Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _etriet_    19/05/2022    0 recensioni
La vita è fatta di morali, di discorsi silenziosi che si imparano e si fanno man mano che si vive, un po' a gesti, un po' a parole, e poi un po' con tutti e due.
Come una scalinata fatta in silenzio, in cui i gradini appena fatti si cancellano autodistruggendosi dopo pochi secondi, e non rimane nient'altro se non la scelta di continuare, o rischiare di perdere l'equilibrio fermandosi.
Perché ad ogni passo avanti corrisponde uno sbilanciamento, fisico, morale e psicologico.
Veronica Lisi è sempre stata di idee chiare, ha sempre basato la propria vita su principi fondamentali, come quello che il passato non si cancella, si descrive, che il presente non va guardato, va vissuto, e che il futuro non deve essere sognato, ma costruito; mette tutta se stessa per portare avanti le cose al meglio.
La sua quotidianità, tuttavia, viene sconvolta nel giro di nemmeno un mese, e pur di vedere sua madre felice, cambia tutte le carte in tavola, prende, fa le valige e parte verso qualcosa a lei sconosciuto.
→→→→→→→→ LETTURA A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO: CLICHÉ TRATTATI IN MODO ORIGINALE, AMORE PERENNE PER TUTTI I PERSONAGGI E AGGIORNAMENTI LENTI ←←←←←←←←
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Leonardo non aveva mai pensato alla morte come a qualcosa di vicino a sé, non si era mai interrogato su quale dolore avrebbe provato se qualcuno di a lui caro fosse deceduto e nemmeno si era mai trovato nella condizione di essere quel tipo di supporto morale per chi era lui vicino. Tutti i parenti morti che aveva, i suoi nonni materni e suo nonno paterno, erano semplicemente passati quando lui era troppo piccolo per capire o, addirittura, quando lui non c'era. Ogni tanto ci pensava, si addolorava al pensiero di non averli mai conosciuti, ma ringraziava di non aver vissuto quel tipo di dolore, consapevole, anche solo perché osservatore talvolta di vite altrui, che sarebbe potuto essere insopportabile. D'estate, quando il sole era cocente, la casa altrettanto nonostante ventilatori e condizionatori, andava a farsi un giro in bicicletta e, più di qualche volta, passava per i cimiteri. Non aveva una particolare passione per quei luoghi, semplicemente c'era quel silenzio esasperante che gli dava tranquillità. In quei posti, quando capitava, aveva visto le più svariate scene strazianti: bambini piccoli che portavano fiori sulla tomba dei genitori, genitori che baciavano tombe di neonati, anziani che andavano a trovare il proprio compagno defunto, persone che venivano seppellite, donne, uomini, infanti o ragazzini che piangevano tutte le proprie lacrime. Eppure mai, mai nella propria vita, si era ritrovato nella condizione di essere uno di quegli accompagnatori di supporto che ogni tanto aveva visto, mai si era immaginato che ne sarebbe stato uno, e nemmeno gli era passato per la testa che avrebbe sofferto vedendo Veronica, o qualsiasi ragazza, piangere. Non era mai stato un ragazzo con amici con genitori morti, il massimo che aveva vissuto erano amici con famiglie disastrate, con genitori omofobi o divorziati da prima che nascessero. Non aveva mai dovuto consolare un amico in quel senso, non poteva di certo fare nessun tipo di battuta, non poteva fare del sarcasmo, non poteva, e non sapeva nemmeno cosa fare. Così si era lasciato andare, aveva guardato Veronica negli occhi e le aveva detto semplicemente quello che gli era venuto da dire, non che avesse pronunciato le prime parole che gli erano venute in mente, mentre incrociava le dita o che avesse mentito, semplicemente per una volta non ci aveva ragionato troppo sopra, non aveva pensato che quella frase sarebbe andata bene mentre quell'altra no. Così, da quel momento in poi, anche se non era persona da quel genere di movimenti, aveva continuato a osservare Veronica per tutto il restante giorno, aveva continuato a tenerle la mano, ad accarezzarne il dorso, a far in modo che le loro spalle si toccassero quando camminavano, e anche quando si sedevano; a pranzo aveva tenuto una mano sul suo ginocchio, e anche il quel caso, quando sentiva che cominciava a tremare, soppesava la presa, la rinvigoriva e la guardava, e lei si girava sempre verso di lui, e per tre secondi, li aveva contati ogni volta, gli occhi di una si perdevano in quelli dell'altro. Non la guardava con lo sguardo strano di una persona che provava una sorta di compassione, semplicemente la guardava, la guardava e pensava che non sarebbe mai stato il grado di allontanarla da sé, la guardava e il suo cuore batteva, la guardava e la sua rabbia, quella per cui era spesso sarcastico e indisponente con la maggior parte delle persone, si attenuava. Era successo anche altre volte che si sentisse meglio quando lei gli era vicino, che in qualche modo contorto, anche se nemmeno così tanto, riuscisse ad affievolire tutte quelle parti che per molti erano sbagliate di lui. Non si era mai tuttavia posto un vero interrogativo del perché succedesse, aveva semplicemente fatto finta di nulla, come se niente accadesse, anche se era palese che in realtà qualcosa cambiasse. Non si definiva una cattiva persona Leonardo, antipatico forse, non pienamente empatico o poco comunicativo, distante e talvolta freddo, ma mai cattivo, eppure gli altri lo vedevano così; ma lei, fin dall'inizio, non aveva mai tentato, o almeno gli era sembrato, di dargli un'etichetta precisa e questo gli aveva lasciato libero spazio di essere con lei per come si sentiva con lei. Le reazioni sono spesso una diretta conseguenza di quello che si prova e lo stesso era per Leonardo, non che fosse diverso in quel senso da qualsiasi essere umano presente sulla terra. Però, c'era comunque un però, con qualsiasi altra persona che non fosse lei, che non fossero i suoi amici o la sua famiglia, Leonardo si dimostrava semplicemente per quello che era in prima facciata, senza mostrare anche le proprie gentilezze. Spesso le persone dopo aver ricevuto gesti di gentilezza si aspettavano altri gesti di gentilezza, come se fosse scritto da qualche parte che mostrarsi una volta gentile con qualcuno fosse una firma su un trattato che deliberava che una persona dovesse essere gentile per sempre. Non era così, Leonardo non voleva che fosse così, perché in quel caso avrebbe dovuto mettere una maschera, nascondersi e non essere sé stesso, perché lui sapeva essere gentile ma solo con chi se lo meritava. Quindi non tentava nemmeno di mostrarsi gentile con chi lo categorizzava come una "cattiva" persona, a esempio Giada, perché era palese ciò che lei pensava di lui, ed era quindi logico che si fosse lasciato andare con qualcuno che non gli aveva messo etichette. Dopo il pranzo Veronica e Greta avevano passato un po' di tempo madre-figlia, come era giusto che fosse, e infatti Angela aveva trascinato via entrambi i suoi figli fino a circa l'orario di cena, quando Greta aveva l'aereo. Quando erano tornati a casa di Veronica quella stava dormendo sulle gambe di sua madre, che, con una sguardo addolorato, lo sguardo di chi era consapevole del dolore degli altri tanto quanto era a conoscenza del fatto che non fosse in grado di attenuarlo, le accarezzava un sopracciglio in maniera regolare. A Francesco era stato dato il compito di svegliare Veronica, Leonardo doveva chiudere tutte le porte e le finestre di casa che erano state aperte, oltre a rimettere i teli bianchi per la polvere sopra ai mobili da cui li avevano tolti, Angela e Greta avevano caricato le valigie di quest'ultima in macchina. Il sole era ormai calato da un pezzo quando Leonardo, seduto di fianco a Veronica nella macchina di Angela, mentre erano in viaggio per tornare a Treviso, aveva continuato a stringerle una mano, senza mai lasciarla. Un po' per riprendersi indietro il tempo in cui non aveva potuto starle a fianco. Non che ne facesse la colpa a qualcuno, ovviamente. Le cose quel giorno, nonostante che giorno fosse, erano andate abbastanza bene.

