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Autore: moira78    01/06/2022    5 recensioni
Questa One-shot è stata scritta per la dinamica del gruppo Facebook OctoBert: "Junio 2022. Viajes con Albert" (Giugno 2022. Viaggi con Albert). Dall'1 al 6 Giugno la meta prevista è in Europa. Albert si trova a Roma per affari e all'ombra del Colosseo decide di cimentarsi con qualcosa che non ha mai sperimentato...
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa One-shot è stata scritta per la dinamica del gruppo Facebook OctoBert: "Junio 2022. Viajes con Albert" (Giugno 2022. Viaggi con Albert). Dall'1 al 6 Giugno la meta prevista è in Europa.
Il titolo mi è stato ispirato dal film italiano: "Pane amore e fantasia" del 1953. Ringrazio di cuore Sonietta74 che mi ha betaletta a tempo di record e Tiger Eyes per avermi dato dritte preziose sul Colosseo di 100 anni fa.
 

Pizza, amore e...

Albert rimase incantato per lunghi istanti a guardare la magnificenza del Colosseo accarezzato dai raggi arancioni del tramonto: gli era capitato di vederlo in qualche foto o in cartolina, ma dal vivo gli provocò la medesima emozione che aveva provato davanti alle Piramidi o ai tramonti sul Nilo.

"Bello, vero?". Si era quasi dimenticato della presenza di Antonio al suo fianco.

Sospirò e cercò la parola giusta in italiano: "Meraviglioso... maestoso".

L'uomo inarcò le sopraciglia, compiaciuto: "Parli bene la mia lingua, per essere americano". Albert sorrise prima di seguirlo lungo il vicolo di una via laterale, lasciandosi l'anfiteatro alle spalle. "Fai attenzione, i sampietrini possono essere molto scivolosi".

"Mai come le rocce di un fiume", mormorò provocando un'espressione interrogativa in Antonio: aveva parlato in inglese. "Niente, niente. Andiamo pure".
La verità era che, prima di tornare in Italia, aveva ripassato a lungo l'italiano con l'aiuto di un istitutore privato, tornando di colpo il ragazzo di un tempo: solo che stavolta era un uomo adulto, si stava recando lì per affari e di sua spontanea volontà. Non era stato facile tornare nel luogo in cui aveva avuto l'incidente, anche se l'esplosione del treno non era avvenuta a Roma ma più a nord: eppure, si sentiva come se avesse esorcizzato quei fantasmi.

Adorava quel Paese, rimasto semplice e ricco di tradizioni a seconda della regione in cui si trovava: aveva amato il mare limpido della Sicilia, i panorami mozzafiato di Napoli e la prossima tappa sarebbe stata in un'altra città d'arte come Firenze. Avrebbe aperto filiali della sua banca di Chicago in ogni singola città visitata solo per potervi tornare ogni tanto, ma il suo sogno segreto era farlo con Candy.

Candy, che lo aveva salutato trattenendo stoicamente le lacrime, quasi temendo che il fato potesse essere di nuovo avverso come nel suo primo viaggio. "Ti prometto che tornerò presto e la prossima volta ti porterò con me".

Lei aveva annuito e accettato subito, anche se Albert non aveva specificato che avrebbe voluto tornare in Italia con lei in viaggio di nozze. E non solo lì, ma in ogni parte del mondo desiderassero, per mesi interi. Prima, però, doveva chiederle di sposarlo e per farlo aveva già in mente un piano: la prima parte stava per attuarla proprio in quel momento e a breve avrebbe pensato anche alla seconda.

Antonio lo condusse a un'entrata secondaria e, già a parecchi passi da quella che doveva essere la cucina, venne investito dal profumo della pasta lievitata e cotta al forno, contornato da aromi che riconobbe come origano, basilico e pomodoro fresco.

"Ecco, mio cugino lavora lì, ci sta aspettando". Antonio gli indicò una tenda costituita da lunghe strisce di plastica colorate che formavano la figura di una fetta di pizza. Una mano ruppe l'immagine e una testa con un cappello da cuoco sbucò fuori.

"Antò, benvenuto! T'aspettavo mezz'ora fa! È lui quello che vole imparà a fa la pizza?".

"Sì, sì, è lui, si chiama...".

Albert, che non aveva capito quasi nulla di ciò che il cuoco avesse detto, se non 'benvenuto', si fece avanti con la mano tesa: "Mi chiamo Albert, molto piacere".

"Albert! Alberto! Benvenuto", ripeté l'altro. "Io mi chiamo Marco, sò il pizzaiolo...".

Lui restrinse le palpebre, cercando di riconoscere l'ultima frase: se non aveva capito male c'entrava proprio la pizza.

