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Autore: Vento di Levante    06/06/2022    1 recensioni

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Una breve raccolta di frammenti, con il pretesto di una poesia di Emily Dickinson.
Post fine prima stagione.
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Stede Bonnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'acqua, l'insegna la sete

 


 

L’acqua, la insegna la sete.


Non si fa dimenticare, la sete, bisbiglia incessante all'orecchio, tiene svegli la notte, impedisce di pensare, trasforma un'ora in una distesa incalcolabile.

 

Così è l'assenza.

 

Edward la percorre come un deserto di sale, la trattiene fra denti serrati, la soffoca sotto l'accumularsi dei giorni in cui si forza a non morire.

 

Restare vivi per puro spirito di contrarietà.

 

L'idea apre un sorriso come una crepa su un muro.

Per il momento, basterà.

 

La terra – gli oceani trascorsi.

 

Forse non ha mai percorso tanta distanza con le sue sole forze, riflette Stede piegandosi sui remi.

 

Il sole è così alto che sembra schiacciare la scialuppa come un dito su un insetto. Stede getta la sua minuscola ancora e striscia sul fondo della barca, si fa ombra stendendo la camicia. Berrà un po' d'acqua, mangerà qualcosa e riposerà un poco, prima di ripartire.

 

Sprofonda in un sonno in cui sogna di Edward.

 

Quando riapre gli occhi è sceso il buio.
Fa freddo, sul mare; la notte è enorme tutto intorno alla scialuppa.

E in quella tempesta di stelle sembra basti guardare in alto per farsi inghiottire dal flusso segreto del mondo, un universo che in quella gigantesca solitudine Stede sente più che mai vicino, presente come il respiro dell'onda; ed è poi così assurdo allora sentire tanto forte la presenza di Edward, che è insieme a lui sotto questo stesso cielo, su questo stesso mare, così vicino quindi che Stede sente che se allungasse una mano nel buio potrebbe afferrare la sua?

 

Lo slancio – l’angoscia –

 

Cos'è questa fame di vita, che raccoglie i rottami sfasciati di Edward Teach da terra? 

 

Da dove arriva questa ribellione ostinata e contraria ad ogni resa e castigo, cosa lo costringe ancora una volta ad artigliare la polvere, a rifiutare la morte, il sonno, il riposo, a riprendere la corsa a dispetto del rantolo del respiro, del disseccarsi del cuore, quasi contro il volere, quasi come martirio?

 

Per quale maledizione o miracolo la vita ricomincia di nuovo, strappata dall'oblio come un cuore palpitante?

 

Che pena, e che tedio, e che rabbia: guardarsi respirare nonostante tutto.

 

La pace – la raccontano le battaglie –

 

Come è arrivato fino a lì, non lo saprà mai.
 

Ha visto la stessa domanda in ogni viso che ha incontrato; velata volta a volta di pietà, di disprezzo, di incredulità, e poi di dubbio, di sorpresa, ma per la prima volta oggi, di paura.

 

Lo stupore nel rendersene conto è tale che gli fa perdere il ritmo dello scontro, ma è solo un attimo, anche se quasi basta a far andare a segno il colpo di pistola dell'uomo davanti a lui.
Invece la pallottola fischia a un pollice dal suo orecchio, e Stede è ancora vivo - ancora una volta! - e la sua spada è a filo con il collo dell'uomo che avrebbe voluto ucciderlo - e non è una cosa stupefacente? - e quasi non riconosce la propria voce quando senza un tremito si dichiara padrone del vascello e di tutte le vite che lo abitano.

 

E sa che a sorprendersi di più sono proprio coloro che lo conoscono meglio, e che la sua ciurma non sa se credere ai propri occhi fin dal suo ritorno su una scialuppa solitaria; ma se potessero leggergli dentro, nessuno si meraviglierebbe.

 

Perché per la prima volta in tutta la sua vita Stede Bonnet ha un posto dove desidera tornare, e quel richiamo è invincibile e irrefutabile come l'istinto che spinge le rondini a sfidare il deserto, ad attraversare il mare.

 

L’amore, i tumuli della memoria –

 

C'è un cimitero, in disparte dalla piccola città di Bridgetown.

 

Presso il muro di cinta, dove quasi si può sentire il mare, cresce un grande albero frondoso, con rami curvi fin quasi a terra; sotto, c'è una lapide bianca.

 

Edward deve essere arrivato lì come un sonnambulo, perché solo ora gli sembra di avere aperto gli occhi, e tutto quello che vede è un nome inciso nella pietra.

 

Non è molto sicuro di riuscire a restare in piedi, così si inginocchia a terra.
Piano, per non disturbare.

 

Il vento fa mormorare gentilmente i rami dell'albero, disegna ricami di sole nel verde dell'erba, nel bianco del marmo.

 

Ci sono fiori bianchi davanti alla tomba, hanno un profumo struggente e familiare.

 

Edward tende una mano esitante e traccia le lettere scolpite. La pietra è fredda e muta sotto le sue dita.

 

Sale un pianto improvviso come una bolla che scoppia, come un temporale estivo.

 

Il vento continua a sussurrare.

 

Gli uccelli, la neve.

 

Forse c'è un motivo, una qualche beffa cosmica, se il suo vagare lo riporta ancora qui dove tutto è cominciato.

 

Adesso non è importante.

 

Anche se il suo destino cercasse ogni volta di riportarlo indietro, sa che ogni volta ripartirebbe; e anche se è un rischio, ritornare qui dopo tutto ciò che è successo, ritornare qui da redivivo (forse per morire una volta per tutte); anche così, lui non rimpiange nulla.
 

Ora che finalmente ha trovato una traccia nel cerchio dell'orizzonte infinito, ora che finalmente ha ritrovato quello che andava cercando.

 

Stede sa che sta andando verso Edward, ed è tutto quello che conta adesso.

 

Non importa se ad attenderlo troverà le sue braccia o la sua lama, perché quello è il suo posto, ed è soltanto lì che Stede vuole stare.

 

Percorre la distanza come in sogno, e non sa neppure come è arrivato fino a lì, nel minuscolo cimitero fuori Bridgetown, ma non importa adesso, perché davanti a lui c'è-

 

"...Edward..?"

 

Grandi occhi trasparenti.

 

"...Stede?"

 


 

(Emily Dickinson, L'acqua l'insegna la sete)

Chiedo scusa a Emily Dickinson; sono un po' bloccata e mi sono aggrappata a lei per provare a scrollarmi.

Vorrei mille cose per la loro riunione, molte contraddittorie. Una è questa.

   
 
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