Aveva aperto il divano
letto. Proprio non le andava di dormire in una camera che tra poco meno di un
giorno non sarebbe stata più la sua.
Appena era rientrata a
casa aveva subito fatto i bagagli perché sapeva che più aspettava più sarebbe
stato doloroso.
Si guardò intorno; la
casa sembrava così vuota ora. A dir la verità non era mai stata particolarmente
ricca di decorazioni o soprammobili, lei non era certo il tipo da riempire le
pareti di foto, ma in qualche modo, ora che sapeva che sarebbe dovuta partire,
le sembrava fredda e triste.
Si infilò sotto le
coperte, sistemando i cuscini dietro la schiena in modo da potervisi appoggiare
e accese la televisione, cercando di evitare di pensare a quante volte lei e
Tony avevano fatto la stessa cosa stravaccati su quello stesso divano.
Due giorni. Solo sue giorni prima la sua vita proseguiva tranquilla, almeno
per quanto potessero essere tranquille le giornate di un agente di collegamento
del Mossad in servizio all’NCIS. Non si sarebbe mai immaginata che tutto sarebbe
cambiato in così poco tempo, senza alcun preavviso.
Due giorni prima era a
L.A., spassandosela a leggere libri sdraiata al sole, due giorni dopo sarebbe
stata di nuovo in Israele, al servizio di suo padre.
Sbuffò, cambiando
canale.
Si soffermò su un quiz
televisivo e allungò una mano per prendere il piatto con la sua cena che aveva
appoggiato sul tavolino. Due uova e un po’ d’insalata. Non aveva molta voglia
di cucinare quella sera.
A dire la verità non
aveva nemmeno voglia di mangiare ma si costrinse a ingoiare qualche boccone.
Le immagini si
susseguivano sullo schermo minuto dopo minuto, ma Ziva
le osservava senza interesse. Si era sempre chiesta quale fosse la funzione di
quegli stupidi giochi che la maggior parte degli americani si divertiva a guardare
la sera dopo il lavoro. Forse per la prima volta riusciva a coglierla.Si poteva guardarli senza alcuno sforzo, bastava ascoltare.
Non era necessario stare attenti ad una trama o tenere a mente
particolari. Li guardavi e basta.
Ottimo per distrarsi e
non pensare.
Avvicinò alla bocca la
forchetta su cui era incastrata qualche foglia di insalata. La assaggiò,
assaporandone il lieve sapore di olio e aceto prima di ingoiarla. Le piaceva
l’insalata, era fresca, sana e leggera.
Lanciò un’occhiata
all’orologio. Era ancora presto ma lei si sentiva stranamente stanca. Gli
ultimi giorni erano stati davvero difficili e ora che poteva
finalmente rilassarsi la stanchezza le era piombata addosso tutta d’un
colpo. Sapeva che avrebbe dovuto dormire ma non voleva. Non poteva. Il tempo
sarebbe passato più velocemente.
Tornò quindi a
concentrarsi sulla televisione e si costrinse a stare attenta e provare a
indovinare anche lei le risposte alle domande che venivano poste al
concorrente. La maggior parte erano davvero facili per lei. Altre richiedevano
più concentrazione ma alla fine riusciva sempre ad arrivare ad una soluzione,
che il più delle volte si rivelava essere quella corretta.
Fino a quel momento ne
aveva sbagliate solo due.
Stava cercando di
arrivare alla risposta della penultima domanda quando il campanello del suo
appartamento suonò.
Sobbalzò. Non si
aspettava di ricevere visite.
Si sfilò la coperta
leggera e scese dal letto, dirigendosi con passi svelti alla porta.
Guardò attraverso lo
spioncino e per un attimo pensò di avere le allucinazioni.
Spalancò la porta
allarmata. Tony era appoggiato al muro col fianco sinistro, bagnato, anzi,
letteralmente fradicio.
Ansimava leggermente e
sembrava davvero a pezzi.
Ziva lo fece entrare
chiudendo la porta alle sue spalle.
“Che diavolo ci fai qui?”
Tony la guardò sorridendo
ma non era uno dei suoi soliti sorrisi. Era vuoto, spento, rassegnato.
“Avevo bisogno di
vederti”
Ziva sospirò. “E non potevi venire in macchina? Ti
prenderai una bella influenza” osservò il viso dell’uomo, bagnato dalla pioggia
e forse non solo da quella, gli occhi lucidi e le guance arrossate.
Appoggiò una mano sulla sua fronte. Scottava.
“Ammesso
che non te la sia già presa.
Sei bollente. Si può sapere che diavolo ti è successo?”
Il sorriso sul volto di
Tony svanì mentre fissava Ziva, questa volta serio.
Ma non parlò, non ce
n’era bisogno. Sapeva benissimo cos’aveva. La stessa cosa che aveva lei, la
stessa che avevano Abby e McGee. E forse anche Gibbs.