Quando erano arrivati a casa era notte fonda, circa l'una del mattino, e Leonardo, scacciando anche malamente Francesco, aveva preso in braccio Veronica per portarla in camera sua, visto che si era addormentata di nuovo. Aveva fatto le scale con estrema calma, suscitando anche una risata da parte di sua madre che, quando lui si era girato a guardarla, aveva fatto finta di nulla mente metteva a posto alcune cose in soggiorno, Leonardo provava in realtà paura riguardo al poter perdere l'equilibrio. L'aveva messa sotto alle coperte, coprendola bene, per via del freddo stagionale, e poi era andato in camera sua senza dire una parola. Si era cambiato, mettendosi dei vestiti adatti per dormire, e si era disteso sul letto nel buio della sua camera. I minuti erano passati e i suoi occhi non si erano chiusi, anzi, appena le proprie ciglia superiori incontravano quelle inferiori il senso di sonno che pensava aver percepito di estingueva, spegnendosi veloce come la fiamma d'una candela lasciata sotto alla pioggia. Non c'era niente di più pericoloso della notte per pensare, Leonardo lo sapeva, ma per quanto provasse, tentasse e si perdesse nel tentativo di spegnere la propria mente quella rimaneva lì, accesa. La mente del ragazzo era volta sul sogno fatto in gita. Leonardo non sapeva molte cose su situazioni come quella. Anzi, avrebbe anche potuto dire di non saperne nulla: non era mai stato infatuato, innamorato o devoto a qualcuno, nessuno aveva suscitato il suo interesse e lui non aveva mai avuto nessun tipo di relazione o rapporto, fisico mentale che fosse. Si era accorto da un po' di tempo di preoccuparsi per Veronica più del normale e che ogni volta che succedeva aveva bisogno di una conferma fisica del fatto che lei ci fosse. Aveva notato come il proprio sguardo la cercasse ogni volta che non erano soli o quando si allontanava. Dentro si sé aveva percepito qualcosa che non aveva mai conosciuto, e quelle sensazioni che lui provava erano cose talmente profonde che aveva paura persino nel provare a capirle. Poi, in aggiunta, anche quel sogno, tipologia che non aveva mai affrontato. Da una parte Leonardo avrebbe voluto allontanarsi, mettere le distanze, cercare di non avvicinarsi a lei, avere il minimo di contatto possibile come era stato all'inizio, anche se, a ricordare gli episodi del primo mercoledì di scuola e quella volta in cui le aveva fatto fare le chiavi, nemmeno in quel periodo ci riusciva, dall'altra avrebbe voluto semplicemente avvicinarsi ancora di più a lei; sapeva poco, e quel poco che sapeva gli era stato rivelato dopo mesi e mesi di conoscenza, di quello che era stata perché l'aveva conosciuta solo per come era, era cambiata in quei mesi quel giusto per avere un rapporto abbastanza aperto con tutti coloro che considerava amici e, se era il caso, tornava fredda con chi non conosceva. La prima domanda che aveva provato a porsi era stata domandarsi perché il primo giorno non fosse andato con sua madre e Francesco a prenderla, perché avesse deciso di organizzare su due piedi un'uscita di cui aveva già accennato tante volte per mettere delle basi e non farla sembrare campata per aria, si era dato la risposta piuttosto rapidamente, anche perché in realtà l'aveva già pensata mesi prima: non la voleva nella propria vita, e non andarla a prendere significava già imporre un muro. Aveva sorriso ironico a sé stesso mentre si tirava convulsamente una ciocca di capelli. Quel muro, che non era un muro ma era sempre stato solo un segno di gesso bianco per terra, ad indicare dove avrebbe dovuto esserci quella struttura forte per dividersi, era stato distrutto ancora prima che lui potesse anche solo cominciare a costruirlo. Sua madre gli aveva imposto di stare vicino a Veronica, di non lasciarla, di prendersi cura di lei e di non trattarla come trattava sempre la maggior parte delle persone. Leonardo lo aveva fatto e quello aveva portato soltanto ad un avvicinamento, dal giorno in cui le aveva fatto fare le chiavi di casa, quello stesso in cui aveva avuto per la prima volta un contatto fisico prolungato con lei, a pochi minuti prima, al loro, momentaneo, ultimo contatto prolungato. La verità però, si era reso conto, era che lui aveva cominciato a sentire veramente qualcosa da quando lei lo aveva aiutato in fisica, qualcosa di ingiusto, sbagliato, irrisolvibile, e lo aveva sentito di nuovo, in modo più forte e intenso, da sua nonna quando lei era stata male e poche settimane prima, quando si era fatto mezza città a piedi per lei. Momenti, istanti, frammenti che al susseguirsi l'uno dell'altro avevano portato nuovi sentimenti. Avrebbe potuto rendersene conto anche prima di quale direzione stava perseguendo, di quali rischi avrebbe portato ignorare tutto. Probabilmente era in quell'occasione, quando aveva pensato di voler conoscere la ragazza più di quanto non la conoscesse in quel momento, che avrebbe dovuto interrogarsi, chiedersi perché lo volesse così tanto e rendersi conto di dove sarebbe arrivato. Tuttavia non lo aveva fatto, e ora si ritrovava in quella condizione scomoda. Leonardo aveva sospirato, tirandosi i capelli indietro in un gesto nervoso e si era distaccato dalla parete alla quale si era appoggiato, respirando pesantemente dal naso. C'era qualcosa che scattava nell'aria quando erano insieme, solo solo due, come se qualcosa, simile ad un nastro trasportatore, li portasse avanti senza la loro volontà, contro i loro stessi pensieri, beffeggiandosi dei loro sentimenti, e Leonardo se ne era accorto solo in quel momento, mentre ripercorreva tutte le giornate e tutte le ore che avevano passato insieme solo loro due. Si era sentito tremendamente caldo, scottante, e la testa aveva cominciato a girargli ricordando un particolare che non aveva preso in considerazione: l'aveva quasi baciata, volontariamente. Gli si era annebbiata la mente quella volta, da sua nonna, quando se l'era quasi vista svenire davanti, e il suo intero raziocinio era andato a farsi benedire, probabilmente dal vescovo di Venezia. Si era appoggiato alla parete sentendo la testa duolergli e il corpo raffreddarsi immediatamente, coinvolgendolo in un gelo pari a quello che c'era solo il primo dell'anno. Non era doloroso ammettere che c'era qualcosa che lo univa a lei, che c'erano dei veri e propri sentimenti in ballo, anche se erano sconosciuti, eppure c'era qualcosa, qualche consapevolezza o paura recondita, che gli stava facendo male.

