere cosa avesse provato Aethelred.

Ciò di cui non riusciva a capacitarsi, però, era il motivo per cui il suo compagno continuava a straziarsi. Aveva avuto paura di perderlo, d’accordo, ma non era successo, erano insieme. Perché doveva torturarsi così?

“Io sono qui, Aethelred. Sono qui proprio grazie a te e non ho intenzione di lasciarti. Non mi perderai mai, staremo sempre insieme. Va bene così?” gli disse, prendendogli il viso tra le mani per guardarlo bene negli occhi. Erano due pozze così chiare e limpide, ma in quel momento in fondo si muoveva qualcosa di oscuro, un terrore paralizzante che non aveva ragion d’essere ma che spezzava il cuore e dilaniava la mente del giovane. Ivar voleva far scomparire quelle ombre dagli occhi del ragazzo che amava. Lo avvolse nel cerchio caldo e protettivo delle sue braccia e lo baciò a lungo e profondamente, perdendosi sulle labbra di quel giovane affettuoso e dolce che lo amava tanto da non poter neanche concepire una vita senza di lui. L’amore di Aethelred gli aveva cambiato la vita fin nel profondo, lo faceva sentire importante e prezioso per qualcuno, e lui non voleva che quel ragazzo così sensibile e meraviglioso soffrisse, voleva spazzare via le sue paure e i suoi pensieri dolorosi. Lo accarezzò a lungo, lo baciò ancora con più intensità, lungamente e profondamente. Aderì totalmente al suo Aethelred, desiderando un contatto più intimo possibile, godendo del tepore della sua pelle e della morbidezza del suo corpo. Si perse completamente dentro di lui, cercando di fondersi con il suo amante come se potesse scacciare la tristezza e la disperazione attraverso l’unione dei loro corpi. Portò il giovane Principe al culmine della passione e ancora oltre per poi esplodere con lui nell’estasi totale che lasciò entrambi sfiniti e ansimanti.

Alla fine, tuttavia, Ivar non si accontentò dell’amplesso e sentì il bisogno di tenere ancora stretto tra le braccia Aethelred. Sentì che il Principe Sassone si aggrappava convulsamente a lui, che aveva ancora bisogno del calore del suo corpo, dell’odore della sua pelle, di sentirlo sano e salvo, vivo e incollato a lui, di perdersi tra le sue braccia, di smarrirsi completamente nel suo abbraccio avvolgente e dimenticare le terribili immagini che aveva visto in sogno. Doveva sentire che Ivar era lì, che non gli sarebbe accaduto mai nulla, che sarebbero rimasti insieme per sempre. Il Vichingo non comprendeva del tutto l’angoscia del suo compagno, ma era ben felice di tenerlo abbracciato e di fargli sentire che era lì con lui, che non lo avrebbe mai perduto, che loro due non si sarebbero mai separati. Lo avvolse nel suo abbraccio, lo baciò dolcemente sui capelli arricciandoseli tra le dita, continuò a mormorargli parole tenere.

“Sono qui, Aethelred, sono con te, non mi perderai mai…”

E, piano piano, i loro corpi allacciati e incollati si rilassarono, il tepore e il languore del loro amore li vinse e li fece scivolare finalmente in un sonno profondo e pacifico.

E, almeno per quella notte, per Aethelred non ci furono altri incubi.

Fine capitolo secondo

 

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Vikings / Vai alla pagina dell'autore: Abby_da_Edoras