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Autore: My Pride    04/06/2022    0 recensioni
Il silenzio cadde come un macigno, i muscoli di tutti loro si irrigidirono e il brivido che corse lungo le loro schiene li raggelò seduta stante. Nessuno sembrava voler credere a quelle parole, una bizzarra sensazione di dejavù si affacciò nelle loro menti e rese difficile respirare, quasi stessero annaspando sott’acqua per prendere aria. Persino Jason aveva allentato la presa e fatto cadere a terra le sue pistole, il cuore stretto in una morsa mentre gli mancava il fiato.
Genere: Angst, Avventura, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Bruce Wayne, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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3. Looking in the mirror Titolo: Only need the light when its burning low
Titolo del capitolo: Looking in the mirror

Autore: My Pride
Fandom: Super Sons, Batman
Tipologia: Long Fiction
Capitolo tre: 2537 parole [info]fiumidiparole 

Personaggi: Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent, Bruce Wayne, Tim Drake, Dick Grayson, Jason Todd, Talia Al Ghul, Alfred Pennyworth, Barbara Gordon, Stephanie Brown, Cassandra Cain, Vari ed eventuali
Rating: Giallo
Genere: 
Angst and Hurt/Comfort, Emotional Hurt/Comfort, Smut, Avventura
Avvertimenti: Descrizioni di violenza, Slash


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.
 
    L'unico suono che si sentiva era il ritmico e costante bip proveniente dal loro computer.
    Erano andati alla loro Fortezza sottomarina esattamente tre ore addietro e, mentre Damian si occupava delle ricerche, Jon aveva sistemato un giaciglio con coperte e cuscini, giacché avrebbero passato la notte lì dentro a controllare costantemente la situazione. Avevano preso del cibo cinese e l'avevano consumato tra una chiacchiera e l'altra durante quella ricerca - per quanto Damian si fosse lamentato che non avevano sufficiente aerazione per far sparire quella puzza di maiale mushu e noodles, Jon aveva insistito e non erano riusciti a giungere ad una soluzione -, finché alla fine Damian non era crollato seduto su quel letto improvvisato con un lungo sbadiglio e Jon l'aveva raggiunto subito dopo, stiracchiandosi. Non avevano esattamente programmato di finire aggrovigliati nelle lenzuola senza più alcun vestito addosso, ma era praticamente ciò che era successo non più di una decina di minuti dopo.
    Voglioso, Jon si era goduto fino all'ultimo grido di Damian in preda all'estasi, quel rossore che gli aveva colorato le guance e i ritmici movimenti del suo bacino mentre si trovava dentro e sotto di lui, prima che Damian si accasciasse sul suo petto e restasse lì, ansimante e ad occhi chiusi per momenti che erano parsi interminabili, mentre i battiti dei cuori si stabilizzavano e i respiri si infrangevano l'uno sulla pelle dell'altro. Si erano dati una ripulita alla bell'e meglio, troppo stanchi per alzarsi e pensare anche solo lontanamente di farsi immediatamente una doccia, e tuttora si trovavano in quella posizione dopo essersi lavati.
    Jon stava giocherellando con qualche ciocca di capelli di Damian e, per quanto sbuffasse un po' infastidito di tanto in tanto, Damian stesso non aveva ancora fatto niente per allontanarlo. Se ne stava semplicemente acciambellato contro l'ampio petto di Jon come un grosso gatto, finalmente un po' tranquillo dopo lo stress che aveva accumulato durante quella settimana. I muscoli gli dolevano, il suo corpo era stanco, ma per niente al mondo si sarebbe mosso da quel piacevole torpore che aveva provocato in lui l'aver fatto sesso con Jon.   
    «Mhn... sai, D... ogni tanto potresti venire nel mio appartamento, invece di sgattaiolare qui quando vuoi che stiamo da soli», sussurrò Jon in uno stato di placido dormiveglia, con la testa ancora leggera come se si trovasse in una bolla, e sentì le labbra di Damian incurvarsi in un sorriso contro la sua pelle.
    «Il tuo appartamento non ha un super computer», gli rese noto in un soffio caldo sul suo capezzolo, provocando un piccolo lamento al giovane Superboy, il quale si portò teatralmente una mano alla fronte.
    «Gh... tradito con un super computer. Non posso competere».    
    «Non fare il melodrammatico, J». Damian roteò gli occhi al di sotto delle palpebre, pizzicandogli un braccio prima di tirar su la testa e ghignare nello spalancare gli occhi per fissarlo. «Ci sono cose che un computer non può fare».
