Legarsi
I
fell in to a burning ring of fire
I
went down, down, down
And
the flames went higher
And
it burns, burns, burns
The
ring of fire, the ring of fire
(Ring
of fire, June Carter, cantata da Johnny Cash)
Vali Lokason era
vispo
come sua sorella Sonje e aveva la testolina ricoperta di ciuffi soffici
e
chiarissimi, che facevano presagire come avesse ereditato i capelli
d’oro di
sua madre. Lo sguardo, per diverso tempo, era stato di un colore
incerto, ma
poi si era attestato sulla medesima sfumatura brillante di suo padre,
quel
verde intenso che però, in lui, avrebbe assunto una
sfumatura più dolce, meno
spietata. Guardando suo figlio, Loki avrebbe sempre riconosciuto
quest’immensa
differenza, tra loro. L’anima di Vali, pure se corrosa da
ombre cupe quasi
quanto quelle del dio dell’inganno, avrebbe sempre posseduto
una luce in più.
Qualcosa di scintillante ereditato da lei
– una fiducia nelle persone e
nelle cose che lo scaltro mago non aveva mai posseduto. Ma soprattutto,
era il
primo maschio a nascere nella schiatta reale di Vanheim da lunghissimo
tempo. Era
sano, forte e bello e tutti volevano rendergli omaggio, per vedere da
vicino
quella famiglia così strana di cui si era tanto parlato. Di
Sonje si sarebbe
sempre detto che era stata lo strumento con cui Loki si era insinuato
nella
famiglia di Njord, ma Vali era la prova che quell’unione su
cui nessuno avrebbe
mai scommesso reggeva. Sigyn sfoggiava la radiosa stanchezza di una
madre
felice, ma dietro allo sguardo innamorato che riservava ai suoi bambini
e al
marito c’era un velo di preoccupazione che non sapeva
spiegarsi né spiegare.
Era come
un’onda che
l’avvolgeva, sommergendola, nei momenti più
disparati, un senso di pericolo
impossibile da scacciare. Aveva sentito della profezia fatta dal mostro
sotto
il tempio. Vali, che s’addormentava tra le sue braccia o in
quelle di suo
padre, era stato chiamato lupo. Su di lui pesava un destino incerto, ma
già
filato. E se Loki, nella sua regala tracotanza, ignorava e anzi sfidava
quelle
parole oscure e cariche di presagi, lei non riusciva a farlo.
Le sembrava che
la
felicità che le scaldava il petto anche il quel momento
fosse fatta di
cristallo: davanti a lei Loki, fiero ed elegante come suo solito,
cullava il
loro secondogenito col piglio sicuro di chi sa esattamente cosa sta
facendo,
mentre Sonje seduta sulle sue ginocchia, si impegnava in un disegno. Un
simile
momento così tenero e raro doveva essere protetto e
custodito con cura: non
meritava di essere sprecato preoccupandosi inseguendo problemi futuri e
lontani, incontrollabili. Alcune minacce potevano essere sventate e
contrastate, ma altre no, andavano affrontate solo quando e se si
fossero
presentate. Questo le diceva Loki con la sua voce ammaliatrice e sicura
–
questo si ripeté sperando di convincersi e dando un bacio ai
ricci neri della
sua bambina.
“Mamma,
perché tieni una
penna in mezzo ai gioielli?” domandò di punto in
bianco Sonje, voltandosi verso
di lei e fissandola con quei suoi occhi indagatori.
Sigyn sorrise,
scostandole
una ciocca ribelle dal visino. “In qualche modo lo
è. Me l’ha regalata il tuo
papà,” spiegò.
La bimba
assottigliò le
palpebre in un modo che le ricordò terribilmente Loki: la
spiegazione che le
aveva dato non la convinceva del tutto, dedusse.
“Perché
non la usi mai
per scrivere, allora?”
“L’ultima
volta che l’ho
usata è stato al nostro matrimonio.”
Quell’affermazione
fece
scintillare d’interesse lo sguardo grigio di Sonje. Amava le
storie che le
raccontava zio Thor su suo padre e moriva dalla curiosità di
sapere come i suoi
genitori si fossero conosciuti e innamorati. Non era un racconto che
potesse
ascoltare una bambina, ma, per fortuna di Sigyn, la
curiosità della figlia si
concentrò sulla cerimonia. Lasciò stare il
disegno, afferrò per la coda il
coraggioso Gatto Too, fedele animale di pezza che si portava dietro
ovunque e,
con la vocina più supplichevole di cui era capace, chiese a
sua madre di
raccontarle tutto, ogni cosa.
