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Autore: Bell_Black    18/05/2022    0 recensioni
Appena uscito dal servizio militare, Seokjin si sente completamente spaesato e vuoto, non riesce a riconnettersi con la realtà.
Si sente solo e decide di isolarsi, insicuro del futuro, mentre nel mondo è in corso una pandemia che ha bloccato qualsiasi sua attività.
Completamente sopraffatto dalle sua emozioni, riesce a trovare conforto grazie a una ragazza che pubblica lunghi monologhi, sotto forma di podcast, sui suoi sentimenti nei confronti di quello che le accade attorno, in un periodo tanto difficile per tutti.
Seokjin non conosce il suo volto o il suo paese di provenienza, sa solo che grazie a quella sconosciuta si è sentito meno isolato e si chiede, se anche lei abbia, qualcuno che la faccia sentire così o in caso contrario poter restituire il favore.
Il suo unico desiderio è sapere che anche lei può stare bene, nello stesso modo in cui si sente Jin ogni volta che la ragazza decidere di condividere, con lui, quei pensieri, facendo illuminare lo schermo del suo telefono, con la notifica più attesa della giornata.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Sette.
Jungkook e il Pinguino

Il costume da pinguino era di una scomodità indescrivibile, ma il fatto che lo stessi indossando non era un peso, avevo mancato la partita al gioco inventato dalle Army, ma in compenso ero riuscito a scrivere una lunga e sentita email a Purple Aby...

Il costume da pinguino era di una scomodità indescrivibile, ma il fatto che lo stessi indossando non era un peso, avevo mancato la partita al gioco inventato dalle Army, ma in compenso ero riuscito a scrivere una lunga e sentita email a Purple Abyss, che da tre settimane era completamente sparita, non mi aspettavo un responso, quindi in parte ero tranquillo.

La preoccupazione però, era comunque parte di me, la sua assenza mi faceva presagire le cose peggiori, ma al momento stavo cercando di non pensarci. Finalmente dopo mesi di attesa, Jungkook sarebbe tornato dal suo servizio militare, precedendo di poco i due più grandi. Per problematiche legati al covid19, avevano deciso di congedarlo insieme ad altri colleghi, con ben due settimane di anticipo, quindi ci eravamo preparati per andare a recuperarlo, partendo di buon ora la mattina, così da raggiungere Busan in aereo e successivamente, la base militare, dove il ragazzo ci attendeva.

Era stato concordato di non divulgare la notizia, nessun fan era a conoscenza di questo congedo anticipato, questo per noi significava libertà di movimento, almeno finché qualcuno non ci avrebbe immortalato. 

Arrivammo puntuali, davanti ai cancelli da cui, da lì a poco sarebbe uscito il piccolo Jungkook, con la sua divisa e lo zaino in spalla, pronto per tornare operativo in nostra compagnia, fuori dall'auto alcune ragazze e genitori, si trovavano fermi come noi in attesa che i propri fidanzati, figli o nipoti potessero finalmente dichiararsi liberi dai doveri verso la nazione.

Ero estremamente agitato, rivedere Jungkook dopo tanto tempo, poterlo recuperare, dopo un arruolamento quasi simultaneo, dove io ero partito per primo, non potendo quindi accompagnare gli altri, avevo passato più di due anni senza vederli. Il primo ragazzo uscì dalla porta principale, con la mascherina ben sistemata sul volto, questo per me fu il segnale per poter uscire dall'auto, spalancai la porta e feci un'uscita trionfante, con il mio costume da pinguino attirai l'attenzione di tutti i presenti, che cercarono di non ridere.

Mi portai vicino al cancello e proprio in quel momento il piccolo Jungkook uscì dall'edificio, intuendo subito, che dietro il costume da pinguino ci fosse qualcuno della band, il ragazzo arrestò la sua camminata, portandosi una mano davanti al volto divertito, per poi correrci incontro, superando così i suoi compagni e fiondandosi su di me, per potermi abbracciare.