L’israeliana lo spinse
con delicatezza verso il letto e lo fece sedere.
“Avanti, togliti questi
vestiti, sono fradici” Lo aiutò a sfilarsi la giacca e poi gli sbottonò la
camicia, mentre il suo cuore accelerava.
Tony trovò la forza per
togliersi da solo scarpe e pantaloni e Ziva si diresse in bagno tornandone
pochi minuti dopo con un asciugamano pulito.
Lo lanciò all’agente,
ordinandogli di asciugarsi la testa e poi sparì in cucina.
Quando ne tornò poco
dopo, con in mano un piatto scarso d’insalata e un
altro uovo sodo, lui si era già seduto sotto le coperte appoggiandosi allo
schienale.
Ziva lo raggiunse,
sedendosi dall’altro lato e porgendogli il cibo.
Tony lo prese e mangiò
qualche fetta d’uovo, controvoglia, poi lo appoggiò sul materasso accanto a
lui.
“Non ho molta fame” si
scusò
“Devi mangiare per prendere
la medicina” rispose lei sbrigativa.
Tony chiuse gli occhi
ancora lucidi ma dopo un momento finì di mangiare ciò che lei aveva preparato.
Dopodiché bevve dal bicchiere che Ziva gli porgeva.
L’israeliana riportò
tutto in cucina e quando tornò si sdraiò accanto a lui, cercando però di non
stargli troppo vicino.
Stettero per qualche
minuto senza dire niente, fissando la televisione che ora trasmetteva un
vecchio film che sicuramente Tony conosceva a memoria.
Non sapeva quanto era
passato esattamente quando lui si mosse, poco distante da lei.
“Devo…mettermi sdraiato”
ogni parola sembrava costargli un enorme sforzo, mentre cercava di sdraiarsi
completamente.
Quando ci fu riuscito,
appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
Ziva continuò ad
osservarlo.
Voleva imprimersi nella
mente la sua immagine, il suo volto, il suo corpo. Quanto tempo sarebbe passato
prima di rivederlo? Ammesso che l’avrebbe rivisto.
Allungò una mano verso il
suo volto, a sfiorargli la fronte.
La ritrasse un secondo
dopo. “Ahhh sei proprio un idiota!Che cavolo ti è venuto in mente??Piove a dirotto e ti devi imbarcare domani. Devo partire presto anche io, pensi che non abbia di meglio da fare
che prendermi cura di te?” Si alzò con un movimento veloce.
Poco dopo Tony sentì
qualcosa di fresco sulla fronte e poi l’abbassarsi del materasso, segno che
Ziva era tornata al suo posto.
La pezza bagnata fece il
suo effetto e si sentì un po’ meglio. Non molto ma quanto bastava per poter
riaprire gli occhi.
Ziva era accanto a lui, a
circa
Era preoccupata per lui
da quando Jenny era morta e non aveva potuto far completamente spazio alla
tristezza, perché sapeva che in quel momento Tony era più a terra di lei. Molto
di più.
Si era sempre sforzata di rendere più leggero il carico opprimente che
gravava sulle sue spalle, la fitta che lo pugnalava ogni volta che pensava al
corpo di Jenny in una pozza di sangue.
Non riusciva a togliersi
dalla testa quell’immagine, anzi, non voleva. Era la giusta punizione,
rivederla ogni volta che chiudeva gli occhi. Tutto ciò era accaduto per colpa
sua.
“Dovevo…morire io”
sospirò girandosi sulla schiena e fissando il soffitto.
Di sfuggita, la vide
voltarsi verso di lui.
Pur non vedendola,
immaginava la sua espressione. Gli occhi spalancati, animati dalla rabbia.
“Pensi che questo risolva
le cose?”
“Questo
cosa?”domandò
“Commiserarsi!”
“Non mi sto
commiserando.”
“Invece lo stai facendo,
Tony. Smettila” Era più una supplica che un ordine.
“Non posso. E’ morta per
colpa mia” La vista gli si annebbiò e una lacrima calda scivolò sul viso
arrossato.
“Questo non è vero. Era
già malata, sapeva che le rimaneva poco tempo. Ha solo scelto come morire.
Salvando la persona che amava. E’ la stessa cosa che faremmo io e te.”
Tony non rispose. Nel
profondo, sapeva che Ziva aveva ragione. Ducky aveva detto chiaramente che la
malattia contratta da Jenny non aveva cure. Molto probabilmente sarebbe morta
nel giro di qualche mese, anche se non era possibile calcolare esattamente
quanti. In più avrebbe sofferto molto. Provò ad immaginarsela in un letto
d’ospedale, magra, con una quantità innumerevole di tubi e l’incessante e
fastidioso “bip-bip” della macchina, ma scacciò immediatamente l’immagine dalla
sua testa. Non era giusto. Non sarebbe stata lei. Sapeva che non avrebbe mai
voluto essere ricordata così.