"Se continui a parlargli in dialetto non ti capirà mai: sa bene l'italiano, eh, ma non pretendiamo troppo!", s'intromise Antonio facendolo scoppiare a ridere.

"A dire il vero il vostro dialetto... uhm...", cercò il termine che in italiano avrebbe reso meglio. "Mi affascina".

Marco assunse un'espressione tra stupito e compiaciuto, increspando il mento e sporgendo un po' il labbro inferiore. L'esclamazione che usò gli era sconosciuta, ma Albert sospettò che fosse piuttosto colorita e si ripromise di andarla a cercare nel dizionario, ammesso che ci fosse.

"Vieni, accomodati. Fa un po' caldo, questo è il mio piccolo regno all'ombra del Colosseo... o comunque vicino", disse Marco facendoli entrare in una cucina ristretta ma molto ben attrezzata e pulita. Alle sue spalle, un altro ragazzo stava lavorando su quello che sembrava un impasto e ne seguì i movimenti come ipnotizzato quando lo stese con un mattarello prima di farlo letteralmente volteggiare in aria fino a farne un disco sottile.

"Come ci riesce?!", esclamò stupito, dovendo ripetere perché si era espresso nella propria lingua. Aveva fatto il pane molte volte e persino Candy aveva impastato spesso, ma una cosa del genere non l'aveva mai vista.

Marco gli fece l'occhiolino: "Guarda bene, perché dovrai rifarlo".

Persino quando passò al condimento, il ragazzo sembrava aver fatto quei movimenti centinaia di volte: stendere un velo di pomodoro con un mestolo, sparpagliare in maniera omogenea formaggio fresco e spezie e usare una lunga pala di legno per passare la pizza dal piano di lavoro, pieno di farina, al grande forno bollente che odorava di legna. I profumi gli fecero venire l'acquolina in bocca, anche se aveva cenato.

Albert si grattò la testa, in imbarazzo: aveva cucinato molte volte e sapeva di poter preparare un buon arrosto, delle deliziose uova col bacon e zuppe di verdure e legumi che ai tempi della Casa Magnolia avevano fatto leccare i baffi a Candy. Ma non sapeva se sarebbe stato tanto abile da prepararle una pizza all'italiana.

"Bene, io vi lascio", disse Antonio distogliendolo dai propri pensieri. "Marco, prenditi cura del nostro amico,". Albert lo vide avvicinarsi all'orecchio del cugino dopo avergli assestato una piccola pacca di commiato e sussurrargli qualcosa all'orecchio. Il cuoco sbatté le palpebre e ridacchiò.

Quando lo ebbe salutato, mentre Marco gli faceva cenno di prendere posto accanto a lui sul piano che era di fronte a quello cui lavorava l'altro ragazzo, gli chiese cosa avesse detto Antonio di tanto divertente.

"Dice che secondo lui vuoi imparare a fare la pizza per conquistare una ragazza".

Fu il suo turno di mostrarsi sconvolto e forse arrossì persino un poco. Si disse che in fondo non c'era nulla di male e trovò il lato divertente della cosa, così si strinse nelle spalle: "In effetti è proprio così".

Marco spalancò la bocca mentre prendeva una ciotola capiente da un pensile: "Un uomo ricco come te che ha bisogno di fare una pizza per la sua ragazza? Ma, scusa, potresti semplicemente comprarle un anello da Bulgari e portarla in un ristorante di fronte al Colosseo! Ne conosco uno...".

Albert scosse la testa e il cuoco tacque: "Lei è rimasta in America e non le interessano... le cose da ricchi. Forse non mi crederai, ma anche io ne farei volentieri a meno. Noi amiamo le cose semplici come... come la tua ottima pizza e visto che è possibile dividerla ha anche un significato simbolico".

Marco inarcò un sopracciglio, perplesso: "Davvero?".

"Oh, sì, credimi!". Evitò di dirgli che una volta aveva diviso persino un piccolo sandwich con Candy e lei era stata felicissima. "Però mi interessa saperne di più della gioielleria: volevo regalarle proprio un anello di fidanzamento di fattura italiana. Mentre per il ristorante vicino al Colosseo...  beh, spero di portarcela quando sarà mia moglie".

Il sorriso che gli si formò sul volto doveva essere comico o sciocco, perché Marco si mise di nuovo a ridere: "Amico mio, sei più cotto a puntino della pizza che ho bruciato l'altro giorno!".

"Cotto... a puntino?". Se non ricordava male si diceva dei cibi, non delle persone.

"Sì, sì", annuì con vigore l'altro. "Innamorato pazzo".

"Ah...". Ora sì che capiva meglio!