"Hyung, mi siete mancati", esclamò, lasciando andare la borsa a terra e stritolandomi ancora di più, probabilmente era intenzionato ad uccidermi. Cercai di colpirlo con le mie pinne, provai a beccarlo con il mio becco di gommapiuma, ma nulla lo fece demordere, così semplicemente ricambiai l'abbraccio, sentendomi scoppiare, dopo due anni senza vederlo; mi era mancato.

"Com'è possibile, che tu sia diventato più grosso di prima", borbottò Yoongi, toccando incuriosito e sconcertato il bicipiti dal ragazzo, sembrava quasi ipnotizzato, mentre Jungkook cercava di divincolarsi dalla mia presa, per potersi sottrarre a quelle attenzioni.

Namjoon gli scompigliò i capelli, mentre Hobi gli pizzicò le guance per infastidirlo, era sicuramente una scena imbarazzante, tanto che, le persone circostanti fecero un passo, ampio e ben visibile per allontanarsi da noi, il costume, le mascherine e gli occhiali, avevano occultato abbastanza bene il nostro aspetto e nessuno sembrava averci riconosciuto. 

"Facendo esercizio, sono felice ci siate tutti, adesso però mettimi giù Jin hyung", si lamenta cercando ancora una volta di liberarsi dalla morsa mortale del pinguino, mi ero calato così tanto nella parte da non aver ancora aperto bocca e stranamente, avevo una gran voglia di pesce.

"Adesso che sei un uomo completo, dovresti offrire il pranzo", scherzai alzando leggermente la maschera, in modo che potesse vedermi in volto, sembrava stanco, ma lo eravamo tutti al nostro congedo, probabilmente aveva dormito poco per tutta la durata del servizio militare, ma sprigionava comunque euforia da tutti i pori.

"Ho appena terminato il servizio, dovreste essere voi a pagare il mio pranzo", si lamentò Jungkook incrociando le braccia al petto, come un bambino capriccioso. Yoongi recuperò da terra la borsa del ragazzo e Namjoon ci fece strada per tornare verso la nostra auto, pronti a festeggiare il ritorno di Jungkook nel suo ristorante di Busan preferito.

"Vedo che non ti sono bastate, tutte le volte precedenti", il ragazzo mi abbracciò, forse troppo felice di sentire le mie lamentele o semplicemente perché inquieto, avrei voluto sentirmi anche io così all'uscita del mio servizio militare, spensierato, felice della sua conclusione e invece era andato tutto diversamente.

In parte, dovrei essere grato al mio momento di buio, sconforto, perdita di obbiettivi, mi avevano permesso di trovare, la persona che adesso aleggiava perennemente nella mia mente, isolarmi era servito per arrivare a lei e trarne conforto. 

Per quanto in quel momento, riuscissi a dividermi meglio, tra i miei pensieri più distruttivi, nulla era realmente cambiato, c'erano stati dei miglioramenti, ma più si avvicinava il nostro ritorno sui palcoscenici virtuali, più mi sentivo inadeguato, insicuro e privo di qualsiasi talento, come se fossi un novellino, spaventato da qualcosa che non conosce.

"Yoongi, Jin hyung, ci siete?" La voce di Jungkook mi fece spostare lo sguardo dall'asfalto, ci trovavamo davanti all'auto, gli altri membri del gruppo erano già seduti e con le cinture allacciate, mentre Yoongi si trovava a pochi passi di distanza, stava fissando un punto impreciso. Aguzzai lo sguardo e notai subito, la ragazza straniera, quella della sua cotta, era in piedi davanti al cancello, abbracciava un ragazzo in divisa, mentre delle lacrime di felicità lasciavano i suoi occhi, insieme a lei, un'altra ragazza, spesso presente nei suoi post, che stava colpendo lo sconosciuto, mentre anche lei piangeva, probabilmente felice di rivedere l'amico, il fratello o addirittura il fidanzato.

"Yoongi, muovi le chiappone, prima che qualcuno ci riconosca", dissi cercando di prenderlo per mano con la mia pinna, l'impresa fallì, ma almeno ero riuscito ad attrarre la sua attenzione, alzai lo sguardo verso di lui, aveva gli occhi semichiusi, che mi guardavano con disappunto da sopra gli occhiali e probabilmente un broncio, nascosto dalla mascherina nera. 