Leonardo, inoltre, covava altri timori. Che più che timori non erano altro che la diretta conseguenza della scoperta di un fatto tragico da chi aveva vissuto eventi scandalizzanti a propria volta. Un po' alla pari di come si era stata tormentata Veronica, tra la voglia di raccontargli quella parte della propria vita e l'irrefrenabile timore della sua reazione. Leonardo sentiva la spiacevole sensazione di essere in obbligo morale, da quel giorno in poi, di raccontarle di sé più di quanto non avesse già fatto, anche se non aveva fatto molto nella concretezza dei fatti. Si era un po' arrabbiato con sé stesso, dicendosi che se lei gli aveva raccontato quelle cose non significasse che lui non potesse prendersi altro tempo per potergliene parlare. Non era obbligato in modo concreto, e i sensi di colpa erano fasulli. Aveva cercato di convincersene mentre questi, nella realtà dei fatti, gli facevano venire dei brividi sulle braccia. Aveva provato a non pensarci, si era messo sotto le coperta, coprendosi fino alle spalle. Quello che in realtà non ammetteva, quello che in realtà non voleva ammettere, era che aveva paura che Veronica vedesse la sua persona, la personalità, come l'emblema di ciò che era capitato a lui e alla sua famiglia, temeva, in modo indipendente da Veronica stessa ma dipendente da ciò che sentiva per lei, che lo vedesse come la derivazione dei maltrattamenti. Leonardo, quindi, aveva paura che Veronica snaturasse la sua natura e la percepisse come la derivazione di un trauma. Era ovvio che Leonardo avesse avuto un trauma, che questo avesse inciso sul suo essere e sul suo modo di comportarsi, come la paura di farsi toccare e di toccare le persone con cui non avesse confidenza, ma il suo trauma non era lui. Certe sue azioni, alcuni suoi comportamenti, potevano certo derivarne, anche se non era una giustificazione adatta per continuare ad avere quei modi di fare. Voleva solo che lei lo vedesse come lo aveva sempre visto, anche se molto probabilmente non sempre era stata positiva o eccelsa, e che lo trattasse come lo aveva sempre trattato. Pensare a suo padre, pensare alla sua famiglia, in ogni caso, era stata una diretta conseguenza e tra lo scorrere dei momenti sereni passati insieme Leonardo si era fissato su un ricordo in particolare: erano al mare, lui nuotava in mezzo alle onde per raggiungere suo fratello che si trovava più a largo, sua madre li osservava dalla spiaggia e suo padre se ne stava nel mezzo della distanza che divideva i due fratelli, tenendoli sott'occhio nel caso uno dei due avesse avuto, in uno sfortunato caso, bisogno del suo aiuto in qualsivoglia modo. Era stato inevitabile, per lui, pensare a come poter sostituire quel ricordo con uno che gli causasse meno tristezza, con uno che, negli anni, non avrebbe rimpianto o con cui non si sarebbe sentito nostalgico in quel particolare modo, perché la sensazione che gli attanagliava lo stomaco era di pura agonia per la perdita di un qualcosa che non sembrava essere nemmeno cominciato, così gli era venuta in mente Veronica, il suo sorriso gentile, i suoi occhi azzurri e i suoi capelli neri, la sua intera figura gli si era palesata nella mente, scacciando qualsiasi sensazione sentisse e rimpiazzandola con un sentimento che sapeva di affetto. Nello stesso modo anche un'idea, forse per nulla geniale, aveva fatto capolino tra i suoi pensieri: avrebbe portato Veronica al mare, e se ne infischiava se fosse Lunedì, Mercoledì o Sabato, non gli importava se sua madre se la sarebbe presa e lo avrebbe sgridato e non gli interessava nemmeno di Francesco. Avevano raggiunto un certo rapporto strano quei due, un rapporto che era al pari di quello di un fratello e di una sorella, Francesco aveva saputo addirittura prima di lui quello che Veronica aveva passato, quello che le era successo, aveva guadagnato un tipo di fiducia che lei non aveva palesato nei confronti di Leonardo, ed era assurdo quanto inqualificabilmente squallido il fatto che, fino il giorno prima, Leo fosse stato irritato, innervosito e invidioso di quei tipo di rapporto. In quel momento, però, preso atto di sé stesso, si rendeva conto che essere visto da lei come un fratello era una delle cose che avrebbe potuto fargli forse più male. Si era girato, guardandosi attorno per trovare l'orologio, quello, sopra il comodino, segnava le tre di notte passate. Leonardo non restava mai sveglio fino a notte fonda, capitava quando usciva la sera, quando andava alle feste, quando si fermava a casa dei suoi migliori amici, ma se era a casa sua, in periodo scolastico, tendeva sempre a volersi un po' più bene che male, per quanto quel male potesse essere relativo, così si era dato come limite l'una o massimo l'una e mezza per andare a dormire. Per questo quella era, per lui, un orario fin troppo attardato. Si era sistemato meglio tra le coperte, mettendosi a pancia in giù, le braccia dietro al cuscino per sollevarlo un po' di più, aveva chiuso gli occhi e tutto era scomparso, la luce, i rumori, il suono stesso del suo respiro, il tatto. Tutto si era appiattito fino a scomparire. Era solo lui, in quel momento, con i propri incubi. C'erano periodi un cui erano più frequenti, subito dopo che i suoi genitori avevano divorziato ne faceva moltissimi, ogni volta che chiudeva gli occhi e la sua mente si rilassava tutto quello che vedeva erano scene di quella che era stata la sua vita ma storpiate in peggio: ogni volta suo padre era più alto, più brutto, più cattivo. Dopo un po' aveva smesso di farne, si svegliava non ricordandosi cosa aveva sognato (e stava bene così), ma l'inverno successivo erano tornati, e quello dopo ancora, e quello dopo ancora, tornavano ogni inverno e smettevano ad ogni primavera. Non cambiavano mai veramente, erano sempre gli stessi. Quello che ogni volta lo stordiva di più però non era uno in cui suo padre faceva del male a lui, a Francesco o a sua madre, non era uno in cui gli urlava contro quando fossero tutti inutili, o quando sua madre fosse una poco di buono, per non usare le sue stesse parole, non era uno che lo aveva turbato nell'immediato, ma uno che gli aveva regalato una paura che pian piano era andata crescendo: quella di essere simile a lui non solo come corpo ma anche come persona.

