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Autore: Bell_Black    28/05/2022    0 recensioni
Appena uscito dal servizio militare, Seokjin si sente completamente spaesato e vuoto, non riesce a riconnettersi con la realtà.
Si sente solo e decide di isolarsi, insicuro del futuro, mentre nel mondo è in corso una pandemia che ha bloccato qualsiasi sua attività.
Completamente sopraffatto dalle sua emozioni, riesce a trovare conforto grazie a una ragazza che pubblica lunghi monologhi, sotto forma di podcast, sui suoi sentimenti nei confronti di quello che le accade attorno, in un periodo tanto difficile per tutti.
Seokjin non conosce il suo volto o il suo paese di provenienza, sa solo che grazie a quella sconosciuta si è sentito meno isolato e si chiede, se anche lei abbia, qualcuno che la faccia sentire così o in caso contrario poter restituire il favore.
Il suo unico desiderio è sapere che anche lei può stare bene, nello stesso modo in cui si sente Jin ogni volta che la ragazza decidere di condividere, con lui, quei pensieri, facendo illuminare lo schermo del suo telefono, con la notifica più attesa della giornata.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Nove.
Una mail.

Salutammo con entusiasmo la telecamera davanti a noi, dopo che l'ennesima intervista della giornata si era conclusa, ero esausto, lo eravamo tutti stando in quella stanza, dopo quattro ore seduti a rispondere alle stesse domande, fatte semplicemen...

Salutammo con entusiasmo la telecamera davanti a noi, dopo che l'ennesima intervista della giornata si era conclusa, ero esausto, lo eravamo tutti stando in quella stanza, dopo quattro ore seduti a rispondere alle stesse domande, fatte semplicemente da persone differenti.

Iniziava a pesare, tutta questa aspettativa sul nostro ritorno, dopo due anni d'assenza tutti si aspettavano l'eccellenza da parte nostra e noi ci stavamo impegnato, per fare in modo che questa eccellenza fosse ben evidente, ma ciò non ci dava la certezza che anche gli altri avrebbero apprezzato la nostra visione di ritorno sulle scene.

Nella mia mente si facevano strada solo pensieri catastrofici in merito a un disprezzo del nostro ritorno sulle scene, un mancato rinnovamento, l'essere rimasti indietro, non ero sicuro di poter mantenere il passo, di poter raggiungere gli altri, mi sentivo distante da tutti loro, come se vivessi in un mondo a parte.

Guardai Jimin e Taehyung, appena rientrati dal loro servizio militare, freschi e già affiatati a loro agio davanti alle telecamere, mentre sorridevano disinvolti, reintegrati senza nessuno sforzo, mentre io a distanza di mesi, ancora faticavo a realizzare il mio ruolo, sembravo essere un elemento d'arredo, mi percepivo in quel modo, anche se gli altri non dicevano nulla in merito e mi trattavano come sempre. Mi alzai di scatto dalla sedia, quando il faretto puntato su di noi si spense, lasciai la la stanza, diretto verso il bagno.

Sciolsi il nodo alla cravatta sentendomi soffocare, quei pensieri erano tornati ancora una volta, il sentimento di inutilità, nel gruppo, come artista e persona.

Mi sembrava di mentire a me stesso, illudendomi di poter veramente essere un elemento indispensabile per il mio gruppo; mi rendevo conto però che non era così e che non facevo altro che rallentarli, impedirgli di procedere a passo spedito, essendo mediocre in molte delle cose che ormai,  dovrebbero arrivare in modo immediato al mio cervello. 

Dal ritorno alla vita normale, mi sembrava di aver perso ogni capacità e di essere semplicemente tornato allo stato di partenza, come se la mente fosse stata azzerata, mentre tutti gli altri erano riusciti a mantenere le loro capacità.

Appoggiai le mani al lavabo e tenni lo sguardo fisso sulla mia immagine distorta, riflessa sul rubinetto, mi sentivo schiacciare, soffocare, sommerso, accecato da tali consapevolezze, come se qualcosa le avesse tenute a bada fino adesso. Forse l'assenza dei due ragazzi mi aveva tenuto tranquillo, senza loro, il nostro ritorno era ancora incerto, mentre adesso, tutti gli elementi erano ben presenti. Dovevo accettare, di non essere più in grado di essere un idol.