***
Erano state
nozze
sontuose ed elaborate, organizzate in poco meno di due cicli lunari.
Njord
aveva posto come condizione che il popolo non individuasse nessuna
rotondità
capace di ricordargli le circostanze in cui quell’unione si
celebrava. Loki
aveva acconsentito: quando stringeva degli accordi o stipulava dei
contratti,
amava che le firme dei contraenti fossero apposte il prima possibile,
per
evitare scomodi ripensamenti e sugellare il prima possibile quanto
deciso.
Sigyn portava in grembo un figlio loro – una figlia, per
l’esattezza[1].
L’ingannatore non poteva assolutamente tollerare che Njord,
spinto da Freyr, da
qualche famiglia nobile fintamente offesa come il casato di Theoric o
vittima,
come Odino, di una turba mentale di quelle che prendono in vecchiaia,
osasse
sfidare apertamente lui e Asgard dopo quanto era stato detto e fatto in
sua
presenza. L’ombra scura del Tempio non era stata ancora del
tutto cancellata e
non lo sarebbe stata finché Sigyn non fosse diventata
ufficialmente sua moglie.
Prima si
celebravano
quelle nozze e con più facilità i rapporti tra
lui e il vecchio re si sarebbero
ristabiliti.
Sigyn non ebbe
nulla da
obiettare, al riguardo. Comprendeva e condivideva le loro ragioni. In
quanto
nipote del re, aveva sempre saputo che il suo matrimonio sarebbe stato
più
fastoso di quanto lei stessa avrebbe desiderato. Se avesse sposato un
nobile di
Vanheim, però, il rituale sarebbe stato più
semplice, la cerimonia, per quanto
sfarzosa, molto più contenuta e meno d’impatto. Ma
lei, contro ogni sua
previsione, sarebbe diventata la sposa del dio dell’inganno,
del principe
perduto di Asgard, dell’erede al trono di Jotunheim, del
grande mago e
condottiero il cui nome era noto a tutti, nei Nove Regni. Tra le cose
messe in
chiaro da Loki, su cui l’Ase non intendeva trattare,
c’era che la loro unione
mescolasse i riti dei tre grandi regni di Asgard, Jotunheim e Vanheim.
Una
serie di passaggi e di formule che lo scaltro ingannatore avrebbe
memorizzato e
sfoggiato con la consueta eleganza spigliata, ma su cui lei, che pure
era una
principessa dei Vanir, avrebbe potuto inciampare.
E poi,
c’era l’altro
grande interrogativo, quello messo su pergamena la notte in cui aveva
accettato
la sua proposta, prima di fare l’amore con lui – la
prima come coppia
ufficiale, mentre Loki sfoggiava ancora i segni della battaglia contro
il
fratello e aveva il braccio immobilizzato e steccato. Un contratto
sottoscritto
da entrambi, che conferiva a Sigyn la libertà che aveva
sempre sognato e un
matrimonio in cui non fosse schiava di suo marito, ma la fiera
compagna. Parole
che l’inorgoglivano, che sperava potessero cambiare le cose
nel suo paese, ma
che si augurava non rimanessero lettera morta. Per far sì
che questo accadesse,
l’unione con Loki avrebbe dovuto funzionare, ma i sentimenti
e le relazioni hanno
evoluzioni impreviste, sono soggette alle tempeste della vita. Non
c’era nulla
che le garantisse che sarebbe stata felice con lui, che
l’amore che le
scioglieva il cuore, capace di farle fare follie, l’avrebbe
protetta dalla
sofferenza. Loki era mutevole, ambizioso, volitivo, audace ed egoista.
Si
sarebbe stancato di lei e del figlio che aspettava? Oppure sarebbe
venuto il
giorno in cui lei stessa, Sigyn, non sarebbe stata in grado di
sopportare
quelle ombre che gli avvelenavano il cuore, così dense da
essere quasi
tangibili?
Nel corso della
loro
relazione burrascosa non aveva mai immaginato un futuro con Loki.
