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Autore: cucumber_pie    21/06/2022    0 recensioni
In questo "what if", il Bronze Saint Hyoga perde la vita durante la battaglia contro Nettuno, lasciando un vuoto nel cuore dei propri amici, soprattutto, in quello del giovane Shun, Bronze Saint di Andromeda. Sono ormai passati due anni dal crollo del Tempio di Nettuno, tuttavia, un nuovo cosmo ostile annuncia l'inizio di una nuova Guerra Sacra. Insieme all'ascesa di una nuova entità oscura, Shun imparerà che anche gli affetti e gli amori del passato, a volte, possono ritornare tra i vivi, per tormentarli e trascinarli nell'oblio.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte l'atmosfera era smossa da una brezza fresca, piacevole, che avrebbe fatto sognare chiunque avesse avuto l'occasione di bearsene.
Le luci di Villa Kido erano state spente ormai più di due ore prima e anche lei sembrava essersi assopita in quella notte di fine agosto. Non era solito un vento del genere in quel periodo, ma i due abitanti dell'enorme dimora non potevano che esserne felici. Quei momenti erano tanto rari quanto preziosi, durante la cocente estate di quell'anno. 
Nell'ala est della Villa erano disposte le camere da letto. Decine e decine di stanze vuote, inabitate da mesi. Lasciate alla polvere e alle successive e costanti pulizie di Tatsumi, il burbero e antipatico maggiordomo della signorina Kido, che aveva deciso di spendere lì il resto della sua vita. Continuava a sperare che la divina Atena scegliesse di ritornare lì, prima o poi, piuttosto che continuare la sua monotona vita al Santuario, attorniata da Saint che non la lasciavano respirare nemmeno per un istante.
Una delle stanze era proprio abitata dal vecchio uomo, che in quel momento non faceva altro che russare e dimenarsi tra le soffici lenzuola di cotone, cercando la posizione perfetta per potersi godere al massimo la gloriosa brezza estiva. 
Alla fine del corridoio, un'altra stanza aveva l'onore di essere abitata da qualcuno. In origine, si trattava di una delle stanze più prossime a quelle della signorina Kido, tanto da avere un balcone comunicante. Ma mentre la stanza di Saori era stata chiusa a chiave da Tatsumi stesso, terrorizzato dal fatto che qualcuno potesse usurpare il candore della stanza una volta vissuta dalla sua signora, quella accanto aveva adesso le due grandi finestre spalancate e da queste la luce lunare sembrava squarciare la quiete e l'oscurità della stanza, in maniera solenne. 
La stanza era una delle più grandi di Villa Kido. I colori erano candidi, tenui, tra le sfumature pastello del verde acqua e il bianco panna. Non erano accesi o fastidiosi in alcun modo, piuttosto, davano l'impressione di rendere la stanza fresca e accogliente.
Lo stile della mobilia sembrava essersi fermato a decenni e decenni prima nel tempo, con poltrone lussuose e divanetti vintage, antichi. 
L'armadio e le cassettiere erano bianchi e, sopra una di queste ultime, si stagliava un alto e imponente specchio bordato d'oro, in vetro veneziano. Il letto matrimoniale era posto alla destra della stanza, davanti a una delle finestre. Le pareti erano tappezzate, qui e lì, da quadri antichi, che mostravano paesaggi carichi di nostalgia e calma, incorniciati da laboriose cornici in legno colorato in oro.
Dal lato sinistro della stanza, un set di due comode poltrone era sistemato davanti la seconda finestra. Davanti a esse, un tavolino basso era occupato dai resti della cena del ragazzo che adesso sonnecchiava su una delle due poltrone.
Alcune ciocche dei capelli rossastri di Shun gli erano finite davanti al viso, donando al ragazzo un aspetto etereo. Se Apollo fosse entrato in quella stanza, non avrebbe fatto differenza tra lui e il giovane amante Giacinto, conosciuto dai mortali per la sua indimenticabile bellezza.
Un lieve sorriso increspava le labbra rosse come ciliegie del ragazzo, segno che il sogno nella sua mente fosse piacevole e lo stesse cullando come le braccia di una madre che non aveva mai conosciuto. 