    Jon fece per aprire la bocca e replicare ma, capendo a cosa si stesse riferendo, arrossì fino alla punta delle orecchie. «N-Non puoi dire certe cose, D, non è leale».
    «Hai quasi ventun anni, non fare il pudico con un diciannovenne», rimbeccò, stiracchiandosi con un grosso sbadiglio prima che Jon gli avvolgesse le braccia intorno ai fianchi per attirarlo contro di sé, godendosi il contatto con quella pelle calda e ancora un po' umida.
    «Non sono pudico... è che mi fai venire voglia di svegliarmi tutte le mattine così con te», borbottò Jon nell'affondare il viso nell'incavo del suo collo, e Damian sollevò una mano per poggiarla sul suo capo e intrecciare le dita in quella chioma disordinata. Lo capiva, capiva perfettamente come si sentisse e avevano parlato più volte di andare a vivere insieme, per quanto inizialmente Jon avesse buttato lì la scusa che in quel modo sarebbe stato più vicino alla Metropolis University che ancora frequentava. Dopo tutto quello che avevano passato negli ultimi anni, una vocina nella sua testa gli diceva che se lo meritavano.
    «Jonathan». Damian si umettò le labbra, cercando le parole adatte. Non era una decisione presa alla leggera, ci aveva pensato davvero molto, e forse quello era il momento migliore per parlarne. «Quando questa storia sarà finita... potremmo--» non fece in tempo ad arrivare al punto che venne interrotto dal ritmico suono dell'allarme da parte del computer, tanto che si drizzò a sedere talmente in fretta che Jon quasi cadde in avanti. «Merda, aspetta, lasciami», replicò nello scansare da sé quelle braccia, inciampando nei suoi stessi piedi e tra quelle coperte per precipitarsi al computer e dare un'occhiata a quanto aveva trovato.
    Jon sbatté le palpebre più e più volte, raddrizzando la schiena per lanciare uno sguardo a Damian da quella posizione. «Che succede?» chiese, sostando le coperte alla ricerca dei suoi pantaloni. Voleva indossare almeno quelli, per quanto Damian si fosse lanciato davanti al computer praticamente nudo. Non che là sotto facesse freddo o altro, ma Jon a volte invidiava quel suo lato tutt’altro che pudico.
    «Ha trovato una corrispondenza», affermò Damian nell’aggrottare la fronte, gettando un’occhiata dietro di sé; Jon si stava infilando i pantaloni saltellando sui piedi, e la scena sarebbe stata anche comica e lo avrebbe fatto scoppiare sicuramente a ridere, se solo Damian non fosse stato impegnato a lavorare su quella roba. «Lascia perdere i vestiti e vieni qui, J», sbuffò frettolosamente, e Jon borbottò qualcosa in risposta mentre si avvicinava coi pantaloni ancora a metà coscia.
    «Allora?» chiese Jon, vedendo Damian indicare un punto sullo schermo che corrispondeva ad Amusement Mile.
    «In quanto tempo puoi riuscire a portarci qui?» domandò di rimando Damian con serietà, e Jon strinse le palpebre per un momento prima di sparire e apparire al suo fianco con la sua uniforme addosso e quella del compagno sotto braccio.
    «Due minuti, se evitiamo l’uso del modulo. Vestiti», affermò nel porgergli il suo abito da Redbird, aspettando pazientemente che si vestisse.
    Damian ci mise meno di un minuto per indossare quella roba e sistemare la cintura multiuso alla vita, frettoloso più che mai prima di aggrapparsi a Jon e affidarsi completamente a lui in quel tragitto; in altri momenti avrebbe dovuto avere bisogno di una camera di decompressione ma, in quell’ultimo periodo, Jon aveva imparato ad usare così bene la sua super-velocità da riuscire ad evitare che i suoi polmoni si riempissero di anidride carbonica durante la risalita, persino i suoi abiti finivano sempre per bagnarsi il minimo quando Jon nuotava rapidamente verso l’alto e vorticava; ci misero esattamente venti secondi per arrivare in superficie e creare un piccolo tornado per asciugarsi, e Damian si scrollò giusto qualche goccia dai capelli prima di rinserrare la presa sulle spalle di Jon, il quale si librò svelto in volo per sovrastare la città.
    Ci misero esattamente due minuti, proprio come aveva supposto Jon, scrutando i dintorni con la vista telescopica e con un binocolo senza riuscire a vedere ancora nessuno. Chiunque fosse, sapeva come nascondersi. Jon non riusciva nemmeno a sentire un battito cardiaco che in quel momento sembrava stonare, né tantomeno qualcuno che appariva losco, niente che gli facesse pensare che, lì, avrebbe potuto esserci un assassino addestrato o roba del genere.
