Buona domenica gente! RI-postaggi!!! Stamani un capitolo il secondo capitolo verrà postato questo
pomeriggio!
GRAZIE a chi legge e a chi mi lascia le sue impressioni!
Buona lettura! =)
.34.
NEL
VERO AMORE È L’ANIMA CHE ABBRACCIA IL CORPO
(Cit. Friedrich Nietzsche)
Quel
momento così esaltante e così catartico aveva sancito l’inizio di una nuova era
per l’Arcadia e il suo equipaggio. Il buio dell’angoscia si sarebbe dileguato
per sempre e quella nave, in tutto il suo fulgore, sarebbe diventata quello che
avrebbe sempre dovuto essere: un faro di speranza e un simbolo di libertà al
servizio di una giusta causa.
Tutti gli animi erano più sollevati e c’era nell’aria una grande euforia,
preludio d’inizio di una vera missione, a supporto di un ideale concreto.
Harlock, ripreso subito il suo piglio da capitano, comandò a tutti di tornare
alle loro occupazioni, così anche Joy frastornata, ma felice, si accinse a
scendere dal Ponte per andare in laboratorio. Imboccò la scaletta di ferro
quando, all’improvviso, il suo chip le dette nuovamente una scossa lieve ma
inaspettata che le fece perdere l’equilibrio. Tentò di riprendersi, cercando un
appiglio che non trovò e cominciò a ruzzolare rovinosamente, si sarebbe fatta
molto male se nel frattempo non fosse stata afferrata saldamente per un
braccio. Era Harlock che in un balzo l’aveva raggiunta impedendole di cadere
ulteriormente, temendo che si rompesse qualcosa.
“Stai bene?” le chiese preoccupato mentre la tirava su.
“Sì… credo…” rispose lei frastornata, spazzolandosi i pantaloni. Si sentì così
imbranata.
Con lo sguardo le dette una rapida controllata e si accorse che la stoffa era
strappata all’altezza della coscia destra, si era fatta male probabilmente
andando in collisione con lo spigolo ferroso della scala.
“Sei ferita” constatò serio, osservando lo strappo e il graffio sanguinante.
Lei si guardò e solo allora se ne rese conto, ma non sentiva quasi nulla, solo
un po’ di bruciore, era una cosa superficiale.
“Non è niente” lo rassicurò.
Harlock neanche le rispose, la sollevò da terra come fosse una piuma e la prese
tra le braccia.
“Ma che fai? Mettimi subito giù!” protestò immediatamente Joy, sgambettando
appena.
Non c’era proprio bisogno di un gesto così plateale, stava bene, mica era
impedita.
Harlock neppure l’ascoltò e facendosi largo, la portò via nonostante lei
continuasse a risentirsi piuttosto vivacemente. Alla fine le toccò arrendersi e
smise anche di brontolare. Tanto sapeva che era uno zuccone e
avrebbe fatto comunque di testa sua.
Una volta arrivati nella sua cabina, il pirata l’adagiò delicatamente sul letto
e cominciò a levarsi mantello, corazza, armi e guanti.
Anche lei per comodità si sfilò la giacca, mentre lo guardava non capendo bene
che volesse fare, poi commentò appena contrariata “Non c’era bisogno di questa
uscita scenografica alla Ufficiale e Gentiluomo!(1)”.
Lui si girò e aggrottando la fronte e le chiese: “A quale ufficiale ti
riferisci?”.
Di cosa stava parlando?
“Intendevo il film… l’ho visto una volta, a casa, su uno di quei canali a
pagamento che trasmettono vecchie pellicole…” gli spiegò, chiedendosi perché lo
avesse detto, come se lui avesse mai potuto conoscerlo, a volte si dimenticava
completamente che fossero di due mondi totalmente diversi tra loro.
Harlock la guardò di nuovo appena perplesso, a volte aveva delle uscite che lui
proprio non comprendeva, ma fu rassicurato dal fatto che si trattasse solo di
una cosa fittizia, sapeva che cosa fosse un film.
Andò in bagno e prese il necessario per disinfettarla e ripulirle la ferita.
Joy era rimasta a sedere sul letto, cercando di non pensare al fatto che quel
chip avesse fatto di nuovo i capricci.
“Come hai fatto a perdere l’equilibrio?” le chiese serio, appena tornato da
lei, quasi come se conoscesse i suoi pensieri.
