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Autore: lady lina 77    18/06/2022    3 recensioni
L'omicidio di una donna e il salvataggio dei suoi due figli porteranno i Poldark dentro a un grande segreto da tenere celato a qualsiasi costo. Una storia che nasce nel freddo dei ghiacci di Oslo per poi approdare in Cornovaglia dove Ross, assieme a due misteriosi gemellini (già conosciuti in una mia vecchia fanfiction ma quì in ruoli diversi), lotterà per poter tenere fede a una promessa.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come possiamo raggiungere la casa di Jones? Io ci so arrivare ma se gli uomini di tuo padre sono ovunque…”.
L’osservazione di Clowance diede ad Odalyn il pretesto di mettersi a pensare seriamente sul da farsi. In effetti lei era la più grande, aveva la responsabilità di quanto stava succedendo e anche se era riuscita a portare a termine la prima parte del suo strampalato piano, non era affatto scontato che ci riuscisse con la seconda.
La ragazza si guardò attorno e nella semioscurità si accorse che in quella stalla c’erano diversi oggetti che potevano fare al caso loro: uno sgangherato baule di legno marcio contenente chissà cosa, utensili da taglio, briglie, stracci, mantelli logori alle pareti… “Dobbiamo renderci irriconoscibili”. Era l'unica possibilità...
Come?”.
Odalyn deglutì, poi si alzò e da un tavolaccio prese delle grosse forbici da contadino arrugginite. “Quanto frigneresti a tagliarti un po’ i capelli?”.
Come un maschio?” – chiese Clowance.
Più o meno”.
Piangerei poco o nulla. Tanto ricrescono e se sembro un maschio, magari a casa i ragazzi mi faranno far parte del loro gruppo e mi consentiranno di esplorare le miniere con loro. Ora dicono che son troppo femmina per andare ad esplorare con loro, fanno andare solo Jeremy”.
Odalyn ridacchiò. “Che giochi da bambini”.
Non sono da bambini e la Cornovaglia è una terra tanto bella da esplorare”.
Mai come la Norvegia! Noi abbiamo cose che voi non vi sognereste nemmeno”.
"Bla, bla, blaaa... Sì lo so, gli orsi e quella cosa colorata che vi si forma in cielo... Ma noi abbiamo i banchi di sardine, le miniere e le nostre scogliere e il mare più bello del mondo". Clowance balzò in piedi. “Facciamo così! Un giorno tu vieni da noi a conoscere la mia terra e un altro giorno io vengo da te e tu mi fai vedere la tua”.
Odalyn sorrise, in fondo avrebbe potuto essere diverte. Certo, se fossero riuscite a togliersi dai guai e ad uscirne vive ovviamente. Ma ora non era certo il momento di tergiversare in inutili conversazioni, tanto alla fine nessuna delle due avrebbe cambiato idea. Osservò le forbici e poi si prese fra le mani una ciocca dei suoi biondissimi capelli. Erano umidi di pioggia ma belli, profumati, setosi… Ci aveva messo molto a farli crescere ma Clowance aveva ragione, sarebbero ricresciuti di nuovo. Quindi chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e poi, con un taglio netto, li accorciò fin sopra le spalle. Poi guardò Clowance con aria grave. “Se l’ho fatto io, ora devi farlo anche tu!”.
Clowance osservò per alcuni istanti le forbici, poi si decise a procedere. In fondo non era ancora nell’età per essere vanitosa e assomigliare a un maschietto per qualche mese forse sarebbe stato anche divertente. E poi era un buon modo per non farsi riconoscere e riabbracciare i suoi genitori che dovevano essere decisamente in ansia. Quindi prese le forbici e con un gesto veloce e con la mano libera, i suoi capelli. Poi li tagliò ancora più corti di quanto avesse fatto Odalyn. “Visto, vichinga?”.
Sei coraggiosa” – dovette ammettere l’altra.
Anche tu, anche se scommetto che ora vorresti piangere per la perdita dei tuoi capelli vichinghi” – rispose Clowance col suo solito cipiglio sfrontato.