Aprii il rubinetto dell'acqua e lavai il viso, come se quel gesto, potesse aiutarmi a annullare tutti i miei pensieri, invece, sembrava farli crescere, alimentando quel senso di inadeguatezza che si annidava tra le mille paranoie.

"Hyung", la voce di Jungkook mi fece tornare alla realtà, mi voltai spaesato, non mi ero nemmeno reso conto della sua presenza, sorrisi a fatica, mentre osservavo il suo volto confuso. "Sei andato via prima della foto di rito, avevamo paura stessi male", mi porse della carta per asciugarmi il volto, appoggiò una mano sulla mia spalla in segno di conforto.

Avrei voluto che quello mi bastasse, ma in realtà mi mortificava, non per colpa sua, era una mia mancanza, sentivo di far gravare il peso della mia situazione sul resto del gruppo, rendendo le cose ancora più difficili di quello che erano.

"Credo di non poter continuare così", dissi guardandolo negli occhi, il suo viso preoccupato si agitò, più di prima e la presa sul mio braccio aumentò.

"Tu sei importante per la band, è solo un periodo no, non arrenderti", supplicò, cercando di mantenere un tono di sincera positività, "senza di te, non possiamo andare da nessuna parte", concluse abbracciandomi.

Lo strinsi a mia volta, sentendo il cuore dolere, in quel momento capivo cosa intendesse Purple Abyss, con l'affermazione del rimorso verso chi ti circonda, il desiderio che nessuno ti faccia capire quanto puoi essere importante, perché poi, tutto è più difficile. 

Lasciarsi andare è impossibile.

"In effetti, senza il mio bel faccino, non potreste andare lontani", sorrisi sciogliendo l'abbraccio, sentivo un grande malessere, il desiderio di rimanere chiuso in quel bagno, ma ero un adulto, potevo accantonare momentaneamente tutto, il lavoro era la cosa più importante al momento. Mi sarei crogiolato nelle mie paure più tardi.

"Il tuo bel faccino funziona, perché c'è il mio da bad boy ribelle", affermò Jungkook rimando fermo davanti a me, non voleva fare la prima mossa, obbligarmi a uscire, però dovevamo raggiungere gli altri.

"Pazzo il padre che ti affiderà sua figlia", affermai dirigendomi verso la porta, scossi la testa divertito, Jungkook aveva tramutato la sua espressione, in una indignata, subito dopo la mia affermazione.

"Tu non lo faresti?" Chiese seguendomi, percorremmo il piccolo corridoio, indirizzati verso la hall, dove i paparazzi ci attendevano per le foto di fine intervista, avevo bisogno di una pausa da tutte quelle attenzioni improvvise.

"Se un giorno, uno dei miei figli dovesse portarmi un soggetto come te, sarebbe la volta buona che abbandono tutto per un'isola sperduta", sorrisi, mentre provavo a immaginare un clone di Jungkook. Rabbrividii all'idea, uno era fin troppo.

"Sono così simpatico e affascinate", affermò indicandomi il corridoio esatto in cui svoltare, così da ritrovarci dietro le guardie di sicurezza, che stavano attendendo il nostro ritorno. I paparazzi erano tutti composti, a distanza l'uno dall'altro come non li avevo mai visti, silenziosi e in attesa, poteva quasi definirsi l'unica cosa positiva del covid.

"Sei il mio dito nella piaga", conclusi la nostra discussione salendo sul palco.

Una delle assistenti, mi porse una mascherina da indossare, per poi farmi affiancare al resto del gruppo, mi scusai con i presenti, dando la colpa a dei "movimenti di pancia sospetti", provocando una risata in tutti i presenti.

Rimasi in posa con gli altri, il tempo di una decina di foto, per poi salutare i presenti ed essere scortati ai nostri van in tutta fretta, la giornata si era conclusa finalmente. Tolsi la mascherina appena misi piede nell'auto, accavallai le gambe e mi misi comodo, pronto a dormire per il resto del viaggio. 

Probabilmente il precedente crollo era colpa anche dello stress, della mancanza di sonno e della scomodità dei nuovi ritmi, non ero più abituato e forse non avevo più l'età. Chissà come riuscivano i Super Junior a rimanere al passo, dopo tanto tempo di attività.

La voce di Hoseok era un sottofondo, mentre raccontava a Jungkook della sua uscita con la fidanzata, dopo che era tornata da Jeju, non ascoltai quasi nulla, i miei pensieri erano figurati su un'unica persona, Purple Abyss o Danbi, non ero ben sicuro di come volessi chiamarla.

