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Autore: leti_0907    06/06/2022    0 recensioni
[86: Eighty Six]
Quando si svegliò, il suo corpo era indolenzito, abbandonata su dei sacchi di juta ammassati in un angolo. Intorno a lei, il buio della notte che l’abbracciava, salvo la finestrella sbarrata al di sopra di lei. Non riusciva a vedere niente, ma, quando si abituò all’oscurità, intravide i contorni di una stanza di qualche metro quadrato. Probabilmente era una cella per prigionieri, viste le mura di mattoni ingrigite ed i letti in ferro attaccati al muro.
Come ci era finita lì?
«Non sei l’unica a chiederselo, piccola Alba.»
Presa per lo spaventò, sussultò e si girò di scatto. Nella cella davanti alla sua, una ragazza poco più grande di lei. Il corridoio che le divideva era illuminato da lanterne, e lei era vicina ad una di esse, per quello riuscì a vederne il volto. «Chi sei?» domandò diffidente, rintanandosi nell’angolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era la prima volta che guidava un Juggernaut. Per quanto Shin odiasse pensarla dentro a quel veicolo paragonabile ad una bara di metallo che si muoveva ed armata in ogni centimetro, Lena aveva insistito affinché le insegnasse a gestirne uno, a conoscerne i comandi ed i parametri; gli aveva assicurato che non avrebbe mai messo il suo bel sederino -citando le stesse parole che il suo ragazzo aveva usato- sul sedile di un Juggernaut, a meno che non si trattasse di un’emergenza estrema.

Ma quella era un’emergenza estrema: Shin non stava avendo la meglio contro quei nuovi modelli della Legione, e gli altri erano tutti impegnati nel combattimento. Perciò decise di lasciare il comando a Grethe per saltare giù dal Vanadis ed chiedere ad alcuni soldati di prepararle il suo Juggernaut, dopo aver spento il suo Para-RAID; esso non aveva nessun nome, ma Theo si era premurato con un sorriso di disegnare lo stesso Personal Mark che aveva già ritratto sul Vanadis.

«Maestà, è una pazzia!» l’unica che sembrava opporsi al volere della Handler era Cyclops, la quale le sbarrò la strada con fare perentorio. «Là fuori la situazione sta peggiorando ulteriormente, è una merda, ed è già un miracolo che Undertaker e gli altri ce la stiano facendo!»

«Lo so, Shiden.» la voce di Lena era ferma, decisa fino al midollo. «Ma appunto perchè la nostra difesa è debole devo andare ad aiutarli. Voglio farlo, ho imparato a guidarne uno per questo.» abbassò lo sguardo. «Se ci fosse una persona che ami da morire che sta combattendo contro la Legione e tu fossi ferma a non fare niente, che faresti al mio posto?»

Shiden cadde nel silenzio più totale, perché la capiva, ma allo stesso tempo era furiosa per questo, proprio perché la persona che le piaceva le stava chiedendo di lasciarla andare sul campo di battaglia. La comandante tattica la superò decisa, e si approcciò al veicolo dalle quattro zampe.

Mentre saliva a bordo e avviava l’accensione della macchina, si chiese se si ricordasse tutto quello che aveva appreso con il suo ragazzo. Ma non appena mise mano sui comandi, tutto tornò in mente, ed in un attimo si buttò nella mischia, trovandosi ad abbattere più Löwe nemici di quanto si aspettasse.

Si avvicinò alla zona in cui Shin stava lottando senza nemmeno accorgersene, fino a quando  non notò il simbolo dei Nouzen sul veicolo dietro al suo, come si accorse dell’enorme razzo che si stava dirigendo su di esso. La paura la invase, la paura di perdere la persona che più amava al mondo, e non le importava che lui fosse un suo sottoposto: avrebbe rischiato sempre la vita per lui, se fosse necessario.