Odalyn distolse lo sguardo imbarazzata. In effetti…
Poi sospirò e si avvicinò con Clowance al baule che, una volta aperto, lasciò scoprire il suo contenuto: vestiti da lavoro laceri e da uomo. “Credo che oggi non saremo esattamente damine da ballo delle debuttanti” – cercò di sdrammatizzare.
Clowance prese in mano dei pantaloni laceri e poi rise. “Fantastico davvero, così sembrerò in tutto e per tutto un monello cornish. Come la mamma una volta”.
Tua madre si vestiva così?” – chiese Odalyn, sconcertata. Da quel poco che aveva visto, la signora Poldark era una donna bella, dai modi graziosi e dall’eleganza sobria e fine.
Clowance annuì. “Oh, era così che era vestita quando ha conosciuto il mio papà, un maschiaccio vero e proprio che faceva a botte in mezzo alla strada per proteggere il nostro cane Garrick. Sarà divertente vestirmi come lei quel giorno. Mamma, quando lo racconta, dice che è stato il suo giorno fortunato. Lo dice anche papà”.
Odalyn abbassò lo sguardo soffermandosi a pensare a quanto diversi fossero i Poldark dalla sua famiglia. Un uomo appartenente a una antica casata che incontra una ragazza vestita di stracci, da maschiaccio, che se ne innamora, se la sposa e con lei forma una famiglia felice e fuori dagli schemi… Sembrava la trama di un bel romanzo, dopo tutto. “Se ti eccita tanto, indossali!”.
Clowance scelse una casacca marrone troppo grande per lei, lacera, che rivoltò sulle braccia diverse volte perché decisamente enorme, dei pantaloni in flanella scuri e un berretto nero. Odalyn scelse dei pantaloni verdi, una casacca bianca e poi, con una coperta, si fece un mantello per celarle il viso.
"Non ci riconosceranno. Ma stiamo attente lo stesso”.
Clowance annuì. “Certo. Quando ce ne andremo da qui?”.
All’alba, quando le vie si riempiranno di persone”.
Clowance si sedette allora dietro a una balla di fieno. “E allora abbiamo tempo per dormire un po’, giusto?”.
Odalyn si stese accanto a lei. “Sì, ne abbiamo bisogno”.
Si appisolarono un paio d’ore anche se Odalyn si mantenne comunque vigile in un agitato dormiveglia. Clowance, nonostante l’esperienza del rapimento appena vissuta, non sembrava turbata più di tanto e pareva invece elettrizzata da quel tipo di avventura. Forse era troppo giovane ancora per capirne i pericoli e forse era anche abituata a cacciarsi nei guai nella sua terra, quindi era temprata alle difficoltà. Per lei invece si trattava della prima avventura e aveva scelto di viverla ribellandosi a suo padre. Che cosa le avrebbe riservato in futuro questo suo comportamento? Clowance aveva dalla sua una famiglia amorevole, lei era sola. E probabilmente lo sarebbe stata, nella migliore delle ipotesi, del tutto.
Quando le prime luci del giorno, attutite dal buio del maltempo e dell’inverno, giunsero, dalla strada iniziarono a levarsi le grida e gli schiamazzi di venditori e massaie.
Bimbi vocianti e chiassosi presero a correre nella via, gli ambulanti iniziarono a urlare i costi dei loro prodotti, le donne iniziarono col loro via vai giornaliero di faccende e incombenze. Il rumore di piccoli carretti e di carri più grandi prese a fendere l’aria e Odalyn decise che era arrivato il momento di uscire. Svegliò quindi Clowance scuotendola e poi entrambe si misero in piedi.
E’ ora, giusto?” – chiese la piccola Poldark.
Sì, adesso viene il difficile”.
Clowance rise, calandosi il berretto bene sul viso, nascondendovi sotto i suoi capelli più corti. “Forse no. Di un monello di strada, a nessuno importa”.
Odalyn si mise il suo mantello improvvisato. “Ammiro molto il tuo modo di fare la spiritosa”.
Dovremmo piangere?”.
No, dobbiamo sbrigarci!”.
