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Autore: jarmione    16/06/2022    0 recensioni
TITOLO PROVVISORIO
Siamo alla 100° edizione degli Hunger Games, è l'edizione della memoria.
Ogni Distretto proporrà i suoi tributi ripescandoli dai vincitori delle vecchie edizioni, ma c'è un particolare...il Distretto 12 non ha un tributo femminile da proporre perché la famosa Katniss Everdeen non è sopravvissuta alla precedente edizione della memoria.
Saranno costretti ad un sorteggio fra tutte le giovani ragazze.
Ma una giovane donna senza esperienza e spaventata, riuscirà a sopravvivere in un'arena con dei veterani?
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Salve, è la seconda volta che scrivo in questa sezione, ma è la prima volta che tento una long.

Faccio una premessa.

Ho deciso di fare una What-If/finale alternativo.

In pratica leggerete già in questo capitolo che Katniss non è sopravvissuta ai 75° Hunger Games (quelli della memoria) dando, quindi, a Snow una vittoria e facendo sì che i giochi rimanessero in vita.

Spero che vi piaccia, accetto qualunque suggerimento/critica/insulto e mi auguro di non annoiarvi troppo.

Buona lettura

 

 

 

Distretto 12, ore 06:15

 

Era l’alba, i minatori erano già partiti per le miniere mentre qualche abitante iniziava a svegliarsi.

La maggior parte non era riuscita a prendere sonno quella notte e non solo a causa dei morsi della fame, a cui erano quasi abituati, ma per paura.

Era già passato un lungo ed estenuante anno e la mietitura stava per arrivare.

Dai tredici anni in su erano ormai tutti abituati a quell’iniziazione e, seppur terrorizzati che il loro nome potesse uscire, cercavano di stare più tranquilli che potevano.

Quelli di dodici anni, invece, essendo la prima volta non riusciva a celare del tutto le loro espressioni, ma facevano del loro meglio per non darlo a vedere in pubblico.

Se c’era una cosa in cui i distretti più poveri prevalevano era nascondere le emozioni come la paura e la tristezza.

Non dovevano e non volevano mostrarsi deboli.

Le loro famiglie erano già in pena a sufficienza senza bisogno che loro ci mettessero di mezzo lagne o piagnistei.

Ci sarebbe stato tempo più avanti per lasciarsi andare.

L’interesse era tentare di sopravvivere.

Nell’arco dell’anno, tutti i potenziali tributi parlavano tra loro e provavano a cercare idee su come sopravvivere.

Molti ragazzi, basandosi sulle storie degli adulti, avevano provato ad ipotizzare quale arena sarebbe spettata ai tributi dell’anno, ma avevano scoperto che era tutto casuale e non vi era uno schema di qualche genere.

Altri, per capire quanto potessero resistere, facevano scioperi della fame e della sete, ma più di una settimana non riuscivano a reggere.

Infine tentavano la fortuna con alcune bacche e foglie nonché sfruttando la linfa degli alberi.

Nel Distretto 12 era solito aiutarsi a vicenda per quanto riguardava il lavoro e l’aiuto alle famiglie, ma quando si parlava degli Hunger Games erano tutti divisi.

Si diceva, fra gli anziani, che dopo i 75° Hunger Games e dopo la morte della ragazza di fuoco, l’arena era diventata ancora più brutale rispetto alle precedenti.

Qualcuno diceva che l’edizione 69°, un deserto in fiamme, era una favola il che era tutto dire.

Molti, pur di far smettere questo scempio, erano arrivati a non guardarli più, pur di non dover affrontare quella maledetta arena.

Ma a Capitol City e nei Distretti 1 e 2 non era dello stesso parere e, per questo motivo, i Pacificatori erano giunti al punto di obbligare le persone a guardarli e con l’ordine di uccidere chi non lo faceva.

Dicevano che i giorni bui erano stati i peggiori di tutta la storia, ma gli Hunger Games lo erano di più.

Non si parlava di una rivolta in cui veniva esplicitamente dichiarata guerra, ma si trattava di prendere a caso degli innocente e sbatterli in un arena per vederli morire e soddisfare la sete di sangue del pubblico...oltre al loro sadismo.

A Capitol City i bambini giocavano fingendo di essere negli Hunger Games, senza sapere quanto brutale sia in realtà.

Girava voce che ai più piccoli facessero credere che era solo un gioco e che in realtà nessuno moriva davvero.

Uno schiaffo in faccia ai sopravvissuti che avevano davvero vissuto quell’orrore e a cui la fortunata aveva giocato a favore.

Non era fortuna e lo sapevano bene.

