Lawrence, Kansas. 18 settembre
Dean Winchester ne aveva davvero passate tante, troppe. Nei suoi 26 anni di vita non ricordava un momento in cui fosse stato tranquillo e in pace con se stesso.
Era in attesa. Sperava che da quel giorno tutto andasse meglio, era stanco di tenere la pistola sotto al cuscino quando dormiva; assurda metafora che usava per sottolineare il peso che si portava appresso.
Erano quasi le 16.00 di un
qualsiasi giovedì pomeriggio e senza rendersene conto si ritrovò seduto su una
panchina che costeggiava un parco giochi gremito di bambini.
Si sentiva quasi un maniaco, a stare li, fissando quelle piccole bestiole che
si arrampicavano ovunque come scimmie.
In realtà non stava fissando nessuno. Aveva lo sguardo perso nel vuoto. Si ricordava di quel giorno in cui la sua vita cambiò drasticamente in peggio. Aveva solo quattro anni, ma ricordava tutto come se fosse stato il giorno prima.
Era una fredda sera di novembre, Dean e i suoi genitori erano nella camera del piccolo Sammy e gli stavano augurando la buona notte.
Ad un orario impreciso della
notte ci fu un incendio causato da chissà cosa, forse un corto circuito.
John Winchester correva sul pianerottolo del primo piano con Sam di appena
sei mesi in braccio.
"Porta fuori tuo fratello più in fretta che puoi." Urlò al figlio
maggiore porgendogli il fratellino.
Dean corse giù dalle scale mentre l'odore pungente del fumo si disperdeva nell'intera casa, uscì in giardino tenendo il piccolo fagotto, in cui era avvolto Sam, tra le braccia.
"Andrà tutto bene Sammy, te lo prometto." Gli sussurò mentre vedeva avvicinarsi a loro i vigili del fuoco.
Poco tempo dopo uscì dalla
casa anche John, in pigiama e con un'espressione sconvolta stampata in volto.
Dean non l'aveva mai visto così affranto prima di allora. Intuiva già che
qualcosa non andava, che quel qualcosa era la mamma, Mary, che non era riuscita
a uscire dalla casa.
In quel momento voleva solo
piangere, lasciarsi andare. Ma non lo fece. Si tenne tutto dentro. Doveva
dimostrare di essere forte per Sammy, occuparsi di quella spina nel fianco del
suo fratellino.
Anche suo padre gli disse che doveva essere forte, non solo per se stesso ma
per entrambi, quando un paio di giorni dopo il funerale di Mary, li scaricò a
casa di zio Bobby, grande amico di famiglia.
Da quel giorno a questa
parte, i fratelli vissero li. John si faceva vedere di tanto in tanto ma non fu
più lo stesso. Indossava sempre quella maschera di dolore che aveva da quella
fredda notte di novembre.
John diceva che lavorava in giro e per farlo si spostava continuamente e a
volte tornava a casa di Bobby ubriaco fradicio.
Passavano gli anni e i
fratelli Winchester crescevano dipendendo l'uno dall'altro.
Dean metteva sempre Sam al primo posto, davanti ad ogni cosa. Era capace di
rinunciare a tutto pur di far felice il suo fratellino e fargli avere
l'infanzia che meritava.
D'altra parte Sam, sebbene solo i quattro anni di differenza, considerava il
maggiore più come un padre che un fratello. Era la sua figura di riferimento:
Dean gli preparava da mangiare quando Bobby era al lavoro nella sua officina,
lo aiutava con i compiti, gli disinfettava le ginocchia sbucciate quando da
bambino cadeva al parco giochi, lo usava come spalla su cui piangere per
sfogarsi di qualsiasi cosa, anche delle delusioni d'amore adolescenziali.
Addirittura, quando Sam compì il suo dodicesimo compleanno, Dean gli fece il
discorso sulle api e sui fiori e via dicendo, mentre il minore lo guardava
imbarazzatissimo cercando di sviare l'argomento.
Appena finito il liceo, Dean
andò a lavorare come meccanico in officina con zio Bobby e Rufus, amico di
quest'ultimo, mentre Sam si iscrisse all'università di legge di Stanford.
Sam, li, si era fidanzato con una splendida ragazza, Jessica. La amava
profondamente e già immaginava di passare il resto della sua vita con lei.
Ma del resto la vita dei Winchester è sempre stata costellata dal dolore. Un
incidente d'auto pose fine alla vita di Jessica.
Sam distrutto dalla perdita,
lasciò Stanford e andò a rifugiarsi tra le braccia del fratello.
Ci mise parecchio a riprendersi e quando il peggio sembrava essere passato,
giunse la notizia della goccia che fece traboccare il vaso.
