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Autore: Maryfiore    13/05/2022    1 recensioni
Non era mai stato un tipo coraggioso. Preferiva lasciare le avventure suicida ai protagonisti dei film e degli anime giapponesi, restando a guardarli al sicuro dietro lo schermo.
E invece eccolo lì.
Pronto ad aggiungere la voce "Sopravvissuto all'apocalisse di questo e forse altri pianeti" al suo Curriculum.
Subito dopo la voce "Zombie confetto" e prima della voce "Pirata spaziale".
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lars, Lion/Leone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una serata tranquilla a Beach City.
La pizzeria "Pizza Guizza" si preparava per entrare in azione, mentre gli altri negozi iniziavano a chiudere.
Un gabbiano zampettava attorno ai piedi di Lars sperando di incappare nei resti di qualche panino nascosto tra le pietre.
Il ragazzo se ne stava seduto con la schiena appoggiata allo sperone di una roccia, le gambe incorciate, le mani sulle ginocchia e gli scarponi borchiati pieni di sabbia. Respirava a pieni polmoni l'aria salmastra, come se volesse che gli entrasse dentro per sempre. Cercava di registrare nella sua mente ogni singola immagine o sensazione di quel momento, in modo da poter portare con sé un po' di quella cittadina sperduta che aveva imparato a chiamare "casa".

Un gridolino infantile si levò in mezzo al rumore delle onde.

Una bambina saltellava allegra lungo la riva. Aveva una matassa di capelli neri ricciuti imbrigliati in un vistoso fiocco glitterto e si stava diventando a lanciare dei sassolini nell'acqua, ridendo ad ogni piccolo "pluf".
Pochi metri dietro di lei camminava un giovane uomo sulla trentina. Teneva per mano una donna dalla carnagione bruna avvolta in un piumino azzurro, e le sorrideva dolcemente.
Lei era più bassa di lui di circa venti centimetri e doveva tenere la testa alzata mentre gli parlava.

Lars ricordava un tempo in cui era stato il contrario.

Ricordava un tempo in cui quel tipo lì era un ragazzino che non gli arrivava nemmeno alle spalle. Un ragazzino dal viso paffuto che trangugiava ciambelle e raccontava storie assurde su come, anche per quel giorno, lui e le sue tre strambe zie avevano salvato la Terra e il genere umano.

Non avrebbe mai pensato di diventare egli stesso parte di quelle storie.

Si chiese se ora raccontava a quella bambina le stesse storie che raccontava a lui quando si sedeva vicino al bancone con le mani impastate di crema.

Ad un tratto sentì qualcosa di umido sfiorargli la mano.
Quando alzò lo sguardo per poco non gli schizzò via il cuore dal petto.

- AH! Leone! -

L'animale scosse la folta criniera rosa con un movimento della testa e si mise a fissarlo.

- Come diavolo ho fatto a non vederti arrivare? Sei enorme. E come ho fatto a non sentirti? -

Leone sbattè le palpebre e, dopo aver fatto un paio di giri su se stesso, si accovacciò con tutto il suo peso sulle sue gambe. Lars avrebbe voluto scansarlo, ma si accorse che in questo modo lo stava coprendo alla vista dell'allegra famigliola e lo lasciò lì.
Per non finire con la faccia immersa nei peli, allungò le mani in avanti. Mani rosa. Rosa come la pelliccia di Leone.

- Riesci a pensarci, amico? - sussurrò, accarezzandogli il dorso.

- Quando tutto questo sarà finito resteremo solo io e te. -

Lars non era sicuro di quando sarebbe morto... come tutti, del resto. La differenza era che lui non sapeva nemmeno se sarebbe morto.
Insomma, non esisteva nessun altro essere umano ad essere stato salvato da morte certa grazie a lacrime magiche curative.

Nessun essere umano e un leone.

Per quel che ne sapeva quel felino era vivo e vegeto dai tempi di Rose Quartz, e Rose Quartz aveva vissuto qualcosa come... un milione di anni?