"Le mie non sono chiappone", esclamò, sottraendosi alla presa fallita della mia pinna e portandosi all'interno del van, dove Jungkook ci stava guardando divertito, aveva abbassato la mascherina rivelando qualcosa di scioccante per tutti noi.

"Cosa sono?" Quasi urlai vedendo dei baffetti sul suo labbro superiore, tolsi la maschera e a passo svelto cercai di infilarmi nel van a fatica, così da poter guardare meglio il ragazzo, "Ti hanno punito togliendoti il rasoio?" Chiesi sfiorando quei peletti terrificanti, sembrava essere uscito da un bruttissimo film degli anni ottanta, abbassai anche io la mascherina, così da potergli mostrare tutto il disgusto che provavo nel vedere quelle atrocità sulla sua faccia.

"No, ho provato a farli crescere", ci informò passandosi due dita sul labbro, sembrava un maniaco, uno di quei pervertiti disgustosi perennemente presenti nelle serie televisive, sentivo il bisogno di estirparglieli uno ad uno.

"Sono orribili", commentai forse un po' troppo inorridito, da dei semplici e scarsi baffi, erano così pochi, che sembrava inutili tenerli, appariva in disordine, per niente carino da vedere.

"Gia abbastanza raccapriccianti", mi seguì a ruota Yoongi, ricevendo del consenso da parte mia, Hoseok appoggiò una mano sulla spalla del più piccolo, forse per incoraggiarlo e cercare delle parole positive per descrivere quello scempio sulla sua faccia.

"Sembri un dodicenne con i baffi", esclamò provocando una sonora risata in me e Yoongi, che non ci trattenemmo dal ridere, Jungkook alzò gli occhi al cielo, per poi guardare Namjoon nella speranza di un responso più clemente.

"Hai avuto look migliori", disse pacato, una risposta per niente divertente, ma almeno sincera, guardammo tutti il più piccolo che allungò un braccio verso di me e l'altro verso Yoongi in modo da poterci abbracciare ancora.

Sembrava bisognoso d'affetto e questo potevo capirlo, aveva avuto la possibilità di vedere pochissimo i suoi famigliari, per via delle regole stringenti causate dal covid19, doveva recuperare tutti gli abbracci mancati a cui era tanto affezionato. 

"Speravo vi facessero schifo", esclamò stringendoci ancora più forte, non opposi resistenza, rimasi abbracciato a lui e lo stesso fece Yoongi, come al solito, aveva escogitato qualcosa che potesse infastidisci, solo per il suo personale divertimento, che anche questa volta aveva centrato il segno, ma quello scherzo avrebbe avuto vita breve.

Jungkook era sicuramente un bel ragazzo, affasciante pieno di qualità estetiche, ma quei baffi mi facevano rabbrividire, dovevano essere eliminati. 

"Ti voglio bene Jungkook, ma tu al ristorante con quei cosi non ci vieni, fermiamoci al primo minimarket per strada, dobbiamo comprare un rasoio", esclamai, parlando con l'autista che si limitò ad annuire alla mia richiesta.

Il telefono in tasca vibrò, ne approfittai per mettere fine a quel abbraccio con Jungkook, che venne catturato dalle domande, che Namjoon aveva iniziato a porgli sul suo servizio militare, era tutta mattina che cercavo di contattare mio fratello, per organizzare una cena insieme, ma a quanto sembrava, aveva di meglio da fare che rispondere al proprio fratello minore.

Estrassi il telefono, dalla tasca posteriore dei jeans e con molta fatica, tirai fuori il braccio dal costume, così da poter controllare se fosse lui, ma con mia sorpresa quello che ritrovai sullo schermo, non era un suo messaggio, bensì la notifica da parte dell'app podcast.

Purple Abyss, era tornata e la cosa mi rendeva felice, non importava quale sarebbe stato l'argomento di cui avrebbe trattato, ciò che mi premeva era sentire la sua voce e sapere che stava bene, magari da lì a poco avrebbe anche risposto alla mia email o dato comunque qualche segno di averla anche solo visionata. 