Anche
solo osare sognarlo le era sempre parso
un desiderio bambinesco, a cui era folle abbandonarsi. Per un momento
aveva
osato sperare, ma quel suo sogno era stato brutalmente soffocato dal
dio
dell’inganno stesso. Ma ora che tutto era diventato reale e
possibile, ora che
le migliori sarte di Vanheim si erano già messe al lavoro
per confezionare il
più bell’abito della loro vita mostrandole le sete
più pregiate e i pizzi più preziosi,
temeva che qualsiasi cosa ci fosse tra lei e il dio
dell’inganno potesse
infrangersi contro i flutti dell’esistenza.
Le sembrava di
osservare
la vita di un’altra Sigyn – non poteva essere lei,
quella ragazza in piedi,
fasciata dalla seta più candida, futura moglie
dell’uomo di cui era innamorata,
futura madre di un figlio che già cresceva dentro di lei.
Solo dieci giorni prima
la sua vita era completamente differente – si era trasformata
in incubo da cui
non sapeva come svegliarsi.
“Sorridi,
Sigyn. Sarai
bellissima.”
Freya guardava,
insieme a
lei, il suo riflesso nello specchio. Ma mentre l’esperta zia
pareva soddisfatta
dalla sua immagine riflessa, lei continuava a non riconoscersi. La
struttura
imbastita e appena abbozzata della gonna e del corsetto la fasciava con
delicata
grazia, i capelli erano acconciati in modo da caderle graziosamente su
una
spalla lasciandole, però, scoperto il viso. Ecco i primi
tentativi di
trasformarla nella moglie del dio degli inganni. Era la Sigyn di
sempre, quella
che la fissava nella cornice? Lo sguardo preoccupato, le labbra serrate
ancora
offese dallo schiaffo di Freyr, le guance pallide che risentivano delle
nausee
mattutine? Si aggiustò la stoffa all’altezza del
seno.
“Ho
troppe cose da tenere
a mente, per questo matrimonio,” iniziò,
accennando un sorriso debole, tirato.
Dentro di lei c’era un bambino. Questa consapevolezza ancora
la meravigliava.
Il terrore di perderlo e l’ostinata volontà di
nascondere la sua relazione con
Loki non le avevano concesso di riflettere su ciò che le
sarebbe capitato,
sulla trasfigurazione della sua esistenza il cui primo segno era la
donna,
identica a lei eppure differente, che la fissava con
curiosità attraverso lo
specchio.
Freya le cinse
le spalle.
“Sei stata educata come una principessa per questo, Sigyn. Te
la caverai, lo
so. E poi, se anche l’emozione dovesse vincerti, vederti
commossa piacerà al
popolo. Ti adoreranno.”
“Anche
se ho
contravvenuto alle nostre leggi?”
“Lo
hai fatto per amore e
rimedierai nel più consono dei modi. Come in una
fiaba,” sentenziò la donna
senza alcuna incertezza nella voce cristallina. Si alzò per
prendere delle
stoffe e avvicinargliele al viso, scartandone immediatamente uno.
“Non essere
severa con te stessa, non pensare più a ciò che
è stato. Avrete un bambino – che
sarà l’erede di Vanheim e di molte altre cose.
Pensa solo a questo.”
“Mi
spaventa, questo. Non
so se sarò adatta,” confessò Sigyn
rapida, lisciandosi la gonna. “Non so se
sarò pronta. Non so se sarò una brava madre. E
non so se sarò una brava moglie.”
Sospirò. “E se a Loki, questo,
basterà.”
“È
normale che tu sia
preoccupata, che tu abbia dei dubbi e sia piena di
interrogativi,” sorrise
Freya dopo averla ascoltata, accarezzandole le spalle nude.
“Ti sono successe
troppe cose impreviste in troppo poco tempo, bambina mia. Se tu fossi
certa di
essere una buona moglie e un’ottima madre, sono sincera, mi
preoccuperei. Ma nella
vita certe cose si imparano vivendole e basta, giorno dopo giorno,
domandandoci
sempre se stiamo facendo la cosa giusta per coloro che amiamo. Non
c’è un altro
modo, Sigyn. E non c’è modo di sapere, oggi, se
Loki si accontenterà di questa
vita o vorrà dell’altro – non lo sa
neanche lui. Lo conosco da più tempo di te,
però, e posso dirti che per quanto sia imprevedibile e
inafferrabile, le sue
scelte sono sempre ponderate. Non ti avrebbe chiesto di sposarlo, mai,
se non fosse stato assolutamente certo di volerlo.