Tra le sue braccia stringeva un portafotografie, tenendolo vicino al petto, vicino al cuore. 
fu il sussurro che gli sfuggì tra la notte, facendolo perdere nel vento.
In quel momento non si trovava a Villa Kido, bensì, in una culla che ricordava a malapena, sormontata da una semplice ma stupefacente replica del Sistema Solare.
I pianeti avevano colori sgargianti e sembravano guizzare tra gli occhi verdi del neonato Shun che cercava di acchiapparli, di farli propri.
Alla sua destra, un giovane dai capelli castani lo guardava con aria sognante e gli sorrideva, muovendo di tanto in tanto i pianeti per farli girare sopra la sua testa.
Quasi non rammentava l'ultima volta che aveva visto Ikki sorridere tanto. Non ricordava da tempo la sua aria spensierata.
Il suo viso non era ancora stato usurpato dalla cicatrice in mezzo alla fronte, segno di una delle mille battaglie e Shun sperava che quel sogno non sarebbe mai finito.
Ma tutto a un tratto, qualcosa si intrufolò nel sogno, sostituendosi all'immagine di suo fratello. 
Una bambina dai lunghi capelli neri, lerci e oleosi che le ricadevano sul viso come rami morti. Il suo visino candido era storpiato da un sorriso indecente che fece scoppiare a piangere il neonato, strillando in aiuto di un fratello che ormai era come dissolto.
I grandi occhi neri della bimba piangevano sangue e Shun temeva che ben presto le lacrime sarebbero cadute sopra di lui, facendolo annegare nella disperazione.
gemette ma non appena la bambina allungò le sue sudicie mani come per afferrarlo, Shun si svegliò di scatto, lasciandosi scivolare il portafotografie per terra e facendo frantumare il vetro.
Si tastò il petto, sentendo il cuore martellarlo. Poi si scostò le ciocche morbide dalla fronte fredda, sudata e ormai appiccicosa, passandosi una mano sul viso. 
Era un cosmo quello che aveva sentito. Quella...bambina. Quella bambina si era nascosta nel suo sogno e lo aveva tormentato fino al risveglio.
Si guardò attorno, scrutando la stanza, ma era da solo.
Sentì Tatsumi russare dal fondo del corridoio e pensò che fosse soltanto la sua immaginazione ad avergli procurato quell'incubo. Una bambina non poteva avere un cosmo tanto forte, tanto oscuro e prepotente. 
Sospirò, allungandosi dalla poltrona per riprendere la fotografia. La rigirò tra le mani, osservando il danno che aveva provocato e finalmente si alzò, diretto verso la finestra.
La foto risaliva ai primi anni in cui lui e Ikki erano stati adottati dal signor Kido, nonno di Saori.
La faccia scontrosa di Ikki, combinata alla divisa di una certa eleganza che Tatsumi gli ordinava di indossare, faceva sempre ridacchiare Shun. 
Appoggiò la testa alla finestra e si lasciò cullare dal vento un'altra volta, socchiudendo gli occhi.
Quanto gli mancava.
Erano passati due anni dal crollo del Tempio di Nettuno e quella era stata l'ultima volta in cui aveva visto suo fratello. Dopo aver fatto ritorno al Santuario, Ikki aveva deciso di ritirarsi all'Isola di Kanon, dove si sarebbe allenato e sarebbe diventato più forte.
Anche Seiya e Shiryu avevano deciso di lasciare il Santuario, poco dopo.
Shiryu sarebbe tornato a Goro Ho, da Shunrei e il vecchio maestro Dokho. D'altro canto, Seiya era deciso a trovare la sorella perduta anni prima.
La Sacra Atena doveva rimanere per legge al Santuario, protetta dai suoi fedeli Gold Saint e lui era ufficialmente rimasto da solo.
Trovava il Santuario fin troppo dispersivo e, proprio per quella ragione, Saori gli aveva concesso di tornare in Giappone e presiedere Villa Kido in sua mancanza e abitarla come casa propria. Non sopportava la tristezza nel volto di un suo Sacro Guerriero, nel volto di un amico e sapeva che farlo tornare nei suoi luoghi d'infanzia lo avrebbe reso più felice. 
Shun non aveva mai amato la guerra.