Aprii l'app, mentre le voci dei miei compagni si annullavano completamente, al suo podcast era stata aggiunta una nuova puntata, intitolata "Se queste fossero le mie ultime parole", un titolo per niente rassicurante, che mi invogliava a far partire subito l'audio, ma non potevo ascoltarlo, non avevo le cuffie e tutti intorno a me erano ben lontani dal voler far silenzio per permettermi di ascoltare.

L'arrivo di una notifica da parte di Instagram mi distrasse, Purple Abyss, aveva deciso di aggiornare tutti i suoi social, e come ritorno, aveva deciso di colpirmi al cuore. La foto non rivelava molto, racchiudeva la sua scrivania bianca, il muro, adornato con prodotti dei BTS, la cosa che mi fece sorridere, fu lo specchio posto sulla scrivania, tondo, in metallo, che rifletteva la sua immagine.

Era la prima volta che si faceva vedere, anche se in realtà, tutto ciò che lo specchio rifletteva, era un volto, coperto dal telefono e dalla sua mano e una chioma rosa, illuminata dalla luce che proveniva dalla finestra, non c'era nessun elemento, che mi rivelava chi o come fosse, eppure, intravedere il suo sorriso, la rese ancora più carina nella mia mente.

Il telefono, mi fu sottratto dalle mani, Jungkook, osservò interessato la fotografia, sul mio cellulare, per poi guardarmi divertito.

"Perché sorridi come uno stupido a questa foto?" Chiese iniziando probabilmente a sfogliare i post sul profilo della ragazza, in quel momento mi resi conto, che eravamo fermi, in un punto indefinito della città, al nostro fianco un minimarket, da dove il nostro autista, stava uscendo con in mano un sacchetto nero, probabilmente il rasoio per Jungkook. 

"Lei è la ragazza per cui lo hyung, ha una cotta", commentò Namjoon, allungandosi verso lo schermo del telefono per guardare meglio, Jungkook alzò di nuovo lo sguardo verso di me, così stupito da sentirmi quasi offeso da tanta incredulità, forse ero sempre stato, un ragazzo difficile nello scegliere le ragazze con cui uscire, ma questo non giustificava il suo stato di shock. 

"Hai una cotta per qualcuno", affermò ancor più incredulo. Indossai per bene il mio costume da pinguino, pronto a colpirlo con una pinna se avesse aggiunto qualcosa di ancora più stupido, "sei un po' vecchio per le cotte Jin hyung, alla tua età dovresti pensare ad accasarti", in pochi secondi, l'idea di non colpirlo svanì e la mia pinna iniziò a colpirlo ripetutamente sulla nuca, mi era mancato anche quel suo stupidissimo senso dell'umorismo e il poterlo colpire.

"Pablo Escobar, non sei nella posizione per giudicare", lo rimproverai, gli feci cenno di recuperare il sacchetto con il rasoio, in modo che quella serie di battute sugli uomini baffuti, che stava affiorando nella mia mente sparissero. Jungkook mi restituì il telefono e sollevato estrasse il rasoio di fortuna, per eliminare alla meglio, i quattro peli, che dovevano essere dei baffi. 

Pochi secondi dopo arrivammo al ristorante, accolti dai proprietari e da altri amici di Jungkook, in attesa del nostro arrivo, all'appello mancavano solo i genitori, che ci avrebbero raggiunto in serata, provai a sfilarmi il costume da pinguino, ma Jungkook mi pregò di tenerlo, così decisi di accontentarlo.

Presi posto al suo fianco a fatica, dimenandomi più come una foca, che come un pinguino, cercando di trovare la posizione giusta per sedermi.

"Chi sarebbe la ragazza? Sfogliando non ho trovato foto del volto, è carina? Quanti anni ha? L'hai già incontrata?" Le domande di Jungkook arrivarono a raffica, come al solito non riusciva a stare calmo, quando qualcosa lo incuriosiva.

"Credo abbia intorno ai vent'anni, gestisce un podcast che ascolto, credo sia carina, e no, non l'ho mai incontrata, ho avuto una sola interazione con lei tramite DM di Instagram, non ti azzardare a ridere o prenderti gioco di me", lo minacciai, non ero in vena delle sue battutacce. 