Ora, però, pensiamo
al tuo vestito. Potremmo rendere la gonna più ampia e
vaporosa, così, e
mostrare un po’ le spalle. Che ne dici?”
Sigyn si
guardò critica
allo specchio. “C’è ancora qualcosa che
non mi convince, zia.”
“Dell’abito,
spero.”
La ragazza
esitò. “Dell’abito,
sì.”
“Sii
sincera.”
Sigyn si
voltò verso
Freya. “Le discussioni non sono terminate, zia. Ogni
particolare della
cerimonia, ogni dettaglio, è approvato solo dopo trattative
sfiancanti. Di
alcuni non mi preoccupo, ma di altri sì,” si
sfogò, tormentandosi con le dita la
splendida collana d’ametista forgiata dai Nani.
“Immagino lo avrai saputo. Loki
vuole che abbandoni del tutto le mie stanze e mi trasferisca qui. Non
gli
interessa lo scandalo che nasce dal vivere insieme. Il nonno
è furioso: temo una
sua reazione sconsiderata. Queste nozze potrebbero saltare da un
momento
all’altro, insieme alla pace, per un dettaglio
così insignificante?”
Freya
annuì. “Njord deve
essere infuriato. Ne va del suo ruolo. Ma non muoverà mai
guerra contro Loki e
Thor insieme.” Sospirò, prima di concludere.
“La decisione di Loki è la più
saggia – è la migliore per te.”
Sigyn
inarcò un
sopracciglio. “Lo dici come se sapessi qualcosa che non
so.”
“Per
favore. Pensiamo
al tuo vestito, alla tua acconciatura, ai fiori più belli
con cui decorare il
palazzo, agli arredi della tua nuova casa – il castello di
Loki, dove vi
trasferirete, è quasi pronto. So che ti ha chiesto di
scegliere gli arredi e di
controllare che tutto sia di tuo gradimento. In questi giorni, ti
prego, dedicati
al meglio che questa situazione può offrire.”
“Njord
mi ha chiesto di
essere ragionevole e di lasciare queste stanze. Di convincere Loki a
cedere su
un punto così offensivo, per lui. A rinunciare a qualche
notte insieme per
Vanheim.”
“Rinunceresti
a qualcosa
che prima cercavi nonostante fosse rischioso?” Freya le
girò attorno,
appuntandole un lungo pezzo di stoffa ricamato sulla gonna.
“Dai retta a Loki,
Sigyn. Contraddirlo ai banchetti, come facevi, sarà stato un
modo involontario
per attirare la sua attenzione, ma non è utile,
adesso.”
“Vorrei
passare ogni
minuto con lui, zia. Ma conosco i miei doveri verso Vanheim.”
“Sarai
una principessa
responsabile, ma dovresti smetterla di sentirti così
colpevole e fare quello
che ti ho detto: dargli retta. Tutti, a Vanheim, lo
abbiamo sempre fatto
e finora non ce ne siamo mai pentiti.” Stavolta nel tono
della figlia di Njord
c’era una nota severa, che non sfuggì alla
ragazza. Era vero, si sentiva in
colpa. Di più, una parte di lei riteneva di essere in debito
col proprio destino
– un giorno, questo sentimento si sarebbe tramutato in un
peso insostenibile, che
l’avrebbe spinto fino alle soglie di quel Tempio che
l’aspettava, accogliendo
tante ragazze come lei, ma più sfortunate.
“Mi
nascondi qualcosa?”
domandò abbassando le lunghe ciglia scure.
“Vuole
che tu rimanga qui
per tenerti al sicuro, Sigyn,” sospirò stancamente
la donna. “C’è chi protesta
e non desidera affatto questo matrimonio, tanto da preferire una
guerra. Chi ti
vuole vedere marcire al Tempio e non esiterebbe a tentare un colpo di
mano, con
la scusa che Njord vuole consegnare il suo regno a Loki figlio di
Odino. Ma il
tuo promesso sposo, lo sai bene, è un uomo molto furbo e
accorto. Per gli Æsir
vivere insieme è, di fatto, per sé stessa,
un’unione regolamentata e valida.
Qui Loki può proteggerti e reclamare il suo diritto. Vivendo
insieme e portando
in grembo un mezzo Ase, siamo abbastanza certi che non ti
succederà niente.”