Leonardo si era svegliato ore dopo, la camera immersa nel buio, e per questo quando si era messo in piedi si era riscoperto tremendamente irritato. Per lui avere i balconi aperti era una regola tacita che tutti in casa conoscevano, Leonardo si svegliava meglio se c'era luce, e soprattutto si svegliava prima. In verità avrebbe potuto anche comparsi una sveglia o metterla semplicemente sul cellulare, ma odiava i rumori forti, motivo per il quale aveva il telefono in silenzioso da quando gli era stato comprato. Aveva camminato alla cieca per trovare la porta di camera e poi l'aveva aperta. Il silenzio lo aveva accolto. Fuori era mattina inoltrata, lo poteva vedere dalla finestra del bagno, ma in casa sembrava esserci solo lui. Era più che possibile, in realtà. A volte era capitato che fosse così stanco che nessuno era riuscito a svegliarlo e quindi era semplicemente rimasto a casa. Il problema, quella mattina, era che aveva un piano, e il piano era appena andato a finire nel cestino della spazzatura. Era sceso in cucina controvoglia e gli era quasi venuto un infarto quando aveva visto Veronica seduta sul tavolo della cucina. Quando era passato davanti camera sua aveva cercato di vedere se lei ci fosse, ma gli era sembrato tutto come quando era agli allenamenti quindi non gli era nemmeno passato per l'anticamera del cervello che lei potesse essere a casa. Anche perché non se la immaginava Veronica a saltare un giorno di scuola con quel suo perfezionismo che ostentava. Si era avvicinato piano, le aveva sfiorato un avambraccio per farle intuire che c'era anche lui e lei si era appoggiata a lui. Non che ne fosse sorpreso.

«Andiamo al mare?» Leonardo era rimasto un attimo spaesato, come se qualcuno gli avesse detto una frase per poi contraddirla. Le sopracciglia gli erano scattate verso l'alto.