Per quello, con un urlo che non sembrava neanche il suo, si scagliò contro l’Undertaker. Lo buttò di lato, ed esso, inciampando per la sorpresa nelle sue stesse lunghe gambe, iniziò a rotolare lontano, finendo accasciato sulla distesa verde, leggermente illuminato dagli scoppi delle bombe.

La giovane Alba, il colonnello Vladilena Milizé, chiuse gli occhi, e si lasciò andare contro lo schienale. Presto sarebbe morta, e, sebbene desiderasse pensare a tutte le persone a cui teneva, si astenne dal farlo, soprattutto con il nome di quella che le piaceva considerare come sua anima gemella. Non voleva diventare parte della Legione, ma sarebbe stato peggio se avesse dovuto combattere come parte del Nemico con l’obbiettivo di uccidere Shin. Si precluse di sentire persino il minimo rumore, non voleva pensare a niente.

Per questo non si accorse che, poco prima dell’esplosione del suo Juggernaut, un lungo braccio meccanico aveva aperto il veicolo per tirarla fuori e portarla via da lì.

 

 

La battaglia era dura, più del normale. Shinei stava facendo davvero fatica a coordinare i suoi commilitoni in quella battaglia; sentiva le voci della Legione più persistenti del solito, senza contare la gran magione che stava andando incontro loro. Anche  combattendo spericolatamente come al solito, era difficile parlare con gli altri senza la possibilità di pensare.

Poi, ad un tratto, si ritrovò a rotolare sull’erba nel suo stesso Juggernaut. Sballottato per gli irruenti movimenti, ringraziò che ci fossero le cinture a tenerlo ancorato, e, quando si fermò, appurò di avere solo un rivolo di sangue che gli colava del limite dell’attaccatura dei capelli sulla fronte. Tentò di riavviare il sistema, ma non collaborava, quindi scelse di aprire il veicolo e saltare giù.

Ma fu probabilmente la peggior scelta che avrebbe potuto compiere.

Vide quel Juggernaut nello stesso punto dove qualche secondo c’era il suo; vide il Personal Mark, una donna avvolta in un vestito rosso cremisi, lo stesso del Vanadis. Il veicolo ufficiale di Lena come comandante tattico dell’Eighty Six Strike Package.

Infine, vide il razzo che era destinato a lui scagliarsi sul veicolo.

Iniziò a correre, ma già era senza fiato. Sperava che ci fosse qualcun altro su quel mostro meccanico, perché non avrebbe mai retto la notizia della morte della ragazza che amava. Mentre riusciva ad accettare che tutti lo abbandonassero, non avrei mai sopportato di perdere lei, la sua Handler One.

Ma, quando trovò il cappello di Lena a qualche metro più in là rispetto all’esplosione, spiegazzato e leggermente bruciato, non poté fare altro che raccoglierlo e stringerlo al petto, l’espressione vuota.

Lena non c’era più, lo aveva lasciato indietro.

Senza accorgersene, mentre i droni della Legione si ritiravano senza motivo, si inginocchiò, privo di forza nelle gambe, e scoppiò a piangere come un bambino. Fino a quel momento aveva pianto così solo per il fratello, ma non avrebbe mai potuto pensare che perdere Lena avrebbe lasciato un vuoto così grande al centro del suo petto.

 

••

 

Quando si svegliò, il suo corpo era indolenzito, abbandonata su dei sacchi di juta ammassati in un angolo. Intorno a lei, il buio della notte che l’abbracciava, salvo la finestrella sbarrata al di sopra di lei. Non riusciva a vedere niente, ma, quando si abituò all’oscurità, intravide i contorni di una stanza di qualche metro quadrato. Probabilmente era una cella per prigionieri, viste le mura di mattoni ingrigite ed i letti in ferro attaccati al muro.

Come ci era finita lì?

«Non sei l’unica a chiederselo, piccola Alba.»

