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Autore: Sadele    03/06/2022    1 recensioni
L’amicizia è la cosa più difficile al mondo da spiegare. Non è qualcosa che si impara a scuola. Se non hai imparato il significato dell’amicizia, non hai davvero imparato niente.
(Muhammad Ali).
Emma e Yhassin, due bambini che non potevano essere più diversi, il giorno e la notte, destinati a diventare grandi amici.
la vita però si sa a volte è spietata, li porterà a perdersi per poi ritrovarsi a distanza di anni e scombussolare completamente i loro equilibri.
Eccomi qui con una storia originale, frutto della mia fantasia.
spero che vi piaccia!!
buona lettura.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La strada per tornare in albergo le sembrò incredibilmente lunga.

Il silenzio assordante che regnava nell'auto era pesante come un macigno. Non le era mai successo di non sapere cosa dire o, addirittura, voler essere da un'altra parte pur di non dover spiaccicare parola. Eppure erano tante le cose che avrebbe voluto dire, talmente tante da non sapere come cominciare. Nessuna di quelle cose in effetti avrebbe avuto un senso a quel punto. Lei non aveva diritto di intromettersi e forse non voleva nemmeno. Quello che Yhassin nascondeva, qualunque cosa fosse, non era pronta ad ascoltarla, non era pronta a lasciare andare il ricordo del suo migliore amico per far posto a quello che era diventato negli anni; perché di una cosa era certa, quel ragazzo che guidava silenzioso non aveva nulla del ragazzino spensierato e canzonatorio che aveva conosciuto.

“Emma”? La sua voce suonò come dall'oltretomba e la riportò al presente, “si”? Rispose voltandosi verso di lui, ormai erano arrivati all'hotel.

“Mi dispiace, non volevo essere scortese” disse il ragazzo in evidente disagio. Chissà forse anche lui stava rimuginando sul loro passato, si chiese Emma, cosa avrebbe dato per sapere i suoi pensieri, “non ti preoccupare, sono io che non ho il diritto di impicciarmi nelle tue cose, hai ragione sai...non siamo più dei ragazzini, siamo cresciuti ed ognuno ha fatto le sue esperienze” disse senza quasi guardarlo in faccia, Emma sentiva uno strano nodo alla gola stringerle il respiro, e sapeva che quello era il preludio di un bel pianto a dirotto. Non avrebbe mai voluto farlo davanti a lui quindi prese un bel respiro “Buonanotte” disse, e scese dall'auto.

 

Yhassin rimase per un po' a guardarla mentre camminava verso l'ingresso dell'hotel.

Avrebbe voluto fermarla chiederle di parlare un po', le era mancata come l'aria, ma il suo passato gli impediva di essere se stesso, non voleva che lei sapesse. Aveva tante cose da chiederle, e da raccontarle ma si vergognava. Lei era diventata importante, lui un delinquente.

La porta scorrevole si chiuse ed il vetro oscurato gli impedì di seguirla oltre. Appoggiò la testa sul volante e sospirò sonoramente. “Che serata del cazzo” disse tra se e se.

Tornò a casa di malavoglia, quell'appartamento non gli era mai piaciuto, lui non era fatto per la vita da città, quattro mura di vetro e un soffitto che, mai come quella notte, gli toglievano l'aria.

Ripensò al passato, e rivide due ragazzini, spensierati, con il sorriso sulle labbra e la voglia di sbranare il mondo. Emma aveva sempre avuto il sogno di diventare una giornalista, tenace e caparbia a quanto pare c'era riuscita. Yhassin si era perso per strada, per chi come lui viene dalla polvere e più difficile emergere.

Ci aveva provato ma alla fine si era arreso alla sorte.

 

Fu una lunga notte, si girò e rigirò nel letto, senza riuscire davvero a prendere sonno, in quel dormiveglia Emma sognò il ragazzo del ristorante la sua voce beffarda, quegli occhi terrificanti.

Si sveglio di soprassalto, più stanca di prima, guardò l'ora, le quattro, si voltò verso il letto di Erika che era intatto, segno che la ragazza non era ancora rientrata o forse aveva deciso di passare la notte fuori. Si maledisse per non avere la sua leggerezza, la sua capacità di godersi i momenti, lei era così pesante, così cerebrale.

Si sarebbe presa a schiaffi da sola.

Si alzò e decise di farsi una doccia, forse così sarebbe riuscita a lavarsi di dosso quella sensazione orribile che la attanagliava. Domani è il grande giorno, arrivano le valigie e finalmente ce ne possiamo andare, pensò tra se e se. Lo sapeva bene che questo viaggio della speranza sarebbe stato una merda, peggio di così non sarebbe potuta andare.

________:_:_:_

 

Al peggio non c'è limite, lo aveva sempre saputo, ma mai come ora ne era così convinta.

“Cosa?” gridò al telefono, “come sarebbe una settimana, sei impazzito? Io non resto qui un giorno di più, l'uomo di Neanderthal a confronto viene dal futuro...”!!

“Calmati Masini, non è la fine del mondo!” furono le ultime parole del capo prima di riagganciare.

Emma era furiosa, stava ancora imprecando ad un telefono ormai muto quando qualcuno la chiamò. “Emma si può sapere che stai facendo”? Erika aveva fatto il suo ingresso in camere seguita da Habuk come se niente fosse, come se non avesse passato la notte con un ragazzino e per di più il loro autista.

“Tu” disse puntando il dito verso Habuk “ti sembra l'ora di riportarla a casa? E tu” rivolta verso Erika “lo sai che siamo qui per lavoro vero?” ormai stava sbraitando, era completamente partita. Erika congedò Habuk chiuse la porte e si voltò a guardare l'amica, non l'aveva mai vista così sconvolta.

“Datti una calmata, che problema hai”? “lo vuoi davvero sapere? Allora senti che bella notizia, i nostri bagagli arriveranno tra una settimana” disse come se fosse la la peggior tragedia. “ Erika la guardò e con un sorriso a trentadue denti le disse “ davvero... questo vuol dire che siamo in vacanza per una settimana wow... non posso crederci! Voglio andare a vedere la piramidi”!!

Emma la guardò non disse nulla si sedette esausta sul letto con le mani tra i capelli... “le piramidi...certo...”ripetè tra se e se.

 

   
 
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