“Probabilmente ho messo male un piede” mentì lei.
“No. Ti stavo guardando” la sbugiardò fissandola.
Non gli avrebbe rovinato quella giornata per niente al mondo. Era così disteso,
il suo viso sembrava anche ringiovanito. Essersi liberato da quel peso e
l’accettazione dei suoi uomini era stata per lui una cosa senza pari, come una
rinascita a nuova vita. Joy voleva solo che si godesse il suo
momento e non sarebbe stata certo lei a guastarlo con le sue scossettine da
nulla.
A tempo debito sarebbe andata da Zero, se lo ripromise per la seconda volta.
“E allora non lo so… mi pareva di aver inciampato” gli disse facendo spallucce,
ma lui la fissava sempre con quel suo modo di sondare per capire.
Fu allora che agì d’impulso, si alzò in ginocchio sul letto e lo afferrò per il
giacchetto, obbligandolo a chinarsi per baciarlo.
Voleva distrarlo e quello le sembrò il modo più adatto e più piacevole.
Lui la lasciò fare per un po’, assecondandola, poi si staccò de lei.
“Siediti e distendi le gambe” le disse, abbandonando per il momento la sua
indagine sulla caduta.
Joy ubbidì e Harlock cominciò ad armeggiare con la chiusura dei suoi pantaloni.
“Che fai?” gli chiese lei avvampando appena.
“Te li levo”.
Lei arrossì, lui se ne accorse e ammiccò un sorrisino divertito “Per medicarti”
aggiunse sornione.
Si sentì un po’ stupida.
Intanto le sfilò delicatamente l’indumento mentre lei lo facilitò inarcando il
bacino.
Esaminò subito la ferita. Era abbastanza superficiale, un’abrasione e
sanguinava appena.
La ripulì con delicatezza e la disinfettò, poi volle per forza applicarci una
specie di medicamento, nonostante le proteste della ragazza.
Appeno l’ebbe fatto, d’istinto le carezzò la gamba, il suo non voleva essere un
gesto sensuale, ma di fatto ebbe l’effetto di una scintilla che appicca un incendio
che subito brucia.
Rabbrividirono entrambi e i loro occhi s’incontrarono, non ci fu bisogno
d’altro.
Il desiderio come l’amore, non chiede il permesso, arriva e ti investe quando meno
te l’aspetti e così stava capitando anche a loro.
Furono travolti all’improvviso come da un’onda anomala che li trascinò di
sorpresa e si lasciarono andare senza neppure provare ad arginarla.
Harlock si chinò e le sue labbra si posarono a baciarle la pelle vicino
all’abrasione.
Nel frattempo le sfilò il maglione e le tirò su la maglietta con una mano. Con
le labbra raggiunse l’ombelico e la baciò, mentre i suoi capelli le
solleticavano piacevolmente la pelle.
Joy sentì il ventre contrarsi e le vennero i brividi. Da quanto non la baciava
cosi?
Troppo tempo…
C’era stato quel periodo in cui era stato così solitario e chiuso che si erano
allontanati pur essendo vicini. Dormivano abbracciati ma non facevano mai
l’amore, come se lui fosse trattenuto.
Ora le sembrava diverso. Nei suoi gesti c’era qualcosa di molto più sensuale.
Non che prima non fosse appassionato, tutt’altro, ma forse ciò che lo turbava
al tempo stesso lo frenava molto, come fosse stato imbrigliato nelle sue pene.
Come se per lui stare bene, fosse stata una cosa sbagliata ed egoistica perciò
era stato molto distante.
Ora non più.
Si accorse che la stava guardando e riconobbe quello sguardo.
Aveva un’espressione autoritaria e severa ma sapeva che in quel momento era
solo la foschia della passione che lo incupiva così profondamente.
Erano stati lontani per giorni e ora quella sete andava
placata.
Subito.
Non le disse niente, ma continuò a fissarla.
Lui non parlava mai, men che meno in quei frangenti, non ce n’era bisogno, le
comunicava non solo con lo sguardo ma con tutto il corpo, ciò che sentiva e ciò
che desiderava.
Le afferrò delicatamente le caviglie e l’attirò a sé, facendola scivolare fino
al bordo del letto.
Lei trattenne il respiro.