Presa per lo spaventò, sussultò e si girò di scatto. Nella cella davanti alla sua, una ragazza poco più grande di lei. Il corridoio che le divideva era illuminato da lanterne, e lei era vicina ad una di esse, per quello riuscì  a vederne il volto. «Chi sei?» domandò diffidente, rintanandosi nell’angolo.

Lei sorrise dolcemente, probabilmente provava pena per lei nell’essere stata imprigionata. «Mi chiamo Anna Maria. E Tu?»

All’inizio non ricollegò, ma aveva la sensazione che quella non fosse la prima volta in cui aveva sentito quel nome. Quando mise i puntini sulle i, la prima cosa che fece fu sgranare gli occhi stupita. «La fidanzata creduta morta di Olivia? Pensavo fossi morta tempo fa.»

«Proprio io, in carne ed ossa. Immagino che pensino di me come ad un cadavere in decomposizione, al momento.»

Lena si morse un labbro. «Purtroppo si, ma Olivia non fa altro che pensare a te e mettere il profumo che tanto ami. Non ti ha mai dimenticata, ed il suo Juggernaut porta il tuo nome.» la guardò sorridere con dolcezza, al pensiero della persona amata, per poi guardarsi attorno. «Comunque, dobbiamo trovare un modo per uscire da qui.»

L’altra scosse la testa, il volto rabbuiato. «Non è possibile, non sappiamo neanche dove ci troviamo. Anche riuscendo ad uscire ed ammettendo di essere in grado di rubare un qualsiasi mezzo, potremmo anche essere in pieno territorio nemico e lontani da ogni traccia di civiltà, senza contare che ci circonderebbero immediatamente.»

«Hai ragione, ma non intendo stare qui un minuto di più. E poi, penso che Olivia sarebbe felice di saperti viva, non credi?»

Quando la giovane dai capelli argentei si girò verso la sua cella, riuscì ad intravedere Anna Maria mentre la guardava con tenerezza. «Sei proprio ingenua, ma mi piace la tua intraprendenza e coraggio, quindi ci sto. Hai per caso un piano, piccola Alba?»

Lena si accorse che ancora non le aveva risposto alla precedente domanda, quella del nome, ma quella che la compagna di cella le aveva appena fatto aveva sicuramente la precedenza. Si sarebbe ripresentata non appena avrebbe raggiunto i suoi compagni. «Non ancora, ma sono il comandante tattico della mia squadra, quindi qualcosa in mente me la farò venire.» si guardò nelle tasche, nella speranza di trovare qualcosa di utile. «Come funzionano le cose qui? Pasti, docce e cose così.»

«Tre pasti al giorno, e dopo cena ci portano alle docce, mentre ogni tanto vengono a controllarci.»

«E quanto droni di solito lo fanno?»

«Uno solo, ed è sempre lo stesso. Immagino non ci considerino chissà quanto pericolose, relegate qui sotto.»

«Sfrutteremo questa cosa a nostro favore, allora.» Mentre l’ascoltava, nella mente della giovane si delineava un piano, mentre la sua mano, corsa nello stivaletto, si stringeva attorno al manico di un coltellino. Non era una delle migliori strategie a cui aveva mai pensato, ma senz’altro era già qualcosa. «La Legione non costruisce basi, sfrutta gli edifici già esistenti sebbene siano degradati. Guardando dove siamo ora e stando al tasso di umidità elevato, ci troviamo nelle prigioni di qualche palazzo nobiliare, ma dovremmo uscire in qualche modo per capire in che zona dell’Impero di Giad per orientarmi.»

«Sapresti orientarti senza essere mia stata nel territorio dell’ex impero?» Anna Maria era stupita.

Lena le sorrise. «Come ho detto, sono il comandante tattico della mia squadra. Ho dovuto studiare a lungo cartine ed edifici di ogni angolo dell’Impero per formulare delle strategie decenti e sfruttarli per vincere, quindi ora il nostro primo compito è quello di uscire da qui e cercare di arrivare a qualche balconata per studiare il territorio.» tirò fuori la su arma bianca e gliela mostrò con un sorriso allegro. «Ci stai?»