Il suo nome, mi dava quel senso di intimità maggiore, anche se era solo nella mia testa, come se avessi il permesso di poterla vedere in quanto persona raggiungibile, ma non lo era. Purlple Abyss inizia a stonarmi, sembrava il nome di un nuovo gruppo Kpop e non rappresentava a pieno quello che lei era.

Danbi invece, era lei, nome coreano dal significato stupendo, "Pioggia dolce", la rappresentava appieno.

"Come hyung?" Chiesero i due ragazzi al mio fianco, mi voltai verso di loro confuso, non avevo proferito parola.

"Non ho detto nulla", ammisi passandomi una mano tra i capelli, mi guardai intorno, ritrovando il resto del gruppo appollaiato a sonnecchiare, forse qualcuno di loro poteva essere l'artefice del bisbiglio.

"Si invece, hai detto 'pioggia dolce', non sei mai stato un grande amante della pioggia", sottolineò Hoseok. Corrugai la fronte, non pensavo di averlo detto ad alta voce e voltandomi verso il finestrino, notai anche che fuori aveva iniziato a piovere. Piccole gocce scorrevano veloci sul finestrino, mentre tutto intorno a noi si bagnava.

"Penso che a Jin hyung piaccia un'altro tipo di pioggia", scherzò Jungkook, forse rendendosi conto a chi mi stessi riferendo, alzai gli occhi al cielo ed evitai di commentare, non avevo nulla da nascondere, ma non avevo voglia di parlare in quel momento.

In effetti non ero mai stato un grande amante della pioggia, mi definivo meteoropatico, la pioggia, il grigiume mi rendevano tristi, ma dal servizio militare, non mi sembrava più così, forse ero solo più solare e avevo bisogno della serenità per poterlo esprimere. Da un po' di tempo mi trovavo a mio agio con la pioggia, ancora non l'amavo, forse non l'avrei mai fatto, ma ne potevo comprendere molto di più il bisogno emotivo. Averla lì confortava il mio spirito affranto e bisognoso che tutto intorno, fosse triste quanto me.

Ma Danbi, non era quel tipo di pioggia, la pioggia dolce era quella che ti sorprendeva, magari a cielo chiaro e con il sole in alto che risplendeva, una sorpresa, per niente sgradita. Aveva bisogno di aiuto per poter esprimere quel tipo di pioggia, mentre nella sua testa nuvole scure, incombeva sulla sua vita, forse potevo essere il suo cielo azzurro e lei la mia pioggia estiva.

Sorrisi, forse in modo troppo ampio visto che Jungkook mi pizzicò il fianco, spostai lo sguardo dalla strada a lui, che sorrise indicandomi il telefono, si trovava su Instagram, proprio sul suo profilo privato, a quanto sembrava aveva pubblicato una nuova foto.

Recuperai il mio telefono dalla giacca e andai subito a recuperare il post, era una foto davanti ad uno specchio, che non era il suo, indossava la mascherina, ma si vedevano bene i suoi occhi, su cui il colore era occultato da delle lenti azzurre. I capelli ancora rosa erano mossi e le accarezzavano le spalle nude, aveva abbassato il cardigan e le bretelle della canottiera, per mostrare una novità.

Si era fatta tatuare e scorrendo le foto, notai che il tatuatore era il suo migliore amico, ancora con i guanti addosso e la macchinetta in mano, guardavano lo schermo del telefono, mentre la fotocamera, catturava la loro immagine riflessa allo specchio.

Decisi di concentrarmi sull'ultima foto, la terza, dove l'attenzione era sulla spalla scoperta e da poco tatuata, il tatuaggio partiva dalla spalla fino alla clavicola, rappresentava dei rami fini ed eleganti, con sopra foglie e fiori di ciliegio di un rosa delicato, come la sua pelle.

"Potremmo diventare amici di tatuaggi", scherzò Jungkook, dandomi una piccola gomitata, "cosa dicevi di quelli come me?" Provò a incalzarmi.

"Quelli come te, sono i rompi coglioni Jungkook", ammisi con tono scherzoso, Jungkook provò a mettere un broncio, fallendo miseramente, era fin troppo entusiasta di aver visto quelle foto.