"Sono informazioni abbastanza confuse", specificò il ragazzo, si grattò la testa, in attesa probabilmente che estraessi il cellulare e gli facessi vedere altro, ma non avevo nulla su di lei. Recuperai il telefono e gli feci vedere i vari titoli dei podcast spiegandogli velocemente cosa racchiudessero.

"In realtà non la conosco, mi sono invaghito della sua sofferenza probabilmente, so che è una cosa orribile, ma è capitato, ascoltando i suoi podcast dopo il servizio militare", dissi abbassando lo sguardo verso il tavolo, dove senza che me ne rendessi conto, erano stati adagiati alcuni dei piatti che avevamo ordinato; Jungkook avvolse un braccio intorno alla mia pinna con fare affettuoso, mentre mi osservava, evidentemente desideroso di sapere qualcosa.

"A proposito, gli altri mi hanno detto come è andato il loro congedo, manchi solo tu", disse mettendosi seduto composto e recuperando le bacchette per iniziare a mangiare, tutti intorno a noi sembravano coinvolti in discussioni differenti, troppo impegnati per prestare attenzione a noi; feci un respiro profondo e solo dopo che il ragazzo ebbe iniziato a mangiare, cominciai a parlare.

"Non è andato bene, mi sentivo solo, confuso, senza uno scopo", esordii insicuro su come approcciarmi, il mio congedo non era stato dei migliori. Ero riuscito a farmi travolgere dalle peggiori sensazioni, senza badare a chi mi circondava, "ho pensato che morire fosse più pratico, che affrontare i miei pensieri depressi, ma poi ho iniziato ad ascoltare quel podcast, sono riuscito a chiedere aiuto agli altri, alla mia famiglia ed eccomi qui", spiegai velocemente, Jungkook non esitò ad abbracciarmi, cercando di avvolgermi, con molte difficoltà, visto quanto il costume da pinguino fosse ingombrante; con la pinna iniziai a dargli pacche sulla testa, in modo da poterlo consolare. Le mie parole l'avevano turbato, così provai ad deviare un po' l'argomento, parlandogli di Purple Abyss, della mia vergognosa cotta e della email, che gli avevo scritto settimane prima.

"Come si chiama il suo podcast? Vorrei ascoltarlo", esclamò il ragazzo con la bocca piena, mentre mi porgeva un boccone. Aveva deciso che per quella sera sarei stato il suo pinguino domestico, cosa strana, che in altre circostanze non avrei permesso, ma era appena tornato e in quel momento gli avrei concesso anche la luna. 

"In realtà sono molto curioso, dopo una pausa di tre settimane è finalmente tornata", lo informai abbassando lo sguardo sul cellulare, adagiato sul tavolino.

"Se condividi con me le cuffie, possiamo ascoltarlo insieme, sono proprio curioso di capire chi sia", disse estraendo dalla tasca della divisa le sue cuffie un po' malconce, ne estrasse una e me la inserì nell'orecchio, infilando la seconda nel suo; collegai il tutto al telefono e senza esitazione feci partire l'episodio, mentre cercavo di isolarmi dai rumori che mi circondavano.

"Alcune volte penso che peggio di così non possa andare, che ci sia un limite alla tristezza e al vuoto che possa provare, ma in queste settimane, penso di essere andata così in giù da riesumare vecchie abitudini, che vanno oltre il fondo del barile.

Hai mai provato il desidero di morire? Io si, in realtà è una volontà costante, ma quando questo desiderio diventa più ingombrante, la mia soluzione, all'impulso di fare qualcosa di dannoso è mettermi in un angolo, rannicchiata contro un muro, come se questo potesse trattenermi, magari mentre fisso il vuoto o l'oggetto del desiderio, che mi aiuterebbe ad allontanarmi dalla vita.

Mi chiedo perché la mia presenza dovrebbe essere vitale e non trovo risposte, inizio solo a sentirmi angosciata e tremendamente in colpa verso le persone che mi circondano, così penso a quali dovrebbero essere le mie ultime parole, e di solito, sono semplicemente delle scuse.

Scuse rivolta a tutte le persone che mi hanno conosciuto negli anni, che non sarebbero mai abbastanza per sdebitarmi dell'avermi sopportata, perché mi considero un persona insostenibile fin dalla nasciate e crescendo, probabilmente ci sono stati drastici peggioramenti. 