Rimasero a guardarsi negli occhi, comunicandosi il reciproco desiderio di fare
l’amore. Senza attendere neppure un secondo in più. Come se avessero già
sprecato troppo tempo prezioso.
Harlock si chinò sulle sue labbra, lei le schiuse, permettendogli di
approfondire quel bacio che lui assaporò senza fretta. Aveva a disposizione
tutto il tempo dell’Universo. In quel momento il resto era senza importanza,
sparito, inghiottito chissà dove. Tra un bacio e l’altro la guardò ancora una
volta. Scivolando con lo sguardo sulle sue forme morbide.
Gli piaceva guardarla.
Gli piaceva lei.
Gli piaceva fare l’amore con lei.
La desiderava.
Le si mise accanto, di fronte, steso su un fianco e cominciò a baciarle il
collo, da dietro l’orecchio fino a scendere alla spalla e ancora più giù.
Quando le dette un attimo di tregua anche lei si girò su un fianco e lo guardò.
Gli era mancato così tanto. Voleva fargli capire quanto lo amasse e quanto
fosse felice in quel momento, soprattutto per lui.
Lo osservava estasiata, era così bello, e in quel momento era solo suo. Il
cuore sembrava che le esplodesse in petto e le sue mani presero a carezzargli
le spalle larghe, le braccia, il torace, le sembravano acciaio vellutato, la
sua pelle era così calda e invitante che lei la baciò quasi con riverenza. Nel
frattempo le mani di lui si spostarono sulla sua schiena per attirarla a sé.
Joy sfiorò quelle labbra morbide ed invitanti, poi prese a mordicchiargli il
mento, quindi scese lungo la linea del collo fino alla fossetta tra le
clavicole, facendolo sospirare.
Lo amava così tanto che stava quasi male e voleva che lui lo sapesse.
Si fermò e lo guardò intensamente, lui lesse in quegli occhi lucidi e limpidi
tutto l’amore e la passione che lei gli stava trasmettendo.
Era sua e di nessun’altro, almeno in quel momento.
Le parole tra loro non servivano.
Gli occhi erano sufficienti, perché si comunicassero tutto quello che volevano,
l’uno dall’altra.
Quando l’impeto della passione dette loro tregua, lui la guardò in un modo che
a lei venne un nodo alla gola. Forse non l’aveva mai guardata così
intensamente, sembrava profondamente emozionato.
Harlock voleva imprimersi, marchiandola a fuoco nella mente, quell'immagine,
per poterla ricordare nel tempo.
Lei così bella in quel momento di unione completa: carne e anima fusi in unico nucleo
palpitante. Con le guance arrossate, le labbra appena dischiuse, gli occhi
lucidi traboccanti. La sua donna, il suo amore, la sua vita.
Poggiò la fronte contro la sua e sospirò forte.
Non andare via… resta con me… resta per sempre…
Il suo cuore, finalmente libero, era saturo di amore e voleva vivere, amare
e rinascere, voleva lei a dispetto di ogni difficoltà, problema e
incertezza.
Joy era stata travolta dalle violente sensazione che il suo corpo e il suo
cuore provavano all’unisono, come una melodia perfettamente accordata che la
faceva vibrare.
Capì che lui stava provando qualcosa di così intenso che si sentì investire
dalla forza silenziosa di quel sentimento prepotente che, seppure muto, non
poté fare a meno di entrarle sotto la pelle e devastarle l’anima.
Avrebbe a sua volta voluto dirgli che lo amava, ma anche lei non ci riuscì, lo
fece in silenzio, prendendogli il volto tra le mani e obbligandolo a guardarla
negli occhi.
Con quello sguardo si comunicarono tutto l’amore che sentivano l’uno per
l’altra.
Alla fine si lasciarono cadere sul letto, distesi ed esausti. Erano tutti e due
in debito d’ossigeno e piuttosto stravolti dalla prepotenza di ciò che avevano
appena condiviso.
Silenziosi, addirittura quasi un po’ impacciati, perché a volte l’intensità di
certe sensazioni ti svuota, riempiendoti d’emozione pura e ti rende quasi
indifeso, si erano abbracciati stretti, come se volessero prolungare quel
momento più a lungo possibile.
Rimasero così: storditi e smarriti.
