Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    05/06/2022    1 recensioni
Era consapevole di avere sbagliato.
Certe cose non cambiano mai e con alcuni aspetti di se stesso Touma doveva ancora fare i conti.
Gli ripetevano fin da bambino che sembrava più grande, che ragionava come una persona adulta e, quando tali osservazioni volgevano al dispregiativo, che sembrava vecchio dentro.
Già… forse era l’unica cosa vera, perché cos’avrebbe di maturo un ventenne che sbatte la porta alle proprie spalle generando un piccolo terremoto per casa?
[Fanfic scritta per le iniziative del gruppo Facebook "Prompts are the way"]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MAI PIÙ SOLITUDINE
 
 
La porta batté con tale violenza che le pareti di casa tremarono.
Un vaso di pregiata ceramica oscillò pericolosamente: Shin si accostò al mobile, impedendo per miracolo lo scempio che era sul punto di verificarsi.
Byakuen sollevò il muso dal tappeto e fece vibrare le orecchie mentre, accanto a lui, Ryo si tappò le proprie, con una smorfia di disappunto.
Shu alzò gli occhi al cielo con un lamento dal significato palese:
“Ci risiamo”.
L’unico che rimase impassibile fu Seiji, seduto al proprio posto, gli occhi chiusi, appariva assorto e estraniato dal mondo.
Tuttavia, chi lo conosceva era ben consapevole che quello era, in realtà, l’atteggiamento che indicava pericolo: il drago con un occhio solo era sul punto di esplodere.
In effetti fu su di lui che si appuntarono le attenzioni di tutti i presenti nella stanza, persino il muso di Byakuen si levò verso Korin, curioso di sbirciarne le reazioni.
Forse la tigre era addirittura divertita, perché si preannunciavano scenari interessanti.
Seiji posò nel piattino la tazza di the che stava sorseggiando fino a poco prima, si pulì le labbra con un tovagliolo e, con calma, si alzò.
Con quella calma che, anziché tranquillizzare, ai nakama risultava spesso inquietante.
Poi, a passi lenti, prese a muoversi verso le scale che portavano al piano di sopra.
Passò davanti a Shin che stava risistemando, con cautela, il vaso al proprio posto, prima di tendere una mano verso di lui.
“Se… Seiji…” lo chiamò, non senza un velo di supplica nella voce.
Il guerriero della luce fermò i propri passi che già salivano il primo scalino e parlò senza voltarsi indietro:
“Stai tranquillo, Shin. Non sarò troppo severo… forse lo lascerò vivere”.
Mentre Ryo e Shin non seppero mascherare la tensione nel seguire con lo sguardo il nakama che ricominciava a salire, lo sbuffo di una risata sfuggì alle labbra di Shu: lui sapeva sempre sdrammatizzare, anche in seguito a una litigata come quella che si era appena svolta e che aveva preceduto la fuga di Touma al piano di sopra.
Inoltre, sapeva benissimo che, da parte di Seiji, quella era tutta una messa in scena.
 
 
Era consapevole di avere sbagliato.
Certe cose non cambiano mai e con alcuni aspetti di se stesso Touma doveva ancora fare i conti.
Gli ripetevano fin da bambino che sembrava più grande, che ragionava come una persona adulta e, quando tali osservazioni volgevano al dispregiativo, che sembrava vecchio dentro.
Già… forse era l’unica cosa vera, perché cos’avrebbe di maturo un ventenne che sbatte la porta alle proprie spalle generando un piccolo terremoto per casa?
E tutto a causa di una discussione infantile, una differenza di vedute che, chissà perché, aveva provocato uno tsunami, una reazione a catena fatta di ripicche e cattiverie…
Quasi tutte uscite dalla sua bocca tra l’altro.
Solo perché era nervoso e i suoi nakama destinati a tramutarsi nella principale valvola di sfogo.
Si buttò sul letto a pancia in giù e sbuffò, abbracciando il cuscino, strattonandone la stoffa con tale violenza da strapparla quasi.
Altro atteggiamento molto maturo, davvero.
“Ok” pensò. “Me ne starò qui a sbollire, ci dormirò su e domani vedrò le cose sotto un’altra luce. Dormirò e salterò la cena e…”.
No…
Un momento…
Quello non andava bene.
Il suo stomaco commentò l’ultimo pensiero con un brontolio eloquente, soprattutto perché, subito dopo aver partorito una tale idea, gli venne in mente il menù che Shin aveva organizzato per quella sera: e non c’era niente che non gli piacesse e che non avesse voglia di mangiare.
Ma esisteva qualcosa, cucinato dalle manine di Shin, che non provasse piacere nel mangiare?
Esisteva qualcosa al mondo che non amasse mangiare?
Ringhiò, morse il cuscino e soffocò in esso il piagnucolio che sfuggì al suo controllo.
La porta si aprì nel medesimo istante e la vocina nella sua mente piagnucolò con maggior decisione:
“No, no no no no! Non ora, è troppo presto!”.
Tra l’altro non aveva bisogno di sollevare il viso per capire chi fosse entrato: ormai riconosceva passi, respiri, movimenti di ciascuno dei nakama, non gli serviva guardare.
Li sentiva, come si sentivano tutti tra loro.
Il suo volto non aveva ancora abbandonato il proprio rifugio, quando il materasso si piegò sotto il peso della nuova presenza e rimase testardamente affondato nel cuscino anche nel momento in cui una mano si posò sulla sua spalla.