Ci sono state edizioni dove non era sopravvissuto nessuno ed altre in cui il gioco finiva ancora prima di cominciare.

Infine vi erano le edizioni cosiddette normali dove un solo ed unico vincitore arrivava alla fine, per lo più dai Distretti 1 e 2.

Ma a quale prezzo?

Quell’anno si sarebbe svolta l’edizione della memoria, erano i 100° Hunger Games.

Molti potrebbero pensare che, trattandosi di un ripescaggio dei vecchi concorrenti, i giovani ragazzi e le giovani ragazze erano salvi dall’essere estratti e chi sarebbe stato all’ultimo anno di sorteggio poteva considerarsi libero a tutti gli effetti per sempre.

Ma non era così.

Nel Distretto 12 tutti sapevo che vi erano solo due vincitori e tutti e due maschi.

Peeta Mellark e Haymitch Abernathy

Di Haymitch si sapeva solo che faceva ancora da mentore ai tributi del 12, ma nessuno lo vedeva più da anni e nessun tributo era sopravvissuto agli Hunger Games per raccontarlo.

Peeta, invece, era ancora al distretto e si divideva tra il lavoro al forno e l’isolamento totale.

I pochi che erano riusciti ad avere un dialogo con lui hanno scoperto che la morte di Katniss Everdeen durante i 75° Hunger Games lo aveva reso pazzo.

Se fosse uscito il suo nome, questa sua pazzia poteva essere un vantaggio nell’arena ma, dall’altro lato, risultava un bel problema per sé stesso e l’eventuale tributo femminile.

Quelli, però, erano interrogativi senza risposta.

Ciò che quel giorno tutti volevano sapere era: chi sarebbe stato il tributo femminile?

Essendoci l’obbligo di avere una coppia per ogni Distretto, le femmine erano state costrette alla partecipazione.

Stando alle statistiche, il 12 era l’unico Distretto senza una campionessa femmina.

Pur di essere di sostegno alle loro figlie, le famiglie delle ragazze avevano passato quasi tutta la notte a sistemare gli abiti belli per presentarle e, quando l’alba fu ormai sorta definitivamente, passarono il restante tempo a pettinare i loro capelli, parlare di cose più allegre possibile e dare parole di conforto.

Ma nulla aiutava le ragazze ad essere meno nervose e terrorizzate.

Negli ultimi venticinque anni ci sono stati altrettanti vincitori e tutti derivanti dagli altri Distretti.

Non era certo l’esperienza che mancava e le ragazze del 12 lo sapevano bene.

Chi avrebbe impedito agli altri tributi di farle fuori per prime?

Ma le ragazze che avevano famiglia non erano le uniche ad aver paura.

Nella baracca più remota del Giacimento, che stava in piedi solo perché non soffiava vento, Kimia Letark si svegliò di soprassalto a causa di una nave di Pacificatori che stava transitando sopra casa sua e l’aveva fatta tremare tutta.

Aveva delle lacrime che le rigavano il volto, il respiro affannato e la fronte madida di sudore.

Un’altra notte passata, un altro incubo avuto.

Realizzò che era giunto il giorno della mietitura e realizzò, anche, che quello era il primo anno in cui avrebbe dovuto iscriversi.

Si alzò molto lentamente perché, almeno sperava, così facendo anche il tempo rallentava con lei.

Avanzò, sempre adagio, verso quello che avrebbe dovuto essere uno specchio posto sulla parete opposta a quella del giaciglio di paglia su cui dormiva.

Una ciotola con dell’acqua gelida e sporca era il suo lavandino con cui darsi una ripulita alla meno peggio.

Non era stato un anno semplice, anzi tutt’altro.

Due anni prima, durante i 98° Hunger Games, avevano sorteggiato suo fratello maggiore Histar, che era all’ultimo anno di iscrizione.

Era morto per mano di un tributo del Distretto 4, che lo aveva pugnalato mentre dormiva il giorno dopo l’inizio del gioco.

Pochi giorni della mietitura per i 99° Hunger Games, la madre era deceduta di infarto e lei era rimasta sola.

Molte anziane si erano offerte di aiutare Kimia, ma lei non aveva voluto ed era rimasta isolata cercando di sopravvivere come poteva e aiutando gli altri.

Ma la sua salute ne stava risentendo.

Era pelle e ossa e gli unici due vestiti che aveva le stavano larghi, cosa che non accadeva quando il fratello e la madre erano in vita.

Gli occhi azzurri erano gli unici che spiccavano sul suo volto sporco e scavato dalla fame e dal lavoro.

Mancava davvero poco all’inizio della mietitura Kimia stava meditando come provare a fuggire.

Chi glielo avrebbe impedito?