Probabilmente sono stata una bambina difficile, nulla mi andava bene e molte cose mi ferivano, come se fossi l'unica a soffrire, come se le persone a me care non avessero problemi.

Fin da bambina ho conosciuto l'egoismo e me ne sono circondata, coccolandomi dietro la scusa della giovane età, che ormai, non mi difende più.

Se queste fossero le mie ultime parole, inizierei a scusarmi con tutti gli insegnanti, costretti a dovermi sopportare, riprendere e istruire, costretti per anni a subire il supplizio di un'alunna del mio basso calibro, ripensando alle mie mancanze, capisco perché fossi al centro di molte affermazioni che mi ferivano. Non sono mai stata abbastanza intelligente, non sono mai stata abbastanza sveglia, non sono mai stata consona all'istruzione da me ambita, e sono sempre più convinta di aver meritato i tormenti, le frecciatine e gli insulti.

Insulti dei cinquantenni a una bambina di otto anni, meritavo tutto e lo comprendo solo da adulta, perché solo avendo vissuto un po', comprendo di non avere nulla di speciale, di non essere nella media, e di aver sempre puntato troppo sui sogni. 

Forse se queste fossero le mie ultime parole, mi scuserei anche con i miei coetanei, compagni di classe, amici e conoscenti, tutte quelle persone, che mi hanno circondato nella crescita, intorno all'adolescenza, persone che pensavo amiche, compagnie o semplici volti di passaggio.

Scusatemi.

Vi ho costretti alla mia presenza ingombrante, piena di nulla, vuota, ma gonfia di inutilità, probabilmente soffocante e senza pace, voi siete stati più clementi nei miei confronti, forse troppo e mi sono abituata bene... troppo bene.

Non merito amici, non credo di essere mai stata capace a gestirli, e la più grande offesa nei vostri confronti è aver pensato non averne bisogno, di poterne fare tranquillamente a meno, nonostante la gentilezza e la disponibilità di tutti; e io? Cosa faccio?

Io... preferisco sparire.

Evito di farmi sentire, mi nascondo, cerco di far svanire la mia presenza inutile, sperando in un abbandono e un allontanamento da tutto ciò che è vita.

Scusatemi; ma sono egoista e volevo provare anche io quella sensazione di amicizia ma, mi rendo conto di essere un sassolino nella scarpa, che nessuno vede, anche se presente e da fastidio.

Per questo mi torvo qui a chiedervi scusa, nella speranza che la mia assenza vi porti il meglio che la vita possa offrire, persone migliori di me, anche se, sono sempre stata un metro di giudizio scarso.

Se queste fossero le mie ultime parole, non preoccupatevi di dimenticarmi, sono felice che tutti si scordino di me, non voglio che si occupi memori preziosa, gettatemi nel cestino, come oggetti di poco conto, così che la mente possa riempirsi di ricordi più luminosi.

Nelle mie utile parole, dovrei dedicare delle righe anche ai parenti, penso di aver voluto bene ad ognuno dei componenti della famiglia, attaccandomi ad alcuni più che ad altri, ma penso che lo stesso sia capitato a voi, ma spero che quella persona a cui vi siete attaccati di più non sia io.

Sono sempre stata scostante nell'amare, strana nei modi e probabilmente non all'altezza del proprio cognome, mi dispiace vivere nelle delusioni della famiglia, non aver raggiunto obbiettivi riconosciuti come tali, di possedere un pensiero diverso che non vi soddisfi.

Volevo essere una parente felice di rivedere, lasciare un buon ricordo, essere qualcuno per voi, ma sono io, e non sono importante, non credo di potermi nemmeno definire persona, cosa ho dato in più alla famiglia?

Nulla, in quanto donna e non uomo, mi vedo solo come un volto non all'altezza, mai stata all'altezza, mi sento fumo fastidioso e corrosivo da dover far svanire.

Se fossero le mie ultime parole però, le persone per cui mi concentrerei di più sono i miei genitori e le mie sorelle, le uniche vere scuse di cui mi importerebbe realmente, quelle che vorrei fossero recepite.