“Hai intenzione di soffocare piuttosto che guardarmi?”.
Rispose un piccolo mugugno e la mano di Seiji si posò con più decisione.
“Non credi sia ora di finirla?”.
La testa corvina si mosse e Touma si degnò di mostrare il proprio profilo.
“Non mi fare la paternale, ti prego”.
Non vi era rabbia nell’affermazione di Touma, solo una sorta di rassegnata passività.
Seiji abbassò il capo e fece scivolare la mano via dalla sua spalla, mentre l’espressione si faceva assorta.
“Mentre salivo le scale pensavo di darti una bella lezione, altro che paternale. Se sei frustrato nessuno di noi merita di diventare la tua valvola di sfogo. E invece te la sei presa con tutti”.
“Ecco la predica” borbottò Touma.
Il viso tornò a nascondersi nel cuscino.
“Adesso umiliami pure e fammi notare quanto io sia stato immaturo, infantile e insopportabile”.
Forse, in un altro momento, Seiji avrebbe sorriso e lo avrebbe preso in giro.
Invece si limitò ad osservarlo con una tenerezza assorta.
“In realtà, mentre stavo entrando nella stanza, i miei intenti erano già cambiati. Niente paternali, né umiliazioni, né punizioni”.
“Eccolo che parla come si parlerebbe ad un bambino capriccioso”.
Il sospiro di Seiji giunse fino a lui, ovattato dal morbido ambiente che si era creato intorno.
Ancora più effetto, tuttavia, gli fece il dito del nakama che passò tra i suoi capelli, soffermandosi su una ciocca e strappandogli un brivido.
“Così non è valido” avrebbe voluto protestare, ma si trattenne. Non voleva dargliela vinta, anche se sapeva che, in tal modo, non avrebbe mostrato maggior maturità.
Dentro di lui lottavano le due tendenze: orgoglio e bisogno di cancellare tutto ciò che era accaduto con una coccola.
In entrambi i casi, riteneva, lui ne sarebbe uscito con grande vergogna.
“Touma…”.
Sempre meno valido.
Quel tono di voce era un colpo basso, Seiji sapeva benissimo che non poteva resistergli se lo accarezzava con le mani, con la voce, con le parole…
Se Seiji faceva il dolce, lui era sconfitto in partenza.
Ma poi, sconfitto da cosa?
Da chi?
Perché continuava a pensare al suo cedimento come a una sconfitta?
Dopo tanti anni, era ancora a quel punto?
L’intero palmo della mano si posò tra i suoi capelli, li arruffò.
“Panda…”.
Eccolo che adesso usava l’arma del vezzeggiativo animalesco.
Commentò con un grugnito…
Che forse, più che un ringhio, sembrava un tentativo di fare le fusa.
“Panda brontolone…”.
“Shmettila…” biascicò, impastato dalla stoffa del cuscino.
“Io vorrei vedere il tuo viso…”.
Il tono di supplica era l’ultimo livello ed era davvero difficile che Seiji lo tirasse fuori. Lo faceva solo in casi estremi.
Lo faceva quando per lui era importante…
Lo faceva per le persone importanti.
Touma era importante per Seiji.
Il cuore balzò in gola al pensiero e il viso si mosse ancor prima che la sua volontà se ne rendesse conto, permettendo ai loro occhi di incontrarsi.
Seiji lo stava guardando e sorrideva.
Ed era quel sorriso, quello che avvolgeva e proteggeva e faceva sentire come se al mondo null’altro contasse.
Quel sorriso del Seiji che conoscevano solo loro.
“Ciao, Panda…”.
“Sei un imbroglione”.
Touma restava testardamente aggrappato al cuscino, le guance erano accaldate e probabilmente rosse, lo sapeva.
“Un imbroglione perché voglio parlarti?”.
“Perché giochi sporco, usi armi sleali per avermi ai tuoi piedi”.
Il sorriso di Seiji si accentuò e si mutò in risatina, il cuore di Touma fece una capriola.
Come faceva ad essere così bello, così forte e, al tempo stesso, così dolce?
Sospirò e non poté impedire ad una lacrima di sfuggire al controllo.
Tentò di affondare di nuovo nel cuscino, per nasconderla, ma era troppo tardi: la mano di Seiji fu sul suo volto e la raccolse, bloccando al tempo stesso qualunque movimento e costringendolo a tenere gli occhi rivolti a lui.
“Sai che io sto un po’ invidiando quel cuscino?”.
A quel punto, Touma sussultò, la sua lingua lunga, che sapeva sempre formulare l’ultima parola, in quei casi non ci riusciva mai. Un grande calore risalì lungo il suo corpo ed esplose sulle guance, vinto dall’esplosione emotiva si tirò su con uno slancio, gettò le braccia intorno al collo di Seiji e questa volta fu la spalla del nakama a diventare rifugio e nascondiglio per il suo viso.
“Baka” gli sfuggì soltanto in un singhiozzo. “Baka Seiji!”.
“Baka Panda” sussurrò a propria volta Seiji, mentre le sue braccia si chiudevano sul nakama, scudo per il suo corpo, così come per il suo cuore.
Sapeva cosa gli aveva fatto del male: il nervosismo era seguito ad una telefonata con il padre.
Non sapeva cosa si fossero detti, ma non serviva: niente poteva cancellare un’infanzia di solitudine.
“Il passato non si può cancellare” pensò Seiji, mentre gli posava un bacio tra i capelli. “Ma il futuro saremo solo noi... e mai più solitudine”.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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