«Eh?» Veronica aveva fatto spallucce e si era allontanata leggermente

«No niente, una cosa stupida»

«No, non è vero, possiamo andarci -lei si era girata verso di lui, gli occhi illuminati- Ci sono le corriere per Caorle, basta controllare gli orari, prepararci, comprare i biglietti e andare. Dobbiamo rientrare prima delle nove però, Francy non può reggere per molto tempo alle domande di nostra madre se non ha una via di scampo» Veronica aveva riso, e a Leonardo era passato di mente il pensiero di baciarla. Si era rifiutato mentalmente di approfondire quel pensiero, anche se più lei gli stava appiccicata più lui si doveva sforzare. Si era allontanato di un passo, poi di due, fino a quando non era arrivato al bancone della cucina.

«Controllo gli orari, allora -lui aveva annuito, intendo a farsi un caffè- la prima corriera dopo adesso che sono le nove è alle nove e trenta»

Lei gli si era avvicinata per mostrargli gli orari, ma lui si era leggermente spostato.

«Credevo l'avessimo superata...» e Leonardo si era sentito in colpa.

«Mi stavi per pestare un piede -lo aveva detto un po' a caso, cercando di sviare il discorso e non farla sentire a disagio- guarda» aveva guardato in basso, facendole notare che gli avrebbe sul serio pestato un piede. Avrebbe voluto ridere, perché una scusa migliore l'avrebbe potuta trovare anche un bambino di cinque anni, ma Leonardo non sapeva come altro fare. Che doveva dirle? Scusarsi perché aveva capito di provare qualcosa e che voleva solo che quel qualcos'altro che avevano non andasse perduto? Sarebbe stato peggio che confessarsi, che poi cosa c'era da confessare se nemmeno lui capiva bene cosa provava, veramente o gridarglielo direttamente in faccia.

Avevano parlato per altri minuti, poi Veronica era andata al piano superiore per cambiarsi e sistemarsi, lui invece era rimasto lì, a contemplare le mille ragioni per cui cominciava a dubitare di sé stesso. Quando aveva sentito l'acqua della doccia quasi aveva voluto darsi un pugno in faccia. Era vero, il tempo con lei era il tempo più leggero che riuscisse a vivere, quello con meno pensieri che gli frullavano nella mente, ma allo stesso tempo c'era un incoerenza su come si sentiva quando voleva smettere di pensare a lei. Voleva riuscire ad essere come era sempre stato, ma sapeva che non fosse facile perché con lei non era mai stato, anche se non da subito, come era stato con gli altri. Probabilmente non sarebbe riuscito ad essere nemmeno come era prima dopo quella notte. Si era imposto di smettere di pensare a lei, aveva preso il telefono ed aveva giocato fino a quando lei non lo aveva avvertito che il bagno fosse libero. Leonardo era andato in bagno, cercando di non pensare che quel posto profumasse di lei e che non solo il suo olfatto lo avesse percepito.

Meno di dieci minuti dopo Leonardo era sceso vestito, profumato e con i capelli biondi bagnati, quindi più scuri. Veronica era seduta sul divano e non sapeva bene che cosa fare. Aveva detto quella proposta a caso, pensando che lui non avrebbe mai accettato, certa che le avrebbe riso in faccia e lasciata sul tavolo nemmeno non l'avesse vista, ma aveva accettato e stavano davvero per andare al mare.

Erano usciti di casa tardi, avevano corso per arrivare in orario, riuscendo per il rotto della cuffia a comprare due biglietti e poi erano saliti.