Odalyn spinse Clowance fino alla porta, l’aprirono lentamente e dopo essersi accertate che nessuna faccia sospetta fosse nei paraggi, uscirono di soppiatto. Veniva giù una leggera pioggerellina invernale fredda e che rendeva tutto scivoloso e una nebbia sottile avvolgeva la via.
Uomini e donne infreddolite e strette nei loro scialli andavano a passo spedito verso la loro meta e loro vi si unirono.
Forse dovremmo camminare con calma e senza essere frettolose” – suggerì Clowance.
Sei matta? Vuoi farti una passeggiata?”.
No. Ma se sembriamo nervose, daremo nell’occhio alle spie di tuo padre mentre se saremo come gli altri, nessuno ci noterà”.
Odalyn ci ragionò su e alla fine capì che la piccola Poldark aveva ragione e che era fondamentale non farsi prendere dal panico e dalla fretta. Quindi rallentò il passo e anzi, quando videro dei ragazzini che giocavano per strada con un barattolo di lattaa, ci si unirono e rimasero con loro alcuni minuti.
Rise, come non le era mai successo. Lei aveva sempre giocato al chiuso o al massimo nei giardini di palazzo ma mai in strada, con giochi improvvisati. Spesso da bambina, nei ricchi salotti delle corti di Oslo si era arrampicata fino alle finestre ed era rimasta fuori ad ammirare bambini poco vestiti che giocavano nella neve senza paura di freddo e ghiaccio. Li aveva invidiati e in fondo in quel momento poteva essere una di loro... Crescendo aveva smesso di sognare di vivere in modo più selvaggio e aveva sviluppato il desiderio di sembrare più grande ma ora iniziava a comprendere e a ricordare che essere una ragazzina non era affatto male.
Anche Clowance si divertì ma alla fine, dopo aver salutato, ripresero la loro strada chiamandosi buffamente con nomi maschili. Odalyn divenne Ubert e Clowance fu ribattezzata Amadeus dalla giovane vichinga. Ci risero sopra, come due ragazzine qualunque che giocavano a fare le sciocche e via dopo via, si avvicinarono alla loro meta, Regent’s Park, dove abitava Jones.
In realtà non incontrarono difficoltà fino a quel momento e anche se sicuramente la città era piena di spie del padre, non erano state riconosciute. Inoltre Haakon aveva meno uomini a disposizione rispetto a quanti ne aveva in Norvegia e quindi sicuramente li aveva mandati dove era più facile trovarle, ossia nella zona dove c’era la dimora dei Poldark. I bassifondi della città erano troppo ampi e cercarle sarebbe equivalso a cercare un ago in un pagliaio e questa era stata la loro fortuna. E la sfortuna di suo padre che sicuramente aveva dovuto concentrare le ricerche in pochi, selezionati posti.
A tutto questo pensava Odalyn quando avvertì chiaramente, sulle loro schiene, occhi insistenti che le scrutavano.
La ragazzina si fermò e si guardò attorno, prendendo Clowance per mano. Erano ormai fuori dal centro di Londra e i dedali di vie avevano lasciato spazio a strade più ampie delimitate da giardini e prati incolti. Le case erano più rade, più grandi e di certo gli spazi per nascondersi fra la folla molti meno. Qualcuno le aveva seguite fin lì? Più andavano verso Regent’s Park e la periferia, più sarebbe stato possibile acciuffarle… Gli uomini di suo padre l’avevano vista e seguita nonostante il loro travestimento? Davvero era successo, senza che se ne accorgessero? Odalyn strinse la mano di Clowance e si avvicinò al suo orecchio. “Temo che qualcuno ci segua”.
Clowance fece per voltarsi ma la Odalyn la bloccò. “Ferma, fa finta di nulla e continua a camminare come se niente fosse”.
Ma…”.
Niente ma, o raggiungiamo la meta in fretta camminando o iniziamo a correre molto velocemente. Quanto è distante la casa di questo Jones?”.
Clowance si guardò attorno. Non erano lontane ma nemmeno ancora così vicine da considerarsi salve. “Circa dieci minuti a piedi, se camminiamo. Forse cinque o sei, se corriamo”.
Continua a camminare”.