La vita da Saint lo aveva investito da quando aveva quattordici anni e non aveva mai potuto fare nulla per poterle sfuggire.
Ma una volta sconfitto Nettuno, sentiva che il suo compito fosse stato assolto. Eppure, non riusciva a esserne felice.
La fine dell'ultima Guerra gli aveva strappato una delle persone più importati per lui e questo non se lo sarebbe mai perdonato.
Hyoga, il suo caro Hyoga aveva perso la vita per proteggere il corpo indifeso di Atena dal tridente di Nettuno, pronto a trapassare il suo esile corpo di umana da parte a parte.
Ma Hyoga non poteva permetterlo e così si era lanciato in sua difesa, venendo trafitto lui stesso, insieme alla Gold Cloth di Aquarius, perdendo così la sua ultima battaglia.
Nessuno sarebbe più tornato nella tomba della madre di Hyoga e nessuno avrebbe più indossato, in quell'epoca, la Bronze Cloth di Cygnus, che aveva fatto ritorno nelle lande congelate della Siberia.
Shun se lo era sempre chiesto. Cosa avrebbe fatto Hyoga se fosse sopravvissuto? Lo avrebbe lasciato anche lui da solo, oppure, sarebbe rimasto insieme a lui?
Non ebbe tempo di pensarci troppo che quel cosmo feroce si insinuò nuovamente nella sua mente.
Gli occhi della bambina erano ancora una volta vividi e adesso lo scrutavano. La giovane teneva in braccio un fagotto bianco, sporco, che nascondeva qualcosa di spaventoso. Shun non poteva vederlo, ma sapeva essere così.
Sentì il cosmo di Atena. Osservò Il Santuario, le Dodici Case e una figura incappucciata che avanzava verso di loro.
la fotografia cadde nuovamente e il suo sguardo si levò verso l'orizzonte, in cerca di qualcosa, sperando che la Luna potesse dargli informazioni più precise. 
Doveva andare al Santuario e non poteva perdere tempo. 
Si affrettò verso il letto, indossando velocemente le proprie scarpe e dando uno sguardo allo scrigno della propria Cloth, sistemato accanto a una delle cassettiere.
Non la indossava da così tanto tempo. Sarebbe ancora stato degno di vestirla?
Ma in quel momento, uno strano gelo si insinuò tra le sue stanze. Un brivido gli corse lungo la schiena e il suo cervello fermò ogni attività motoria. 
Si avvicinò alla finestra e scorse un puntino contro la Luna avvicinarsi sempre di più. Veloce come un astro, qualcuno si era appena scaraventato sopra di lui, lanciandolo oltre il letto e facendogli sbattere la schiena alla parete.
Una figura incappucciata, coperta da un manto nero usurato, adesso si trovava dove un attimo prima vi era il letto. Preparava i pugni per un nuovo attacco. 
Il frastuono doveva aver svegliato Tatsumi, che adesso aveva spalancato la porta e si ergeva minaccioso vestendo un ridicolo pigiama, impugnando la propria arma da Kendo. ma il nemico fu più veloce e si avventò per primo verso Tatsumi.
No, non sotto i suoi occhi.
Shun si alzò velocemente e con un calcio colpì in pieno la figura incappucciata, facendola spostare dal vecchio. Si girò verso Tatsumi e, dopo averlo preso per un braccio e averlo fatto girare, gli diede un colpo con il taglio della mano nel collo, facendolo svenire. Non gli avrebbe permesso di battersi e ferirsi.
Un attimo dopo si sentì il nemico addosso e velocemente coprì il volto con le braccia, assorbendo il pugno congelato dell'uomo.
Quel gelo non poteva essere dimenticato. Non avrebbe mai potuto.
inveì il giovane, ma venne nuovamente colpito dalla figura che, questa volta, lo lanciò fuori dalla finestra, distruggendo il balcone e facendolo finire nel giardino d'ingresso.
Nella caduta, tuttavia, era miracolosamente riuscito ad aggrapparsi a un lembo del mantello, strappandolo di dosso all'uomo.
il giovane davanti a lui gli sorrise freddamente, scendendo con un balzo elegante dal balcone e atterrando nel giardino, tra la polvere delle macerie.