Marco gli indicò il rubinetto dove lavare le mani, gli allungò uno straccio per asciugarsi e cominciò a spiegargli la giusta proporzione di acqua e farina da usare per l'impasto. Lo erudì sul lievito madre e Albert seguì ammirato i suoi movimenti finché, con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti, cominciò personalmente a impastare nella ciotola dandogli il cambio.

"Sembra che tu non abbia mai fatto altro nella vita! Sicuro di essere Albert... William Ardlay?", chiese con reale sospetto.

"Per un paio d'anni l'ho dimenticato persino io, ma ti assicuro che si tratta proprio di me", gli rispose enigmatico, senza volersi addentrare in quel discorso.
Marco sparse un po' di farina sul ripiano e Albert vi fece rotolare l'impasto finché non divenne omogeneo e poté maneggiarlo con facilità.

"Ora attenzione, se lo lavori troppo poi è difficile stenderlo e comunque va fatto lievitare per qualche ora. Qui ho un impasto già pronto, questo lo avvolgiamo in un panno umido e lo mettiamo da parte per la prossima infornata". Albert seguì i movimenti di Marco e memorizzò quante più informazioni possibile: capì che la lavorazione e la lievitazione dovevano avvenire in più tempi perché la pizza risultasse più digeribile e si ripromise di prendere appunti una volta tornato in albergo.

Mentre cercava un altro mattarello, Marco gli chiese come mai non fosse andato a Napoli per imparare l'arte della pizza, visto che notoriamente era lì che nasceva la ricetta.

"In realtà sono passato già per Napoli ma non ho avuto proprio tempo di fermarmi di più. Inoltre ho assaggiato la loro pizza l'ultimo giorno e ho avuto l'idea di imparare proprio allora".

Il cuoco annuì, compiaciuto: "Qui noi la facciamo più bassa e croccante, sono certo che la tua bella ti cadrà ai piedi al primo morso", disse baciandosi le dita unite.

Albert rise: "Bisogna vedere se sono bravo come voi", ribatté accennando all'altro ragazzo che stava facendo roteare un altro impasto come un frisbee.

Marco fece un sorrisetto: "Il segreto è nel movimento del polso. Ora stendila un poco". Albert eseguì finché lui non lo fermò con un cenno della mano. "Adesso guarda bene". Divise l'impasto per raccoglierne una parte e cominciò a farlo girare tenendo due dita al centro, alternando le mani e facendolo diventare sottile nel giro di pochi istanti.

"Wow, spero solo di non farlo cadere". Prese l'altra metà e tentò di emulare Marco, ma il disco gli ricadde sul piano di lavoro. Ritentò più e più volte, tra le risate del cuoco e del suo aiutante, finché non ci riuscì quasi come loro.

"I tuoi gesti sono ancora lenti e inesperti, ma ti dico una cosa: fallo davanti a lei e non dovrai attendere la tua prima notte di nozze", gli disse Marco a bassa voce come fosse un segreto di Stato. Ora Albert era sicuro di essere arrossito: non era certo per quello che voleva fare colpo su Candy.

"Ma... ma io...".

"Dai, non fare il timido! Come pensi che abbia conquistato mia moglie, io?", ribatté allargando le braccia. "Ti dico solo che il padre non mi ha ucciso solo perché l'ho sposata subito dopo e avevo già la pizzeria avviata. Con la guerra abbiamo dovuto chiudere per un periodo, ma tutto sommato...".

Albert non lo ascoltava quasi più, perché nonostante il suo imbarazzo la mente gli propose le immagini di loro due, alla Casa Magnolia, che facevano la pizza insieme come una coppia sposata. Prima che l'immaginazione andasse troppo oltre, si concentrò sulla salsa di pomodoro che gli stava passando Marco. La stese accogliendo il suo suggerimento di essere sempre generoso con la quantità ma senza esagerare.

"Che tipo di formaggio fresco usate?", chiese assaggiandone un pezzetto che mandò in visibilio le sue papille gustative.

"Questa è la vera mozzarella italiana. Vicino Napoli la fanno con il latte di bufala, ma va benissimo anche quello vaccino". Gliene porse un altro pezzo e Albert si rese conto che somigliava al formaggio fresco che aveva assaggiato altre volte in America, ma era molto, molto più gustoso e soprattutto umido. La lavorazione era di certo diversa e si ripromise di cercarne la ricetta: immaginò persino di coinvolgere Tom, che aveva un allevamento di bovini, di aprire un caseificio vicino alla Casa di Pony e creare tutti quei meravigliosi prodotti da far assaggiare ai bambini. Stava davvero sognando a occhi aperti.