Non saprei nemmeno da che punto iniziare a elencare le mie carenze ben note, che avete vissuto, che tutt'ora state vivendo.

Figlia maggiore deludente, scarsa, non meritevole, ma comunque amata, nonostante tutto, sempre amata, in ogni occasione.

Sorella maggiore abbastanza assente, per nulla un esempio, causa delle vostre carenze.

Scusatemi tanto, però vi assicuro che non volevo essere così, volevo essere migliore, speravo di poterlo essere, di ripagarvi per essere la mia famiglia, la migliore che si possa desiderare, ma non ci sono riuscita, forse non ci ho provato abbastanza in realtà, perché nonostante voi mi abbiate dato tutto, io non vi ho restituito nulla, nemmeno le più misere dimostrazioni d'affetto.

Mi dispiace, anche perché alla mia età, sembro ancora una bambina, io che dovrei dare un esempio, vengo ancora sostenuta, incoraggiata, spinta e sorretta da ognuno di voi, ed io non ho mai dato nulla in cambio. Sono miserabile, non vi merito, vorrei mi lasciaste alla deriva, ma siete migliori di me e so che mi trascinereste sempre verso la salvezza, che non merito.

Non voglio più essere il peso che vi rallenta, vorrei avere la forza di lasciarvi liberi, essere meno egoista e pensare alla vostra felicità.

Mi dispiace essere così orrenda e inadeguata, ma anche se non sembra, vi voglio veramente tanto bene.

Se fossero le mie ultime parole, probabilmente non basterebbero per scusarmi realmente con chiunque mi abbia conosciuto, queste frasi non sarebbero mai abbastanza, ma continuavano ad alleggiare nella mia mente come un mantra, mentre rimanevo seduta, in attesa che qualcosa in me succedesse.

La verità è che oltre il molto dolore, nulla è capitato, finché qualcuno, senza che glielo chiedessi, mi ha scritto delle parole dolci, parole che non attendevo, ma che in qualche modo speravo arrivassero, parole di conforto che mi hanno fatto piangere, scritte con l'animo di chi, sembra essere realmente preoccupato. 

Così ho iniziato a pensare meno alle mie ultime parole, cercando di capire, quali sarebbero le prime che direi a chi mi ha scritto quelle frasi, quale sarebbe il modo giusto per ringraziarlo di tale gentilezza, una premura che mi ha salvata dalla mia mente, occupandone ogni angolo.

Mi sono sentita coccolata da quelle frasi, forse un po' tratte da una canzone, ma che mi hanno rasserenata, allontanandomi dalle mie utile parole, portandomi verso i miei utili giorni di tristezza abissale.

Ormai del tutto fuori dal mio barile di dispersione, mi sono sentita sollevata, alleggerita dai pensieri distruttivi, liberata da ogni desiderio di fuga. E mi dispiace non aver risposto a quelle parole, spero di riuscire ad esternare la mia gratitudine nel modo più adeguato in seguito, così da poter per una volta, ringraziare con sincerità e non arrivare al dover aggiungere qualcuno alla mia lettera di scuse.

Spero che da questo messaggio, la mia vita possa un po' ricominciare, anche perché sembra che il mondo stia per ripartire, forse per una volta, riuscirò a compiere i primi passi insieme a lui, senza rimanere indietro."

Jungkook mi guardò quasi stupito, probabilmente dal pensiero e ciò che racchiudeva, mentre io lo ero, per la rivelazione finale. 

Purple Abyss aveva letto le mie parole! 

Tolsi velocemente il costume, estraendo le mani dalle pinne, così da poter controllare le email ricevute, e tra messaggi di spam, aggiornamenti dei social e suggerimenti d'amicizia, c'era la sua risposta, inviata pochi minuti dopo la pubblicazione del podcast, che non aveva oggetto e al suo interno cerano solo poche parole.

"Grazie, ti prometto che farò meglio nella prossima risposta".

Arriva dopo grandi ritardi tra viaggi, università e una lettura impegnativa, ho avuto molto da fare e Wattpad è passato in secondo piano, spero che questo capitolo vi piaccia                    

  
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