Veronica non amava particolarmente il mare, preferiva di gran lunga la montagna, però era decisamente troppo distante per poterci andare così, su due piedi. Non sapeva nemmeno bene perché glielo avesse proposto, sapeva solo di voler passare del tempo con lui. Si era stupita del modo in cui Leonardo si era comportato nella giornata appena passata, come si fosse preso cura di lei tutto il giorno di come non l'avesse lasciata nemmeno un attimo, facendole sentire la propria presenza in qualunque momento. Non era qualcosa che si sarebbe aspettata, Veronica non si aspettava niente in realtà, anche se sperava che lui non avrebbe provato pietà. La pietà era il peggior sentimento che qualcuno potesse provare nei confronti di qualcun altro, e scaturirlo era forse peggio ancora. Era una partecipazione sterile al dolore altrui, una compassione dura, che non aveva nulla a che vedere con l'empatia o con il riuscire a capire come qualcun altro si sentisse. Un sentimento del genere, così privo di affetto o reale interesse verso gli altri, era disgustosamente diffuso, perché le persone non si preoccupavano più di come gli altri si sentissero, di quello che provavano, di come lo provavano, con quale intensità, bastava solo esprimere una comprensione cruda e superficiale per far sentire la persona capita, un interesse che non aveva nulla che vedere con il vero interessarsi, con il cercare di capire, comprendere. Veronica ne aveva conosciute di persone così, persone che apparivano svogliate nella comprensione altrui e che effettivamente lo erano, sue stesse compagne di classe o compagne di pallavolo lo erano state quando suo padre e sua sorella erano morti. Pietosi mi dispiace privi di una comprensione logica che andavano a sfociare nel inappropriata scarsità di empatia, ovvio che non potevano capirlo, ovvio che non tutti fossero dotati di quell'abilità nei confronti degli altri, ma erano state superficiali anche nel chiederle nei giorni successivi come stava. Ovviamente ognuno la pensava come preferiva, ma Veronica non era il tipo di persona che si accontentava, perché lei stessa cercava di trattare le persone al meglio delle sue possibilità, stando loro vicino in qualsiasi tipo di momento si trovassero, per questo spesso si aspettava delle cose dagli altri. Come era naturale e classico della natura umana. Si era aspettata anche da Leonardo qualcosa, in un primo momento, cioè che sarebbe stato prettamente antipatico per tutto il tempo in cui sarebbe rimasta a Treviso, poi qualcosa in lui era migliorato, anche se non smetteva di essere come Veronica lo aveva conosciuto nei primi giorni, anzi, però lei aveva smesso di aspettarsi le cose, che fossero belle, che fossero brutte o che non fossero né l'una nè l'altra, aveva semplicemente smesso. Aveva fatto un eccezione alcune volte, cercando di prevedere le mosse di lui, le sue reazioni, il modo in cui avrebbe fatto qualcosa, ma non si era mai riuscita. Leonardo sembrava sfuggire alla sua comprensione ma comprenderla guardandola in pochi secondi, anche se non in un modo empatico classico. Leonardo non cercava di mettersi nei suoi panni, non si personificava in lei come aveva fatto Giada, no, lui semplicemente l'aveva letta come se fosse stata un libro, aperta, compresa e richiusa in un modo che nessuno aveva fatto. Ed era per questo che, negli ultimi tempo, Leonardo la incuriosiva. Voleva capire come facesse, come riuscire anche lei a capire lui nello stesso modo, anche se sapeva che non sarebbe stato del tutto possibile, forse nemmeno solo in parte possibile. La curiosità era forse ciò che portava Veronica a fare qualsiasi cosa, che fosse leggere, studiare o stare con le persone. Era come una forza invisibile che mandava avanti la sua vita di tutti i giorni. Per questo gli aveva fatto quella proposta, voleva capire, ne era curiosa, di vedere Leonardo in vari ambienti. Di conoscerlo in tutte le sue sfaccettature, perché se non poteva leggerlo poteva conoscerlo, e per farlo doveva vederlo, ascoltarlo, capirlo e appuntare nella sua mente tutto. Si era girata verso di lui, guardandolo mentre, con gli occhi chiusi, se ne stava appoggiato al sedile morbido della corriera. Avevano dovuto quasi lottare per il posto vicino al finestrino, ma dopo un po' la pazienza di Leonardo si era esaurita e l'aveva lasciato a lei senza troppe storie. Si era poi seduto, avevano parlato per un po' di tempo e poi pian piano si era addormentato, una cuffia sola nelle orecchie perché l'altra la condivideva con lei. Non le dispiaceva affatto. Veronica gli aveva spostato una ciocca di capelli da sopra agli occhi con un gesto veloce della mano, ma poi aveva appoggiato quest'ultima sulla sua guancia calda. Lo aveva sentito rabbrividire, prima allontanarsi leggermente e poi spingersi verso il suo palmo. Era sveglio, Veronica lo sapeva, il suo respiro era cambiato e lui stesso aveva cambiato leggermente postura, e quella che aveva in quel momento non era per nulla comoda. Lei aveva fatto finta di nulla, gli aveva accarezzato la guancia, la mano che le tremava un po' e quando lui aveva aperto gli occhi era stata come congelata. Leonardo le aveva sorriso, gli occhi quasi socchiusi, e si era semplicemente spinto contro la sua mano, intimandole di continuare. Lei lo aveva fatto fino a quando non si era addormentato di nuovo, cadendo in sonno più profondo di quello che era stato il precedente. Aveva spostato la mano poco dopo essersi assicurata che stesse dormendo. Il palmo era caldo e quasi le pulsava, ma era una bella sensazione. Veronica si era appoggiata con la fronte al finestrino, aveva guardato fuori, poi si era messa a leggere sul telefono e non si era nemmeno resa conto che il tempo fosse passato velocemente quando, finalmente, avevano raggiunto Caorle. Erano state due ore di viaggio abbastanza brevi per quel che la riguardava. Probabilmente per Leonardo lo erano state anche di meno. Lo aveva visto guardarsi intorno quasi spaesato, prima che gli occhi gli scintillassero come se avesse appena visto l'acqua dopo tre giorni nel deserto.

«È il tuo posto speciale, questo? -Veronica lo aveva detto quasi scherzando- Quello in cui porti le ragazze che vuoi conquistare?» L'ultima parte l'aveva proprio detta scherzando. Lo aveva detto un po' perché aveva scelto lui il posto e un po' perché battute del genere erano il loro tema preferito.

Leonardo l'aveva guardata con un guizzo di sfida: «Se anche fosse credo che tu lo renderesti più speciale di quanto non lo sia già e di quanto lo hanno reso speciale fantomatiche 'altre', no?» Veronica era arrossita.

Una nuova vampata di curiosità si era instaurata in lei, e alcune domande, a cui non avrebbe sicuramente trovato tutte le risposte quel giorno, si erano instaurate in lei. Perché quel posto era speciale? Era vero quello su cui lei aveva scherzato o Leonardo era solo ironico? Non sembrava il tipo di persona che avrebbe portato delle persone a caso in un posto che considerava speciale, non lo era di certo, quindi, con molte probabilità stava facendo ironia su quella cosa. Ovviamente Veronica non poteva sapere che in realtà una parte di quella frase fosse più vera di quanto aveva pensato.

Caorle era una città colorata, tutti i negozi e case avevano un colore diverso e splendente, anche se quella era una stagione grigia quel giorno in solo splendeva alto nel cielo e dava giustizia a quei colori che, se fosse stato un giorno nuvoloso, sarebbe apparsa come una semplice città marittima spoglia del turismo. Era così in realtà, per le strade non c'era quasi nessuno ed erano aperti solo i negozi di prima necessità a qualche ristorante. Non era come Venezia che, in un modo e nell'altro, era sempre piena di persone in qualsiasi stagione e con qualsiasi meteo, Caorle era un città che viveva di mare e il mare d'inverno non piaceva a molti. Anche se in realtà, come le aveva detto poi Leonardo, in quel periodo c'era un'attrazione che attirava molti visitatori nel pomeriggio, e alla sera, cioè una sottospecie di luna park, una fiera con le giostre. Veronica aveva pregato quasi in ginocchio Leonardo di portarcela e, infatti, era quello che, svariati minuti dopo,Leonardo le aveva accordato. Aveva poca pazienza lui, quindi era stato facile corromperlo essendo insistente oltre il sopportabile. Veronica e Leonardo erano entrati nel primo supermercato che avevano trovato, un negozio piccolo ma abbastanza fornito, avevano fatto una spesa veloce che comprendeva pane, affettato, tramezzini, bibite; nulla di che insomma. Per il posto in cui avevano deciso di mangiare avevano optato per la spiaggia, lo avevano già deciso a casa, infatti si erano portati via due teli da mare che poi avevano steso vicino, uno per loro due e uno per gli zaini e il cibo.