 

••

 

Dall’altra parte della porta, nessuna risposta. Con una mano alzata in un pugno e l’altra che reggeva il vassoio con la cena, Raiden fissava preoccupato la superficie legnosa che separava lui ed il resto dello Eighty Six Strike Package dal loro comandante, che, a qualche giorno dalla morte della rampolla dei Milizé, si era chiuso in se stesso.

Il ragazzo sospirò, per poi voltarsi verso gli altri. «A parte per combattere contro i droni della Legione, non ho idee su come farlo uscire. L’unica che era in grado di spronarlo era…»

Anju gli fece cenno di non dire il suo nome. «Manca a tutti, ma per Shin era la sua ragione per combattere. Penso che per lui sia molto più difficile che per noi.» sussurrò per non farsi sentire dal ragazzo. «E non è l’unico a stare così. Shiden si sta sfogando contro il sacco da boxe da giorni, e ne ha già distrutti cinque.»

Theo si passò una mano tra i capelli biondi. «Io ho paura, ragazzi. E se decidesse di tornare a come era prima? Con quella voglia suicida di combattere?»

 «Abbiamo visto come era diventato dopo aver ucciso il suo stesso fratello.» mormorò Kurena, gli occhi arrossati dal pianto. «Perdere Lena e saper che un giorno dovrà ucciderla con le sue stesse mani lo starà distruggendo.»

«E se non fosse così?»

Tutti si voltarono verso Frederica, che li stava osservando decisa. «Che intendi dire?» volle essere chiaro Raiden.

«Voglio dire che noi diamo per scontato che Vladilena sia diventata parte della Legione, ma sappiamo che non è così stupida da mettersi a pensare a Shin in punto di morte. Era conscia di come la Legione arruolava nuovi droni, non si sarebbe mai permessa di dire il suo nome sapendo che poi si sarebbe trovata a cercarvi per farvi fuori. Amava troppo Shin e teneva troppo a voi per farlo.»

«La principessa ha ragione.» una Shiden distrutta prese la parola, attirando sul suo bel volto contorto dal dolore tutta la loro attenzione. «Se si  fosse trovata in una situazione simile, non ci avrebbe mai fatto una cosa del genere.»

«”Se si fosse trovata”?» ripeté Theo, confuso. «Senti, Shiden, so quanto sia a te che a Shin manchi Lena, ma ti prego di non darci false speranze. Nessuno sopporterebbe di farsi illusioni e sperare per poi scoprire la realtà dei fatti, ovvero che Lena è morta e noi non abbiamo potuto fare niente per impedirlo.»

«Non sono qui per questo infatti, ma per mostrarvi le prove di quello che sto per dirvi.» la ragazza con il nome in codice Cyclops si avvicinò alla porta ed iniziò a prenderla a pugni. «Ohi, Undertaker. È meglio se ascolti anche tu, quindi anche se ti sei chiuso qua dentro apri bene i padiglioni auricolari.»

«Ehi, Shiden, cerca di comprendere come si sente.» Raiden tentò di calmarla, ma lei gli rivolse un’occhiataccia.

«Proprio perché capisco cosa prova che ho fatto ricerche ed ipotesi per cercare una qualche prova che sua Maestà non è morta! Non mi sono arresa come ha fatto lui, e se la ami davvero, allora alza il culo, esci da questa cazzo di camera ed aiutami a cercare Lena!» Shiden era davvero incazzata, e se la prese con la porta della stanza di Shin.

Ad un certo punto, l’ennesimo pugno si trovò in rotta di collisione con un palmo, e la mano di Shin si chiuse attorno al suo gancio destro per proteggere il suo volto pallido e segnato dalle occhiaie. Tutti erano stupiti, Shiden aveva la bocca aperta mentre Frederica tratteneva un sorriso di vittoria. D’altronde, era stata lei a suggerire all’ex comandante dello squadrone Brisingamen di fare una scenata del genere per provocarlo.