"Niente ti garantisce che non lo sia, per questo dovresti scrivergli, di Jungkook può essercene solo uno e non mi farò sostituire così facilmente", ammise con tono solenne, portando i pugni sui fianchi e mettendosi a schiena dritta come un novello Superman. A quelle parole mi ricordò che era da un po' che non controllavo le mail, così lasciai un mi piace alla foto e andai ad indagare. Tra messaggi di spam e mail di lavoro però nulla si era mosso, il che era anche normale, mi aveva chiesto tempo per rispondere a quella mail, forse era il caso di scriverne una meno impegnativa, per sbloccare qualcosa.

Arrivammo al dormitorio, dove tutti scendemmo per indirizzarci verso l'appartamento e in seguito nelle nostre camere, troppo stanchi per interagire ulteriormente.

"Sto ordinando del cibo, qualcuno vuole qualcosa?"Chiese Yoongi, mentre faceva correre un menù sullo schermo del telefono. Tutti iniziammo a elencare le nostre preferenze, così da farci offrire la cena dal benevolo Yoongi, che dalla sua espressione ci fece intuire di essersi pentito della proposta.

Arrivati in casa, ognuno si rintanò nella propria camera, avevamo bisogno del nostro tempo, di stare da soli e Yoongi si offrì, per andare a recuperare il cibo in seguito, sembrava il più energico del gruppo, speravo sempre c'entrasse la sua cotta e qualcosa in lui mi suggeriva fosse così.

Mi aveva accennato un'altro incontro con la ragazza, ma non aveva detto molto, sembrava pensieroso, come lo era quando pensava al loro primo incontro ignoto, doveva essere successo qualcosa di importante, forse Yoongi ci stava nascondendo un'informazione vitale? Mi stavo facendo troppe domande. Yoongi era sempre stato tanto riservato in tutto ciò che riguardava la sua sfera privata e quella ragazza ne era compresa, dovevo solo attendere, Yoongi sembrava aprirsi ogni giorno sempre di più, magari la prossima volta sarebbe stata quella buona. 

Ero stanco di essere l'unico a struggermi pubblicamente per una ragazza.

Mi lasciai cadere sul letto rilassandomi qualche secondo, non volevo fare nulla, solo mangiare e nascondermi sotto le coperte, alla ricerca delle parole giuste da inviare, di cose leggere di cui parlare, ma tutto ciò che balenava nella mia testa erano pensieri, elaborazioni, di una pesantezza, che forse non mi avrebbe permesso di ricevere una risposta celere.

Tolsi i vestiti, lasciandoli ammucchiati sulla sedia della scrivania, troppo pigro per riporre ogni cosa al proprio posto, avrei sistemato la mattina successiva, o qualcuno l'avrebbe fatto per me. Continuavo ad indagare su quale argomento fosse più appropriato per la nuova mail, cercando di indagare su argomenti leggeri ma di interesse comune, che potessero accendere una discussione e innescare una risposta quasi immediata e che non pretendesse giorni di riflessioni o una introspezione personale.

La mia mente era completamente vuota, o meglio, invasa da argomenti più simili alle sue puntate, centrate sui suoi sentimenti, sull'elaborazione della pandemia, sullo stato mentale e fisico attuale e su parole di conforto per il suo malessere. La mia vita era stata costellata fino a poco tempo fa di domande frivole e di circostanza, ma con lei non esistevano, c'era troppo poco tempo e una moltitudine di informazioni da comprendere, per perdersi dietro ai convenevoli.

Meritava qualcuno che potesse fargli le domande giuste e che potesse comprenderla.

Potevo essere io quel qualcuno? Probabilmente no, ma volevo fingere, almeno per un po' di poterlo essere.

Indossai il pigiama, sentendo in seguito bussare alla porta, Yoongi si trovava fuori, con il mio cibo in mano e un'espressione distrutta, sembrava che la pesantezza dell'intera settimana gli fosse crollata in un secondo addosso.

"Stai bene?" Chiesi confuso, fino a poco prima sembrava sicuramente stanco, la giornata era apparsa eterna a tutti, ma Yoongi sembrava esserne uscito abbastanza bene, mentre in quel momento, sembrava sul punto di crollare.

"No!" Esclamò, sbottandolo fuori con un mezzo sorriso isterico, entrò nella mia stanza, adagiando il mio e suo cibo sulla scrivania, per poi prendere posto su una delle sedie vicino ad essa. Forse avevo desiderato troppo si aprisse con me.