Poi fu il momento dei teneri baci e delle carezze, come un mare che dopo una
fragorosa tempesta torna alla bonaccia.
Fu in quel momento di serenità e di appagamento che Joy improvvisamente si
scoprì pienamente consapevole di ciò che realmente volesse fare e prese al volo
una decisione definitiva.
Quasi timorosa, senza riuscire a guardarlo neppure in viso, nascose il viso
contro il suo collo e poi parlò.
“Harlock devo dirti una cosa…”-iniziò incerta-“… è una cosa che non avevo
preventivato, una cosa che non avevo deciso…” sospirò appena, solleticandogli
la pelle.
Non era facile e non lo sarebbe mai stato, neppure dopo, anzi ci sarebbero
stati un sacco di problemi, ma non le interessava, era quello che voleva più di
ogni altra cosa. Avrebbe osato, non si sarebbe arresa alle difficoltà, alle
differenze, a niente, era certa e convinta che ne valesse la pena e avrebbe
fatto questo salto nel buio con lui, perché se Harlock l’avesse tenuta per
mano, avrebbe potuto anche affrontare la morte, se fosse stato necessario.
Ed era infinitamente meglio la morte che stare lontano dall’uomo che ormai
amava così profondamente da sapere che la vita senza di lui sarebbe stata un
vegetare inutile.
Lui le carezzò i capelli per tranquillizzarla ed incitarla a parlare. Era
ancora in uno stato di semi estasi e non parlò, ma la strinse a sé, per darle
sicurezza.
Joy aveva bisogno di sapere che anche lui volesse la stessa cosa.
“Io voglio restare qui” gli disse alle fine la ragazza “Non voglio crearti
problemi, nel senso che …” e continuò a parlare.
Ma lui non sentì più nulla, si era fermato a: Io voglio restare qui.
Il suo cuore aveva perso un battito, si era fermato e una sorta di groppo gli
era salito scalpitando dallo stomaco. Poi aveva cominciato a galoppare così
forte che temette gli potesse scappare via dal petto.
Era quello che lui volveva più di ogni altra cosa, che le aveva chiesto con il
pensiero e lei era come se lo avesse letto…
“… tu vuoi che resti? ”.
Era tornato ad udire la sua voce come se si fosse svegliato da un sogno.
Cosa gli avesse detto nel frattempo non lo seppe mai, perché lui proprio non la
udì e in fondo non gli importò, quello che gli interessava lei lo aveva già
detto, rendendolo assurdamente felice e in un modo, che non conosceva affatto,
dato che ciò che stava che stava capitando non lo aveva mai provato
prima.
Si tirò appena su e la guardò.
Lei aspettò ansiosa e quasi timorosa un gesto, una parola, qualsiasi cosa che
le facesse capire il suo sentire, o la sua opinione.
Harlock le sorrise apertamente in un modo così solare e luminoso che Joy
sentì il cuore come incendiarsi e anche lei ebbe la sua dose di
prepotenti palpitazioni.
“Assolutamente sì!” le disse semplicemente.
Due parole che significavano una miriade di cose che non necessitavano di
essere espresse, né di essere spiegate perché entrambi volevano la stessa
identica cosa.
La verità l’aveva reso libero, l’amore lo stava rendendo coraggioso, ma non
come guerriero o combattente, ma come un uomo che non ha più paura di vivere né
di rischiare, ma soprattutto di amare.
NOTE
(1) Ufficiale
e gentiluomo (An Officer and a Gentleman) film del del 1982 diretto da
Taylor Hackford. In cui c’è una scena (quella finale) in cui il protagonista
(un ufficiale) va a prelevare al lavoro la sua ragazza e la prende in braccio
portandosela via :)
La citazione di Friedrich Nietzsche usata nel titolo esprime ciò che penso io.
Come cantava il buon vecchio Venditti: e
non c’è sesso senza amore è dura legge nel mio cuore! Questo è un altro
capitolo che ho sentito la necessità di cambiare radicalmente. Non mi
rappresentava, non l'avevo scritto come avrei voluto/dovuto, strideva nella mia
testa come un gesso sulla lavagna. Oggi forse appare troppo smielato (non per
me) ma preferisco sondare i sentimenti del cuore, mi appagano di più e sono
anche una bella sfida, quindi se vi ho fatto cariare i denti, perdonatemi :D