«Se sei così sicura di quello che dici, parla.» furono le prime parole che lui pronunciò con voce roca. «Prima che possiate anche solo dirmelo, non importa quello che mi dirà. Preferisco tentare e scoprire che la pista fa acqua da tutte le parti piuttosto che non fare niente.» guardò i suoi compagni e, nonostante il suo aspetto non fosse dei migliori, nei suoi occhi rossi brillava qualcosa di indefinito. «Come hai detto tu, Kurena, ho perso mio fratello perché non potevo fare altro che dargli la pace. Se c’è la possibilità di evitare questo con la donna che amo, non starò qui a girare i pollici.»

«Bene. ora che Shinei è uscito dal letargo, prego Shiden, mostra a tutti quello che abbiamo scoperto.» l’ex imperatrice dell’impero giadiano diede una pacca sul sedere della donna, la quale la guardò con un sorrisetto per poi schiarirsi la voce.

«Come tutti voi sapete, di Vladilena Milizé è stato ritrovato solo il cappello, mentre del suo corpo non c’è la minima traccia.»

«Penso che sia normale, visto che è stata fatta saltare in aria.» Theo non ci trovava nulla di strano.

«Esatto, ma questo avrebbe dovuto implicare che non avremmo dovuto trovare proprio niente. Quindi,il mio dubbio è: come è possibile che prima dell’esplosione, sua Maestà abbia perso il suo cappello da militare, pur sapendo che non se lo toglieva mai mentre era sul campo di battaglia? Soprattutto se è stato ritrovato lontano dal punto dell’esplosione.»

Gli occhi di Anju si spalancarono, increduli. «Ci stai dicendo che…»

«Che qualcuno l’ha tirata fuori prima che avvenisse l’impatto,  e nel farlo il cappello si è perso nella fuga?» concluse la domanda Shin. Come aveva fatto a non pensarci? Preso dalla disperazione, aveva fatto tabula rasa di tutto per lasciare spazio al suo dolore, senza pensare per un attimo che forse non era tutto perduto. Aveva avuto la prove tra le braccia per tutto il tempo!

Il cenno di testa di Shiden servì solo a confermare. «E c’è di più: come da piano, Lena ci aveva detto di avviare la registrazione dei nostri Juggernauts per accumulare informazioni sui movimenti dei nuovi droni per poterli studiare. Quando hai abbandonato il tuo veicolo, Shin, nonostante fosse stato lanciato via, ha continuato a filmare e le immagini che abbiamo trovato sono prove che forse è ancora viva.» la donna mise tra le mani di Raiden un tablet, e fece partire il video.

Guardarono tutto, dal combattimento che Shin stava conducendo fino a quando l’Undertaker venne sbalzato via. Verso la fine, prima che si vedesse la figura del ragazzo entrare  nel campo a lasciarsi andare ad un pianto disperato, Frederica si protese per schiacciare il tasto stop. «Nessuno se ne era accorto, eravamo troppo impegnati a guardare il Juggernaut di Lena bruciare con la convinzione che ci fosse dentro anche il suo corpo. Ma guardate bene questo pezzo: a lato, c’è un movimento fulmineo che nessun essere umano avrebbe mai potuto compiere, a meno che non si parli di un drone avanzato della Legione.»

Riguardarono quel frammento, e si accorsero che la giovanissima del loro gruppo aveva ragione: c’era stato uno spostarsi troppo veloce per essere ripreso nei minimi dettagli, ma il bagliore argenteo che si intravide, oltre che il cappello che rotolava sull’erba, era quello dello spostarsi della chioma lunga di Lena.

Shin appoggiò un dito sulla figura sfocata della giovane, accarezzandone i lineamenti pixellati. «Lena…» disse solo il suo nome, con un tono decisamente più dolce e la speranza che gli dava la spinta per dire: «Andiamo, ora. Andiamo a salvare Lena.»