Chiusi la porta e recuperai la sedia posta in fondo alla stanza, posizionandola davanti a lui e sedendomi, entrambi passammo qualche minuto in silenzio, mentre scartavamo il nostro cibo, pronti a mangiare, avevo sicuramente bisogno di energie, per metabolizzare qualsiasi cosa lo turbasse.

"In un'ora, il tuo umore sembra essere declinato", feci notare l'ovvietà, mentre con le bacchette mescolavo il contenuto della ciotola, assicurandomi che tutto fosse ben amalgamato.

Yoongi fissò il tappo in plastica, su cui si era formata della condensa, sembrava leggermente fuori dal mondo, così mi allungai per aprire il contenitore, facendo fuoriuscire l'invitante odore della carne marinata.

Finalmente il ragazzo sembrò risvegliarsi, "lo è", ammise sorprendendomi, non era mai così schietto nelle sue risposte, specialmente quando riguardavano i suoi sentimenti.

"Vuoi dirmi qualcosa, o facciamo finta di niente mentre ceniamo?" Domandai retorico, mi sarebbe andata bene qualsiasi opzione se poteva aiutarlo, almeno avrei ritrovato la mia funzione in quella casa.

"Ti ricordi quando ti avevo detto, che lei non sapeva chi fossi?" Mi riempii la bocca, per non far notare il sorriso che era nato sulle mie labbra, finalmente mi avrebbe parlato di lei; annuii anche se lui non mi stava guardando, mescolava il contenuto della sua ciotola distrattamente.

"Non era del tutto vero, fino a che ci siamo seduti al tavolo per cenare, ero certo che non mi avesse riconosciuto, ma c'è stato un momento, dopo che ci siamo seduti in cui mi sono tolto la mascherina, che ho provato a farmi riconoscere", disse per poi prendere finalmente un pezzo del suo cibo, fui perplesso da quelle parole, perché nelle volte successive, in cui mi aveva raccontato fugacemente dei loro incontri, aveva mantenuto la linea dell'anonimato certo.

"Eri già cotto?" Domandai a fatica, avendo ancora la bocca piena di cibo. 

Lui scosse la testa in segno negativo, con una serietà sul viso preoccupante, per un momento riposi le bacchette nella ciotola, dedicandogli tutta la mia attenzione.

"Voleva uccidersi", lo disse a fatica, dovette sforzarsi per far uscire la sua voce, "mi ero reso conto, indossasse cose dei BTS e speravo che la mia presenza, potesse persuaderla", aggiunse riponendo la ciotola sulla scrivania di legno, si passò una mano sul volto turbato dai suoi stessi ricordi e mi sentii un insensibile ad aver pensato a loro come il mio intrattenimento personale.

"Lei è ancora qui, quindi è andata bene quella sera", ammisi, sentendomi di aver sbagliato, voler solo vedere il risvolto positivo, nella speranza di poter replicare con il mio caso, di poter risolvere i problemi del mondo solo con il mio volto.

"Non del tutto, cioè è stato un susseguirsi di cose che non mi sarei aspettato il giorno prima di arruolarmi", si morse un labbro, sembrava incerto di voler parlare o forse non sapeva da dove cominciare.

"Di recente lei mi ha ammesso, di avermi riconosciuto subito dopo aver pagato il mio cibo, quindi il mio travestimento non era così geniale come avevo sperato", sorrise nervoso, forse per smorzare un po' la situazione, anche io accennai un sorriso, adagiando a mia volta il cibo sul ripiano accanto a noi.

"Ancora adesso non sono ben sicuro, cosa fosse successo quella sera, so solo che l'unico messaggio ricevuto mentre eravamo seduti, la incitava a non mangiare per essere più attraente, chiunque fosse l'aveva convinta subito", entrambi ci concedemmo una smorfia di disgusto, chiunque fosse stato non meritava l'attenzione della ragazza, era un atteggiamento meschino.

"Lei mi ha offerto il suo cibo e mi ha confessato fosse il suo ultimo giorno, lì ho desiderato mi riconoscesse, provando a fermarla quando si è alzata, ma non ha funzionato", ammise, togliendomi quella piccola speranza vanesia, che l'essere qualcuno di importante nella società, potesse ribaltare le sorti di qualcuno. "L'ho seguita, fino al ponte mapo, ci ho provato, fino alla fine a salvarla, ed ero certo, che l'avrei avuta sulla coscienza."