Sigyn
sentì il cuore accelerare
i battiti. Le dita smisero di tormentare la bella collana e scesero sul
ventre
ancora piatto. “Sarà sempre così, non
è vero?”
“Fino
al giorno delle
nozze, sì. Dopo, nessuno oserà toccarti,
Sigyn.”
C’era
un’altra buona ragione
che aveva spinto Loki Laufeyson a volere nei suoi appartamenti la
giovane
principessa di Vanheim: una che Sigyn intuiva – la stessa che
l’aveva spinta a
considerare la proposta del vecchio Njord. Loki cercava lo scandalo.
Desiderava
che tutti li sapessero una coppia. Sfoggiare in questo modo il loro
legame era
un attacco non solo alla rigidissima morale di Vanheim, ma
rappresentava anche
una tutela per la proposta estorta a Njord. Il vecchio re avrebbe
incontrato
non poche difficoltà nel tentare di stringere un altro
accordo matrimoniale per
Sigyn, se nessuno avesse dubitato che fosse stata la sua amante.
L’ingannatore
fece
schioccare la lingua contro il palato: presto avrebbe dovuto dare un
nome
diverso al legame che aveva con lei. Entrò nei suoi
appartamenti che era notte
fonda, grato di non trovarli ancora invasi dalle stoffe preziose che
Sigyn
stava scegliendo, come era accaduto nelle ultime sere. Forse quella
piccola
Vanir insolente aveva, finalmente, scelto, dedusse piegando le labbra
in un
ghigno breve e soddisfatto. Il braccio che Thor gli aveva rotto nel
loro
ultimo, fatale, scontro, gli faceva ancora un male dannato, ma Loki era
un
guerriero di Asgard, abituato a ingoiare la sofferenza e a preferirla
al potere
stordente di intrugli e medicine, di cui era bene non abusare. In quei
giorni
concitati doveva occuparsi di troppe questioni e i suoi compiti, che
già lo
vedevano perennemente in movimento, si erano amplificati. Si
sfilò la
bandoliera con un sospiro di dispetto, avanzando a passi decisi verso
la camera
da letto. Lì, al tenue bagliore di un fuoco ormai
semispento, Sigyn, avvolta in
una delle sue tuniche, con i capelli sciolti sulle spalle, scriveva con
la
bella penna dalla piuma nera che le aveva regalato. Sentendolo
avvicinarsi si
voltò nella sua direzione, stropicciandosi col dorso della
mano gli occhi
assonnati.
“Ho
trovato un modo per
riuscire a dotare almeno altre dieci ragazze,” gli
spiegò. Aveva le dita
macchiate di inchiostro e uno sbaffo scuro le aveva sporcato la guancia.
L’ingannatore
arcuò le
labbra in una smorfia divertita. Sigyn, fedele alla sua indole, stava
cercando
di trasformare le loro nozze in un’occasione per agire in
prima persona contro
le storture di una società chiusa, per molti aspetti meno
libera della
selvaggia Asgard, temuta e invidiata, ma anche guardata con un misto di
curiosità e di interesse.
Era un costume
di
Vanheim, ma non solo, che il popolo beneficiasse di unioni principesche
come le
loro. La consuetudine voleva che gli sposi offrissero in dono a delle
ragazze –
generalmente una decina – una buona dote e pagassero anche
ogni spesa relativa
alla loro cerimonia. Nella consolidata usanza, Sigyn aveva scorto la
possibilità e il dovere di aiutare più giovani
donne possibili, perché il suo
spirito irrequieto le aveva fatto scoprire già da tempo la
povertà in cui versava
buona parte della sua gente.
“Dovresti
essere a letto.
A riposare.”
“I
giorni scorrono
velocissimi e certe questioni non possono attendere.” Si
alzò per abbracciarlo
e poggiare la testa contro il suo petto ampio e largo, in un gesto
d’affetto
che le era sempre stato negato. L’Ase rispose
all’abbraccio dopo un momento di
esitazione, cingendola per le spalle sottili, sfiorandole le ciocche
sciolte.
Sigyn socchiuse
gli
occhi. “E poi, ti stavo aspettando,” gli
confessò.