 

••

 

«Tu sei pazza.» le sussurrò Anna Maria, avvolta nel suo accappatoio, mentre teneva la figura esile di Lena seduta sulle sue spalle. «E se entrassero prima del previsto?»

«Sei stata tu a dire che prima di mezz’ora non entrano a vedere se sei morta nell’acqua calda del bagno!» le fece notare l’altra mentre, con la lama della punta del suo coltellino, svitava attentamente le viti che tenevano attaccata la grata del condotto di areazione al muro. «E siamo appena entrare, quindi abbiamo anche il tempo di rivestirci e metterci in posizione.»

«Sei sicura di quello che fai?» chiese mentre Lena le passava la grata lentamente, per poi appoggiarla con delicatezza al muro.

«Non è il miglior piano della storia, ma se il solo ed unico drone che si occupa di noi ci casca, siamo a cavallo.» scendendo dalle sue spalle, la giovane militare si diede una veloce lavata per poi rivestirsi, sotto gli occhi attenti di Anna Maria. «Perché mi guardi?»

«C’è qualcuno da cui vuoi tornare, non è vero?» se ne uscì la compagna di prigionia all’improvviso, mentre anche lei si rivestiva. «Insomma, sei così determinata ad andartene, e mi viene normale pensare che ci sia l’immagine di qualcuno che ti aspetta a darti la forza.»

Lena comprese dove voleva andare a parare. «Mi sembra di capire che anche tu abbia sperimentato qualcosa del genere.»

«I primi tempi ero come te. Mi aggrappavo al ricordo di Olivier per cercare di trovare una scappatoia, ma con i mesi che passavano mi arresi al fatto che sarei morta in quella cella; quando sei arrivata tu, la mia speranza si è riaccesa, ma avevo la sensazione che anche tu saresti stata vittima della realtà e ci avresti rinunciato. Mi dispiace essere diffidente, ma non voglio illudermi troppo.»

«Lo capisco. Ma, come hai detto tu, ci sono la mia famiglia ed una persona speciale che non voglio che credano che io sia morta, quindi non mi arrenderò. Devo vivere, perché voglio vedere il mare con tutti loro.»

«Chi è la tua persona speciale? Il tuo ragazzo?» Anna Maria si legò i capelli in una coda alta.

Lena annuì con vigore, l’amore che traboccava dai suoi occhi. «Si chiama Shin, è un soldato della Federazione di Giad come me. Proveniamo tutti e due dalla Repubblica di San Magnolia, ma io ero una Handler e lui il comandante dello squadrone Spearhead, quelli che gli Alba chiamano Eighty Six. Adesso invece lavoriamo fianco a fianco, lui a capo dell’Eighty Six Strike Package ed io lo aiuto come comandante tattico.»

«E come è?» Anna Maria era curiosa di sapere di più di quella ragazza. Sembrava fosse una persona dolce e calma, ma secondo lei nascondeva qualcosa sotto quella facciata da angioletto. «Immagino che tu ti sia presa una bella cotta per lui non solo perché l’hai visto in divisa.»

L’altra si permise di ridere sommessamente. «Possiamo dire che vederlo in quelle vesti ha aiutato molto. Ai miei occhi, Shin è il più bel ragazzo che abbia mai visto, con i suoi occhi rossi come rubini ed i capelli corvini, come è la persona più buona e gentile che esista. Ha dovuto affrontare tante cose brutte che gli sono accadute, è stato discriminato, maltrattato, ha dovuto uccidere, e pensa di non meritare di vivere. Invece voglio stargli accanto per dimostrargli che ci sono tante persone che gli vogliono bene e che lo sostengono.»

La fidanzata di Olivia si mise in posizione, vicino ai cardini della porta, seguita dall’Alba. «Sono sicura che sarai in grado di farlo. Ma per continuare, dobbiamo uscire di qua vive.»

«E lo faremo. Ora stiamo in silenzio, fino a quando non arriva il drone.»