Il suo telefono vibrò, adagiato sulla scrivania, il primo istinto per Yoongi, fu quello di allungarsi per recuperare l'apparecchio, ma la sua mano si fermò a metà strada, sospesa per qualche secondo, per poi ritirarsi. 

Cosa era successo quella sera? Lei stava bene o questa storia di salvezza, stava per diventare, l'ennesima realtà di declino umano?

"Ma non è così, ha vissuto ancora e qualsiasi cosa sia successa su quel ponte, senza di te, lei non sarebbe qui, sei stato un punto fondamentale, piccolo o grande che fosse il tuo intervento", lo rassicurai, sembrava aver bisogno che qualcuno glielo dicesse e forse quel qualcuno, doveva essere lei, ma presa dalla sua vita, era comprensibile si fosse dimenticata di farlo... forse.

In quel momento comprendevo molte più cose, anche se la storia risultava incompleta, tra di loro c'era un legame molto più intrinseco di quello che avevo immaginato, Yoongi aveva stretto la vita di quella ragazza e viveva nella paura di farsela sfuggire. 

Il moro sembrava ancora più pensieroso, si era lasciato andare sulla sedia, mettendosi in una posizione più scomposta, mentre il suo sguardo si fissava su un punto indefinito del pavimento, c'era qualcosa che lo turbava, lontano forse da quella storia, anche se collegato.

"Io non mi pento di quello che ho fatto quella sera", sembrava l'inizio di una frase difficile, fece un respiro profondo e alzò gli occhi per guardarmi per la prima volta dall'inizio di quel discorso, "ma quanto è giusto che io sia intervenuto? Che diritto avevo di farle vivere una vita che l'aveva esasperata a tal punto da farle desiderare che finisse? Con quale prepotenza volevo usare la mia influenza mediatica, per farle cambiare idea?" Quella mole di domande fu una sorpresa, non avevo idea di cosa mi sarebbe aspettato dopo quell'inizio, ma sicuramente non avrei pensato a quel genere di quesiti, aprii la bocca, alla ricerca di un modo per calmarlo, ma lui continuò.

"É stato meschino da parte mia, provare a convincerla, facendo leva sui sentimenti che provava nei mei confronti. L'avrei riempita del nulla, di speranze vane, riposte in una figura platonica, che è poi scomparsa per due anni, invece che far leva su qualcosa di concreto, come la sua vita, i risvolti su di essa, ho usato una scorciatoia meschina, quasi quanto quella usata dallo sconosciuto nel messaggio, che l'ha mortificata inutilmente", concluse.

Ero incapace di aggiungere altro, era stato fin troppo duro con se stesso, in situazioni di panico come quelle, non si poteva ragionare con una vera lucidità, bisognava solo essere veloci. Nel suo volersi far riconoscere, non ci avevo visto il male che aveva esternato con le sue parole, solo tanta paura, che qualcuno al suo fianco, mettesse fine alla sua vita, senza avere la possibilità di una rivalsa su qualsiasi cosa l'avesse massacrata.

Appoggiai una mano sulla sua spalla e lui sospirò, era completamente distrutto da quella consapevolezza, forse sputatagli in faccia da lei o da qualcuno collegato alla ragazza, mancavano fin troppi elementi per poter analizzare il suo comportamento.

"Non punirti, per aver cercato di salvare qualcuno, non hai fatto nulla di male, hai sperato in lei e in qualche modo è andata avanti, anche durante la tua assenza, vediti come una spinta", mi sembravano le parole più adatte, ma la sua espressione sofferente, gli occhi leggermente lucidi mi fecero preoccupare.

L'aveva fatto di nuovo?

"L'anno portata in ospedale mezz'ora fa", mormorò con la voce dolorante, quasi a voler rispondere alla domanda nei miei pensieri, spostai lo sguardo sul suo cellulare, silente, ma che poco prima aveva ignorato e la mia curiosità si fece ancora più morbosa.

Dovevo calmarmi, non era il momento di indagare.

Lo abbracciai, nella speranza che potesse aiutare in qualche modo, non potevo fare altro alla fine, non avevo altro potere nelle mie mani se non il conforto, qualcosa che avevo negato a tutti per mesi.

"Tu non sei l'artefice di ciò che è successo, le persone sono fin troppo complesse per farsi ferire dalle tue premure, non sarebbe meglio andare da lei invece?" Proposi, dimenticandomi forse il fattore più importante, che per una volta non erano la fama e i ficcanaso.