E lui sarebbe stato ancora così tra un milione di anni?
Avrebbe assistito alla fine del mondo? Avrebbe visto l'apocalisse con gli edifici che crollano, i terremoti, i tornadi, lampi, tuoni e fulmini e saette che cadono dal cielo? Come in quei film sci-fi di serie b che un tempo guardava con Sadie?

Non era mai stato un tipo coraggioso. Preferiva lasciare le avventure suicida ai protagonisti dei film e degli anime giapponesi, restando a guardarli al sicuro dietro lo schermo.

E invece eccolo lì.

Pronto ad aggiungere la voce "Sopravvissuto all'apocalisse di questo e forse altri pianeti" al suo Curriculum.
Subito dopo la voce "Zombie confetto" e prima della voce "Pirata spaziale".

Avrebbe fatto colpo sulle ragazze, se solo ci fossero state ragazze su cui fare colpo.
Provò ad immaginarsi con una compagna, forse perfino sposato, con dei figli...
Non ci riuscì.
Li avrebbe visti morire tutti.

All'improvviso si sentì gelare, come se tanti piccoli aghi di ghiaccio gli avessero trafitto il cuore.
La consapevolezza dello scorrere del tempo lo investì come un treno in corsa. Lo vedeva ovunque. Nelle roccie erose e spaccate, nelle foglie che cadevano, si seccavano e si accartocciavano sull'asfalto, nel ricordo dei fili d'argento che aveva visto tra i capelli di sua madre, in quei venti centimetri in più di Steven...

E in quella bambina ricciuta che rideva sulla spiaggia.

Il sole stava affondando nell'oceano, infuocando la linea dell'orizzonte, tingendo di rosso e arancio il cielo e segnando la fine di un altro giorno.

Quello che di norma sarebbe dovuto essere uno spettacolo meraviglioso, si trasformò davanti ai suoi occhi in un immagine terrificante.
Il sole che annega nel rosso.
Il tempo che annega nel sangue.

Il sole avrebbe continuato a tramontare, le foglie a seccare, sua madre a invecchiare, quella bambina a crescere e lui sarebbe rimasto così. Bloccato a diciasette anni.
Tutto il mondo avrebbe continuato a muoversi e ad andare avanti mentre lui sarebbe rimasto fermo. Immobile. Immutabile.

Senza pensare si premette due dita sulla base del collo. Normalmente avrebbe sentito le pulsazione frenetiche del sangue dovute all'agitazione, invece il suo battito cardiaco era sempre lo stesso. Spaventosamente e innaturalmente lento. Lento come il suono di un gong che si propaga all'infinito.
Non si era veramente accorto di star tremando fino a quando non sentì il tocco di una mano sulla spalla.

- Capitano Lars? -

Rhodonite lo stava guardando con tutti e quattro gli occhi puntati su di lui e un'aria preoccupata.

- Ti senti poco bene? -

La voce della gemma gli giunse ovattata, proveniente da una dimensione molto distante, come quella di un sogno.
Lars si passò una mano sulla fronte. Era sudato e aveva la bocca arsa e l'acido in gola. Strofinò in fretta il viso con la manica del cappotto e cercò di riassestarsi.

- Nessun problema, Rhodonite. Volevi... volevi dirmi qualcosa? Ci sono novità per la nave? -

- Sono venuta per questo, capo. I motori sono operativi - recitò con tono professionale.

- Siamo pronti - aggiunse.

Lars inspirò a fondo, immagazzinando di nuovo l'aria del mare. - Bene. -

- Ecco, capo... -

- Sì? Rhodonite? -

- Non so se lo hai notato, ma... hai un leone addosso. -

Lui fece schioccare la lingua. - Oh! Tu guarda. Non me me ero proprio accorto. -

I quattro occhi di Rhodonite lo fissavano impassibili.
E Lars si ricordò la difficoltà di alcune gemme a comprendere il sarcasmo.