Lena fece in tempo a finire la frase che la porta si spalancò con violenza, finendo addosso ai loro corpi. Fecero del loro meglio per trattenere un gemito di dolore, e si mise subito in ascolto. Dagli stridii che riusciva a captare, che diventavano leggermente più lievi, capì che si era allontanato dalla soglia per avvicinarsi al condotto lasciato aperto. Si protese e lo vide di spalle, la luce blu del suo unico occhio bionico concentrato sul punto di quella che pensava fosse stata la via di fuga delle due.

Con passo felpato, sapendo quanto fini ai rumori potessero essere quegli affari, Anna Maria e Lena sorpassarono la soglia della stanza e, dopo qualche passo lento, iniziarono a correre come delle forsennate per i corridoi. Nonostante il fiato corto e le gambe che chiedevano pietà, non si fermarono fino a quando non raggiunsero una finestra.

«Anna Maria, aspetta!» Lena fu la prima a fermarsi nei pressi della superficie vetrata, guardando gli edifici. Sapeva di doversi muovere per uscire da lì, perciò diede una rapida occhiata intorno, individuando alcuni dettagli significativi, ed esultò. «Non siamo molto lontane dal confine, quindi non dovrebbe essere difficile scappare verso il bosco senza farsi notare. I droni della Legione saranno concentrati sui versanti che sono stati attaccati, perciò basterà nascondersi ed evitarli.»

«Senza armi?»  L’altra non sembrava convinta. «Se dovessero vederci, sarebbe difficile difendersi. »

«Non abbiamo tempo di cercare delle armi qui dentro, avremo più possibilità cercandole fuori. Ora andiamo, altrimenti ci troveranno.»

Si guardarono, decise ad andare fino in fondo, e ricominciarono a correre.

 

••

«Adesso?» Raiden non riusciva a crederci, mentre guardava il suo compagno d’armi da più tempo e suo  migliore amico montare sull’Undertaker, intenzionato a partire subito per i territori dell’ex Impero di Giad. «Shin, è una pazzia! Non puoi attaccarli senza un piano dietro, ti farai solo ammazzare!»

«Non me ne importa niente, Raiden! Se Lena è davvero là, non esiterò un solo secondo.» Shin alzò gli occhi rossi su di lui, facendolo ghiacciare sul posto quando gli chiese, sincero: «Se la persona che più ami venisse rapita sotto i tuoi occhi, aspetteresti ad agire, sapendola in pericolo in ogni secondo?»

L’altro lo capiva, dannazione se lo capiva. «E va bene! Ma noi verremo con te.» si girò verso i loro amici, i loro compagni, trovandoli d’accordo. «Lena è la tua ragazza, la donna che ami, ma è anche il nostro comandante e nostra amica. Noi ti aiuteremo, mentre Frederica e Shiden spiegheranno a Grethe che siamo andati in ricognizione speciale.»

Le ultime due chiamate in causa annuirono, mentre Anju, Kurena, Theo e Raiden salivano suoi loro Juggernauts. «Vi copriremo le spalle.» assicurò Shiden, per poi guardare Shin dritta negli occhi. «Riportala indietro, Undertaker.»

Lui annuì solamente, ed insieme, come in passato, partirono verso l’ex impero.

 

 

«Siamo sicure che funzioni? Non ha un bell’aspetto.» asserì Anna Maria, un sopracciglio inarcato alla vista del fucile malconcio. «Potremmo fare una prova per assicurarcene.»

«Rischieremmo di farci scoprire, ed oramai sapranno che siamo scappate, quindi saranno in allerta.» distratta dall’analizzare l’arma, Lena stava passando una mano sulla canna mentre chiariva il perché non potevano fare certe cose. «La canna sembra apposto, i proiettili anche, quindi scopriremo sul campo se funzionerà.»

«Sembri esperta.»