Eppure non riusciva ad
impedirsi di considerarsi almeno un po’ colpevole.
Non aveva fatto il suo
dovere, non l’aveva protetta. Se fosse stato lì con lei in quel momento
probabilmente ora sarebbe stata ancora viva.
Un pensiero improvviso
gli attraversò la mente.
Se fosse stato lì ci
sarebbe stata anche Ziva. E forse sarebbe stata lei a morire.
Allontanò con forza
quell’idea ma ancora più velocemente l’immagine del corpo di Jenny coperto di
sangue fu sostituita da quella di Ziva, gli occhi sbarrati, riversa sul
pavimento.
Come si sarebbe sentito
se avesse dato ascolto alla sua collega e disubbidito agli ordini del direttore
e se poi nello scontro fosse stata proprio l’israeliana a morire?
Di sicuro Jenny non
l’avrebbe mai perdonato, e avrebbe comunque perso anche lei a causa della
malattia.
Ma soprattutto avrebbe
perso Ziva.
Gli sembrava talmente
impossibile che proprio non riusciva a immaginarselo.
Non riusciva a pensare di
arrivare in ufficio e non vederla già seduta alla sua scrivania, di non poterla
infastidire mentre scriveva un rapporto o sfogliava riviste nei momenti di
pausa, di non vedere il suo sorrisino di scherno quando veniva colto in
flagrante da Gibbs, non riusciva ad immaginare un’intera giornata senza
battibeccare con lei, senza correggerla quando sbagliava i modi di dire. A dir
la verità semplicemente non immaginava un’intera giornata senza di lei.
D’altra parte era anche
per quello che era andato a casa sua quella sera.
Perché il giorno dopo si
sarebbe imbarcato e non l’avrebbe più rivista, almeno per un po’.
Avrebbe voluto che il
tempo scorresse meno velocemente…
Perché era così difficile
separarsi da lei?
“Le volevo molto bene
anche io” Tony si voltò verso Ziva. Era nella stessa posizione di prima, tranne
per il fatto che faceva molta attenzione a non guardarlo, nemmeno di sfuggita.
La voce era incerta,
leggermente tremante.
“Era una grande amica per
me, ed è grazie a lei se …ho potuto passare questi anni qui”
Tirò su col naso e si
affrettò ad asciugarsi con il dorso della mano le lacrime che erano scivolate
dai suoi occhi lucidi.
Sorrise “Ma per lei è
meglio così. Non ha sofferto molto e gli ospedali non erano fatti per lei. Era
troppo forte”
“Già” Tony ritornò a
fissare il soffitto “Non le ho mai detto quanto la ammirassi”
Ziva si voltò e lo
osservò annuendo “Sono sicura che lo sapeva”
Ancora silenzio.
Tony si sentiva
decisamente meglio. Forse quella roba che gli aveva dato Ziva era davvero
fenomenale, o forse gli aveva fatto semplicemente bene parlare.
Si allungò un po’ verso
di lei e prese il telecomando della televisione, affrettandosi a cambiare
canale.
“Ehi!” Ziva si voltò a
guardarlo, l’espressione corrucciata.
“Avanti, questo film è
una noia! Ora trovo io qualcosa di divertente”
Le immagini scorrevano
veloci sullo schermo, Tony lasciava passare solo pochi secondi, prima di
cambiare ancora canale.
L’israeliana stava
cominciando ad irritarsi.
“Ma porca miseria! Solo
film noiosi, visti e rivisti” si lamentò l’agente qualche minuto dopo.
“Il fatto che tu abbia
visto più film di chiunque altro su questo pianeta non significa che quelli che
trasmettono stasera siano noiosi per tutti. E per favore, la puoi smettere??”
aggiunse stizzita cercando di strappargli il telecomando dalle mani.
Ma Tony fu più veloce e
riuscì a spostare il braccio appena in tempo.
“Oh ma andiamo!Chi
potrebbe vedere questa roba?? Trame per niente originali, attori mediocri,
effetti speciali scarsi…Li mettono solo perché se ci fossero film interessanti
nessuno vedrebbe le partite di basket!”
Non stava bene come
morale, che era ancora piuttosto basso, ma ora toccava a lui. Ziva aveva
cercato di farlo sentire meglio per tre giorni, da quando avevano scoperto il
corpo.
Ora doveva essere lui a
tirarla su. Stava soffrendo anche lei e quella era l’ultima sera in cui
potevano ancora prendersi in giro e litigare e non voleva sprecarla. Per
pensare ci sarebbe stato tempo più avanti.
Ne avrebbe avuto di
tempo, disperso in mezzo all’Oceano.