John Winchester aveva avuto
un infarto e non ce l'aveva fatta. La mattina del decesso l'ospedale chiamò
Bobby informandolo dell'accaduto.
E quando disse ciò che era successo ai ragazzi, poté vedere un altro pezzo
del loro cuore già martoriato, spezzettarsi in pezzi ancora più piccoli.
John si trovava a Chicago,
"Era ricercato per vendita illegale di armi" disse la
polizia a Bobby.
Ora sapevano la verità. Tutti quegli anni a chiedersi cosa facesse il loro
padre sempre assente.
Dean era deluso, ferito. Pensava che suo padre fosse una persona più onesta
di quello che in realtà era.
Anche questa volta non pianse, si tenne tutto dentro, fissava il vuoto
davanti a se stringendo i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi
delle mani. Ancora una volta doveva essere forte per Sam.
Quest'ultimo, invece, si sciolse in un pianto disperato per suo padre, per
Jessica, per sua madre di cui non ricordava nemmeno il volto se non grazie alle
fotografie.
Sam era sempre stato in conflitto con il padre. Se Dean riusciva a
sopportare tutte quelle volte, seppur poche data la sua costante assenza, che
impartiva loro ordini, Sam si ribellava, non voleva sottostare a l'uomo che li
aveva abbandonati nel momento del bisogno.
Ciò non tolse che ci stava male ugualmente, era sempre suo padre e sapeva
che a modo suo voleva bene a entrambi, anche se aveva commesso innumerevoli
errori, come mentire. Ma lo aveva fatto per la famiglia, in un modo sbagliato
si, ma come meglio credeva di poter fare.
Sam in quel momento, stava
attraversando il suo medioevo personale, il suo periodo oscuro.
Conobbe una ragazza, Ruby, e passava la maggior parte del tempo con lei.
Quelle rare volte che Dean lo vedeva a casa, dormiva. Non lo vedeva mai
mangiare e aveva costantemente due fosse come occhiaie.
Sam si era ridotto in questo stato perché pensava di poter alleviare le sue
sofferenze con l'eroina.
Sapeva di star sbagliando. Delle volte si chiedeva se suo fratello l'avesse
mai perdonato per aver mandato a puttane la sua vita in questo modo.
Così Sam e Ruby intrapresero
questa malsana relazione basata sul sesso e sulla droga.
A lungo andare però, il Winchester si sentiva sempre più in colpa. Si teneva
tutto dentro, ovviamente anche con Dean, al quale diceva sempre tutto, ma non
voleva addossargli pure questo peso.
Poi accadde, un giorno,
mentre Sam era insieme a Ruby nell'appartamento di lei, esagerarono con le
dosi.
Ruby andò in overdose e Sam ci andò vicino. Fece appena in tempo a prendere
il cellulare e chiamare suo fratello con un pianto disperato in cerca di aiuto.
Per Ruby, ovviamente, non
c'era più nulla da fare, Sam invece, dopo esser stato dimesso dall'ospedale
andò in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti.
Dean, come suo solito, si addossò tutta la colpa perché a detta sua, se
avesse protetto suo fratello, se gli fosse stato vicino, tutto quello non
sarebbe accaduto. Si sentiva uguale a suo padre e solo Dio sa quanto odiava
quella sensazione.
Nonostante ciò non demorse. Doveva andare avanti, rimettere insieme tutti i pezzi della propria vita e di quella di Sam, aveva ancora una piccola speranza che di li a poco qualcosa, qualsiasi cosa, avrebbe cambiato la prospettiva della situazione, questa volta in meglio.
"Penso che ai bambini non piaccia essere fissati in quel modo. Tantomeno alle loro madri."
Il Winchester riaffiorò dal
vortice di pensieri che lo aveva tenuto prigioniero nei precedenti minuti e
sobbalzò al suono di quella voce roca che proveniva dalla panchina alla sua
sinistra.
Si girò verso lo strano individuo che si era permesso di fare supposizioni sul
suo conto e rimase colpito dalla profondità di due grandissimi occhi blu. Erano
un oceano. Non credeva umanamente possibile che un essere umano potesse avere
degli occhi così profondi e di quel colore.
"Ehi, ti senti bene?"
Dean sobbalzò di nuovo, imbarazzato questa volta, ma che diamine gli era venuto in mente?
"Sei un alieno?"
Fu tutto ciò che uscì dalla
sua bocca.
No, sul serio: che problemi aveva? Dare a uno sconosciuto dell'alieno?
Ma dove era finito? Al circo?
"Wow, in molti mi hanno detto che sono un tipo strano, ma forse tu mi batti."
"Eh? Volevo dire...Scusa, stavo pensando ad altro. Me ne vado ora, scusa per il disagio."