Non aveva idea
di cosa
sarebbe diventata Vanheim, se un Loki sconfitto e traboccante di
orgoglio
ferito non avesse bussato alla porta di Njord, promettendo onori e
gloria in
cambio di ospitalità. Il suo futuro marito era stato bravo
anche in questo, nell’individuare
certe correnti sottese in un popolo stanco e nel porvi, lentamente e
inesorabilmente, rimedio. Prima del suo intervento, Njord, Freyr e
Freya
generavano malcontento per la loro lontananza dai problemi della gente
affamata
e stanca, per la strascicante mancanza di decisioni, per lo sperpero
dovuto al
mantenimento di una corte troppo fastosa. Loki era riuscito
nell’impresa di
rendere nuovamente grande Vanheim, trasformandola in un regno potente
tanto da
tenere testa alla ricca Asgard di Odino, premendo affinché
importanti riforme e
razionalizzazioni diventassero realtà. In un certo senso,
era riuscito a usare
anche Sigyn per i suoi scopi. Sfruttando la sua inclinazione nel voler
aiutare
il prossimo e approfittando delle discussioni in cui lo coinvolgeva nei
banchetti – liti esasperanti per lei, divertentissime per lui
– le aveva
suggerito, in maniera più o meno velata, di esporsi come
poteva per raddrizzare
almeno un po’ tutte quelle situazioni che la indignavano.
Njord era anziano e
stanco, Freyr aveva problemi con l’alcool e sperperava tutte
le sue energie nei
bordelli, Freya passava le sue giornate a occuparsi di stregonerie e a
farsi
corteggiare dai suoi numerosi spasimanti, ma la piccola Sigyn, che
nelle sue
pur rare apparizioni pubbliche ascoltava con partecipazione le
lamentele della
gente, contribuiva a ridare un pizzico di fiducia in una casa regnante
altrimenti avvertita come disinteressata e lontana.
Ora lei si era
abbandonata contro il suo petto, in cerca di una protezione che aveva
fieramente ricusato quando era stata accusata di fronte a tutta la
corte di aver
avuto un amante, di aspettarne il figlio. Loki sospirò e
s’inumidì le labbra.
Il braccio gli doleva sempre di più e desiderava sopra ogni
altra cosa bere un
corno di idromele per attutire almeno un po’ quelle fitte
persistenti, ma era
troppo acuto e intelligente per ignorare che Sigyn stava affrontando le
loro
importanti, improvvise e sontuose nozze nel modo sbagliato –
lasciandosi
vincere da un passato che non aveva ancora lasciato andare, cercando di
accontentare chi non doveva essere accontentato, tacendo su questioni
che,
invece, sarebbe stato meglio affrontare.
“Ritengo
sia più che
normale, nella tua posizione, avere paura, sentirsi incapace di gestire
tutti
questi cambiamenti inattesi, avvertire il peso di tante incombenze,
troppe
novità,” iniziò
l’ingannatore. “Sposare me è
più complicato che sposare
quell’idiota di Theoric – e poi, con lui avresti
aspettato almeno un altro
anno. Quant’è passato da quando sono tornato e ti
ho trovata in piedi di fronte
a tuo nonno, col segreto di cui non mi avevi graziosamente messo a
parte
svelato? Sette giorni,” le
sibilò. “Solo sette giorni fa
non
eravamo niente, tu eri fidanzata con un altro, tra noi era tutto
finito.”
Sigyn
annuì e si scostò.
“Avrei dovuto dirtelo prima che partissi, anche se non avevo
la completa
certezza di essere incinta. Ho cercato di farlo in biblioteca, ma non
mi è
riuscito. Che mi abbiano scoperta è stato un
sollievo.”
“Avevo
intuito che fosse
stato quello il motivo della tua improvvisa dolcezza nei miei
riguardi,” ghignò
Loki, pensando alla sera strana in cui lei lo aveva cercato. Era di
pessimo
umore e non perché l’alba successiva sarebbe
dovuto partire per un’importante
ambasceria – gestire gli imprevisti era un qualcosa che gli
riusciva benissimo
e che si adattava alla sua natura incredibilmente duttile, ma per il
fatto di
aver dovuto insistere più del dovuto con Njord
affinché il vecchio re
comprendesse l’importanza di quel viaggio. Non si aspettava
di incontrare Sigyn,
così come lei non credeva che le sarebbe mancata la voce per
raccontargli della
spaventosa scoperta che aveva appena fatto e non sapeva come gestire.