    «Chi è il tipo che cerchiamo, allora? Lo hai scoperto?» domandò ad un certo punto, librandosi intorno ad un edificio. Aveva sentito Damian armeggiare col guanto mentre controllava le strade col binocolo, e l’aveva sentito imprecare esattamente due secondi prima.
    Damian non disse nulla per un lungo momento, i denti affondati nel labbro inferiore come se stesse cercando le parole adatte da usare in quel momento. Ancora non riusciva a credere a ciò che aveva scoperto, e persino il suo viso era una maschera di totale indignazione. «Il suo nome è Zehro», disse infine. «Alla Lega lo hanno sempre chiamato Mr Zero. Era l'uomo più fedele alla causa di mio nonno. Ma non ha senso».
    Jon non ne capiva molto di quelle faide, ma sentiva benissimo che la cosa aveva fatto agitare Damian. Il suo cuore batteva forte e aveva stretto una mano sul mantello dietro la sua schiena, e riusciva benissimo a sentire il sangue corrergli nelle vene in preda all'adrenalina. «E non ha senso perché...?» lo spronò a spiegare, dato che sembrava dovergli tirare fuori dai denti le parole.
    «Perché attaccare mia madre significa dichiarare guerra alla stirpe degli Al Ghul. E non ha senso, visto che mia madre, seppur con i suoi metodi, ha sempre seguito la stessa strada di mio nonno. Non aveva motivo di ribellarsi».
    «Come hai fatto a trovarlo? Hai detto che tu e tuo padre ci avete lavorato per giorni senza successo».
    Damian tacque di nuovo per un lungo momento. Poi dalle sue labbra scappò un sospiro. «...potrei aver hackerato cose che non avrei dovuto hackerare».
    «D...»
    «Il nostro computer è collegato a tutti i mainframe di Gotham e Metropolis, inoltre ha un accesso quasi illimitato al computer satellitare della Lega e al bat-computer». Damian si fermò, ma Jon arcuò un sopracciglio e gli fece cenno di continuare nel muovere una mano in aria. «Ho fatto in modo che cominciassero simultaneamente una ricerca a tappeto, così da captare informazioni in tempo reale. Uno dei due computer deve esserci riuscito».
    «Perché Batman non l’ha trovato prima? E come fai ad essere sicuro che sia lui?» Jon sentì Damian muoversi sulla sua schiena, poi nella sua visuale comparve un’immagine olografica emanata dal guanto.
    «So che volto cercare. E se avessi lasciato fare a mio padre, non mi avrebbe permesso di agire come preferivo».
    «D...» ripeté Jon e, nel sentire l'esitazione nella sua voce, Damian lo frenò immediatamente.
    «Non ho intenzione di ucciderlo, Superboy». Il fatto che lo avesse chiamato col suo nome da eroe, voleva significare solo due cose: o era arrabbiato, oppure era deluso dal fatto che credesse che sarbebe arrivato a tanto.     «Voglio solo che paghi».
Anche se incerto, mentre continuava a controllare i dintorni, Jon infine sospirò. «Allora il tuo computer si sbaglia».
    «Cosa?»
    «Non ho visto nessuno con quella faccia, da queste parti».
    «Non dire idiozie, J, non--» cominciò Damian, zittendosi e sporgendosi a tal punto che quasi rischiò di cadere di sotto quando indicò un punto lontano davanti a sé. «Memorizza quel battito e seguilo, Superboy!» gli ordinò, e Jon schizzò come un razzo in quella direzione senza nemmeno fare domande, intimandogli di tenersi forte mentre volava a tutta velocità verso la sagoma che prendeva forma poco a poco davanti ai suoi occhi. Ma ne era certo: cinque secondi prima, lì, non c'era assolutamente nessuno. Che diavolo significava?
    Jon non conosceva quell’uomo, non l’aveva mai visto, eppure correva così veloce che ne rimase piuttosto stranito. Non era un meta-umano, non sentiva niente di strano in lui, eppure riusciva benissimo a tenergli testa mentre correva tra le strade e si insinuava nei vicoli, dissolvendosi letteralmente come nebbia ogni qual volta Jon credeva di essere ormai vicino. Ad un certo punto allungò un braccio e credette persino di essere riuscito ad afferrarlo, ma gli scivolò dalle dita e Jon sgranò gli occhi, incredulo.