Con cura, dispose l'origano e il basilico fresco sulla pizza imitando il gesto ampio che aveva fatto Marco per coprirne tutta la superficie. "Quanto va cotta?", domandò maneggiando la grossa pala per infornarla sopra alla grata, sul fuoco vivo del camino.

"Non molto, né troppo poco a queste temperature. C'è chi preferisce la crosta più bruciacchiata, ma personalmente non la tengo più di cinque minuti. Nel forno di casa potrebbe volerci di più. Guarda". Albert gli si accostò e il calore del camino lo investì come neanche l'aria del deserto aveva mai fatto. Marco prese un lungo forchettone e sollevò i lembi della pizza. "Se la base è dorata e la consistenza croccante, allora è cotta. Vedi la mozzarella come si è sciolta?".

"Sembra deliziosa".

"Lo è, ma ricordati di non far scottare la tua ragazza quando la mangerà!". Gli passò la pala e Albert la tirò fuori con attenzione, posandola fumante su un grosso piatto di legno.

Marco gli porse coltello e forchetta e lui si dispose a tagliarla a fette. Ne tirò una dalla parte della crosta e la mozzarella filò tanto che sembrava voler rimanere attaccata a tutto il resto. Quando l'assaggiò, soffiando con vigore, restò ancora una volta incantato dal sapore: quella napoletana non era da meno, ma di quella avrebbe potuto mangiarne molta di più senza sentirsi subito sazio. Ed era davvero croccante.

"Sono certo che Candy l'adorerà! E anche i bambini della Casa di Pony".

"Perbacco, tu e questa Candy avete già dei bambini?!", saltò su Marco facendosi quasi cadere il cappello.

"No, no, non sono i nostri bambini!", si affrettò a spiegare. "Sono quelli dell'orfanotrofio dove lavora lei come infermiera", disse in modo vago.

"Oh", annuì il cuoco.

Albert incartò parte della pizza per portarla a Georges e chiedergli cosa ne pensasse del suo primo esperimento, per quanto guidato. Avrebbe potuto prendere una carrozza ma preferì camminare e passare di nuovo di fronte al Colosseo per ammirarlo ancora una volta: ora che era scesa la sera, però, non era che una sagoma scura ma altrettanto imponente. Ce n'erano, nella capitale d'Italia, di bellezze da vedere! Magari il giorno successivo sarebbe riuscito persino a visitare i Fori, tuttavia nel pomeriggio aveva appuntamento con i banchieri e doveva trovare anche del tempo per andare alla gioielleria indicata da Marco e scegliere l'anello per Candy.

Inspirò l'aria tiepida della sera romana, immaginando lui e Candy passeggiare lì, mano nella mano, proprio come quella coppia che rideva complice a pochi passi da lui. Sarebbe stato bello addirittura sposarsi a Roma: Candy avrebbe volteggiato tra le sue braccia davanti a quel monumento storico e avrebbero fatto decine di foto. Gli pareva quasi di vedere il lungo velo bianco, lo strascico... La verità era che Candy sarebbe stata bella anche davanti alla Torre Eiffel o sulla stessa Collina di Pony.

Era passata la mezzanotte quando si accomiatò da Georges, che aveva gradito con sommo entusiasmo la sua pizza, e prese alcuni appunti alla piccola scrivania: la freschezza degli ingredienti; la ricetta per fare una buona mozzarella con il latte appena munto, da cercare prima possibile; la temperatura del forno; i tempi di lievitazione e quelli di cottura. Piegò il foglio e lo mise nella tasca della giacca appesa all'attaccapanni assieme al foglietto con l'indirizzo della gioielleria e si ricordò di una cosa.

Frugò nella valigia che aveva riposto nella parte bassa dell'armadio e trovò il vocabolario d'italiano. Ci mise un po', ma alla fine trovò una parola che somigliava a quella esclamata da Marco quando aveva espresso il suo apprezzamento per il dialetto romano. Rise portandosi una mano alla fronte e pensò che, tutto sommato, definirla un'espressione colorita era persino riduttivo. Tra l'altro capiva a malapena il senso di usare quelle parole per denotare stupore.

Stava per richiudere il vocabolario quando gli venne in mente che tra i tanti termini italiani aveva imparato 'matrimonio', ma gli mancava la coniugazione di un verbo che non gli sarebbe dispiaciuto utilizzare presto. Anche solo per vedere la sorpresa negli occhi smeraldo tanto amati, prima di ripeterlo nella loro lingua: era certo che in italiano sarebbe suonato altrettanto bello. E infatti, quando compose la frase sul foglio, mormorandola a bassa voce nella notte, sembrava l'accordo di un delicato violino.

Albert andò a dormire ripetendola nella mente ancora e ancora, finché non si addormentò: "Candy, mi vuoi sposare?".
 
   
 
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