Avevano passato il primo pomeriggio a gironzolare senza una meta precisa, a farsi foto con le sculture incise sulla pietra degli scogli nella lunga camminata che proseguiva alla spiaggia, poi per le vie di Caorle. Poi, quando Veronica aveva ricominciato ad insistere, verso le quattro del pomeriggio, Leonardo l'aveva accontentata.

Leonardo non amava le giostre, soprattutto quelle molto veloci, però allo stesso tempo il vuoto che gli lasciavano nello stomaco era emozionante, per questo aveva voluto partire con giostre che fossero più leggere per poi passare a cose più pesanti. In primo luogo Veronica lo aveva tirato dentro la casa degli specchi, aveva voluto farsi qualche foto che aveva ritenuto bella e poi si erano persi li dentro. Non proprio il vuoto nello stomaco che Leonardo avrebbe voluto sentire, insomma. Veronica lo teneva per mano, dietro di lui, mentre lui camminava in avanti con un braccio leggermente propenso in avanti, a evitare che si schiantasse con il naso su uno specchio che non aveva pensato esserci, come, tra l'altro, era già successo.

«Maledetta quella volta che hai deciso di venire qui dentro chattenoire»

«Smettila con sto soprannome» Leonardo si era girato verso di lei, vicinissimo a lei con il corpo e la bocca in prossimità del suo orecchio

«Lo so che in fondo ti piace -le aveva detto con tono calmo- in più non posso smettere di chiamarti così: porti sfortuna e hai i capelli neri, è il nomignoli più azzeccato che potessi trovare» Aveva riso piano mentre lei sbuffava, e poi si era voltato di nuovo. Avevano avanzato ancora e, dopo svariati minuti, erano usciti. Veronica aveva rinvigorito la stretta sulla sua mano, e lo aveva strascinato in un'altra casa.

Probabilmente era una ripicca per il nomignolo con cui continuava a chiamarla, perché l'aveva portato nella casa degli orrori. Voci, rumori e cose erano sbucate ogni cinque minuti mentre erano lì dentro, e se Veronica aveva una buona sopportazione Leonardo sembrava un bambino che vedeva un horror vietato ai minori di diciotto anni. Quando erano usciti era tremante.

«Ti ha davvero spaventato quella roba?» Leonardo le aveva sorriso sbieco

«Ad ognuno i propri difetti si dice, no? Adesso andiamo dove voglio io»

Avevano camminato per metà giostra a piedi prima di trovare gli autoscontri, che per giunta era la giostra in cui in quel momento c'erano più persone. Era la giostra in cui c'erano stati per più tempo, un po' perché quando guidava Veronica sembrava un incapace, per quanto fosse stata in diversi Luna Park gli autoscontri erano una giostra che Veronica evitava come la peste quindi non aveva mai imparato, un po' perché a Leonardo piaceva davvero troppo quella giostra.

Si erano spostati poi lì vicino ed avevano fatto il tagadà, la nave pirata e il top spin, Veronica si era sentita così male, dopo quella giostra, che avevano dovuto stare mezz'ora nella sala giochi che c'era nel mezzo della fiera.

Francesco sapeva, sapeva che sua madre lo avrebbe ucciso, che avrebbe ucciso Leonardo e che Veronica l'amava quasi più di loro quindi l'avrebbe solo sgridata. Quando aveva letto il messaggio di suo fratello era ancora a scuola però nessuno gli aveva tolto la voglia che gli era passata nelle vene di urlare quanto quel ragazzo fosse deficiente. Quello che gli aveva impedito veramente di farlo era il fatto che non voleva fare scenate e aveva ancora il professore in classe nonostante la campanella fosse suonata da più di cinque minuti. Francesco, in ogni caso, sapeva anche che suo fratello, un giorno di quelli o un giorno nel possibile futuro prossimo, lo avrebbe fatto morire, e con molte probabilità di infarto. A quel punto sperava quasi che lo ammazzasse prima sua madre per non aver controllato la persona che si trovava come fratello, lo amava ma sinceramente lo odiava anche molto, soprattutto per quelle sue idee. Come gli era venuto in mente di portare Veronica a Caorle, a due ore di strada da lì? Se volevano passare del tempo insieme non lo potevano fare a casa? Era così difficile? Potevano guardarsi un film, fare una maratona di una saga a loro piacimento, andare a fare colazione dove volevano, andare a mangiare qualsiasi cosa dove volevano. Invece no. Avevano deciso di andare a Caorle e a lasciare a lui lo spiacevole compito di intrattenere sua madre dalle otto di sera in poi, cioè l'orario in cui sarebbe dovuta, con tutte le teorie, tornare dal lavoro. Peccato che fossero le diciotto e nessuno gli rispondeva a nessun messaggio, il punto in realtà era che nessuno aveva visualizzato. Si era quasi sentito offeso, ma poi aveva semplicemente cercato di tranquillizzarsi, di respirare e di non farsi venire una crisi di nervi.

Veronica e Leonardo, nel frattempo, avevano fatto altre giostre, tra cui il The king, una giostra che aveva fatto girare loro di trecentosessantacinque gradi più volte. Inutile dire che Veronica non si era sentita molto bene, anche se si era divertita molto. In quella giornata aveva visto Leonardo sorridere più volte che in quattro mesi di fila, ed era stata una sensazione molto bella, qualcosa che le aveva riscaldato lo stomaco e il cuore in un colpo solo, per poi farla rabbrividire. Veronica amava vedere gli altri felici, perché provava felicità a sua volta e in modo molto maggiore. In quel momento, però, non era molto felice. Erano circa le sette di sera, Francesco le aveva scritto molti messaggi, l'aveva chiamata un paio di volte e sembrava davvero troppo preoccupato. Il problema era che erano bloccati sulla ruota panoramica, e l'ultima corriera per casa sarebbe partita di lì a meno di mezz'ora.