Lui era
stato troppo tagliente e perfido.
Si erano amati e
cercati
in segreto per molti mesi, prima del fidanzamento di lei. Poi Theoric,
pusillanime amico d’infanzia, erede di una discreta fortuna,
aveva chiesto e
ottenuto la sua mano recandosi da Njord in persona, nonostante il netto
rifiuto
della ragazza. Sigyn si era rivolta a Loki chiedendogli di esporsi, di
dichiararsi al re dei Vanir. Lui aveva rifiutato, determinando la fine
della
loro relazione. Una scelta di cui non si era pentito, che aveva
ponderato con
molta attenzione, ma che, nonostante questo, gli era costata
– ma di questo se
ne era reso conto col tempo, osservando la coppia male assortita,
scontrandosi
con la freddezza scaturita dal cuore offeso di lei. Certi eventi, uniti
a una
passione feroce, li avevano momentaneamente riuniti, ma Sigyn non
poteva
tollerare di vivere una doppia vita o d’ingannare un uomo
verso cui pure non
provava niente. L’aveva avuta tra le sue braccia per un paio
di sere, non di
più.
La biblioteca
era avvolta
da una luce irreale e lei gli era andata incontro, sussurrandogli di
dovergli
parlare di una questione urgente, fatale. Loki era stato scostante e
maligno –
lei gli invadeva già troppo spesso i pensieri, mutando i
suoi piani, rendendo
amare le sue vittorie. Quali questioni urgenti poteva mai avere, per
rubargli
tempo e intrappolarlo in un incontro in un luogo tanto malsicuro?
Se non avesse
scoperto
solo da poche ore di aspettare un bambino certamente suo, Sigyn gli
avrebbe
risposto a tono, ma era troppo spaventata e sconvolta dalla notizia per
essere
abbastanza lucida da affrontarlo e iniziare una delle loro schermaglie.
Si era
difesa con nostalgico rancore, cedendo a
un’emotività che stupì e
infastidì
Loki.
Per zittirla e
consolarla
la strinse a sé e la baciò, anziché
domandarle che le fosse preso. Se lo avesse
fatto, temeva di dover stare a sentire l’ennesimo problema
riguardante il
fidanzamento con Theoric, che gliela avrebbe fatta desiderare ancora di
più,
perché vogliamo disperatamente solo ciò che non
possiamo avere, che abbiamo
perduto. Sigyn rispose al suo bacio, ai suoi baci. Era arrendevole come
non capitava
da mesi. La consolazione che cercava da lui passava anche da quello
– dal
bisogno che la stringesse, la proteggesse, le ghermisse le labbra,
facendola
sentire amata. Lo lasciò fare quando le labbra
dell’Ase scesero sul collo e sul
seno, gli concesse di slacciare il corsetto, sollevare la gonna, per
poi
consumare l’amore in fretta, sul pavimento, tra le colonne
piene di libri della
biblioteca deserta. Loki avrebbe desiderato spogliarla completamente,
per
percorrere con la bocca ogni sua curva, dal collo delicato ai seni
piccoli e
sodi, fino alla dolce linea dei fianchi protesi, del ventre piatto,
dalla pelle
morbida. Ma non c’era tempo, mancava l’occasione.
Poteva scostare e maledire la
seta pregiata che la ricopriva, spostandole con un gesto secco e
urgente la
stoffa ricamata dei suoi indumenti intimi per non perdere tempo
prezioso. Sigyn
non lo fermò, ma lo cinse tra le braccia in preda al
medesimo desiderio, grande
quanto la consapevolezza di stare commettendo un errore – ma
come dire a Loki
che aspettava un figlio? Come l’avrebbe guardata, poi, lui?
Prima di entrare in
lei, l’ingannatore avrebbe potuto interrogarsi
sull’opportunità di unirsi a lei
in quel modo, sulle strane circostanze che li avevano condotti
lì e sul pallore
sospetto di Sigyn, sul suo sguardo da cerva braccata. Non lo fece
– la
desiderava e basta, e quando il caos li avvolse, improvviso e violento,
dovette
chiuderle la bocca con una mano e mordere la propria,
affinché i loro sospiri
rotti dal piacere non li tradissero.