Chi mai si sarebbe accorto della sua assenza?

Sì, l’idea di fuggire e nascondersi era davvero allettante, ma tornò con i piedi per terra quando le balzò alla mente il ricordo di una famiglia qualche anno prima.

Erano nella zona più agiata del Distretto e, quando la loro sola ed unica figlia aveva raggiunto i dodici anni, decisero di nascondersi fino alla fine della mietitura.

Purtroppo si erano scordati che ogni nuovo nato veniva immediatamente registrato e se non si presentava alla mietitura erano guai seri.

I Pacificatori erano andati a prenderli con la forza, avevano registrato la bambina e atteso la mietitura.

Non era stata estratta, ma questo aveva comportato a lei e la sua famiglia la morte per ribellione.

Tra la morte per mano dei Pacificatori e la morte per fame o nell’arena, Kimia pensò che non vi era molta differenza.

Non voleva aver a che fare con i Pacificatori, specie quando usavano la forza.

Avrebbe potuto aggrapparsi all’età, dopo tutto aveva ancora undici anni e non avrebbe compiuto gli anni prima di altri tre mesi.

Ma a Capitol City non importava.

Nel momento che si entrava nell’anno dei dodici anni eri obbligato ad iscriverti.

Dopo aver sospirato, Kimia osservò fuori dalla finestra, utilizzando l’unico punto pulito che c’era.

Aveva ancora un po’ di tempo prima che la signora Brick giungesse fino alla sua baracca per renderla presentabile alla mietitura.

Voleva uscire, respirare e fingere di essere in tutt’altro posto.

Si tolse la camicia da notte, un tempo bianca, per mettersi i pantaloni e la camicia ormai corti e logori.

Da tener conto che i pantaloni stavamo su solo grazie ad una vecchia cintura del fratello.

Dopo la morte della madre, Kimia aveva venduto tutti gli abiti che vi erano in casa per potersi permettere cibo commestibile.

Sommando quello che era avanzato in casa con quanto ottenuto dalla vendita, aveva ottenuto alimenti per almeno un mese.

Stando molto attenta era riuscita a tirare avanti due mesi, poi era cominciata la fame e da lì nessun nuovo cambiamento.

Era sempre grazie alla signora Brick, la quale aveva perso suo figlio nella 90° edizione, che Kimia era ancora abbastanza in forze.

Quando aprì la porta, facendo attenzione a non farla cadere, Kimia fece il suo primo respiro profondo della giornata.

Voleva goderselo a pieno perché poteva essere fra gli ultimi, nonostante le possibilità che il suo nome uscissero erano scarsissime.

Si avviò verso il confine del Distretto, dove si fermò appena prima del filo spinato ad alto voltaggio.

Oltre quella ringhiera vi era un prato immenso, verde e rigoglioso, dove si potevano intravedere alcuni conigli che mangiavano indisturbati.

A loro non importava degli Hunger Games, forse neanche si rendevano conto.

Stavano lì, immobili, guardando gli esseri umani come se fossero prigionieri in una gabbia e, purtroppo, avevano ragione.

Gli animali andavano e venivano dal Distretto come più gli pareva, mentre loro erano costretti all’interno senza mai vedere cosa ci fosse dall’altra parte.

Kimia venne distratta da quei pensieri quando udì il fischio del treno di Capitol City in lontananza.

Gli accompagnatori erano giunti.

Deglutì, sentendo il suo stomaco chiudersi dalla paura.

Avrebbe voluto piangere, urlare e nascondersi: perché doveva registrarsi? Cosa centravano lei e tutti gli altri tributi, maschi e femmine, con i Giorni Bui di cento anni prima?

Nessuno di loro esisteva all’epoca e non era rimasto in vita nessuno dei ribelli dell’epoca.

Perché andavano avanti ancora con gli Hunger Games?

Pensò velocemente ad un piano per evitare la registrazione ma, ovviamente, non gliene venne in mente neanche uno.

Tentò, comunque, il meno drastico che aveva pensato e, per questo, decise di ritornare verso la baracca e si fermò vicino alla prima pozza di fango che trovò.

Anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla e che, poi, ne avrebbe pagato le conseguenze, vi si rotolò all’interno, rendendosi impresentabile e irriconoscibile.

Una volta sicura che fosse ben imbrattata e sperando che i Pacificatori, nel vederla, la rispedissero a casa, Kimia si riavviò verso la baracca, bloccandosi quando vide la signora Brick davanti alla porta.

La donna spalancò la bocca e alzò le braccia al cielo trattenendo un’imprecazione.

“Kimia Letark, che diavolo hai fatto!?”

  
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