Proseguirono, entrambe col cuore in gola per l’ansia. Attorno c’erano poche persone, la ressa del centro era ormai uno sbiadito e rimpianto ricordo e anche se avessero urlato, forse nessuno si sarebbe affrettato ad aiutare due monelli di strada magari anche ladri, quali loro sembravano.
Era una sensazione strana perché chi le stava inseguendo sembrava un fantasma invisibile eppure avvertivano chiaramente una presenza dietro di loro in impercettibili rumori di passi sul fango. Chi le stava seguendo, doveva essere avvezzo ed abile in questo genere di cose ed Odalyn sapeva che gli uomini di suo padre erano maestri nei pedinamenti.
A un certo punto sentirono i passi più vicini. Stavano costeggiando una fila di alberi a ridosso di un terreno incolto pieno di brina ed erbacce e le case stavano lontano, ville sbiadite dall’altra parte della strada, immerse nella nebbia. E Odalyn decise che era ora di correre. “Clowance”.
Sì?”.
Se sei veloce come affermi, è ora di esserlo sul serio. Uno, due, tre…”.
Iniziarono a correre veloci, due ragazzine sole sperse fra mille insidie nelle campagne attorno a Londra, inseguite da chissà chi che voleva far loro chissà cosa. Corsero veloci più che potevano, inciampando nel fango più volte, con passi dietro di loro sempre più vicini. Era ormai chiaro ad entrambe che qualcuno le stava seguendo e le stava braccando come gatti coi topi.
Clowance avrebbe voluto urlare, chiedere aiuto, ma la sua gola sembrava secca e bloccata. Lo stesso valeva per Odalyn, resa veloce dal cupo terrore di cosa sarebbe successo loro se suo padre le avesse acciuffate. Era così ingiusto, a un passo dalla meta...
A un certo punto sentirono il fiato dei loro nemici sul collo, la loro presenza incombente e le loro mani sulle loro braccia.
Clowance fu afferrata per la vita, Odalyn per il braccio. Ed entrambe si trovarono immobilizzate dai loro inseguitori. La fuga era finita…





La cucciola Astrid giocava con Garrick. O quanto meno ci provava, anche se l’anziano cane non sembrava molto interessato a farsi coinvolgere e se ne stava accovacciato davanti al camino del loro nascondiglio improvvisato nella dimora di campagna di Jones.
Demelza stava cucendo una coperta per il bambino in arrivo, Inge e Prudie le erano accanto cercando di distrarla con qualche chiacchiera frivola mentre il paziente Jeremy tentava, senza successo, di coinvolgere i bambini in una spiegazione più grande di loro sulle regole degli scacchi.
Ma Bella sembrava annoiata e i gemelli decisamente più divertiti dal buttare in terra alfieri e regine che dall’apprendere nozioni e alla fine optarono per giocare ai pirati coinvolgendo anche la piccola Astrid.
Demelza li guardò con un sorriso triste, imponendosi di gioire della serenità che le davano i figli che le erano rimasti, in attesa che Ross salvasse Clowance e la riportasse da lei.
Che bella gioventù” – sussurrò Inge guardando i bambini. “Ogni piccolo dovrebbe essere felice come loro in questo momento”.
Sono in cattività, però. E di solito sono abituati a spazi aperti…”.
Inge strinse la mano di Demelza. “Ci torneranno”.
Verrai con noi, vero? Ci hai pensato?”.
Inge guardò i gemellini, i lasciti viventi di due persone che aveva profondamente amato, soprattutto il loro padre. “Avere l’opportunità di crescerli sarà per me un onore”.
E la tua terra? Ti mancherà?” - chiese Demelza, temendo forse di chiederle troppo e di essere diventata egoista a volerla con lei. Ma Inge era dolce, gentile, le infondeva pace e le dava quel supporto quasi materno che le era sempre mancato e che ora, anche se era adulta, sentiva il bisogno di provare.
Inge la rassicurò. “Sì ma nella vita non si deve mai avere paura dei cambiamenti. Un bel posto può essere casa ovunque” – rispose la donna con saggezza. "E' la compagnia che conta".