- Ti serve una mano? - gli chiese, con tutta la sincerità di questo mondo.

- No, ti ringrazio - ringhiò, mentre con le braccia tentava di spostare Leone, il quale sembrava non avere alcuna intenzione di muoversi.

- Capitano Lars, sei qui? -

Riconobbe la voce lenta e cantilenante di Fluorite che, per qualche motivo, gli faceva sempre venire in mente sua nonna.

- Perché hai un leone addosso? -

- Perché è come un gatto, e i gatti fanno quello che vogliono, si addormentano dove vogliono e... dannazione, Leone! Alzati! E voi non stetevene qui tutte attorno a me, stiamo facendo casino! Così mi vedranno! -

- Chi? - chisero due voci in coro.

La gemelle Rutile.

Lars sospirò.

- Fantastico! Ci siete anche voi. Cominciavo a preoccuparmi. -

- Hai un leone... -

- Lo so! - sbottò Lars.

Con la coda dell'occhio guardò Steven e Connie che paseggiavano ancora sulla spiaggia. Si erano allontanati abbastanza ed era difficile che li notassero lì in mezzo alle roccie. E in ogno caso erano troppo concentrati sulla bambina per accorgersi di altro...

Fece appena in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che l'ultimo membro dell'equipaggio arrivò correndo verso di lui.

- Capitano, finalmente ti ho trovato! - disse, senza un minimo di affanno.

- Tra poco verrà Rhodonite ad avvisarti che i motori funzionano e che siamo pronti per lasciare la Terra. Ho pensato che forse avresti voluto saperlo prima per prepararti. -

Seguirono diversi secondi di silenzio.
Poi all'improvviso Lars scoppiò a ridere.

Aveva sempre trovato buffe le previsioni del futuro a scoppio ritardato di Padpardscha, ma ora non era quello il motivo per cui stava ridendo.
In realtà non lo sapeva nemmeno lui perché stava ridendo. Avrebbe avuto mille motivi per piangere e disperarsi, eppure non riusciva proprio a smettere di ridere.
Leone sembrò essere infastidito da quelle scossette da ridarella e si era finalmente alzato, liberandogli le gambe indolenzite.

Lars si mise in piedi e scompigliò i capelli della piccola Padparadscha con un gesto affettuoso.

- Sì... grazie, Padparadscha. -

Quando le risate si affievolirono si accorse che le gemme lo stavano fissando in attesa.
Lars sfoderò un sorriso sghembo.

- Dunque - iniziò. - Spero che il mio mantello sia pronto. -

- Stirato e lucidato, capo! - risposero solennemente le Rutilie.

- Allora forza! Via! Vi voglio tutte a bordo e ai vostri posti di comando! -

Ci fu un coro generale di "Sì Capitano!"
-(quello di Padpardscha arrivò un minuto più tardi) - e tutte si avviarono verso la navicella, che Lars scorse in lontananza, parcheggiata nello spiazzo dell'autolavaggio.

Dopo essersi assicurato che anche Padpardscha fosse partita, si voltò indietro verso Steven e la sua famiglia un'ultima volta.

- Ci pensi tu a tenerli d'occhio? - disse, con lo sguardo abbassato su Leone.

Questo si limitò ad allargare le fauci in uno sbadiglio, per poi cominciare a leccarsi pigramente sotto un'ascella.
Lars non era sicuro che avesse capito, ma non aveva intenzione di analizzare la cosa ancora per molto.
Così si chinò a lasciargli un carezza dietro l'orecchio e basta.

- Ci si ribecca prima dell'apocalisse, bello - gli disse, prima di seguire il suo strambo equipaggio.

Pensò che, dopotutto, un milione di anni era sopportabile se aveva la possibilità di viverlo con loro.

- Capitano Lars, sbrigati! -

- Con calma, Rhodonite, con calma. Abbiamo tempo. -


 

Abbiamo l'eternità.

 

   
 
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