«Quando la Repubblica è crollata sotto l’attacco della Legione, ho dovuto lottare, usando qualcosa del genere.» la giovane comandante alzò le spalle. «Arriva qualcuno?»

L’altra si sporse oltre la colonna dietro la quale si erano nascoste da un paio di ore, evitando droni che correvano impazziti per le strade scoscese. Strizzò gli occhi. «Per ora nessun marchingegno tecnologico in vista…» non fece in tempo a dire con tranquillità che potevano godersi ancora un po’ di pace, che sospirò: «Fino ad adesso.»

Cinque droni dall’occhio rosso correvano verso di loro, e quando Lena si sporse per vedere di cosa Anna Maria stava parlando, li riconobbe. «Sono dei Juggernauts!» esclamò, buttandosi in mezzo alla strada sbracciandosi come una matta. «Anche se non vedo i loro simboli, forse sono della Federazione.»

Sorrideva, Lena, perché sarebbe presto tornata a casa.

 

••

Nello schermo, Shin vedeva solo lei. La sua Lena, che, sorridente, cercava di attirare la loro attenzione.

Il sollievo lo pervase, ed il dolore che aveva sentito attraversargli ogni fibra del suo corpo e del suo corpo si affievolì, lasciando il suo fisico in uno stato di torpore piacevole. Presto avrebbe potuto prenderla tra le sue braccia e tenerla stretta a sé, e questo bastava a fargli riprendere lucidità, dopo aver passato lunghi momenti in cui disperato si chiedeva come avrebbe potuto vivere senza lei.

Prima viveva nel buio da cinque lunghi giorni, ora vedeva la sua luce risplendere nella sua vita.

Fermò il suo Juggernaut, seguito dagli altri, e lo aprì. Non pensava che li avesse riconosciuti, era impossibile da così lontani, quindi l’effetto sorpresa sarebbe stato dalla sua parte.

Saltò giù e come un matto iniziò a correre. Con un ghigno osservò l’espressione di Lena cambiare da felice a stupita alle lacrime che le bagnarono le guance, mentre anche lei le andava incontro. Finirono una tra le braccia dell’altro senza nemmeno accorgersene, ed a nessuno dei due sembrava vero.

«Shin!» esclamò lei affondando il viso nel suo collo. «Sei qui, non ci credo.»

«Oh Lena, pensavo che non avrei mai potuto più fare questo.» in risposta, Shin la strinse ancora di più contro il suo petto, passando le mani tra i suoi lunghi capelli. «Ho passato giorni infernali senza di te, certo che fossi morta.»

«Anche per me, Shin, anche per me.» Lena si allontanò leggermente per baciarlo sulle labbra a stampo. «E prima che tu lo dica, non è colpa tua quello che è successo. Se mai ti è passato per la testa, non lo è: ho preso io la decisione di salvarti, e non me ne pentirò mai.»

«Lo ammetto, l’ho pensato.» ammise lui, contemplando il viso che tanto amava. «Se non fossi stato in pericolo, tu non avresti passato niente di tutto ciò. Ma poi mi sono detto che avrei fatto la stessa cosa per te, quindi ho cercato di capirti, anche se continuavo a pensare che fosse tutto dipeso da me.»

«Shin, adesso tutto è finito. Siamo insieme, ed io non intendo lasciarti mai più.» lo rassicurò lei. «Comunque, mentre torniamo, avvertiamo Olivia. Ho una sorpresa per lui.» indicò la donna che era insieme a lei, la quale continuava a guardarli da lontano. «Lei è Anna Maria.»

«La fidanzata di Olivia creduta morta?»

Lena annuì. «Proprio lei. A proposito…» si staccò mal volentieri dal suo ragazzo, raggiungendo la ragazza. «Abbiamo passato dei giorni assieme e momenti di certo non normali, e non ho ancora risposto alla tua domanda.» tese la mano verso di lei. «Sono Vladilena Milizé, ma tutti mi chiamano Lena. Ed ora, torniamo a casa.»

   
 
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