Hyoga era lì, davanti a lui, con i suoi capelli biondi e le fattezze di sempre. Le fattezze del ragazzo che era morto due anni prima sott'acqua, con gli stessi occhi color del ghiaccio e la ferita all'occhio sinistro infertagli da Isaak in battaglia.
Ma adesso non indossava la candida Cloth di Cygnus. Le forme potevano ricordarla di molto, seppur spigolose e affilate, ma il colore nero dalle sfumature violette non era quello di una Bronze Cloth.
anche la voce era la sua e Shun non poteva credere a ciò che Hyoga gli aveva appena detto. Lui, che non lo aveva mai chiamato debole in tutta la vita trascorsa insieme.
Una lacrima gli bagnò la guancia. Non poteva essere vero.
uno sbuffo gelato uscì dalla mano di Hyoga, che investì in pieno petto Shun, alzandolo violentemente e facendolo strisciare parecchi metri indietro.
con la velocità degna di un Saint padrone del Settimo Senso, Hyoga sembrò materializzarsi davanti agli occhi di Shun, ergendosi in tutta la sua altezza e pronto a sferrare un nuovo attacco mortale. Ma Shun non poteva sopportare quella vista.
Un lampo rosaceo, caldo come il fuoco, si sprigionò dal suo corpo e scagliò indietro Hyoga.
ghignò il ragazzo, asciugando una perla di sangue che adesso colava dal labbro inferiore.
Shun alzò il viso verso il vecchio compagno, ormai inondato da lacrime non poteva comprendere.
Perchè lui era tornato e perchè lo stava attaccando con tanto disprezzo? 
sembrò assumere una posa rilassata, dando una tregua al giovane ragazzo, già visibilmente stremato.
Hyoga si passò un dito sul proprio collo, come se temesse che Shun non lo avrebbe capito soltanto con le parole.
Il respiro di Shun si mozzò, come se qualcuno avesse adesso trapassato lui da parte a parte.
la sua voce tremava e le lacrime continuavano a sgorgare copiose dai suoi occhi serrò i pugni, cercando di attaccare per primo, ma Hyoga si mosse più velocemente e in un attimo stava stringendo la sua grande mano attorno al collo di Shun.
Il ragazzo tentò di stringere il braccio teso di Hyoga con la propria mano tremolante, ma sentiva le forze cominciare a mancargli.
il gelo cominciò a spargersi per tutto il suo corpo, congelando le lacrime nelle sue guance. 
del sangue caldo era cominciato a uscire dalla sua bocca e alcuni schizzi erano finiti sopra la Cloth Infernale di Hyoga.
Pensò che tutto fosse finito, ma quest'ultimo lo lasciò finalmente andare, facendolo crollare ai suoi piedi. D'istinto Shun si toccò il collo, dolorante e con dei chiari segni rossi, adesso cosparso dalla brina.
Hyoga si abbassò, inginocchiandosi e delicatamente fece alzare il capo dolorante del vecchio compagno, con due delle lunghe dita lo guardò per un'ultima volta con i suoi occhi gelati, gli occhi che aveva sempre amato, per poi lasciarlo andare via e rialzarsi.
Lo lasciò lì, stordito e sanguinante, distrutto da tutto quello che era appena successo, senza ulteriori spiegazioni.
Si girò un'ultima volta a osservare il corpicino tremante di Shun, e con un attacco congelante colpì lo scrigno della Cloth di Andromeda, caduta anche lei dalla stanza del ragazzo, congelandolo.
Infine, andò via, lasciando alle sue spalle un gelo atipico per una notte di fine agosto, che adesso tormentava le carni del giovane Shun.
Si ritrovò a pensare a tutto quello che era accaduto in così poco tempo e, come due anni prima, pensò che il suo cuore fosse nuovamente sprofondato nell'oblio.




Angolo Autore: Ciao a tutti coloro che leggeranno questo primo capitolo! Spero che questo inizio sarà di vostro gradimento e che aspetterete i capitoli successivi! La fanfiction non dovrebbe essere troppo lunga, proprio per questo i capitoli non saranno brevissimi. 
Vi auguro una buona lettura! <3 
   
 
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