Dopo, si
sistemarono in
fretta per rendersi presentabili. Loki disse, con voce maligna, che non
avevano
più tempo, nessuno dei due, per discutere di
alcunché. Sigyn, avvampando, si
rese conto che era vero – era in ritardo per
l’ennesima, sfiancante e inutile
festa.
E quella sera,
quando si
era seduta accanto a Theoric e lui l’aveva baciata sulle
labbra, lei si era
sentita la peggiore delle donne di Vanheim, perché aveva
addosso il profumo di
Loki e il ricordo delle sue mani di mago che percorrevano il suo corpo,
perché
aveva ansimato amandolo con l’intensità di sempre
e perché aveva in grembo suo
figlio, ma il suo destino era di sposare un altro. Uno che stava
ingannando suo
malgrado, che non avrebbe mai saputo né potuto amare.
Da quella notte
erano
passati solo dieci giorni. “Vorrei dirti cosa avrei fatto, se
quella sera
avessi potuto dirtelo o se non mi avessero scoperta prima,”
sospirò Sigyn, a disagio.
Care
Lettrici e cari Lettori del mio cuore ♥ ♥!
Rieccoci
qua con i Loki e Sigyn nella versione di Tutte le
mie
bugie, la mia prima long (la trovate a pagina 3 del
profilo). Non è
necessario averla letta, ma tenete presente che la Sigyn
che vedete per
buona parte del racconto è molto giovane e vi si fanno
parecchio riferimenti,
però ve la consiglio perché è una
storia che secondo me merita – se avessi
tempo la revisionerei per bene, ma anche così è
più che fruibile e ne sono
abbastanza fiera. Mi sono resa conto che non ho mai scritto nel
dettaglio del
matrimonio di Loki e Sigyn: in Accordo è accennato, qui
viene saltato a piè pari:
non posso spoilerare, ma è presente in una long breve e in
una shot molto vecchia
e a me molto cara, In direzione ostinata e contraria ♥.
Ma
torniamo a Sigyn: qui siamo a sette giorni dalla fine di Tutte le tue
bugie: la vita di Sigyn ha subito uno scossone enorme, la sua
normalità è stata
spazzata via e al suo posto c’è qualcosa che
nemmeno osava sperare. Inoltre, sa
da pochissimo di aspettare Sonje (vi ricordo che Loki sa, grazie alle
rune, che
avranno una bimba, ma lei no). Gli ultimi anni ci hanno insegnato che
basta un
giorno a cambiare le nostre esistenze in maniera indelebile, quindi
sono
fiduciosa che capirete questo scoramento di una ragazza che pur amando
infinitamente Loki ha paura.
Ringrazio con
tutto il cuore i vecchi lettori, i nuovi lettori e tutti
coloro che listeranno, recensiranno o semplicemente leggeranno questa
storia: a parte gli
scherzi (lokini) siete importanti e sappiate che leggo
tutti i vostri commenti e non vi mangio. Spesso non rispondo
pubblicamente, ma
se vi palesate lo faccio e sono molto alla mano, ecco.
Seguitemi
sulla pagina fb (o scrivetemi anche lì) per info,
curiosità,
aggiornamenti (trovate il link in bio) e…
Ricordo che il
personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce
“Sigyn” su Wikipedia, è una mia
personale
interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Loki e Sigyn nel mito
hanno dei
figli insieme, Vali e Narvi. Vali me lo sono tenuto, Narvi
l’ho sostituito con
Sonje, personaggio di mia invenzione. Nel mito Sigyn non eredita
proprio
niente, quindi anche qui è una mia idea. Non vi
autorizzo a ispirarvi o
peggio a questa versione o alle altre storie da me postate
né qui né altrove
(peggio mi sento con le fiabe) e lo stesso vale per gli headcanon su
Vanheim,
su Loki o su Asgard stessa. Lo stesso vale per il ruolo di Loki presso
Njord,
per le cariche che Loki ricopre in questa Vanheim. Creare un mondo con
usi e
costumi non è uno scherzo.
Comprendetemi
per queste precisazioni, ma scrivo su questo fandom dal
2017 e ne ho viste di tutti i colori.
A
presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose, vi si
lovva (e spero
voi lovviate me).
Vostra,
Shilyss
[1]
Tutto questo è narrato in
Tutte le mie bugie, la mia prima long. Alla fine di questa, Loki scopre
che lui
e Sigyn avranno una bambina, ma cela alla ragazza questa sua scoperta.