Dean si alzò più in fretta che poté dalla panchina intento ad andarsene da quella situazione a dir poco imbarazzante. L'individuo però non era d'accordo. Solo ora notò il suo particolare abbigliamento: completo elegante con tanto di cravatta blu abbinata agli occhi e sopra portava un ridicolo trench beige inadatto al clima di quel giorno. La temperatura non era assolutamente delle più calde, ma indossare un impermeabile era decisamente esagerato.
"No, aspetta. Scusa, non volevo spaventarti...Mi sembravi molto preoccupato, tutto qua." Disse l'uomo in trench passandosi una mano tra i finissimi capelli corvini.
Dean si risedette sulla panchina.
"Si, beh...Hai ragione. Sono in un costante stato di preoccupazione e con tutta la merda che mi è piovuta addosso non riesco più a ricordare come si vive senza la pistola sotto al cuscino."
Lo sconosciuto, a quell'affermazione, aggrottò le sopracciglia e inclinò la testa, come se facendo in quel modo sarebbe riuscito a comprendere la sua assurda metafora.
"Qualunque cosa significhi ciò, dovresti parlarne con qualcuno. Sembri sconvolto dal peso che ti stai portando dentro."
"E parlarne tipo con te? Sei uno sconosciuto, perché dovrei?"
"Mi chiamo Castiel Novak
e insegno teologia nella Lawrence High School. Passo per il parco ogni volta
che devo andare a trovare mio fratello al lavoro.
Ecco, ora non sono più uno sconosciuto".
Castiel sorrise. Sembrava una persona sincera, lo psicologo di turno che risolve i problemi della gente che gli passa sotto tiro.
"Sono Dean Winchester e tra mezz'ora devo andare a prendere mio fratello al centro di riabilitazione per tossicodipendenti."
"Mi scuso se posso
essere sembrato invadente e so che non sono assolutamente affari miei ma se hai
bisogno di parlarne io posso ascoltarti.
E poi, non sarebbe un bene per tuo fratello rivederti con la faccia di uno che
sta per sopprimere uno scoiattolo."
"Perché dovrei
sopprimere uno scoiatt- okay lasciamo perdere."
Dean distolse lo sguardo dall'uomo seduto sulla panchina di fianco a lui, chinò
il capo e si mise a contare i fili d'erba sul suolo a lui sottostante. Erano
veramente tanti, ottimo modo per distrarsi e non affrontare il discorso.
"Questo è il tuo problema Dean: Tu non hai fede...A tutti accadono delle cose belle."
"Non nella mia esperienza." Disse il Winchester tornando a puntare il suo sguardo in quello blu oceano di Castiel.
"Qual è il problema? Credi di non meritare di essere felice?"¹
Dean sfregò le mani sulle
gambe ricoperte dai jeans, prese un profondo respiro e decise di confidarsi con
quello che per ora era soltanto uno sconosciuto e non ne capiva assolutamente
il senso. Così, per i successivi dieci minuti, il Winchester raccontò la storia
della sua vita, come se conoscesse Castiel da anni e non da minuti. Non sapeva
cosa lo portava a confidarsi con lui così apertamente, glielo suggeriva il suo
sesto senso e quello non sbagliava mai.
D'altra parte Castiel lo ascoltava in silenzio, completamente assorto dalla sua
storia e nel suo sguardo blu c'era tutto fuorché compassione.
Castiel ammirava Dean per la
sua forza di volontà e il fatto che mettesse suo fratello prima di qualsiasi
altra cosa, anche della sua stessa vita.
Si perse nella sua voce e nei suoi occhi verdi, i quali ogni volta che si
incrociavano con i suoi distoglievano lo sguardo.
"Dovrei andare adesso,
Sam mi starà aspettando.
Grazie per avermi ascoltato, immagino di averne avuto davvero bisogno."
"Io non ho fatto
niente...Solo, non hai motivi di sentirti in colpa.
Spero di rivederti presto Dean."
Si alzarono contemporaneamente da entrambe le panchine e si sorrisero a vicenda.
"Si, anche io.
Allora...Ci si vede."
E senza aspettare risposta, il Winchester si voltò a grande passo diretto verso
l'uscita del parco.
"Ciao, Dean."
Sussurrò Castiel senza essere udito.
***
N/A: Mi sento un po' un'assassina ad aver ammazzato quattro personaggi solo nel primo capitolo. Ma sinceramente volevo che andasse cosi, sto cercando di attenermi il più possibile alla serie TV, infatti ho aggiunto delle citazioni prese da li (alcune le ho leggermente modificate per adattarle alla storia). Ovviamente non sarà tutto uguale per filo e per segno. Già in questo capitolo si può notare la differenza di carattere dei protagonisti dalla serie.
*Citazione leggermente modificata della 4×01 (Lazarus rising)