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Autore: FanGirlWithK    03/06/2022    0 recensioni
«Ci vediamo tra sessanta giorni.» si promettono.
E ci credono davvero, che la distanza non cambierà nulla, che la relazione si vive in due e che le persone attorno a loro non possono modificare il corso degli eventi. Ci credono tutti.
Ma potranno dire ancora di amarsi quando spunteranno il sessantesimo giorno nel calendario?
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Ogni riferimento a cose o persone reali è puramente casuale.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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08:53 p.m. PST, Los Angeles, United States of America.

First day.

 

«Preparo io la cena.» Dopo aver sistemato tutte le proprie cose, Jinyoung andò in cucina, convinto al cento per cento di cucinare lui la cena per quella sera.

«Non c'è bisogno, tra poco torna Kevin e porta gli involtini primavera.»

Si misero al balcone, parlando del più e del meno, ma Jinyoung sembrava essere lì solo a metà.

I suoi occhi guardavano Ray: era alto quanto lui, aveva gli occhi neri, come il colore dei pastelli, delle ciglia cortissime e delle sopracciglia dal taglio dritto che gli incorniciavano il viso squadrato, le labbra sottili e leggermente allungate, un naso con la punta larga e il collo lungo. Indossava una semplicissima maglia bianca e un paio di pantaloni verdi che Jinyoung ricordava di avergli visto anche due o tre anni prima. In ogni caso stava benissimo.

La sua testa però era da tutt'altra parte: Los Angeles era perfetta per Jackson, lui amava il caldo, amava correre all'alba sulla spiaggia, durante le piccole vacanze che si concedevano a Busan lo faceva ogni giorno, sin da piccolo; amava poter indossare le magliette a maniche corte, poter lasciare le felpe chiuse nell'armadio, poter uscire senza prima affacciarsi per capire se fosse il caso e, eventualmente, come doversi vestire.

«C'è Kevin, ma mi secca aprirgli.» Mentre Ray rideva, Jinyoung scacciò via tutti i pensieri e guardò stranito l'altro.

«Quindi lo facciamo disperare? E poi come sai che è tornato?» chiese, ovviamente curioso.

«Guarda vicino al cancello.» Ray indicò un punto dello spiazzale del condominio, dove Kevin, che si riconosceva dai capelli color miele che sembravano brillare sotto al sole, provava a camminare senza far cadere tutto quello che aveva in mano.

Inutile dire che Jinyoung si sentì un po' più stupido del solito.

Iniziò a ridere quando al povero ragazzo che sembrava un fattorino cadde il telefono. Cercando di bloccare le proprie risate, Jinyoung lo chiamò a gran voce, che si girò verso il balcone.

«Aspetta lì che ti vengo a dare una mano.» Nel girò di un minuto, Jinyoung abbandonò Ray e scese giù, prendendo le tre buste di cibo dalle mani di Kevin, che con gli occhi, piccolissimi e sfilati, lo ringraziò, mentre parlava al telefono con la madre.

Più che altro la stava implorando di staccare, promettendo che avrebbe chiamato una mezz'oretta dopo, mentre lei parlava ignorando il figlio.

Mentre Ray apriva la porta, lui era riuscito a terminare la chiamata e a posare il telefono, sospirando di sollievo.

«Poso le cose e ti saluto per bene, giuro.» Kevin camminò velocemente verso la cucina, seguito da Jinyoung che appoggiò il cibo sulla tavola apparecchiata.

«Ora te lo posso dare un abbraccio.» Dopo un abbraccio veloce ma intenso tra Jinyoung e Kevin, si sedettero tutti a tavola e iniziarono a mangiare, o meglio, a ingozzarsi, avvolti nel silenzio.

Sembrava che non mangiassero da giorni, quando invece avevano mangiato tutti e tre nelle ultime otto ore.

«Buonissimi, comunque sapete che pretendo un tour dei posti migliori dove mangiare prima che inizi l'università, giusto?" si misero tutti a ridere alla domanda retorica di Jinyoung, e Kevin iniziò ad elencare i suoi preferiti in assoluto, poi sparecchiarono velocemente e si spostarono nel soggiorno.

Jinyoung sentiva una sensazione strana, come se mancasse metà di sé stesso, pensava davvero di essere nel posto sbagliato, forse anche al momento sbagliato...

Andò nella propria stanza, guardò la valigia ormai vuota da accantonare da qualche parte e chiuse la porta, appoggiandocisi e lasciando scorrere qualche lacrima silenziosa.

Si sedette sul letto, cercando di riprendersi e osservando la stanza, non aveva avuto un momento per guardarla davvero: era tutta bianca, con i bordi delle pareti colorate di blu, c'era un letto a una piazza e mezza, la portafinestra era grande quasi quanto tutta la parete e c'era un piccolo balcone; l'armadio, bianco, era abbastanza capiente da essere rimasto un bel po' di spazio dopo aver sistemato tutte le sue cose, sotto la scrivania c'erano tre cassetti e sopra c'era una mensola abbastanza lunga.

Volendo far passare il rossore alle guance, andò in bagno a sciacquare il viso.

Quando tornò sentì il telefono squillare: chiuse di nuovo la porta, lo prese in mano e diede due colpi di tosse, fece anche un sorriso prima di rispondere, come se avesse potuto vederlo chi stava dall'altro capo del telefono.

«Jackson! Come stai?» probabilmente avrebbe capito comunque, ma almeno provava ad avere un minimo di entusiasmo.

«Bene, sono nella mia nuova stanza da letto, ha le pareti con i brillantini, come piace a te, tu?» dalla voce sembrava stare bene ed essere tranquillo, Jinyoung era contento di questo.

«Tutto bene, sono appena arrivato a casa di Ray, è bellissima e Kevin fa morire dalle risate.» Fece una leggera risata alla fine, che gli uscì quasi spontanea.

«Immagino, Ray mi ha detto che gli scorsi tre esami che ha fatto li ha superati con la lode.» Il corvino si ricordò di quando Jackson glielo aveva detto, e si ricordò dello stesso Kevin che dieci minuti prima, al telefono, aveva buttato giù tutte le brutte parole che conosceva, dato che una collega gli aveva appena detto che un esame era stato anticipato di due settimane e lui non aveva nemmeno aperto gli appunti.

«Si, me l'hai detto qualche giorno fa, comunque scusami tantissimo ma devo andarmi a fare una doccia, subito. Qui c'è un caldo che si muore.» Era dannatamente vero, Jinyoung aveva la maglietta umida, ed era quasi sera.

Entrambi sorrisero, dai lati opposti del telefono, un po' contenti di sapere l'altro sereno, un po' con quell'angoscia che non scende giù.

«Va bene, anche io devo staccare.» Jinyoung pensò subito a quanto fosse disorganizzato nelle proprie cose e al fatto che probabilmente non aveva sistemato nulla, non aveva nemmeno preso il pigiama forse. Decise di non ricordarglielo, lo rimproverava fin troppo spesso e non era il caso di ripetere la ramanzina anche quel giorno.

«Ti amo, buonanotte, da te dovrebbe essere già sera, mangia.»

Jackson rise a sentire la solita frase del fidanzato, e Jinyoung non poté che sorridere allo schermo del telefono, questa volta senza neanche pensarci.

«Ti amo, buonanotte in anticipo e cerca di farti qualche ora di sonno.»

Si scambiarono un ultimo «ciao» e staccarono la chiamata. 

   
 
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