Demelza annuì, ripensando alle traversie della sua vita e come da subito, dopo anni di nulla, avesse deciso che Nampara era la sua casa. “Staremo bene, farò in modo che sarà così”.
Improvvisamente la calma apparente del piccolo salottino fu interrotta da un violento bussare.
Prima che Prudie riuscisse ad alzarsi dal divano, i tre bambini più piccoli erano già alla porta e l’avevano spalancata.
Demelza fece per sgridarli, più volte aveva spiegato loro di chiedere chi fosse prima di aprire, ma non ci riuscì e il fiato le si strozzò in gola quando vide chi era arrivato.
Si alzò dal divano e davanti a lei comparvero due dei più fidati uomini di Jones che in quei giorni avevano lo scopo di tenere d’occhio la casa. Due apparenti brutti ceffi alti, corpulenti e dal viso poco raccomandabile. Ma di certo due guardie ben addestrate al loro lavoro.
Erano bagnati fradici e dai loro mantelli neri gocciolava tanta acqua da macchiare i tappeti. Ma a Demelza non importava perché era ciò che avevano fra le mani che le fece sobbalzare il cuore.
Gli uomini lasciarono la presa e due ragazzine bionde caddero a terra.
Il cappuccio di Odalyn scivolò dietro la sua schiena, il berretto di Clowance cadde sul tappeto e Demelza si trovò davanti sua figlia. Sporca, coi capelli più corti, vestita da maschiaccio come lei un tempo ma sana e salva.
Prudie, Inge e Jeremy la raggiunsero e rimasero senza fiato. Così come i tre piccolini che appena videro la sorella, esclamarono il suo nome ad alta voce.
Roger, uno dei due scagnozzi di Jones prese parola. “Le abbiamo notate da lontano, stavano venendo qui. Accidenti, corrono veloci ma le abbiamo acciuffate prima che lo facesse qualcun altro. Il capo ci avrebbe ucciso se fosse successo, accidenti a lui! Abbiamo riconosciuto il faccino della piccola Poldark ed eccole quì. Non so se noi eravamo la loro meta ma abbiamo risparmiato al capo e a Master Poldark un bel pò di grane e lavoro. Al pensiero che il mio capo sta soggiornando al freddo in una stamberga alla loro ricerca, già rido quando inizierà ad urlare i suoi improperi nei confronti di vostro marito che lo trascina ovunque senza motivo, signora”.
L’uomo emise una grassa e sguaiata risata ma a Demelza non importava.
Con le lacrime agli occhi si inginocchiò e senza dire nulla, senza chiedere, senza voler sapere altro, strinse a se la sua bambina. Era sana e salva, apparentemente in salute e con la sua solita espressione vivace e corrucciata. Come fosse arrivata lì, non le importava. Dopo l'avrebbe tormentata di domande, l'avrebbe rinfocillata, l'avrebbe ascoltata, forse sgridata e mille altre cose ma ora voleva solo stringerla. “Clowance, Clowance…” – sussurrò fra i suoi capelli, rilasciando una tensione che aveva accumulato in quei lunghi e faticosi giorni. Santo cielo, era felice come nel giorno in cui era nata… Avrebbe solo voluto che anche Ross fosse lì, andarsene tutti insieme e ritornare a casa dimenticandosi quella brutta storia. Ma presto sarebbe tornato.
Odalyn intrecciò lo sguardo stupito di Jeremy e il suo cuore prese a battere quando ne percepì l’emozione. Poi tornò a guardare Clowance con sua madre, rendendosi conto che lei un abbraccio così non lo aveva mai avuto. E che tanta della forza e del coraggio dimostrato da quel soldo di cacio cornish nascevano da lì, dall'amore e dalla sicurezza che Clowance aveva respirato in famiglia fin da quando era nata.
La invidò, per un attimo, prima di ricordarsi che in un modo o nell'altro avevano incontrato gli scagnozzi di questo misterioso Jones e non quelli di suo padre. Stessi metodi ma per fortuna, mandanti diversi. Ed ora erano salve, almeno per il momento. E questo, nella sua posizione tanto incerta, al momento le bastava.

  
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