“Finalmente!” Tony si
soffermò su un canale satellitare.
Sullo schermo, attori
vestiti da pirati si rincorrevano e combattevano su un vascello, mentre la
tempesta infuriava attorno a loro facendo dondolare pericolosamente la nave.
“E questo che roba è?”
Ziva non riusciva a credere come Tony potesse considerare bello quello
spettacolo. Lei lo trovava semplicemente assurdo.
“Questo, cara Ziva, è La
maledizione della Prima Luna, film del 2003 diretto da Gore Verbinski,
primo della trilogia de ‘I Pirati dei Caraibi’ che si è conclusa circa un anno
fa. Carino, storia abbastanza interessante, ottimi attori, buoni effetti
speciali.”
“E perché dobbiamo vedere
proprio questo film?”
“Perché tu non sai chi è
Jack Sparrow.”
“Un pirata” rispose
pronta Ziva
“Non vale, te l’ho detto
io”
“Veramente l’avevo
intuito..”
“Te l’ho detto io
qualche…oh lasciamo perdere. Devi proprio vedere questo film”borbottò lui,
preparandosi alla visione.
Ziva sorrise e si mise un
po’ più comoda, sotto le coperte.
Il tempo passò
velocemente, fin troppo.
Ogni tanto Tony si
perdeva nel raccontare qualche aneddoto riferito al film, informazioni che Ziva
non riteneva affatto fondamentali, ma che ascoltava comunque, a volte
commentando.
In uno o due casi la
discussione era degenerata.
Tutto era partito da
un’obiezione dell’israeliana a qualcosa che Tony aveva detto.
A quel punto lui aveva
cercato di spiegarle il suo punto di vista ma lei aveva insistito nel dire che
tutto ciò non aveva senso.
Alla fine Tony aveva
alzato gli occhi al cielo e aveva smesso di rispondere, così Ziva, contenta di
essere uscita vincitrice dalla discussione, si era rimessa a guardare il film
con un sorriso soddisfatto.
Man mano però i commenti
di Tony si erano fatti sempre meno frequenti e gli occhi erano tornati
leggermente lucidi.
Ziva gli lanciava
occhiate preoccupate mentre era sicura che lui non la vedesse. Come poteva
imbarcarsi in quello stato?
Quando i titoli di coda
avevano cominciato a scorrere, era sicura che ormai la febbre gli si fosse
alzata molto, forse più di prima.
L’effetto momentaneo
della medicina era ormai sparito e Tony si sentiva più accaldato che mai. Ziva
gli aveva cambiato la pezza bagnata che lui aveva abbandonato sul tavolino
accanto al divano prima di vedere il film e aveva riempito un secchio con
dell’acqua fredda in modo da non doversi alzare troppo spesso.
Poi si era sdraiata anche
lei. Aveva chiuso gli occhi per alcuni minuti, cercando di non addormentarsi e
quando li aveva riaperti Tony la stava fissando.
Si erano guardati per
qualche secondo, senza dire niente. Poi Tony aveva sorriso e aveva richiuso gli
occhi.
Ziva era rimasta
immobile, cercando di impedire al cuore di uscirle dal petto. Erano così
vicini..
Eppure tra qualche ora
sarebbero stati immensamente lontani.
Sospirò guardandosi
intorno e controllando mentalmente di aver preso tutto ciò che le sarebbe servito,
ma era troppo stanca anche per pensare.
Voltò il fazzoletto
bagnato sulla fronte di Tony ma prima glielo passò sul viso arrossato,
tamponando dolcemente.
Lui non si mosse.
Evidentemente si era addormentato.
Ziva tornò al suo posto,
decisa a cedere finalmente alla stanchezza, ma proprio in quel momento Tony
riaprì gli occhi.
“Ziva…”la voce era
impastata dal sonno
lei non rispose ma lui
sapeva che lo stava ascoltando.
“Per favore non mi
lasciare. Non credo di essere nelle condizioni giuste per sopportarlo” sorrise
ironico, come per prendere in giro se stesso.
I battiti del cuore
dell’israeliana accelerarono. Sapeva che Tony non capiva fino in fondo quello
che stava dicendo. A volte la stanchezza era peggio dell’essere ubriachi. Ma
sapeva che era sincero, lo vedeva dal suo sguardo, dal suo sorriso, finalmente
di nuovo reale e non finto e costruito per nascondere il dolore.
Le ci vollero alcuni
secondi per riprendere il controllo.
Quando il cuore smise di
battere in modo forsennato si trascinò verso di lui, accoccolandoglisi accanto.
Pochi secondi dopo sentì il suo braccio circondarla, stringendola con
delicatezza.
Finalmente chiuse gli
occhi.
“Ti amo Tony”sussurrò
contro il suo petto.
Ma lui si era già
addormentato.