"Non sono il suo contatto di emergenza, non posso vederla o entrare in ospedale senza una esigenza comprovabile e l'essere preoccupato per lei non lo è, non per le nuove regole del cazzo di covid", disse nervoso recuperando il cibo e iniziando a mangiare il suo contenuto, non l'avevo mai visto tanto altalenante per qualcuno.

"Sai cosa è successo?" Chiesi imitandolo, Yoongi strinse le labbra e sospirò un'altra volta.

"Era da un po' che mi sembrava debole, pensavo fosse la situazione, il covid, il dormire poco, visto che ha un lavoro che la tiene impegnata, ma a quanto pare non era questo o meglio, non era solo questo", sospirò lanciando un'occhiata al telefono, sembrava indeciso sul da farsi, scosse la testa e tornò a guardarmi. "A quanto pare, non mangia abbastanza, probabilmente non mangia proprio, l'unico responso che ho avuto è stato da parte della sua amica", si riempì la bocca di cibo, tanto da masticare a fatica, abbassò lo sguardo sulla ciotola vuota, probabilmente preso a pensare a lei, al suo stato ignoto e alla preoccupazione che lo attanagliava.

L'aveva conosciuta due anni prima, e la vedeva da qualche mese ormai, si erano visti in autunno e l'ultimo incontro a me conosciuto risalvai ai festeggiamenti della primavera, pochi giorni prima.

In sei mesi si poteva creare un legame così forte o tutto era più profondo per via di questo legame instaurato al loro primo incontro? Probabilmente la risposta non era importante, dovevo solo aiutarlo a stare meglio e la risposta, risiedeva nel suo nome e nella speranza che questa volta bastasse.

"Perché non vai comunque? Sei Min Yoongi, qualcosa puoi far accadere", gli feci notare con forse troppa positività, lui mi guardò con uno sguardo stanco, una stanchezza visibilmente emotiva.

"Quanto è giusto verso gli altri?" Mi chiese retoricamente, perché entrambi sapevamo non essere un atteggiamento giusto, etico o paritario.

"Non lo è, ma concediti questo atto di egoismo innocuo", dissi alzandomi dalla sedia. Eravamo costantemente sotto controllo, tra tamponi, quarantene e isolamenti, non rischiava di contagiare nessuno, l'unico atto egoistico, era avere un vantaggio che altri non avevamo, per aggirare le regole.

Anche lui si mise in piedi, con meno sicurezza rispetto alla mia, guardò il telefono ancora una volta e annuì, probabilmente a se stesso e a qualsiasi ragionamento fatto.

"Non è da te, infrangere le regole Jin", puntualizzò raccattando il telefono e i contenitori vuoti del nostro cibo, pronto ad uscire dalla mia stanza e probabilmente indirizzato verso l'ospedale. 

"Sono stanco delle regole, se mi gira domani volo in Italia a cercare Purple Abyss", scherzai, facendo nascere anche sul suo volto, un po' di ilarità genuina. Ci scambiammo un ultimo abbraccio e gli aprii la porta, con il mio sorriso migliore, in modo che nessun dubbio lo attanagliasse, mentre si dirigeva da quella ragazza.

"Probabilmente non hai bisogno di volare da lei, scrivile e basta, concediti la possibilità di rischiare i tuoi sentimenti per una volta", mi diede una pacca sulla spalla per poi andarsene, quasi di corsa.

Aspettai che la porta di casa sbattesse per rientrare in camera, chiudendomi la porta alle spalle.

Ero pessimo nelle relazioni, specialmente se c'erano di mezzo donne, che fossero donne che amavo o che desideravo come amiche, ero terribilmente impacciato e spesso risultavo quasi freddo, nonostante non fosse il mio obbiettivo.

Forse avere in mano la possibilità di comunicare, potendo correggermi, le cose sarebbe andate meglio e non mi sarei dovuto preoccupare così tanto. Recuperai il telefono e mi sdraiai sul letto, aprii le mail, così convinto che qualcosa sarebbe uscito fuori, ma come la prima volta, la difficoltà di presentò all'istante, con la sezione "oggetto", da riempire, ma questa volta non mi fermai a pensare e scrissi di getto.

Avevo perso fin troppo tempo, era il momento di fare la prima mossa.

Avevo perso fin troppo tempo, era il momento di fare la prima mossa                    

  
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