«Cosa facciamo con Francesco?» Leonardo aveva fatto spallucce

«È preoccupato per niente, siamo vivi, dopo tutto»

«E con la corriera?» Il ragazzo aveva sorriso, per poi guardandola sorridendo

«Ecco, se la perdiamo non saremo più molto vivi perché ci toccherà chiamare mia madre» Veronica aveva sorriso preoccupata, e aveva alzato le sopracciglia

«Forse non è stata un ottima idea fare la ruota panoramica, io lo avevo detto, prima» Leonardo l'aveva guardata sottintendendo che non si aspettava una frase diversa da lei in un momento come quello.

«Non puoi andare in un luna park e non fare la ruota panoramica!»

«Non si muore mica!» Leonardo aveva incrociato le braccia al petto nello stesso momento in cui la ruota si era azionata ancora

«No, certo, ma è d'obbligo come per te sono di obbligo le foto nella casa degli specchi» Veronica gli aveva lasciato un occhiataccia e poi era stata zitta, perché sapeva che la comparazione era stata giusta.

Quando erano scesi avevano corso, corso fino a quando i polmoni non avevano fatto loro male, ma, per quanto ci avessero provato, avevano perso l'ultima corriera. Non che Leonardo ne fosse felice, visto tutto quello che sua madre gli avrebbe rimproverato quando sarebbe arrivata a prenderli, a meno che non decidesse si lasciarli li. Anche se non credeva proprio, essendoci la sua protetta, però c'erano altre probabilità di una punizione, o più punizioni, che non lo consolavano affatto.

Ma Leonardo non si sarebbe pentito di nulla, perché per quanto si fosse lamentato quella era stata una bella giornata. I ricordi che aveva coltivato quel giorno sarebbero per sempre rimasti impressi nella sua mente, come un incisione fatta a fuoco sulla pelle. Il ricordo del suo sorriso, degli occhi splendenti di eccitazione, paura, tragicità, preoccupazione, divertimento. Erano emozioni che aveva provato con un qualcosa in più, come se fossero state di un livello superiore, probabilmente perché le aveva provate con lei. Aveva sorriso in un primo momento, ma poi il sorriso gli era morto quando aveva visto la chiamata di sua madre. Aveva respirato profondamente e poi aveva risposto

"Ciao ma-"

"Dove siete?" Il tono di voce di sua madre era apparentemente calmo, ma Leonardo sapeva che lei sapeva, lo aveva capito.

"A Caorle" Aveva avuto timore a pronunciare quella frase, e quasi gli era sembrato che la rabbia di sua madre potesse raggiungerlo

"E quando tornate?"

"Beh, ecco-"

"Cosa?"

"Abbiamo perso l'ultima corriera perché c'era stato un inconveniente alle giostre"

"Vi lascerei lì, se non fossi responsabile per le vostre vite, lo sai vero?"

"Si mamma, lo so, grazie di volerci così bene" e non lo aveva detto ironicamente

"Bon, arrivo, mandami poi un messaggio di dove siete" e la chiamata era stata chiusa pochi minuti dopo, in cui si erano accordati per il posto di incontro.

Si erano diretti di nuovo verso la spiaggia, in un punto ben illuminato e vicino alle giostre. Avevano mangiato ciò che avevano avanzato dal pranzo e si erano infilati su i cappotti e Veronica si era spiaccicata su di lui in cerca di calore.

«Come hanno deciso il tuo nome?» Gli aveva chiesto lei, ad un certo punto della conversazione, uscendosene con una domanda che non era comprensibile per quello di cui stavano parlando fino a poco prima. A Leonardo era venuto da ridere, ma si era trattenuto ed aveva semplicemente sorriso.

«Hanno fatto a sorte... tutte le lettere dell'alfabeto in una cesta e poi le hanno estratte due, L e E, una era la prima e l'altra la seconda. Stesso avevano fatto con Francesco, al tempo. Hanno ignorato in sesso di entrambi, fino a quando non siamo nati. Se Francesco non fosse nato maschio sarebbe stato Francesca, invece se io fossi stato una femmina mi avrebbero chiamato Eleonora. Fa abbastanza ridere, ma i miei non avevano molta immaginazione» Veronica aveva sorriso.

«Alla lettera L, allora» Veronica aveva appoggiato il capo alla sua spalla.

Quella ragazza stava alzato una lattina di Monster al suo nome, alla sua nascita, alla sua esistenza. Cosa che nessuno aveva mai fatto, stava esaltando cose che suo padre aveva sempre screditato, cose che aveva sempre messo in secondo piano e di cui lui stesso, troppo tempo addietro perché fosse pensiero anche di quel tempo, si era convinto. Leonardo, dal canto suo, voleva solo che lei fosse sua. Gli veniva quasi da piangere, ma non lo aveva fatto, aveva sbattuto le palpebre velocemente, raccogliendo sulle ciglia lacrime che non sarebbero state viste da nessuno, e non perché fosse maschio, la cazzata dei maschi che non piangono era fin superata per lui, ma solo perché non si sentiva di distruggere un momento come quello. Aveva alzato anche lui la propria lattina all'aria, entrambi puntavano a qualcosa di sconosciuto.

«E alla lettera V, che senza di lei non saresti tu» Veronica gli si era schiacciata contro

«Alla lettera L e alla lettera V»

«Alla lettera L e alla lettera V» aveva ripetuto lui.

♤♡◇♧♤♡◇♧♤♡◇♧♤♡◇♧

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _etriet_