    Non fece nemmeno in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcosa lo colpì violentemente alla testa e lo fece precipitare, stordendolo; fu ancora abbastanza lucido da girarsi in fretta su se stesso, tenendo Damian contro di sé per evitare che fosse lui a schiantarsi al suolo; la schiena sbatté pesantemente sull’asfalto sporco e bagnato, e sentì nelle orecchie la voce preoccupata di Damian senza capire bene cosa stesse dicendo, come se il mondo intorno a lui stesse unicamente fischiando. Dovette sbattere le palpebre più e più volte per riprendersi in parte e cercare di scacciare quel suono acuto che gli martellava i timpani, sentendo Damian afferrargli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi prima di essere spinto contro un muro.
    «Via da qui, Redbird!»
    La voce di Batman ruggì nella testa di Jon e lui ci mise un secondo di troppo a rendersi conto che si trovava sopra di lui e, nel sollevare lo sguardo, lo vide combattere contro un uomo che era l’esatto opposto di quello che stavano inseguendo: aveva la pelle completamente bianca che spiccava contro la luce della luna che si immergeva nel vicolo e, dal modo in cui si muoveva, stava perfettamente tenendo testa a Batman. Sembrava un fantasma, un fantasma bianco senza una vera forma.
    Jon barcollò un momento, notando con la coda dell’occhio anche la figura di Red Robin: era riverso a terra contro i sacchi della spazzatura, il suo bastone era spezzato a metà e una parte del suo viso era completamente sporco di sangue, ma non fece in tempo a muoversi che l’uomo chiamato Zehro gli piombò letteralmente addosso, colpendolo al viso con la sua spada; l’arma si spezzò, ma l’uomo non fece una piega, afferrando un’altra spada prima che l’urlo disumano di Damian richiamasse la sua attenzione.
    «Zehro!» gridò a denti scoperti, gettandosi contro di lui con la katana sguainata. Il suo viso era trasfigurato dall’odio e dalla rabbia, una furia omicida che Jon non aveva mai visto sul viso del suo amico, e Jon fu sicuro che, a dispetto di quanto gli avesse appena detto, Damian lo avrebbe ucciso se solo l’uomo, con un salto aggraziato, non si fosse allontanato dopo aver lanciato contro di loro degli shuriken. Batman aveva consigliato loro di andarsene, ma come avrebbero potuto? Con Red Robin fuori combattimento, Batman era solo contro due uomini che sapevano decisamente il fatto loro.
    Nel momento stesso in cui Jon provò a fare muovere un muscolo, però, qualcosa di affilato gli colpì la schiena, facendolo urlare a squarciagola; sentì la voce di Redbird fare eco alla sua, e si rese conto che stava perdendo sangue solo quando un altro colpo gli sfiorò il viso, lasciandolo interdetto. Cosa… cosa stava succedendo? Perché provava dolore? Perché tutto quel sangue?
    Guardò in alto giusto in tempo per vedere quell’uomo completamente bianco tenere Batman sollevato per il collo con una mano, mentre l’altra, luminosa, era rivolta verso di lui. Magia… quell’uomo stava usando la magia. Le forze stavano cominciando a venir meno e la vista si stava offuscando, ma si sforzò di muoversi per poter andare in soccorso di Batman e Redbird, seppur senza successo.
    Imprecò a denti stretti e si puntellò sulle ginocchia, venendo colpito da un altro colpo di magia che lo fece gridare a pieni polmoni, bruciandogli la schiena. Poté sentire la stoffa del mantello prendere fuoco, la carne sfrigolare e il dolore percorrere ogni singolo lembo di pelle, e fu quasi sul punto di vomitare alla nuova sfera di magia che lo costrinse ancora una volta in ginocchio. Nello stesso istante, vide Zehro colpire Damian dietro la nuca con l'elsa della sua spada, gli occhi di Damian rotearono all’interno e lui svenne, venendo preso al volo da Zehro che se lo caricò in spalla senza problemi.
    «D!» esclamò Jon, riuscendo a lanciare un segnalatore verso di lui prima che qualcosa lo colpisse alla testa e il mondo si offuscasse davanti ai suoi occhi
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Era da una vita che non pubblicavo questa storia, però eccoci qui. Ultimamente mi sono concentrata molto di più sulle raccolte e questa l'avevo quasi dimenticata, eppure eravamo arrivati ad un bel punto
In questo capitolo qualche nodo comincia a venire al pettine e in parte si scopre chi c'era dietro all'attacco che era stato destinato a Talia... ma sarà davvero finita qui?
Questa è pratiamente solo la punta dell'iceberg, anche se sono riusciti a fare qualcosa: rapire Damian. Per quale motivo? Lo scopriremo solo leggendo!
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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